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Autore: Alarnis    06/03/2022    3 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La colpa

 
“Perché cerchi di farti i boccoli?”.
“Per sembrare più bella.” ironizzò lei quel giorno: una giovinetta severa, che non metteva per nulla a suo agio un ragazzo. Una mano alla spazzola e l’altra impacciata a trattenere i capelli sopra la testa davanti ad uno specchio che ne racchiudea in un arco chiuso il viso.
“Tu sei già bella.” aveva appuntato altrettanto ilare, perché bella lo era davvero con qulle guance piene e quelle ciglia a raggiera. Ma ancora più divertente era riuscire ad irritarla. Perciò apposta disse “E’ per Moros?”.
“Mavio, non hai ancora imparato che non si entra nella stanza di una fanciulla?” sviò il discorso lei:  più familiarità con una spada che con una spazzola.
“Sbaglio o questa fanciulla vuole diventare il mio capitano?” aveva scherzato, poggiato sullo stipite della porta della camera; perché sì sarebbe stato troppo sfacciato a entrare.
Lo era diventata!
E loro, erano sempre amici, come allora; se si può definire amicizia l’affiatamento tra due monelli prima e sottoposto e superiore poi. Cosa strana era, a detta di Ubaldo e Gherardo, che quell’amicizia non fosse mai mutata in qualcosa di più.
D’altronde era la sarta Lucilla a scaldare fino al cielo il cuore di Mavio e il suo letto, quanto era Moros a far inviperire il solo cuore di Lavinia!
Avessero provato anche un letto, Lavia non sarebbe stata così lunatica, pensava spesso, ma di certo non poteva permettersi di dirglielo!
E così eccoli sguinzagliati per Rocca Lisia, dalla cripta all’ingresso del piano privato dei signori, con Gregorio nella sala dei banchetti assieme a lui in attesa di vociare “A me le guardie!” al primo comparire di Ludovico, mentre Nicandro se ne stava buono, sì fa’ per dire, chiuso in un armadio nella stanza più inespugnabile di Rocca Lisia, a sgolarsi, minacciare, sfoderare calci con tutta la grinta che ci avrebbe messo Moros. Beh! Almeno così l’aveva lasciato.
Tutta la faccenda aveva un che’ di comico.
Sbrigati  principe, a farti vedere! cantilenò nella propria testa. Non si sentiva tranquillo:  i contadini erano sempre più numerosi e in questo momento riempivano il piazzale sottostante, Gregorio più pressante nell’informarsi dell’esito delle ricerche e Moros si negava forse per dare il meglio di sé in una grande entrata scenografica.
Nicandro aveva avvertito che il culmine della battaglia sarebbe stato oggi… Perché doveva sbagliarsi, il ragazzino?
Erano state le mani di Gregorio a sanguinare, ma la morte è stata quella di Guglielmo! aveva rinvangato Lavinia, ma davvero Nicandro aveva sbagliato quella volta?
Aprì la finestra al cenno seccato di Gregorio che alzò un solo dito indice, prima di alzarsi da tavola. In piedi, il padrone si lisciò il pizzetto, si accomodò nervoso le maniche del farsetto e i risvolti di merletto che sembravano troncargli le mani “Dannate!” sbottò, dirigendosi alla finestra.
Un banditore giù nel piazzale esaltò la sua presenza al popolo “Salutate Gregorio di Montetardo, signore di Rocca Lisia. Vostro protettore!”.
Le acclamazioni di alcune fanciulle raggiunsero Gregorio. Il resto furono le solite ovazioni di rito, che auguravano salute e lunga vita.
Ruffiani!
“Perché una mano è macchiata di sangue?” ricordò la domanda che Nicandro gli aveva posto un tempo.
Ricordò la risposta e il sopracciglio aggrottato “Per una ferita o per una colpa.”.
E Nicandro aveva scelto per quella incolpevole…
Mavio vergognosamente l’aveva sempre saputo.
Perché si era comportato in maniera così vigliacca? Semplicemente era stato più facile così! Senza Guglielmo sarebbe stato Gregorio a reggere la loro compagnia, come ora faceva! Le teste chine dei contadini ne erano la prova. La rabbia contenuta dalla paura di una spada che non badava a lacerare un arto perché il signorotto arrogante che la muoveva era stato addestrato ad usarla e da quello dipendeva la ricchezza che ora sfoggiava e che gli era valsa il titolo di conte.
Aveva preferito Gregorio perché Lavia restava comunque una donna e Moros altri non era che un ragazzino di bosco.
Se Lavinia l’avesse saputo… Il suo cuore sarebbe andato in pezzi e probabilmente non l’avrebbe perdonato. Alzò le spalle, automatico. Tanto Gregorio era di spalle; troppo lusingato dalle fanciulle sottostanti  che ne solleticavano l’attenzione per avere l’opportunità di salire al castello e non solo su quello.
Eppure se ripensava al passato, Mavio, sentiva un brivido correre sulle membra. Erano le parole di Guglielmo il giorno in cui aveva esortato Moros a credere nel futuro: Mio nonno era un capitano di ventura. Non meno popolano di quanto sei tu ora!
Perché il suo cuore non si era opposto a quel consiglio che le sue labbra avevano spacciato per una soluzione: Hai sfuggito la morte. Allontana l’ombra della prigionia. Non la tollereresti!
Aveva offerto a Moros la fuga su di un piatto d’argento.
Moros e Nicandro avevano commesso un errore, ma era stato lui a suggerire loro la strada sbagliata, credendo di far loro un piacere che invece si era dimostrata una condanna per entrambi.
   
 
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