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Autore: sidphil    07/03/2022    1 recensioni
Mickey e Mandy hanno tutto quello che una persona potrebbe desiderare: tanti soldi, una bella villa, Mickey scaffali pieni di libri e una chitarra che ama alla follia, Mandy un migliore amico che le vuole bene, popolarità e orde di ragazzi ai suoi piedi. Tuttavia, entrambi portano il peso di numerosi segreti sulla loro vita e la loro famiglia. Ian, migliore amico di Mandy, è tenuto costantemente all'oscuro per essere protetto, anche se lui stesso deve convivere con amare sofferenze.
Una storia un po' diversa dal solito, dove vedremo una Mandy e un Mickey diversi ma in un certo senso sempre uguali a quelli che conosciamo e un Ian un po' perso che ha bisogno di trovare sè stesso e che ci riuscirà proprio grazie a loro, senza rendersi conto di quanto può offrire in cambio lungo la strada.
Questa storia è una TRADUZIONE, per cui ho ottenuto il permesso dall'autrice originale.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! È passato un bel po' di tempo, più di un anno dall'ultima volta che ho cominciato a pubblicare una nuova storia. Purtroppo, da Marzo in poi, quindi da quando ci siamo lasciati, ci sono state parecchie cose in ballo. In primis lo studio all'università, ma poi anche tante altre cose. Ho preferito non pubblicare niente perché volevo essere sicura di finire di tradurre la storia che mi ha impegnato in questi mesi ed ora finalmente ce l'ho fatta. È stata la storia più lunga che abbia mai tradotto finora e mi ha impegnata parecchio. Conserva anche un posto speciale nel mio cuore perché tra tutte é forse la mia preferita assoluto.
 
Per quanto riguarda il sequel di Watch Me Baby, quella che in teoria dovrebbe essere l'ultima parte della Age Gap Series, purtroppo non si hanno ancora notizie. L'autrice non ha più detto niente al riguardo e quindi non ho aggiornamenti da darvi. Spero che presto si muova qualcosa e in tal caso vi farò sapere.
 
Questa storia verrà come al solito pubblicata su Wattpad, Efp e per la prima volta anche su Archive Of Our Own. Vi ricordo che non è possibile scaricare la storia e stamparla per fini commerciali o pubblicarla in cartaceo, cosa per cui serve il consenso dell'autrice/autore originale. Lo specifico perché ci sono stati diversi casi su Wattpad di persone che l'hanno fatto. So che non è una cosa che posso controllare ma confido nel buon senso delle persone che leggono le storie che altr* hanno scritto con tento impegno e dedizione.
 
Spero che anche questa nuova storia possa appassionarvi. Per il momento avrete un aggiornamento settimanale visto che i capitoli sono abbastanza lunghi. Buona lettura! 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
- Se ci provo possiamo andarcene? –
 
Mandy si girò indietro e guardò storto suo fratello. Era la terza volta che “sussurrava” ad alta voce i suoi pensieri. – No, chiudi quella cazzo di bocca, Mickey. È il primo giorno e ti stai già lamentando –. Nemmeno i suoi sussurri erano particolarmente silenziosi quindi si guadagnarono entrambi qualche occhiata apprensiva dai compagni, che non capivano perché avessero avuto la sfortuna di avere entrambi i fratelli Milkovich in classe. L’orologio ticchettava, era sempre peggio ogni secondo che passava e Mickey era sul punto di lanciare il banco addosso al ragazzino di fianco a Mandy che non la smetteva di fissarle il seno. A lei non sembrava dispiacere e si abbassò la zip della giacca, rivolgendogli un sorriso complice. 
 
- Perché cazzo devo restare qui? Il test l’ho finito –
 
- Stai zitto Mickey. Giuro su Dio che… -. 
 
Prima che potesse terminare l’insegnante aveva sollevato lo sguardo da dietro gli occhiali, in attesa di sentire altre voci, ma Mickey si accasciò sulla sedia. Non è che avesse paura di quei coglioni con il moccio al naso o degli insegnanti con i loro righelli talmente su per il culo da camminare come robot; è che non poteva permettersi di essere sbattuto fuori da scuola un’altra volta se voleva tenersi quella meraviglia appoggiata contro al suo ginocchio. 
 
La chitarra era nella sua custodia, leggermente sporta verso il corridoio tra i banchi, e ogni tanto Mickey giocherellava con la tracolla con la maniglia, qualsiasi cosa pur di distrarsi da quel dannato orologio. Certo, la scuola non faceva molto per la musica, figurarsi per il suo cervello, ma suo padre aveva minacciato mani rotte al punto di non riuscire più a suonare se si fosse fatto buttare fuori di nuovo. 
 
Quando la campanella suonò, Mickey fu fuori dalla classe in un secondo e Mandy lo seguì dopo aver buttato il compito sulla scrivania del professore. I corridoi si riempirono in fretta e Mickey dovette prendere un respiro profondo per non esplodere e spingere via ogni studente. Per qualche fottuta ragione lo avrebbero sospeso. 
 
- Aspettami, stronzo. Dov’è la prossima lezione? –
 
- Devo fumare – le gridò di rimando Mickey senza voltarsi. Mandy si era persa da qualche parte dietro di lui quando aprì con un calcio la porta verde d’uscita, senza curarsene minimamente quando colpì un ragazzino sul ginocchio. 
 
- Cazzo, Mickey, vai in classe! Papà darà di matto! –
 
- Buona giornata, sorellina mia -. Si diresse in cortile e proseguì finché non fu sul retro della palestra, dove non c’era nessuno in vista. A mano a mano che il vociare si affievoliva sempre di più, tirò fuori un accendino lucente. Fuoriuscirono alcune scintille quando fece scattare la rotella con il pollice, la fiamma cominciò a danzare e non attese un secondo in più per avvicinarla all’estremità della sigaretta. Porca puttana, era fantastico. Dopo una giornata di stupidi esami che avrebbe potuto fare ad occhi chiusi, finalmente si prendeva un po’ d’aria fresca. O meglio, fumo. 
 
Picchiettò la sigaretta, facendo cadere la cenere sull’erba accanto ai suoi anfibi, e chiuse gli occhi. In qualche modo era arrivato all’ultimo anno anche se tecnicamente aveva perso i primi due anni; suo padre aveva smosso un po’ le acque e gli avevano permesso di saltare il penultimo anno grazie ai suoi punteggi alti nei test. Questo significava però un altro anno a perdere tempo in quel buco. Come avrebbe fatto a mantenere la sanità mentale se non poteva nemmeno fumare in classe? Schifava totalmente quel posto, forse poco meno di suo padre, ma il suo amore per la musica era più forte. Sedendosi sull’erba, appoggiò la custodia contro alla gamba e aprì la sua piccola. Eccola lì, in legno scuro, con robuste corde d’acciaio, ed era tutta sua. 
 
Senza offrire nient’altro che soldi ai figli che maltrattava continuamente, suo padre gliel’aveva comprata dicendogli che non avrebbe avuto come figlio un rinunciatario, quindi se avesse finito la scuola Mickey avrebbe potuto suonare a casa e lui non avrebbe cercato di strangolarlo. 
 
Tirò fuori la chitarra e diede una lieve strimpellata alle corde, mormorando al suono dolce che ne uscì. C’era qualcos’altro per cui valeva la pena vivere? Tutto lo stress sembrò svanire attraverso la musica e quando la campanella suonò non se ne accorse nemmeno. I suoi occhi si chiusero e continuò a suonare tranquillamente. Il tempo passò lentamente e Mickey si dimenticò di dover andare in classe. 
 
 
 
 
 
- Ian! – lo chiamò Mandy agitando le mani come una matta in mezzo al corridoio. Quando lui la vide, sorrisero entrambi e si abbracciarono. Mandy gli schioccò un bacio fugace sulla guancia e sistemò la borsa sulla spalla. – È uno shock vederti da solo. Nessun ragazzo fico accanto a te il primo giorno? – chiese sollevando un sopracciglio e Ian scosse solo la testa con una risatina. 
 
- Nessun fico, Mandy. Lo sai, ci siamo visti solo ieri sera. Ti sei già dimenticata della nostra pizza? –
 
- Già – concordò lei e si avviarono verso l’uscita. – ma mi sei mancato –
 
- Ah sì? Come mai non ti ho vista stamattina? Avresti dovuto aspettarmi all’armadietto -. Non se l’era davvero presa ma mise su il broncio migliore che poté e lei lo colpì con un libro, sorridendo. 
 
- Ero con quell’idiota di mio fratello. Non sapeva dove andare così ho dovuto fargli da guida –
 
- Tuo fratello? Vuoi dire Mickey? –
 
- Ovviamente. Tuti gli altri sono in prigione o morti da qualche parte, chi lo sa. Il fatto è che… -. Alzò un dito per enfasi. – non mi farò trascinare nei suoi casini proprio al mio ultimo anno. Sarà meglio che non combini qualcosa che ci faccia odiare ancora di più da papà –
 
Ian rimase in silenzio. Era amico di Mandy da un paio d’anni ma parlava raramente della sua famiglia. Sapeva solo che erano pieni di soldi e che non gli era permesso andare da lei, quindi passavano la maggior parte delle serate a casa Gallagher. – Non dovrebbe essersi già diplomato? –
 
- È stato bocciato due volte al secondo anno e ha saltato il terzo, qualcosa del genere. Papà lo sta obbligando ad andare a scuola solo ora, quindi non ha diritto di incazzarsi. Non ha dovuto farsi il culo per tre anni per arrivare fino a qui –
 
- Non ha un anno in più di te? – 
 
- Sì, si è preso un anno di pausa dalla scuola ma papà l’ha fatto tornare dopo i casini in cui ha messo il nome di famiglia. Sinceramente non sopporto nessuno dei due –
 
Ian non disse nulla finché non furono vicini alla fermata dell’autobus. – Non dovresti tornare a casa con lui, Mandy? –
 
- Non ho intenzione di fare la babysitter per tutto l’anno. In ogni caso, eccolo lì – rispose dopo aver controllato i messaggi sul cellulare, indicando il campo dietro alla palestra. Ian si girò e strinse la mano intorno alla cintura della borsa. Capelli scuri come la notte tirati indietro con il gel che cadevano poco sopra alle orecchie e occhi blu argentei, che ti perforavano come quelli di un lupo. Indossava un lungo cappotto nero e anfibi, fumo di sigaretta che fuoriuscitv dalle labbra screpolate e una chitarra a tracolla. Era difficile togliere gli occhi di dosso a Mickey MIlkovich, anche se faceva un po’ paura guardarlo. Ricordava di averlo incontrato un paio di volte negli anni precedenti ma succedeva sempre quando Ian era con Mandy. Si trattava solo di una coincidenza per strada, dove Mickey e Mandy si intrattenevano in un rumoroso e a volte scherzoso diverbio ed era difficile avvicinarglisi visto che era sempre in compagnia di un gruppetto di ragazzi. 
 
Quando Mickey si avvicinò, buttò la sigaretta sul marciapiede, la schiacciò e squadrò Ian da capo a piedi. – Questo tizio ci sta provando con te? –
 
- È Ian, Mickey – rispose Mandy incrociando le braccia, ma sembrava divertita. – Il mio migliore amico. Non vi siete mai incontrati prima? –
 
- No – fece spallucce Mickey e si girò per guardarsi intorno, come se stesse cercando qualcuno. 
 
- In realtà sì – tentò di dire Ian ma Mickey non ci fece molto caso e sollevò il mento annuendo ad un ragazzo con un berretto lì nelle vicinanze. 
 
- Va beh, ci vediamo – replicò Mickey in tono asciutto e se ne andò con l’altro ragazzo, il cappotto scuro che volteggiò dietro di lui. 
 
- Stronzo – mormorò Mandy e cinse il braccio di Ian con il proprio. – Non farci caso, Ian. Gli importa solo della droga e della sua stupida chitarra. Andiamo a prenderci un hamburger? -. Mentre lo trascinava via, non potè evitare di girarsi a guardare la figura di Mickey che si allontanava. 
 
 
 
 
 
 
- Ian, abbiamo finito il latte – sospirò Fiona rovistando in frigo. – Devo davvero fare quei cupcake per domani. Merda, come ho fatto a dimenticare il latte? –
 
Ian alzò la testa dai compiti di chimica che stava cercando freneticamente di terminare in salotto e si alzò. – Va ben, vado io –
 
- Scusami, andrei io ma devo andare a cambiare Liam – 
 
Sapeva che aveva qualche difficoltà a lasciare i bambini da soli a meno che non dovesse assolutamente andare a lavorare, quindi la rassicurò con un sorriso e uscì dalla porta principale, udendola spostare in giro padelle e ingredienti alle sue spalle. Sapeva che quel lavoro era importante per lei siccome aveva ricevuto un aumento e Fiona era troppo orgogliosa per ammettere ai suoi colleghi di non avere abbastanza per portare qualcosa per il “venerdì ghiotto”, il giorno in cui era richiesto a tutti di portare qualcosa da mangiare. 
 
Portò i compiti con sé nel tentativo di risolvere i problemi a mente così sarebbe potuto andare a dormire prima delle tre del mattino. 
 
La strada in cui viveva era piena di case in stato di abbandono ma in un modo o nell’altro tutte erano abitate. Casa sua traboccava anche se Lip ormai andava al college. Dopo un maledetto tentativo di risolvere il terzo problema, tirò un calcio a un sasso e svoltò un ultimo angolo per raggiungere il negozio dall’altra parte della strada. Era tardi, quindi il parcheggio era vuoto, fatta eccezione per una macchina, che molto probabilmente apparteneva all’uomo che lavorava alla cassa. Ian si sentì nervoso mentre entrava, avvertendo i suoi occhi su di sé mentre si avvicinava al frigo. Prese il cartone ghiacciato di latte e avvertì il calore emanato dal proprio corpo mentre ritornava al bancone. L’uomo, indiano e di mezza età, sorrise e chiuse la rivista che aveva tra le mani per parlare. – Ehi Ian, è da un po’ che non ci vediamo –
 
- Ehi Kash – replicò Ian con la gola asciutta. Tamburellò con le dita contro al cartone di latte e fece scivolare una mano sul retro del collo.
 
- 4 dollari e 60 – disse Kash dopo aver scannerizzato il prodotto. Guardò Ian e incrociò le braccia per sporgersi in avanti. 
 
- Non ho soldi – disse Ian e sapevano entrambi cosa sarebbe successo, così come sapeva ciò che stava per suggerire. – Ehm, potrei prenderne due e io e te potremmo… -
 
Kash raddrizzò la schiena, illuminandosi come un albero di Natale. – Oh sì, certo va bene – esalò in una risata leggera e fu piuttosto imbarazzante quando Ian corse a prenderne un altro con gli occhi bassi. Quando entrambi i cartoni di latte furono sul bancone, Kash aveva già chiuso a chiave la porta d’ingresso, girato il cartello con la scritta “chiuso” e abbassato le luci. Seguì Ian sul retro, richiudendosi entusiasta la porta alle spalle. 
 
 
 
 
 
 
Ian uscì dal negozio prendendo un pacchetto di mentine e se ne mise una in bocca. Si sentiva sudato e non vedeva l’ora di farsi una doccia a casa. I lampioni sfarfallavano, accendendosi e spegnendosi come in un fottuto film dell’orrore. Fischiettò per rompere il silenzio e cadde praticamente all’indietro quando una figura incappucciata sbucò da dietro l’angolo. Con il cuore a mille, fu sul punto di cominciare a correre finché non riconobbe un paio di occhi famigliari che lo guardavano da sotto il cappuccio. – Mickey? – chiese un po’ insicuro, perché gli occhi del moro erano vitrei e aveva del sangue incrostato sotto uno dei due. 
 
- Chi cazzo vuole saperlo? – replicò rabbioso Mickey e Ian si sentì nuovamente impaurito. Mickey teneva le mani in tasca e odorava di liquore e tabacco. 
 
- Ehm, sono l’amico di Mandy, Ian –
 
Mickey lo ispezionò, si tolse il cappuccio per vedere meglio e annuì pigramente. – Ah sì? Eri il tizio che ci provava con mia sorella? Perché cazzo giri in questo quartiere? –
 
- Ci vivo – rispose Ian, senza preoccuparsi di correggerlo sulla parte di sua sorella, e si fermò. – E tu? Vieni dalla parte bella della città, no? –
 
- Ho bisogno di un cazzo di permesso per venire qui? -sbuffò Mickey tirando fuori dalla tasca una lattina di birra per poi aprirla. La appoggiò per un secondo sulla ferita e poi ne bevve un sorso. 
 
- Hai un aspetto… -. Ian fu sul punto di mordersi la lingua ma a Mickey probabilmente non importava delle formalità quindi continuò. – schifoso –
 
- Ah sì? Sei proprio perspicace – replicò Mickey prendendo un altro sorso. Tese la lattina ad Ian, che non sapeva se esserne lusingato o disgustato, quindi andò sul sicuro e bevve a sua volta. – Cosa diavolo hai lì, la spesa? Ma che cazzo –  continuò il moro guardando la borsa di plastica che Ian teneva nell’altra mano. – Chi cazzo va a fare la spesa? –
 
- Sì fa quel che si deve – rispose Ian e gli restituì la birra. 
 
- E cos’è quella, la lista della spesa? –
 
- Compiti – spiegò Ian agitando il foglio a mezz’aria. – Mai sentiti? –
 
- Sei un sapientone, eh? – commentò Mickey me c’era un sorriso sarcastico sulle sue labbra quando prese i fogli per guardarli. Sorseggiò la birra e appoggiò i fogli contro al petto di Ian, asciugandosi l’angolo della bocca dove era rimasta qualche goccia di alcool. – Hai fatto un casino nel primo e hai dimenticato le parentesi nel secondo –
 
Ian lo guardò per un momento, poi rigirò i fogli per controllare. Sì, aveva dimenticato le parentesi. – Beh, non scoparti mia sorella – lo avvertì Mickey, sebbene non completamente serio, e si girò nella direzione da cui era arrivato. Ian lo rincorse e prese la matita dallo zaino. – Aspetta, e il terzo? –
 
- Sei serio? – chiese il moro accartocciando la lattina e lanciandola nel cortile di una casa vicina. Le sue mani erano ritornate nelle tasche e non guardò nemmeno i fogli quando rispose. – Usa il cazzo di numero di Avogadro –
 
- Sta chiedendo la massa dell’acqua – spiegò Ian e Mickey girò il capo.
 
- Sei sordo? Prendi la massa di due atomi di idrogeno e un ossigeno. Il numero di Avogadro è una mole d’acqua, e tu lo converti in grammi. Hai la tua massa proprio qui -. Indicò la tavola periodica colorata che Ian aveva incollato sulla copertina del quaderno. – È un fottuto arcobaleno, ma è lì – aggiunse Mickey, gli occhi di nuovo sulla strada. 
 
- Oookay – disse lentamente Ian, continuando a non capire. 
 
- Oh porca puttana… -. In un lampo, Mickey si era messo a scrivere sui compiti di Ian con i fogli nuovamente sul suo petto. Ian cercò di sbirciare cosa stava facendo ma era troppo buio per vedere. – Tieni quella roba – mormorò Mickey continuando a scrivere sul foglio, solleticandogli gli addominali. Ian osservò Mickey lavorare; era strano, davvero strano. Sembrava perso nel suo mondo, non proprio alticcio ma in un certo senso neanche completamente lucido. 
 
Mickey era attraente in un modo insolito. I suoi occhi erano chiari eppure velati, decisi e sinceri. I suoi capelli sembravano morbidi al tocco e Ian fu tentato di fare proprio questo mentre lui scriveva, ma decise che non voleva farsi staccare una mano. C’era qualcosa in Mickey che ti avvertiva che se non stavi attento te ne saresti pentito, quindi indugiò semplicemente con lo sguardo sul suo viso. 
 
Quando ebbe finito, Mickey si passò il pollice sul labbro e Ian sentì lo stomaco contrarsi. Rimise la penna in mano ad Ian e fece un passo indietro. – Ecco la tua spesa – disse mentre Ian controllava rapidamente i compiti. 
 
- Li hai finiti? Mi prendi in giro? –
 
Gli occhi di Mickey scattarono nei suoi ed ebbe uno spasmo all’angolo delle labbra. – Sì…? –
 
- Cazzo, è incredibile, Mickey. Sei fuori dal comune – rise Ian leggendo i problemi. Dopo aver esaminato il lavoro disordinato di Mickey, vide chiaramente le risposte. Naturalmente, Mickey aveva scritto i risultati anche nei rispettivi riquadri. 
 
Mickey rimase in silenzio per tutto il resto della sua lettura e poi guardò altrove, portandosi la mano sul retro del capo. – Com’è che ti chiami, di nuovo? –
 
- Ian – rispose istantaneamente mentre cercava di memorizzare la formula che Mickey aveva scritto a lato del foglio. Quegli esercizi avevano senso ora, guardandoli era scattato qualcosa che non c’era stato quando il professore li scriveva alla lavagna. Era euforico perché ora poteva usarla per risolvere gli altri problemi che aveva tralasciato quella settimana. 
 
- ‘Notte, Ian –
 
Quando Ian alzò la testa, Mickey se ne stava già andando, la testa bassa mentre spariva nell’oscurità oltre la luce emanata dai lampioni. 
 
 
 
   
 
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