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Autore: ONLYKORINE    11/03/2022    7 recensioni
Barbara si sveglia una mattina scordandosi completamente che è il giorno della festa della donna.
Sa già che per colpa di questa sua mancanza andrà tutto male ma, forse, quest'anno non sarà come le altre volte.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non la solita mimosa
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Riuscire a fare tutto in venti minuti era stato un record e Barbara sospirò soddisfatta mentre si chiudeva la porta di casa alle spalle. Un'ultima occhiata all'orologio e la stima di quanto tempo ci avrebbe messo l'ascensore ad arrivare al quarto piano e poi riscendere, la fecero decidere di imboccare le scale.

Non aveva calcolato la signora Pinuccia che, al terzo piano, stava già tirando su gli zerbini per pulire il pianerottolo e quasi le finì addosso.

"Oh, mi scusi Pinuccia!"

"Sempre di fretta, voi giovani…" brontolò l'anziana signora, ignorando il fatto che la ragazza stesse raccogliendo il tappetino della famiglia Conte che, inavvertitamente, Barbara aveva fatto cadere.

"È che non mi è suonata la sveglia…" si giustificò lei, ma tanto, anche se poteva essere una buona scusa, la signora Pinuccia non la stava più ascoltando.

Senza pensarci ulteriormente, prese di corsa l'altra rampa di scale, schivando, solo perché preparata, gli altri zerbini del secondo piano, tutti arrotolati e messi in piedi contro la porta.

 Arrivò all’androne del palazzo senza più fare danni, pronta per uscire e prendere una bella boccata d’aria fresca e correre verso l’ufficio.

"Buongiorno, signorina Barbara!" la salutò il suo vicino di pianerottolo, che stava rientrando in quel momento dopo una corsa, vestito da jogging. "Auguri!" le augurò, mentre si spostava per lasciarla passare, tenendole aperto il portone.

"Auguri?" chiese la ragazza, fermandosi e corrugando la fronte. Si tirò su gli occhiali con un dito, per poi passarsi la mano fra i lunghi capelli chiari.

"Sì, oggi è l'otto marzo. È la festa…"

"Oddio, davvero? No!" esclamò quasi inorridita, interrompendolo.

"Ah, anche lei è una di quelle che preferisce non festeggiare questa ricorrenza?"

"No, no… È che io…"

Ma lui non la fece finire, scuotendo la testa e chiudendosi la porta alle spalle.

 

Ma cavolo, non l'aveva neanche fatta parlare!

E ora?  Dal piccolo cortile del condominio guardò in alto, verso la finestra della sua cucina, con le tende raccolte e poi si voltò verso il cancello del palazzo: tornare in casa o andare direttamente al lavoro? Quanto ci avrebbe messo a fare un salto su? Un'altra occhiata all'orologio e la ragazza decise di lasciare perdere e di andare verso la stazione della metro. Così, si girò per riprendere il cammino verso l'ufficio, pensando all'orribile giornata che avrebbe passato.

Lei non andava proprio d'accordo con l'otto marzo ed era tutta colpa di quella maledetta festa! 

Incontrò proprio sul primo gradino della discesa della metro, un fattorino che sbandierava le mimose in piccole confezioni di plastica trasparente, legate da nastrini di tutti i colori. Neanche un fiocco, solo il nodo. Ormai alle confezioni non badava più nessuno, pensò la ragazza, passandoci vicino scendendo in stazione; si scoprì a sospirare nel momento in cui si soffiava il naso. Dannazione!

 

In metro purtroppo non era meglio: alcune ragazze sventolavano mazzetti gialli ridendo divertite, guardando un gruppetto di coetanei verso il fondo del vagone che le osservavano di sottecchi, rintanati nei cappucci delle felpe. Sembrava una guerra di sguardi e risatine. Chissà, forse se le erano comprate da sole per farli ingelosire? Barbara tentò di stare girata verso il finestrino ma, essendo seduta, non poteva muoversi molto, ma sentiva chiaramente uno dei mazzetti che le veniva ripetutamente sbattuto sulla testa. 

"Scusa, puoi non sventolarlo così, per piacere?" chiese, girandosi, a una ragazzina di neanche quindici anni.

"Sei invidiosa perché nessuno si è ricordato di te e ti ha regalato una mimosa?" le rispose, guardandola malissimo.

Come? Ma com'erano sfacciati i ragazzini al giorno d'oggi! "No, è che…"

"Acida zitella!" la insultò, prima di scappare via con le compagne, oltre le porte aperte alla fermata. Barbara le osservò fermarsi sul marciapiede e indicarla attraverso il finestrino, mentre ridevano a crepapelle e il treno riprendere la corsa.

Stupide ragazzine!

 

Grattandosi il naso con il palmo della mano, sbuffò ancora, mentre usava un fazzoletto per pulirsi gli occhi. 

"Sono state veramente maleducate! Mi dispiace… Tanti auguri signorina…"

Barbara alzò lo sguardo su un signore anziano che le stava sorridendo dolcemente, sedendosi sul sedile accanto al suo. "Tenga" disse, mentre tirava fuori dalla borsa un rametto sfuso da un mazzo più grosso di mimose. "Il mazzo è per la mia signora, ma non si offenderà se gliene regalo un pochino…"

"La ringrazio è che io…" In quel momento la metro frenò un po' rovinosamente per fermarsi alla stazione successiva e lui perse la presa sul rametto, sporgendosi in avanti e facendolo cadere sulle gambe della ragazza. "Oddio, no! No!"

Barbara scattò in piedi, come scottata da una secchiata d'acqua, e si spostò velocemente, cercando di portare il fazzoletto che aveva ancora in mano a coprirsi il viso. Quando gli occhi iniziarono a lacrimarle e il naso a colare, capì di dover uscire al più presto dal vagone e, appena le porte si aprirono, scappò sul marciapiede, prendendo parolacce dalla gente che era in attesa di scendere.

 

Ma che figura! Sospirando e soffiandosi ancora il naso, guardò il treno richiudere le porte e ripartire.

 

Salì le scale della stazione della metro e si incamminò verso l'ufficio. Forse era il caso di tornarsene a casa? No, no, ce l'avrebbe fatta, si disse, premendosi il fazzoletto su naso e bocca.

"Buongiorno, signorina Barbara, buona festa della donna!" esordì il receptionist guardandola far passare il badge nel lettore.

"Mmm, grazie, Alberto. Speriamo che lo sia davvero…"

"Oh, è una femminista anche lei?"

La ragazza strabuzzò gli occhi: in che senso? "Come?"

"La mia vicina di casa si dichiara femminista, e dice che questa è una festa consumistica e che non vuole assolutamente ricevere auguri o fiori né andare a festeggiare…"

"Ah, no, no. Non ho niente contro la festa della donna è solo che…"

"Ma sa cosa penso, signorina Barbara?" la interruppe l'uomo, avvicinandosi con il busto e sorridendo sornione. "Penso che se la mia vicina fosse meno acida, avrebbe un ragazzo che la invita fuori e le regala la mimosa e non farebbe tante storie!"

Barbara sospirò: come ribattere? Era un discorso troppo lungo da affrontare alle otto del mattino e senza avere ancora preso il caffè. E con il naso che colava e gli occhi gonfi.

"E chi lo sa…" disse solamente, alzando le spalle e allargando le braccia e camminando all'indietro verso l'ascensore.

 

Salutò prima di raggiungere l'ascensore e solamente quando ci fu davanti vide il fattorino della posta con tre mazzi di mimose veramente grossi.

"Ciao, Barbara, mi dai una mano? Devo far trovare sulle scrivanie delle figlie del presidente questi mazzi, ma non…"

"No, scusa, Giovanni, proprio non posso, perdonami!" rispose lei, premendo di nuovo il fazzoletto sul naso. Ormai le prudeva da matti e sentiva gli occhi troppo gonfi anche per guardarsi intorno.

 

Salì le scale e quando arrivò al secondo piano, chinò la testa per non incrociare nessuno ed essere obbligata a parlarci.

"Barbara! Ti ho…" la chiamò Andrea, uno dei grafici della ditta. Era sempre molto carino, soprattutto da quando avevano scambiato quattro chiacchiere alla festa di Natale.

"Non ora, Andrea, scusami, non posso, devo scappare!" gli rispose lei, pensando che potesse, da un momento all'altro tirare fuori un discorso sulla festa della donna o, peggio, una mimosa.

Girò per il grosso open space e puntò al fondo del locale, dritta verso la sua scrivania, ma dovendo prima passare davanti a altre persone, decise di continuare con la strategia del guardare il pavimento.

 

"Auguri, Barbara!" le disse Gianluca, un collega, sventolando diversi rametti gialli verso di lei. "Tieni una mimosa!" esclamò, posandogliene uno in mano.

"No, no, io…" Ma non riuscì a finire la frase, perché iniziò a starnutire ripetutamente, tanto che il rametto le cadde di mano e, durante l'ultimo starnuto, si spostò e senza volere lo pestò: tutto l'ufficio si zittì mentre la osservava.

La pelle del viso, dove erano finiti i pollini della mimosa, iniziò a pruderle  e lei iniziò a grattarsi le guance e gli occhi, che sentiva gonfissimi.

Quando tentò di soffiarsi di nuovo il naso, non ci riuscì, ma sentiva lo stesso il desiderio di farlo.

Scuotendo il capo e vedendo tutti che la guardavano allibiti, dicendo: "Scusate", si precipitò in bagno.

Nell'antibagno si appoggiò alla porta chiusa e fece girare la serratura, prima di recarsi verso il lavandino. Riuscì a lavarsi la faccia e prese un bel respiro: lo sapeva, doveva tornare a casa.

"Barbara?" Il bussare alla porta e la voce di Andrea le fecero venire voglia di piangere.

"Non ora Andrea, per piacere…"

"Barbara, apri la porta…"

La ragazza sospirò e tornò verso la porta scorrevole, sganciando la serratura.

"Io non odio la festa della donna, sono solo…"

 

"Allergica alle mimose. Lo so…"

La ragazza sospirò, sollevata per aver trovato quello che sembrava un complice, mentre lui le allungava una scatolina: era il suo stesso antistaminico, quello che aveva a casa e che aveva comprato una settimana prima proprio per questo giorno.

"Come…"

"Me lo hai detto alla festa di Natale, ricordi? Quando abbiamo scoperto che prendevamo lo stesso antistaminico per…"

"Perché tu sei allergico al pelo dei cani!" esclamò lei, ricordandosi del cocker della figlia del presidente che girava indisturbato durante il party.

"Eh, già…" Andrea sorrise imbarazzato.

"Sei il mio eroe, sappilo!" disse ancora la ragazza, prendendo la scatolina.

"Ti aspetto alla macchinetta del caffè per la pausa, così ti sdebiti, allora!" E con queste parole, il ragazzo chiuse la porta con un sorriso e la lasciò di nuovo sola al bagno.

 

Barbara si prese un po' di tempo e si lavò bene le mani e il viso, subito dopo aver ingerito la miracolosa pastiglietta e dopo dieci minuti uscì dal bagno, diretta alla propria scrivania.

"Scusa, non sapevo che…"

Molto più tranquilla di prima, Barbara sventolò una mano all'indirizzo di Gianluca che, avendo capito la situazione, stava cercando di scusarsi, ma anche lei aveva capito che lui non lo sapeva. "Non preoccuparti, avrei dovuto dirlo subito" disse solamente, passandogli davanti e raggiungendo la sua scrivania.

 

Laura, la sua vicina di postazione, alzò gli occhi su di lei e le sorrise sorniona, quando la vide arrivare. "Cosa c'è? Pronta a sgridarmi per come ho calpestato i diritti di una mimosa?"

Ma la ragazza scosse la testa, continuando a sorridere. Subito dopo le indicò con il capo la sua scrivania e Barbara rimase a bocca aperta: una bellissima rosa gialla a gambo lungo, confezionata alla perfezione, con tanto di velo da sposa e un grosso fiocco bianco, era posata sul piano, sopra la tastiera e vicino al telefono.

"Ma…" Si voltò subito verso l'amica, ma questa le fece un'alzata di spalle non del tutto innocente.

"Io non ho visto niente! Ma magari qualcuno che sapeva che non avresti potuto ricevere le mimose ha deciso che dovevi festeggiare lo stesso…"

Barbara prese in mano il fiore e lo annusò: non aveva un gran profumo, ma era delicato e tenero. Ne accarezzò i petali con le dita e poi alzò gli occhi verso il fondo dell'open space: Andrea le sorrise e lei sentì le guance arrossarsi neanche avesse ancora quindici anni.

 

L'ascensore si aprì e dal fondo del piccolo corridoio due delle figlie del presidente iniziarono a camminare verso il fondo del locale: tutti si zittirono e andarono a sedersi, ognuno alla propria postazione.

 

"Come stai?" La notifica della chat dell'azienda apparve in basso sullo schermo del suo pc.

"Molto meglio, grazie a te. Dopo ti offro un caffè. Mi sa che devo ringraziarti anche per la rosa…"

"Ti piace?" Scrisse lui.

"È bellissima…"

"Allora facciamo che stasera ti offro io un aperitivo?"

 

Barbara sorrise: forse sarebbe stata l'unica donna a uscire per un appuntamento nel giorno della festa in cui di solito si stava solo fra amiche.

Ma lei non faceva mai niente come gli altri.

"Volentieri" rispose.

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***Questa storia, molto importante per me, è dedicata a Barbara, una ragazza che non c'è più e a cui è successo questo fatto, anche se in un altro luogo, occasione e contesto.
Barbara, te lo avevo promesso, spero ti piaccia 💜

 

   
 
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