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Autore: Eneri_Mess    12/03/2022    2 recensioni
Quel secondo rapporto, asciugato di tutto il colore, che lasciava solo le ossa, fu una vivisezione accurata delle emozioni incastrate nel piccolo involucro che era Chuuya. Così chiare a lei, quando a lui parevano essere solo lampadine spente.
[...] «Oh, ma finiscila Chuuya, l’ultima volta che ti ho visto raggomitolato così sul divano di casa mia senza la voglia di bere è stato esattamente quattro anni fa.»
[Si può collocare tra "Dazai, please" e "No Longer Flawless". O leggerla singolarmente.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chuuya Nakahara, Kouyou Ozaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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COW-T 12, quarta settimana, M2
Prompt: 010. What breaks in a moment may take years to mend.
Numero parole: 2482
Rating: Verde
Warning: post S2, pre S3. Una specie di spin-off collegato a Dazai, please e a No Longer Flawless, ma si può leggere anche singolarmente. 



 

Nothin' goes as planned
Everything will break
People say goodbye
In their own special way
All that you rely on
And all that you can fake
Will leave you in the morning
But find you in the day

[In my veins - Andrew Belle ft. Erin Mccarley]




 

«È più grave quando non bevi, lo sai, sì?»

Il commento di Kouyou gli arrivò come uno dei tuoni che stava rumoreggiando in lontananza, con la sicurezza che prima o poi quelle parole lo avrebbero raggiunto sui nervi scoperti, come quei lampi all’orizzonte avrebbero portato la pioggia.

La bocca di Chuuya si mosse per formulare una risposta, ma si bloccò a metà dell’impresa, richiudendosi sotto la pressione della mandibola serrata. Era conscio di risultare patetico, lì raggomitolato su quell’angolo di divano nel salotto di Kouyou, osservando il cielo di Yokohama diventare più scuro del suo centro nero, o dei pensieri che il rosso stava tentando di tenere al buio. Quel buio aveva però la consistenza della pece e più spingeva via i frammenti di memoria, più ne restava macchiato.

«Hai trovato un altro Petrus» constatò la donna, mentre si passava le dita di una mano nei capelli appena sciolti dalla rigida acconciatura e con l’altra raccoglieva il vino per leggerne l’etichetta. C’era un secondo calice sul tavolino e questo le disse che era la benvenuta.

Si era già tolta l'elegante kimono per una mise più semplice, casalinga, segno che non sarebbe più uscita fino al giorno successivo. Si lasciò scivolare di fianco a Chuuya con la bottiglia di vino e uno dei calici, riempiendolo. Lo porse al più giovane, invitandolo a prendere, ma il giovane continuò ostinatamente a fissare fuori. Lei sorrise, esperta di quei sentimenti, ma ugualmente intenerita. Bevve un sorso al posto suo.

«Questo era il sapore che avevi associato alla sparizione di Dazai.»

Andò dritta al punto come avrebbe fatto con la katana in mano. L’unica premura che esisteva con i sentimenti era quella di tenerli il più possibile alla larga da sé.

«Lo ha detto anche lui.»

La replica la colse alla sprovvista. Si prese qualche istante per sviscerare ciò che non era stato detto e indovinare qualche scenario.

«Ti ha raggiunto al Wine Bar? Quel posto che si chiama Nine dove vai dopo la giornata delle scartoffie?»

Chuuya strinse il cuscino che aveva preso in ostaggio con pura stizza, imbruttendo un niente fuori dalle pareti a vetro.

«Seh

Fu di nuovo sul punto di aggiungere altro, ma alla fine lo tenne per sé.

A Kouyou non dispiaceva dare la caccia a quei sospiri fino a stanarli. Con il suo protetto era un gioco che aveva amato fin da subito, imparare a leggerlo.

Imparare a leggerlo per poter raccogliere meglio i cocci in cui un giorno si sarebbe rotto.

Le anime passionali come Chuuya avevano un valore inestimabile e lei desiderava, per puro capriccio personale, preservarlo intatto e brillante come il rubino che era. C’era dell’affetto, ma aveva una reputazione da difendere e bastava Kyouka a macchiarla pubblicamente.

«Quando vi siete rivisti qualche mese fa, nei sotterranei, non ti ha lasciato questo amaro. È successo qualcosa mentre recuperavate Q?» indagò, continuando a bere in solitaria il vino a piccoli sorsi.

Chuuya era restio quanto un bambino spaventato dal mostro sotto il letto. La paura non gli apparteneva se non come miccia per spronarlo a fare di meglio. Eppure a Kouyou non sfuggì come le ombre stessero lambendo i suoi occhi limpidi. 

Esistevano altri tipi di paure. Quattro anni di silenzio che si erano addensati fino a creare un monolite che sarebbe dovuto essere una pietra tombale, non una porta in grado di riaprirsi di nuovo.

«Abbiamo messo in pratica una delle nostre vecchie strategie.»

Il rosso parlò di punto in bianco dopo che un fulmino illuminò il panorama. Qualche goccia di pioggia iniziò a cadere, ma il tempo sembrò indeciso quanto lui.

«Dazai è stato colpito, ma ha finto, come al solito.»

Kouyou raccolse ognuna di quelle parole saggiando il peso di ciascuna. Erano poche, ma sentiva quanto in profondità potevano portare.

«Sono stato costretto a ricorrere a Corruzione» e lo disse stringendo così forte il cuscino che a Kouyou parve di sentire lo strappo. Ma non arrivò. Non fisicamente, ma di nuovo a parole.

«Mi sono dovuto fidare di lui.»

La donna aveva già ascoltato un breve rapporto dell’accaduto - una nota audio che un Chuuya scazzatissimo aveva lasciato nella segreteria di Mori dopo che Hirotsu lo aveva recuperato dal punto di estrazione, completamente addormentato con addosso Q. Dazai era stato il centro del resoconto, insieme a una sequela di insulti. Il nemico era stato marginalizzato sullo sfondo, come se Yokohama non avesse sofferto un’invasione nemica.

Quel secondo rapporto, asciugato di tutto il colore, che lasciava solo le ossa, fu una vivisezione accurata delle emozioni incastrate nel piccolo involucro che era Chuuya. Così chiare a lei, quando a lui parevano essere solo lampadine spente.

«Mi stai dicendo che Dazai non è poi così cambiato?»

«Tzé. Come se uno come lui fosse in grado di cambiare» sbottò il rosso, decidendosi finalmente a versarsi del vino, anche se questo non lo aiutò a rilassare la posizione rigida in cui si era accoccolato. «Farà di testa sua come al solito. Quando si stancherà di quell’Agenzia andrà da un’altra parte.»

«Mmmh» soppesò Kouyou, osservando la trasparenza carminia del vino e poi la pioggia, che finalmente cadeva libera. «In realtà mi ha dato l’impressione che gli piaccia questo nuovo ruolo. Il detective. Deve essere stato un gran guadagno per quel gruppetto di cavalieri bianchi avere dalla loro un genio come Dazai.»

Chuuya buttò giù il vino insieme a quelle affermazioni. Riappoggiò il calice prima di romperlo.

«Nessuno di quei detective è all’altezza di Dazai. Men che meno il suo nuovo-» si bloccò, ispirando pesantemente, come se avesse potuto strozzare una parola. Lo sguardo penetrante di Kouyou lo costrinse a completare la frase, anche se lo fece a denti così stretti che la parola “partner” uscì come un ringhio.

«In effetti, non è il più amabile del gruppo» ridacchiò Kouyou, che aveva avuto modo di osservarli durante la sua breve prigionia. «Quel ragazzino invece… il nuovo protégé di Dazai, la Tigre Mannara… lui ha del potenziale, per quanto vorrei ucciderlo per l’arroganza con cui ha salvato Kyouka.»

«Ecco» sbottò di nuovo Chuuya, versandosi altro vino. «La riprova che Dazai non è cambiato. Ha raccolto un altro randagio, come fece con Akutagawa. Lo mollerà alla stessa maniera, sono pronto a giocarmici il cappello.»

«Però questa volta ha trovato un gatto. Potrebbe essere diverso.»

Chuuya quasi si strozzò, voltandosi a fissare la propria mentore.

«Che!?»

«Akutagawa è palesemente un cane e a Dazai i cani non piacciono. A meno che non sia tu» spiegò leggera, nascondendosi in un sorso di vino per ridere quando lo vide diventare rosso per un misto di imbarazzo e rabbia.

«Io non sono il suo fottuto cane!»

«Non avevi perso una sfida quando vi siete conosciuti?»

«Non è vero!»

«Quello che afferma ogni scommettitore che perde…»

«Ane-san!»

«Chuuya» lo riprese lei, fissandolo dritto in faccia. «Ti ha fatto male realizzare che non è più il Dazai che conoscevi.»

E non fu una domanda, ma una stilettata al fianco.

Il rosso non parve prendersela. Le rise in faccia senza allegria, o meglio, la simulò così male che risultò patetico.

«È esattamente il Dazai che conoscevo. Calcolatore, subdolo e che ti abbandona. In cosa dovrebbe essere cambiato? Perché ora gioca a fare il detective e da la caccia ai cattivi? Non c’è nulla a questo mondo che possa rendere Dazai un santo. Nulla. Il suo sangue è nero, solo che ora è annoiato e ha deciso di provare qualcosa di nuovo.»

«Secondo questo tuo ragionamento… un giorno dovrebbe tornare sui propri passi?» chiese pacata Kouyou, con una vena di cinismo nascosta in un tono mellifuo e accomodante. «Tornerà alla Port Mafia?»

Chuuya strinse improvvisamente la mascella, guardando da un’altra parte. Imprecò. Bestemmiò anche.

«Di certo questo posto gli si addice meglio di uno in cui deve svegliarsi presto» biascicò a corto di risposte. La Dirigente rise brevemente di lui e della battuta, finendo l’ultimo sorso.

Per un po’ lasciarono che la pioggia riempisse il silenzio e lavasse via ogni accenno, anche minimo, di ostilità. Kouyou fece scivolare la testa sulla spalla del rosso e lui allentò un po’ la rigidità del proprio corpo.

La donna sapeva che nessuno dei sentimenti burrascosi dentro Chuuya era rivolto a lei, ma era anche consapevole della difficoltà che il giovane aveva nel processarli, proprio perché la matrice da cui scaturivano era Dazai. Sette anni fa lei era stata presente e non avrebbe potuto dimenticare come tutto fosse iniziato.

Come lei e Mori avessero osservato quel seme cadere in terra, iniziare a nutrirsi e crescere.

Piccole foglie lo avevano abbellito per tre anni e i germogli erano spuntati, ma senza mai sbocciare. Un inverno di quattro anni aveva lasciato che di quel piccolo arbusto rimanessero solo rami secchi, eppure ora, dopo appena due incontri tra quei due, a Kouyou sembrava già di rivedere la primavera su quei rametti.

«Quando si viene toccati dalla luce, se si è abbastanza forti da sopravvivere, non si riesce più a farne a meno.»

Koyou permise a quel pensiero di diventare consistente. Era nel suo appartamento personale, in una sera uggiosa e con l’unica persona della sua vita con cui potesse permettersi di abbassare le proprie barriere.

Chuuya non replicò subito, metabolizzando quella confidenza, ma dovette risultargli difficile da come strinse di nuovo la stoffa del cuscino.

«Credi che Dazai sia fatto per la luce?»

«Quello che credo» iniziò lei, umettandosi le labbra e scostandosi dalla sua spalla, consapevole di star per provocare un terremoto. «È che con Oda non sia stato del semplice sesso.»

Come aveva previsto, Chuuya perse per un attimo il controllo della propria gravità e Kouyou subì in silenzio e imperturbabile la forza che per un secondo la fece sentire pesante quanto i sentimenti dentro il giovane Dirigente. Ciò non le impedì di continuare. 

«Dazai è capriccioso nei rapporti con le persone, egoista nell’usare a proprio vantaggio le loro debolezze e incapace di farsi toccare dagli altri. Con Oda era diverso, non è vero?»

Chuuya sbottò a ridere di nuovo, questa volta così falso che Kouyou ebbe un po’ di pietà nel riconoscere il vero volto di quell’emozione.

«Oda gli spegneva il cervello, Dazai lo usava per quello. Anche i geni come lui avranno bisogno di scopare e staccare la spina ogni tanto, no? Non sparare puttanate, Ane-san. Dazai è in grado soltanto di distruggere ciò che tocca. È meglio per noi che se ne sia andato.»

Kouyou non se la prese, ma corrucciò ugualmente la fronte a sentire quelle contraddittorietà rispetto al discorso precedente.

«Doveva scopare come un dio se spegneva il cervello a Dazai e dopo la sua morte ha scelto di lasciare tutto ciò che aveva» constatò con quel retrogusto ironico che le consentì un po’ di cattiveria e le giuste similitudini per fargli ingoiare quella pillola amara. Prima Chuuya lo avesse accettato, prima sarebbe guarito. Dopo quattro anni di sedimentazione, e con i tempi futuri che si prospettavano, era necessario che il rosso superasse quelle favole che si era raccontato nel leccarsi le ferite.

«Stai dicendo che Dazai è in grado di amare

Chuuya non cedette, anche se aveva passato un minuto buono ad accusare la battuta.

«Sai cosa penso dell’amore-»

«Appunto. Dazai che ama qualcuno?» la interruppe lui. «Non esiste.»

Kouyou detestava quell’atteggiamento, ma era conscia che litigare con Chuuya avrebbe inasprito la sua posizione in merito. C’era un punto che il rosso non aveva intenzione di superare, non da solo. E l’unica persona che poteva convincerlo a farlo era la stessa che Chuuya faticava a riaccettare.

«Ciò che si rompe in un momento può richiedere anni per essere riparato.»

Il rosso si voltò a guardarla confuso. Lei si strinse nelle spalle.

«Me lo disse un turista svedese» spiegò lei con un sorrisetto. «Un proverbio delle sue parti. Sfortunatamente era un poeta giramondo, la peggior specie di amanti, da cui stare molto lontani» continuò con una smorfia tutt’altro che complice di quelle affermazioni. «Ti scrutano dentro senza permesso e sono anche bravi sia a parole che nei fatti» e lo disse allungandosi per riprendere il vino.

«E cosa c’entra?»

Kouyou preferì bere, piuttosto che rispondere con un Tutto, mio caro cucciolo che soffre l’abbandono.

«Che forse quattro anni non sono bastati a sanare la frattura che ti ha provocato Dazai.»

«Dazai non mi ha-»

«Oh, ma finiscila Chuuya, l’ultima volta che ti ho visto raggomitolato così sul divano di casa mia senza la voglia di bere è stato esattamente quattro anni fa.»

Il rosso si zittì, incassando la testa tra le spalle. Lei fu magnanima, gli riempì il calice e glielo porse.

«Avanti. Ti fa bene.»

«Solo perché è buono» brontolò lui, mandandolo giù come un bambino avrebbe ingollato una medicina.

«Meglio?»

Le guance di Chuuya erano un po’ più rosee e i suoi occhi vagamente lucidi.

«Seh…»

«Bene, perché devi iniziare a entrare nell’ottica che capiterà più spesso di trovarci a collaborare con l’Agenzia e quindi con Dazai.»

Il giovane sembrò strozzarsi con la saliva, guardandola con gli occhi sgranati.

«Collaborare?»

Kouyou sbuffò, massaggiandosi una tempia. Iniziava ad accusare la stanchezza della giornata e il suo voler bene a Chuuya e ai suoi problemi adolescenziali aveva un range di tempo limitato.

«Da quando il Ragazzo Tigre è entrato in scena sono iniziati più casini, non lo hai notato? Be’, credo siano solo all’inizio. Ougai sa qualcosa, ma non sono ancora riuscita a cavarglielo di bocca…»

«I loro problemi sono cazzi loro.»

La donna gli passò una mano sulla fronte con un gesto forse un po’ pieno di pietà.

«I loro problemi sono i nostri, se finiscono per coinvolgere Yokohama. E Fitzgerald aveva puntato anche noi, ti ricordo. Non fare divisioni approssimative e, soprattutto, ricordati che il tuo capo è Mori Ougai.»

La fronte corrugata di Chuuya voleva dare l’idea che stesse seguendo il discorso, ma il suo sguardo restituì solo la sua stanchezza e il suo disorientamento.

«Cosa c’entra chi è il Boss?» aggiunse, un po’ ottusamente.

Kouyou sospirò con tutta l’accondiscendenza di una sorella maggiore di fronte ai primi passi del fratello minore. Salvo che Chuuya fosse già stato svezzato dalla vita in più occasioni, ma comprendeva come Mori, alla fine, fosse materia per pochi.

«Che in un modo o nell’altro i nostri guai sono sempre colpa sua. Ne riparliamo da sobri, ok? Puoi dormire sul divano se ti va, ma non voglio trovare cuscini distrutti, intesi?» disse alzandosi e incamminandosi verso la propria camera. Non andò molto lontana, fermandosi con una mano sull’uscio e un pensiero impigliato in gola.

«Chuuya, ascoltami… ti capiterà di sicuro di trovarti al fianco di Dazai di nuovo. Odiarlo è una tua scelta, ma tieni a mente che dopo quattro anni potresti scoprirlo come una persona diversa. E conoscendolo, lui non ti ha dimenticato. Cerca di non scottarti…»

Tuttavia, non sentendo neanche uno sbuffo, si voltò verso il divano, accorgendosi che il rosso si era già addormentato.

Lo interpretò come un pessimo presagio.




 
   
 
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