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Autore: Kaeru    12/03/2022    0 recensioni
Una casata destinata all'estinzione. Una nuova ascesa. Che sia un nuovo inizio o l'inizio della fine?
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Casato Cadogan.
 
Ogni ultimo giorno del mese tutti coloro che compivano 21 anni durante il mese venivano portati davanti al cospetto del capo della propria casata.
Sei erano le casate esistenti: Cadogan, Harson, Byorg, Faurecia, Parset e Arkadia. Per tutto il mondo erano conosciute semplicemente come sei dinastie antiche che avevano fatto fortuna nel corso dei secoli in vari rami finanziari e commerciali. Ma in realtà ognuna delle sei casate aveva una sua peculiarità nello sfruttare un elemento. Rispettivamente Metallo, Fuoco, Aria, Acqua, Terra ed Anima. Solo in pochi al di fuori delle casate erano a conoscenza di queste peculiarità.
Al ventunesimo compleanno degli appartenenti alle varie casate in ognuna di essa veniva eseguita una cerimonia, il raccolto. Si trattava di una cerimonia di passaggio all’età adulta e di conseguenza l’entrata ufficiale dei giovani nelle vite del proprio casato. Durante il raccolto il giovane otteneva anche il controllo sulla forma peculiare della propria dinastia.
Era solo una formalità ed una scusa per fare una festa.
Così pensavano tutti e sei i ragazzi, quattro femmine e due maschi, che erano in piedi davanti al capofamiglia della Casata Cadogan.
Questi si avvicinò ai sei ragazzi con il suo vice che teneva in mano sei cappe nere piegate.
Si mise davanti al primo ragazzo, gli chiese di pronunciare il suo nome completo e la casata dei suoi genitori. Egli rispose, poi il capo della casata prese una cappa e gliela drappeggiò addosso con il cappuccio calato sulla testa.
La cappa da nera mutò rapidamente il colore in arancione. Quello era il segno distintivo che ora il ragazzo era entrato ufficialmente nel casato Cadogan e aveva accesso alle peculiarità del suo elemento, il metallo.
Il capofamiglia strinse la mano al ragazzo dandogli il benvenuto nel casato. Passò quindi alla ragazza successiva. Chiese anche a lei il nome, la casata dei genitori. La ragazza rispose, il capofamiglia prese una cappa e gliela drappeggiò addosso. La cappa divenne arancione.
La stessa scene si ripeté anche per le successive tre ragazze.
Infine, il capofamiglia si mise davanti all’ultimo ragazzo e gli chiese il nome completo e la casata dei genitori.
“Finley Cross, entrambi i miei genitori sono del casato Cadogan.”
Il capofamiglia prese l’ultima cappa e gliela drappeggiò addosso.
Passarono diversi secondi in cui il tempo parve fermarsi. La cappa non mutò di colore. Rimase perfettamente nera.
Finley e il capofamiglia si guardarono negli occhi alcuni istanti, mentre dal pubblico iniziò a sentirsi un brusio.
Il capofamiglia dopo alcuni istanti alzò una mano per richiamare il silenzio.
“Finley Cross. Hai in te del potere su un elemento altrimenti la cappa sarebbe diventata bianca. Ma la tua casata non è Cadogan. Tra due settimane da oggi, ci sarà la tua ascesa.”
Detto questo fece cenno a qualcuno alle spalle del ragazzo di avvicinarsi. Erano i suoi genitori che lo abbracciarono sconvolti dalla notizia almeno quanto il ragazzo.
L’ultima ascesa era avvenuta più di un secolo prima. Ed in totale gli annali della storia dei casati ne riportavano pochissime. In tutti i secoli di vita dei diversi casati, che risalivano al medioevo, le ascese erano state meno di venti.
 
Due settimane dopo.
 
Era quasi mezzanotte e la luna piena splendeva in cielo illuminando la radura.
Il nervosismo era quasi tangibile.
Al di sopra del brusio di sottofondo si iniziò a sentire il rumore di un motore in avvicinamento.
L’auto si fermò al limitare della radura e tre persone scesero. Avevano tutti una cappa indosso. Due avevano lo stesso colore. Arancione. La terza era tutta nera.
Si avvicinarono al centro della radura dove ai margini di un cerchio di pietra si trovavano sei persone. Ognuna indossava delle cappe di colori diversi. Il segno visibile di appartenenza ad un Casato.
I tre nuovi arrivati si fermarono anche loro al limitare del cerchio e il cerimoniere prese la parola.
“Benvenuti nel Cerchio, luogo di ascese e di abdicazioni. Ci troviamo in questa radura poiché stanotte ci sarà una nuova ascesa. Da lungo tempo non capitava. I capifamiglia dei sei Casati si posizionino intorno al cerchio.”
I sei capifamiglia presero posto come indicato, mentre i due arrivati con la cappa arancione fecero qualche passo indietro. Avrebbero assistito alla cerimonia come testimoni insieme ad altri.
“E tu posizionanti al centro del cerchio.” Continuò il cerimoniere rivolgendosi a Finley che prontamente eseguì.
“Come ti chiami?” chiese il cerimoniere.
“Finley Cross.”
“Da quale Casato provieni?”
“Il Casato dei Cadogan.”
“Finley Cross che la tua ascesa cominci.” Disse il cerimoniere allo scoccare della mezzanotte.
Come finì di parlare i capifamiglia intorno al cerchio allungarono una mano verso il centro e sprigionarono i loro poteri. L’insieme creò all’interno del cerchio di pietra una densa nebbia e un forte vento che iniziò a soffiare raggiungendo l’intensità di un piccolo tornado. Finley venne sollevato dal suolo e cominciò a girare su sé stesso, perdendo l’orientamento.
Poco dopo il vento si attenuò riportandolo con i piedi per terra.
La nebbia densa però non si attenuò.
Solo l’istinto lo guidò a fare i pochi passi che lo separavano da quella che gli sembra una luce intensa.
Con le mani avanti per evitare di colpire qualcosa si spostò in quella direzione. Finché la sua mano destra non trovò un’altra mano.
Nel momento in cui le mani si afferrano un dolore colpì Finley al petto e una voce parlò direttamente alla mente del ragazzo.
«Il dolore ti condurrà al tuo Casato. L’anima è l’essenza della vita. La tua anima si sta fondendo con il tuo nuovo Casato.»
Improvvisamente un’immagine prese forma nella mente di Finley. Un parco al tramonto, una fontana zampillante ed una figura di spalle. Ed una parola si formò nella sua mente e nella sua bocca.
“Arkadia!”
Nel momento in cui pronunciò il nome del suo nuovo Casato. Il dolore scomparve e una sferzata di energia sprigionò dall’intreccio di mani colpendolo con una raffica di vento che lo accarezzò. In quel momento la sua cappa mutò di colore prendendo diverse sfumature di viola.
La nebbia sparì e Finley poté osservare davanti a sé il capo del suo nuovo Casato. Una ragazza più bassa di lui, con i capelli scuri nascosti dal cappuccio della cappa con le stesse sfumature viola appena apparse su quella del ragazzo.
Gli occhi del ragazzo si fecero dapprima sorpresi, poi turbati, infine arrabbiati.
Con un lieve cenno del capo la ragazza gli fece capire di non dire niente.
“L’ascesa è avvenuta. Arkadia è stata scelta.” Annunciò il cerimoniere.
Dalla folla si alzarono dei mormorii stupiti.
“Saluta i tuoi parenti e prendi le tue cose. Devi venire con me.” Disse la ragazza velocemente.
Finley rimase a guardarla con astio.
“Ora!” aggiunse con autorità.
Con una smorfia il ragazzo eseguì e si allontanò per salutare i suoi cari e ricevere i loro ultimi consigli.
Mentre la ragazza era sola le si avvicinò uno degli altri capifamiglia.
“Deve essere emozionante per te. Ormai tutti pensavamo che il tuo Casato fosse destinato all’estinzione. Non che una singola ascesa possa cambiare granché le cose.”
La ragazza osservò il capo del Casato Harson. “Questo è ciò che in molti vorrebbero.” Detto questo si allontanò da lui e si avvicinò a Finley e alla sua famiglia.
“Dobbiamo andare.” Disse quando lo raggiunse.
Notò gli sguardi dei familiari di Finley, ma fece finta di niente.
“Potrete parlare con calma domani.” Aggiunse. Non aspettò risposta e si avviò verso l’esterno della radura.
Era consapevole dei suoi modi sgarbati, ma non poteva permettersi si sprecare tempo.
Finley la raggiunse. In silenzio la seguì mentre raggiungevano l’auto della ragazza. Sempre in silenzio aprì il bagagliaio e lui vi mise la sua valigia.
Le regole dei Casati volevano che per il primo mese dopo l’ascesa, la il nuovo adepto vivesse nella sede del suo nuovo Casato. Così era sempre stato.
Quando salirono Finley fece per dire qualcosa, ma lei lo interruppe. “Qualunque cosa tu abbia da dirmi, aspetta che ci siamo allontanati.”
Dopo una decina di minuti la ragazza gli rivolse la parola. “Immagino che avrai delle domande. Ora puoi farle.”
“Tu lo sapevi Kisha?”
“Che la tua ascesa ti avrebbe portato ad Arkadia? No. Credimi ne sono stupita quanto te.”
“Stupito non è esattamente la prima parola che mi viene in mente pensando alla situazione. Piuttosto mi chiedo se si tratta di una presa in giro. Pensavo che Arkadia neanche esistesse più.”
“Non mi stupisce. Io sono l’ultima e unica discendente del casato. E mi sono tenuta lontano dagli altri così a lungo che non è difficile immaginare che altri pensino che non esista più.”
“Dove stiamo andando?”
“Alla sede del Casato Arkadia.”
“Perché tutta questa segretezza? Perché non volevi che parlassi prima?”
“Per evitare a te ed ai tuoi familiari domande inutili da parte degli altri capifamiglia. Anche se immagino che ai tuoi gliele stiano facendo ora. Vista la situazione tra le nostre famiglie. Inoltre, non volevo essere accerchiata da persone che vogliono solo spettegolare sulla malasorte toccata ad Arkadia.”
“È passato parecchio tempo da un’ascesa e ancora di più da un’ascesa in Arkadia.”
“L’ultima ascesa è avvenuta più di un secolo fa.” Confermò la ragazza. Nel frattempo, erano arrivati davanti ad una vecchia fattoria che ad una prima occhiata appariva estremamente fatiscente. Quasi dovesse crollare da un momento all’altro.
Scesero dalla macchina e Kisha fece cenno a Finley di seguirla.
“Questa è la sede di Arkadia?” domandò deluso.
Kisha sorrise. Sapeva come appariva l’edificio davanti a loro. Ma sapeva anche che era solo una facciata.
“Guarda meglio.” Gli disse.
“Cosa dovrei guardare?”
“Ora che sei asceso so che senti il potere che ti scorre nelle vene, sottopelle. Concentra quel potere negli occhi. Guarda come se dovessi vedere attraverso un velo. Non fermarti alla prima immagine.”
La guardò scettico, ma eseguì.
Kisha capì il momento esatto in cui vide ciò che vedeva lei.
La casa diroccata scomparve. Al suo posto apparve una magione in arenaria bianca con un colonnato nel portico alto tre piani che si estendeva per circa 300 metri illuminata dalla luna.
“Tu conosci la storia dell’ultimo periodo di Arkadia? Da quando i miei genitori hanno abdicato?” domandò.
“So quello che si vocifera in giro.” Rispose voltandosi verso di lei che vide il suo sguardo mutare di nuovo. La confusione che aumentava.
“Questa sono la vera io.” Gli disse imbarazzata. Sapeva che ora vedeva la cicatrice che percorreva il lato sinistro del suo volto. “Vieni, entriamo.” Disse facendo strada.
Appena entrati le luci si accesero da sole. “Puoi lasciare qui la valigia. Più tardi ti mostrerò per intero la casa. Ma prima passiamo dal Cuore.”
Lo condusse per dei corridoi verso il centro della magione.
“Che significa tutto questo? Intendo i camuffamenti?”
“Lascia che ti racconti la storia del nostro Casato. Come sanno tutti è l’unico che non è monocromatico. Tutti pensano che sia dovuto alla decisione del capostipite, come per tutte le altre casate. In realtà non è così. Esistono sei casati. Cadogan, Harson, Byorg, Faurecia, Parset e Arkadia ognuno con la sua peculiarità nello sfruttare un elemento. Rispettivamente Metallo, Fuoco, Aria, Acqua, Terra ed Anima.”
Finley annuì a conferma di conoscere quelle nozioni.
“Originariamente non era così. Erano sette. Secoli fa esisteva anche il casato Virkas. Non contava molti adepti, ma era il casato più antico.”
“Non l’ho mai sentito nominare.”
“Non mi stupisce. Virkas come dicevo non era molto esteso, ma essendo il più antico vantava di un potere che si è rafforzato con il passare del tempo. L’empatia. I discendenti erano in grado di entrare in sintonia con ogni essere vivente. Umani e animali. Più si rafforzava, più il potere cresceva e i membri più anziani impararono a sfruttare quel potere anche al rovescio. Potevano indurre gli altri a seguire i loro voleri. Per un breve periodo di tempo e solo finché rimanevano in costante contatto con le persone influenzate.”
“Un potere pericoloso nelle mani sbagliate.”
“È esattamente ciò che pensava Berenice, l’ultima capofamiglia di Virkas. Berenice temeva che alcuni seguaci potessero sfruttare questo potere. Soprattutto quando alcuni membri importanti della stirpe iniziarono a morire misteriosamente. Prese una decisione. Si dice che l’unico di cui si fidasse fosse Allister l’allora capofamiglia degli Arkadia. La sua empatia le permetteva di sapere che Allister era sempre sincero con lei e che l’amava senza riserve. Decise di abdicare in suo favore. Sapeva che questo avrebbe indebolito la sua casata come succede ad ogni abdicazione. Ciò che non sapeva, perché mai era successo prima, era che l’abdicazione di un capofamiglia a favore del capofamiglia di un’altra casata comportava la perdita della magia del casato stesso. O per meglio dire, chiunque avesse dei poteri in quel momento fu indebolito e portato ad avere solo una lieve empatia nei confronti degli altri. Nessuna possibilità di controllare altri. Ma da quel momento al ventunesimo compleanno tutti coloro che affrontavano il raccolto si ritrovavano con una cappa bianca. Segno distintivo che non avevano nessun potere.”
Nel frattempo, arrivarono al Cuore della magione. Una stanza situata nell’esatto centro di tutta la proprietà. Si trattava di uno studio con pareti color borgogna, un divano e due poltrone nere con in mezzo un tavolino erano poste da un lato della stanza e dall’altro una grande scrivania di mogano con uno scranno con un rivestimento dello stesso colore borgogna delle pareti, entrambe di antica fattura, e il pavimento di parquet scuro.
Kisha si portò alle spalle dello scranno davanti ad un quadro e fece cenno a Finley che si era fermato davanti alla scrivania di raggiungerla.
“Questa stanza nasconde un segreto. Un segreto che come appartenente al casato Arkadia dovrai custodire.” Disse guardandolo intensamente. “Il nostro potere è direttamente collegato con il mantenere questo segreto. Non potrai mai, mai, lasciartelo sfuggire.”
“D’accordo.”
“Poggia la tua mano sul quadro e lascia scorrere libero in te il potere.”
“Non rischio di rovinarlo?”
“No. È protetto.” Disse Kisha mettendo a sua volta la mano sopra il quadro.
Finley eseguì.
In pochi istanti il quadro scomparve davanti ai loro occhi e al suo posto apparve l’entrata di un tunnel con una scalinata che scendeva curvando.
“Ma come è possibile? Sotto la mano sentivo la solidità del quadro.”
“Il quadro è solido, ma non è un quadro. È un talismano. Il potere del nostro casato lo può attivare e aprire così il varco che nasconde. La prima volta che un nuovo adepto vi accede deve farlo con il potere del capofamiglia. È un po’ come la registrazione dell’impronta digitale. Solo che in questo caso non è l’impronta digitale ad essere registrata, ma quella astrale. Seguimi.” Disse iniziando a scendere le scale.
Ai lati del tunnel a distanza regolare c’erano delle torce che nel loro proseguire si illuminavano da sole.
“Magia?” chiese Finley.
“No, non in questo caso. Semplici fotocellule.” Rispose lei indicandone una.
Arrivarono in fondo alle scale. Davanti a loro c’era un muro.
“Questo è un altro talismano. Appoggia la mano.” Disse Kisha.
Dopo pochi istanti il muro scomparve e davanti a loro si aprì una stanza rotonda. Al centro c’era un grosso cristallo di ametista alto all’incirca un metro e largo almeno la metà che sembrava emanare dal suo interno la luca violacea che illuminava fiocamente la stanza.
Intorno, in corrispondenza dei quattro punti cardinali, c’erano dei pilastri con in cima dei bracieri che si accesero da soli non appena varcarono l’entrata.
“Come ti dicevo Berenice di Virkas abdicò a favore di Allister di Arkadia. La sua famiglia perse la magia che però non andò perduta come la maggior parte delle persone che conoscono questa vicenda pensano. Fu trasferita in una forma diversa. L’empatia di Virkas permise agli Arkadia di potersi connettere agli spiriti degli antenati. Ogni membro della famiglia di Arkadia viene portato in questo luogo, fulcro della magia della nostra casata per conoscere il proprio spirito guida.”
“Mi stai prendendo in giro?”
“Affatto. Tocca la pietra, fai scorrere il tuo potere e lasciati andare. Non avere paura. Questo è un luogo sicuro. Non ti succederà nulla di male. Io ti aspetterò fuori dal cerchio.” Dicendo questo fece un passo indietro e lo incoraggiò con un gesto ad avvicinarsi al geode gigante.
Finley osservò attentamente il cristallo, poi quasi con deferenza vi appoggiò la mano sopra. Non sapeva cosa fosse esattamente, ma ne avvertì il potere.
Sentì dapprima una vibrazione e poi gli sembrò di essere trasportato in un altro luogo. Il luogo della sua visione durante l’ascesa.
Un parco al tramonto, una fontana zampillante ed una figura di spalle. La figura di spalle ora era però girata. Era un uomo alto quanto lui e che doveva avere poco più di una cinquantina di anni, con i capelli brizzolati.
“Benvenuto nella casata di Arkadia.” Disse l’uomo.
“Dove siamo?”
“Siamo nel tuo subconscio. Il tuo io più profondo. Quello che viene raggiunto solo durante il sonno più profondo e di cui non ci si ricorda mai. Il posto in cui la tua mente è più al sicuro.”
“Quindi sto dormendo? Mi scorderò di tutto questo?”
“No. Quando raggiungi questo posto grazie all’ametista di Arkadia, tutto ciò che succederà lo ricorderai.”
“A cosa serve uno spirito guida? Mi dirai cosa fare?”
“Non proprio. Se avrai dei dubbi su come agire in qualsiasi situazione, se avrai domande sui tuoi poteri o sulla storia di Arkadia o su qualunque altro genere di cose, potrai sempre venire qui. Io ti potrò consigliare o darti la mia opinione, ma sarai sempre tu a fare le tue scelte. Nessuno può costringerti a fare ciò che non vuoi. Questo è molto importante. È la regola fondamentale di Arkadia. Il potere della nostra casata è nel cuore, nell’anima. Non tradire il tuo cuore e il potere crescerà in te. Tradisci il cuore e il potere ti potrebbe tradire.”
“In che senso potrebbe tradirmi? E poi che potere è? Lo sento, ma non mi sembra che sia una cosa efficace come il potere del mio casato di nascita che può sfruttare i metalli.”
“È vero. Non puoi comandare gli elementi, non puoi comandare i metalli. Ciò che potrai fare lo scoprirai con il tempo. Ogni membro ha un suo potere personale.”
“Ogni membro? Mi risulta che siamo solo in due nel casato attualmente.”
Il viso dello spirito guida prese un’espressione malinconica.
“Sì al momento siete solo in due. Ma finalmente le cose sono destinate a cambiare.”
“Conosci il futuro?”
“No. Ma so che la tua ascesa in Arkadia può essere solo l’inizio. Il cuore centrale ha finalmente ripreso a battere.”
“Con il cuore centrale intendi Kisha, il capofamiglia?”
“Sì.”
“Qual è il tuo nome?”
“Puoi chiamarmi Liam.”
“Kisha mi ha raccontato la storia del casato di Arkadia. La storia di cosa successe al casato Virkas.”
“Nessuno deve sapere la verità al riguardo. Alcuni già lo sospettano, ma non possono averne la certezza. La sola idea di poter far propri i poteri di altri casati mette in pericolo tutti i capifamiglia. A maggior ragione quello di un casato tanto piccolo come Arkadia. So che nel profondo non ti fidi di Kisha. Sento che ci sono dei pregressi infausti tra di voi. Ma ti prego di non lasciare che ciò che può essere successo in passato, possa mettere a rischio il vostro futuro. Chiaritevi.”
Con queste ultime parole che aleggiavano nella mente di Finley l’immagine davanti ai suoi occhi vacillò e poi scomparve. Aprendo gli occhi si trovò di nuovo nel centro della stanza con davanti l’ametista.
“Sembrava reale.”
“Era reale.”
Finley si girò a guardarla. “Sai cosa ho visto?” chiese.
“No. Le tue visioni sono solo tue. Se vogliamo che questa cosa funzioni, dobbiamo parlare, lo sappiamo entrambi. Ma lo faremo domani mattina. Si è fatto tardi e credo tu abbia già abbastanza a cui pensare.” Disse Kisha.
Finley annuì.
La ragazza lo condusse all’entrata della magione per recuperare la valigia. Poi salirono la grande scalinata centrale che conduceva al primo piano. “Qui ci sono le camere da letto. Puoi scegliere quella che preferisci. Una volta scelta appoggia la mano sulla porta, fai scorrere il tuo potere e dì il tuo nome completo.”
“Perché?”
“Come avrai notato, questa magione non è una semplice struttura di mattoni. Qui scorre il potere in ogni cosa. Quando dirai il tuo nome toccando la porta della stanza, la casa la sentirà come tua e nessuno potrà entrarci senza il tuo consenso. Allo stesso modo, domani mattina ti basterà toccare un muro qualsiasi della casa, far scorrere il tuo potere e dire ‘Cucina’, la casa ti mostrerà dove si trova. Sarà lì che ci incontreremo domani per la colazione.”
Dicendo questo si diresse verso le sue stanze lasciandolo solo.
 
Quando Finley si svegliò la mattina successiva, si rese conto di avere dormito solo per tre ore. Rimase nel letto a riflettere sugli ultimi avvenimenti. Fino al giorno prima non era mai riuscito ad usare il suo potere, in certi momenti, dubitava persino di averne. Ora anche appena sveglio, lo avvertiva, come una leggera vibrazione della pelle. Non era fastidioso. Era… vivo... Non capiva, però, esattamente in cosa consistesse. Liam gli aveva detto che ognuno lo sviluppava in maniera diversa.
Pensò al cambiamento che l’ascesa aveva portato nella sua vita. Per un mese, il periodo del risveglio dei suoi poteri, quella sarebbe stata la sua casa. Non era male. Anzi. Aveva un certo fascino misterioso.
Poi pensò al suo nuovo capofamiglia. Kisha. Quello non se lo aspettava. Non sospettava nemmeno che facesse parte di un casato, figuriamoci che ne fosse il capofamiglia.
Pensare a lei faceva riaffiorare ricordi che facevano male. Pensava a suo fratello maggiore. Pensava di aver superato il dolore per la sua perdita o almeno di avere imparato a conviverci, ma poi quando l’aveva rivista tutto era riaffiorato. Il dolore, la mancanza, il risentimento. Era colpa di Kishia se suo fratello era morto. Non c’erano state abbastanza prove per accusarla formalmente. Ed ora lei era il suo capofamiglia. Come poteva la vita prendersi così gioco di lui? Come poteva fidarsi di lei?
Scalciando le lenzuola con rabbia si alzò. Il giorno prima era ancora frastornato dalle novità, ma oggi avrebbe avuto le risposte che cercava da mesi.
Una volta pronto fece come le aveva detto Kisha. L’idea di fare tutto ciò che gli diceva non lo elettrizzava, ma si rendeva conto che per quanto riguardava il Casato lei era letteralmente l’unica a cui poteva fare riferimento. Anche il suo spirito guida glielo aveva detto. Doveva chiarirsi con Kisha.
Mise perciò una mano sul muro. “Cucina.” Appena pronunciò la parola, nella sua mente si formarono delle immagini del percorso che avrebbe dovuto fare per arrivare alla cucina.
Staccò la mano dal muro e prese la direzione che gli avevano suggerito le immagini.
Mentre entrava vide Kisha che gli dava le spalle, mentre spegneva il fuoco sotto la moka del caffè.
“Buongiorno.” Gli disse la ragazza ancora di spalle.
“Buongiorno.” Rispose per educazione.
“Ho fatto del caffè se ne vuoi.” Disse mettendo la moka in mezzo all’isola che era già apparecchiata per la colazione. “Non so come tu faccia colazione di solito e non pensavo che avrei avuto ospiti. Se vuoi qualcosa in particolare puoi segnarlo su quella lavagna per quando andrò a fare la spesa. Per il momento dovrai accontentarti di caffè, frutta o cereali. La dispensa è pressoché vuota. Devo anche sapere se c’è qualcosa a cui sei allergico o che proprio non mangi.”
“Parli sempre così tanto di prima mattina?” domandò Finley quando la ragazza si fermò per prendere fiato.
Kisha si bloccò. Chiuse gli occhi per alcuni istanti e prese un profondo respiro. “No, in realtà. Parlo a raffica quando sono nervosa.” Ammise.
“Sei nervosa?” la schernì.
Kisha gli rivolse un’occhiata sarcastica e con lo stesso tono disse: “No. Perché dovrei? Questa situazione è così tranquilla. Tu ed io siamo gli unici due appartenenti alla casata di Arkadia. Non vedo perché dovrei sentirmi nervosa. In fondo i nostri rapporti sono così rilassati.” Mentre diceva questo si sedette su uno sgabello.
Finley si sedette su quello di fronte.
“So quello che pensi di me.” Disse Kisha in tono fermo. “Lo capisco credimi. Ma non posso cambiare il passato. Dire che mi dispiace non arriva nemmeno vicino a come mi sento, ma so che per te deve essere anche peggio. So che non ti fidi di me e che probabilmente essere costretto a rimanere qui con me per un mese intero mina la tua stabilità emotiva ed aumenta il nervosismo per la tua ascesa.”
Calò per alcuni istanti un silenzio che pesava su entrambi. “So che hai delle domande e ti permetterò di farmele. Ma ci sono alcune cose che non ti piaceranno affatto.” Riprese la ragazza poco dopo.
“Posso sopportarlo.” Rispose Finley.
“Non ne sono sicura.”
“Dimmelo e basta.”
“Ad una condizione. Qualunque cosa succederà, finirai il tuo mese qui ad Arkadia.”
“Capisci che già la premessa non getta delle buone basi per la fiducia.”
“Prendere o lasciare.”
Si guardarono in silenzio. Dopo quella che a Kisha parve un’eternità Finley annuì.
“Ho bisogno della tua parola.” Gli disse.
“Hai la mia parola che rimarrò qui per tutto il prossimo mese.” Concesse lui.
“D’accordo. Finisci la colazione e poi parleremo.”
“Perché aspettare?”
“Perché mi piace la cucina così com’è e non voglio rischiare che tu rompa tutto.”
“Perché dovrei farlo?”
“Perché le cose che ti dirò ti faranno incazzare.”
Finley bevve una tazza di caffè e si alzò in piedi.
“Bene, ho finito la colazione.”
“La tua colazione non è molto salutare.” Commentò la ragazza, ma anche lei si alzò e si diresse verso la porta della cucina e poi verso l’entrata della magione.
“Non volevi che restassi qui per tutto il mese?”
“Il qui che intendevo è tutta la proprietà di Arkadia. Ciò comprende anche i giardini e parte del bosco a nord. Non sei un recluso in queste mura.”
KIsha lo condusse nel giardino sul retro. Seguirono un sentiero lastricato costeggiato da divere piante e fiori. Dopo alcuni minuti di cammino, che passarono in rigoroso silenzio, il sentiero si apriva su una piccola radura circolare con al centro una fontana zampillante.
Finely osservò la figura raffigurata. Era una donna con appollaiata sulla spalla sinistra una grande aquila con le ali spiegate. La donna accarezzava con il dorso della mano sinistra le zampe del volatile e con la mano destra accarezzava un grande giaguaro accucciato al suo fianco destro. Dalle spalle della donna spuntavano grandi ali dalle cui punte zampillava l’acqua. Lo stesso succedeva dalle punte delle ali dell’aquila. L’acqua che usciva creava l’impressione che le ali della donna e del volatile fossero più grandi e cristalline.vericato costeggiato da dc222essono alcune cose che non posso eno vicino a corendersi cos’
“Qui ci troviamo al limite del territorio Arkadia.” Disse la ragazza, sedendosi sul bordo della fontana e dando tempo a Finley di ordinare le idee per le sue domande.
“Mio fratello sapeva che facevi parte di un Casato?” chiese infine il ragazzo.
“No, non lo sapeva. O almeno questo è ciò che credevo. Finché non ho scoperto la verità.”
“Quale verità?”
“Samuel non era chi diceva di essere. Non esattamente.”
“Che cavolo stai dicendo?” chiese nervoso. Già dall’inizio non gli piaceva la piega che aveva la discussione.
“Negli ultimi mesi non hai notato niente di strano in Samuel? Niente che ti facesse pensare che qualcosa non andasse? Qualcosa che stonasse con l’idea che avevi di lui?”
“Era più nervoso del solito. Mi aveva detto che era stress per il lavoro.” Disse con un’alzata di spalle.
Kisha sospirò. “Temo che sarà più dura di quanto pensassi. Ti racconterò tutto ciò che so. Ma ho bisogno che lasci la tua mente aperta.”
“Così da fare qualche trucchetto con i tuoi poteri?”
“Ok, pessima scelta di parole. Intendevo semplicemente di non rifiutare ciò che ti dirò a priori solo perché non ti piacerà ciò che sentirai.”
“Ci proverò.”
“Ho conosciuto tuo fratello in un periodo particolarmente difficile della mia vita. Avevo appena perso mio padre, l’unico che avesse un legame con Arkadia. L’unico che potesse capire davvero come mi sentissi.” Fece una breve pausa, mentre ripensava al padre. “Mia madre non fa parte di un Casato, non ha poteri, non sa cosa significhi davvero. E non potevo chiedere consiglio a lei quando il potere si faceva più forte per il dolore e mi trovavo letteralmente sul punto di distruggere tutto. Mi sono trasferita qui alla magione proprio per questo. Per non portare distruzione a coloro che amo. E anche per sentire mio padre un po’ più vicino. Una sera in cui stavo particolarmente male mi sono inoltrata nel bosco. Avevo bisogno di sfogare tutto il male che avevo dentro. Raggiunsi il limitare di una radura al limite del terreno di Arkadia. Sapevo che ogni tanto alcuni campeggiatori la utilizzavano come area sosta, ma in quel momento ero troppo distratta per rendermi conto che c’erano tre ragazzi. Non avevano ancora montato nessuna tenda. Stavano scaricando le loro cose dall’auto. Lasciai andare il mio potere.”
“Che successe? Qual è il tuo potere?”
“Posso governare il tempo. Avevo appena ricevuto la mia cappa. Facevo fatica a farlo volontariamente e solitamente prendeva il sopravvento quando provavo un’emozione troppo travolgente.”
“Eppure hai sempre un’aria molto controllata. Anche quando venivi accusata direttamente.”
“Devo. È un rischio per me provare emozioni forti.”
“Cosa successe esattamente?”
“Scatenai un temporale. Vento. Tuoni. Fulmini. Cadde anche la grandine. Chicchi grossi come palle da golf. Uno scenario apocalittico. I tre ragazzi furono colti alla sprovvista. Lasciarono le loro cose e si andarono a riparare in una grotta naturale. Non mi avevano vista e non potevano sapere che tutto era successo a causa mia. Chi mai può credere che una persona possa scatenare un putiferio del genere. Alla fine, mi calmai. Mi accorsi delle cose di quei ragazzi e mi accertai che stessero bene senza farmi notare. Dopodiché tornai di corsa nella magione e mi ci chiusi dentro.”
“Beh, è andata bene.”
Kisha fece un sorriso stanco. “Fu l’inizio della fine, anche se allora non lo sapevo.”
“Che vuoi dire?” chiese Finley sedendosi anche lui sul bordo della fontana.
“Pochi giorni dopo uscii a fare la spesa. Un ragazzo mi si avvicinò con una scusa. Aveva l’aria innocua. Disse di essersi appena trasferito in città e mi fece alcune domande a riguardo. Lo riconobbi. Era uno dei tre ragazzi di quella sera. Lo incontrai anche altre volte. Al cinema. Dal benzinaio. In edicola. Ogni volta chiacchieravamo un po’. Era rilassante. In breve, facemmo amicizia.”
“Era Samuel?”
Kisha annuì.
“Andò avanti per un po’ di tempo. Ci eravamo scambiati i numeri ed avevamo iniziato a vederci. La sua presenza allontanava un po’ il dolore. Non gli ho mai permesso di venire a prendermi. Per chi non ha il potere di Arkadia, la magione ha l’aspetto con cui l’hai vista la prima volta. Lui insisteva per sapere dove abitassi. Pensavo che lo facesse perché gli dava fastidio sentirsi escluso da una parte della mia vita. Ma allo stesso tempo iniziavo a provare fastidio per la sua insistenza. Poi un giorno, per caso, sentii una sua telefonata. Non volevo origliare. Mi ero allontanata per andare a comprare un paio di cose al market e lui voleva approfittarne per fare una chiamata di lavoro. O almeno così disse. Mi resi conto che ero senza il portafoglio che avevo tolto dalla borsa poco prima per fare benzina. Così tornai in macchina per prenderlo. Lui era fuori dall’auto appoggiato al cofano, mi dava le spalle e non si accorse di me. Così lo sentii. Non potrò mai scordare le sue parole, né il tono che usò. Puro disprezzo. Ricordo che disse: ‘Tranquillo capo. Me la sto lavorando per benino. Tra poco saprò con esattezza dov’è la sede.’”
Calò il silenzio e una nuvola coprì il sole.
“Magari hai frainteso. Magari non stava parlando di te e della sede di Arkadia.”
Kisha sorrise senza divertimento. “Dopo aver ascoltato la risposta del suo interlocutore aggiunse: ‘Figurati. Quella stupida di Kisha non se ne accorgerà mai. Prima che ci capisca qualcosa il suo potere sarà già tuo.’”
I due ragazzi si guardarono alcuni istanti.
“Cosa facesti?”
“Involontariamente scatenai un fulmine. Non lo colpii, ma ci andai molto vicino. La cosa lo spaventò e si accorse della mia presenza. Provò a farmi credere di avere capito male. Temendo la mia stessa rabbia salii in macchina e mi allontanai in fretta. Provò a cercarmi ancora, io lo ignorai a lungo. Poi un giorno, mentre andavo al market, il proprietario che mi conosce da anni mi disse che qualcuno aveva lasciato un pacchetto per me.” Kisha tentennò.
“Cosa c’era in quel pacchetto?”
“Era una memory card.” Quella era la parte difficile da raccontare.
Finley le fece cenno di proseguire.
“Conteneva un video in cui c’era Samuel. Era stato chiaramente picchiato. Mi chiedeva scusa, diceva che gli avevano mentito e che lui si era lasciato ingannare. Che dovevo stare attenta e che qualcuno progettava la mia morte. Qualcuno che voleva la fine di Arkadia.” Intanto aveva iniziato a scendere una pioggia sottile. “Quel giorno stesso, poco dopo, ho saputo che era stato trovato il suo corpo, con a fianco una scritta.”
“Il tuo nome.” Confermò Finley.
“Già. So che tutti credono che quello fosse il suo ultimo gesto per indicare chi lo ha ucciso, ma non è così. Non sono stata io.”
“Se quello che dici è vero, perché nessuno sa niente di questo video di cui tu parli? È stato casualmente perso?” chiese in tono accusatorio il ragazzo.
“No. Ce l’ho ancora. Ma non ne ho parlato né con la polizia quando sono stata interrogata, né con nessun altro. Tu sei il primo a cui lo dico.”
“Voglio vederlo.”
“Sì. Ne ero certa. Non sarà un bello spettacolo.”
Kisha mise una mano sul bordo della fontana tra lei e Finley, chiuse gli occhi e sussurrò: “Apriti.”
Un piccolo scompartimento stagno si aprì vicino la mano di Kisha. Dentro c’era una memory card.
“L’hai nascosta qui dove chiunque può prenderla?” chiese indignato.
“L’ho nascosta in bella vista. Nessuno può trovarla qui. Questa fontana è stata creata usando i poteri delle due casate Virkas ed Arkadia. La leggenda vuole che Allister creò questa statua prima bruciando la terra a temperature magmatiche e poi solidificandola e dandogli forma con il vento. La donna è Berenice, l’aquila è il simbolo di Arkadia, quindi è la rappresentazione di Allister, mentre il giaguaro è lo spirito guida di Allister che sempre secondo la leggenda è un anche un parente alla lontana di Berenice. Si dice che quando lei ha visto per la prima volta la statua si sia commossa e le sue lacrime siano cadute nella fontana stessa alimentando il flusso continuo del suo zampillare.”
“Mi stai dicendo che non ci sono tubature?”
“È così. Questo posto è intriso di potere. Anche il capofamiglia di un altro casato non riuscirebbe a capire che all’interno del potere che impregna la fontana ci sia un altro potere nascosto. Questo è il luogo più sicuro dove nascondere qualcosa. Se lo studio con l’ametista è il cuore di Arkadia, questa fontana ne è l’anima.”
Detto questo, chiuse lo scomparto, si alzò e lo condusse di nuovo alla magione. Entrarono in quella che sembrava essere una sala relax. C’erano un angolo bar, un televisore 40 pollici con un grande divano di fronte. Dall’altra parte della stanza c’era da un lato un tavolo con computer e dall’altro lato un calcetto.
Kisha si avvicinò al pc, lo accese ed inserì la memory card.
Finley di fianco a lei osservò ad occhi sgranati l’immagine del fratello. Era pieno di contusioni e tagli, molto simile a come era stato trovato. Era stato lui a fare il riconoscimento ed ora vederlo così martoriato fece riaffiorare in lui la rabbia.
“Spiegami perché non l’hai dato alla polizia se tu sei così innocente. Potrebbero trovare degli indizi su chi gli ha fatto tutto questo!”
“So che è difficile, ma non concentrarti su tuo fratello. Osserva la scena con il tuo potere. Ascoltala con il tuo potere. So che puoi vederlo e sentirlo anche tu.”
Kisha rimandò il video da capo.
Finley fece fatica a fare come richiesto. Tutto ciò che vedeva era il fratello, ma poi vide come un’ombra durante gli ultimi secondi.
Si allungò per schiacciare di nuovo il tasto play. Questa volta si costrinse ad escludere suo fratello dalla visione di insieme.
Il video era stato girato mentre Samuel camminava a fatica. Era circondato da alberi. In sottofondo alle sue parole si sentì dapprima un fruscio, poi quelle che sembravano più voci che parlavano insieme e ripetevano una parola. Traditore. A pochi secondi dalla fine apparve un’ombra. Finley mise in pausa e tornò indietro di pochi fotogrammi. Fece ripartire il video e lo fermò di nuovo tornando indietro e mandandolo poi avanti fotogramma per fotogramma. Infine, si fermò.
“Ora lo vedi anche tu.” Confermò Kisha.
Era chiaramente l’ombra di una persona quella che si vedeva. Le sue mani si erano mosse veloci formando un simbolo nell’aria che solo per una frazione di secondo era rimasto totalmente visibile. E un altro simbolo era apparso sulla fronte. Troppo veloci per essere scorti da un semplice occhio umano. Ma abbastanza per essere visti da chi possedesse del potere. Inoltre, anche sul braccio di Samuel era apparso un simbolo nascosto all’interno del tatuaggio che portava al polso. Il tatuaggio che a prima vista raffigurava un teschio con sotto ossa incrociate come il simbolo dei pirati in realtà ad una vista supportata dal potere in realtà appariva come un teschio aggrovigliato in mezzo alle spire di un serpente.
“Ho già visto quei simboli.” Disse Finley.
“Hanno popolato i miei incubi fin da bambina.” Confermò la ragazza.
“Non solo i tuoi.”
“Il simbolo sulla fronte è il marchio del Dominatore. Mentre il simbolo tra le mani è una maledizione di morte.”
“Lo hanno ucciso con il potere del Dominatore.” Disse Finley accasciandosi contro lo schienale della sedia.
“Capisci perché non potevo mostrarlo in giro?”
“C’è un traditore nei Casati.”
“Se vogliamo che tuo fratello riposi in pace. Dobbiamo trovare il traditore e vendicare Samuel.”
“Hai già qualche idea?”
“Sì. E questa ascesa è la nostra occasione. Mi sono tirata indietro per troppo tempo dagli affari dei Casati. Ma ora sanno che sono tornata. Abbiamo un mese di tempo per farti esprimere il tuo potere, partecipare agli eventi dei Casati e trovare informazioni. So che vorresti dire tutto ai tuoi, ma non puoi. Chiunque al di fuori del nostro casato venisse a sapere di questa storia potrebbe informare chiunque altro.”
“Pensi che i miei genitori ci tradirebbero?” chiese Finley con rabbia.
“No. Ma stiamo parlando del Dominatore. Un essere che può piegare ai suoi voleri chiunque. Sei disposto a mettere in pericolo i tuoi genitori?”
Finley strinse i pugni.
“Ti prometto che un giorno potrai raccontargli tutto. Fino a quel momento potrai onorare Samuel cercando il traditore.”
Le due settimane successive passarono nel tentativo di fare emergere il potere latente di Finley.
Passavano la mattina e il primo pomeriggio davanti all’ametista nel cuore della magionetaivarono travare a patti con ciòuel momento  pericolo i tuoista da chi possedeva quel. Il resto del pomeriggio e fino a sera inoltrata lo passavano nella palestra. Ogni giorno si ripeteva sempre uguale. Senza che ci fossero cambiamenti.
Kisha aveva chiesto a Finley di avere pazienza, che i suoi poteri si sarebbero manifestati, ma più tempo passava senza che accadesse qualcosa, più la frustrazione del ragazzo aumentava.
“Calmati.” Gli disse una mattina Kisha, mentre erano seduti davanti al geode.
“Sono calmo.” Rispose lui.
“No. Non lo sei. Sento la tua energia fare le montagne russe. Devi cercare di mantenere la calma.”
“Ma a cosa serve?” disse Finley alzandosi non riuscendo più a stare fermo. “Ogni giorno facciamo la stessa cosa ed ogni giorno nulla cambia. Rimaniamo seduti a meditare. Sento che c’è del potere in me. Mi chiedi di raggiungerlo, ma non è come percorrere una strada. Non sappiamo il tipo di potere che ho e questo mi snerva. Ho provato a chiedere anche al mio spirito guida, ma nemmeno lui sa darmi indicazioni. E tu mi chiedi di stare qui seduto a fare niente.”
“Non ti sto chiedendo di stare seduto a fare niente. Devi meditare.”
“Ma a che serve?”
“Serve a farti raggiungere il tuo io più profondo, quello dove è sopito il tuo potere.”
“Ma vuoi capirlo? Io non sento niente a parte questa leggera vibrazione sottopelle.”
Mentre Finely parlava, Kisha notò un leggero tremore nei pilastri che reggevano i bracieri e sentì una vibrazione nel terreno.
“Hai ragione. Forse non riuscirai ad arrivare mai a sentire il tuo potere. Forse tutto questo è inutile.”
Finley la osservò. Dentro di lui sentiva montare la rabbia e la frustrazione e le parole di Kisha non lo aiutavano a calmarsi.
“Forse è così che doveva andare. Forse non scopriremo mai chi è il traditore.” Disse alzandosi e piazzandosi davanti a Finley. “Forse Samuel non riposerà mai in pace.”
La rabbia esplose in Finley. Doveva sfogarla. Per non rischiare di sfogarla su di lei per le parole che diceva, fece un passo indietro e piegandosi su un ginocchio, colpì, urlando, il terreno con un pugno.
Tutto intorno a loro prese a tremare. Le fiamme nei bracieri parvero essere improvvisamente alimentate e l’ametista illuminò di viola tutta la stanza come se avessero acceso l’interruttore di una lampada.
Finley ci mise qualche istante ad accorgersi di ciò che succedeva. Si calmò lentamente. Più si calmava, più le scosse diminuivano.
Si alzò in piedi e si osservò la mano con cui aveva colpito il terreno.
“Lo senti?” gli chiese Kisha avvicinandosi.
Finley annuì. La vaga sensazione che aveva prima di una vibrazione sottopelle ora era quasi tangibile. La sentiva riversarsi in tutto il suo corpo.
“Questo è il tuo potere. La fonte principale sono le emozioni. Mi dispiace per quello che ti ho detto. Non lo pensavo davvero, ma ho capito che l’unico modo per farti davvero sentire il potere era attraverso la rabbia. A quanto pare è quello il tuo interruttore. Ricordati la sensazione che hai provato, perché è quella che attiva il tuo potere. Più il tempo passerà, più scoprirai altri modi per attivarlo, ma per il momento tieni viva quella rabbia. Ma non farti sopraffare. Sii tu a governare la rabbia e non lasciare che sia lei a governare te.”
Rimasero in silenzio alcuni istanti.
“Per oggi basta così. Hai il resto del giorno libero. Puoi andare in camera tua.”
Finley alzò un sopracciglio. “Mi stai mettendo in castigo come si fa con i bambini?”
Kisha sorrise. “No. Ma la prima espressione di potere ha sempre degli effetti sfiancanti. Il tuo corpo deve trovare un nuovo equilibrio e lo farà durante il sonno. Quando ti sveglierai sarai ufficialmente un Arkadia.”
“Quindi il mese di reclusione è finito?”
“Oh, no. Ora inizierà la parte più impegnativa. Per adesso ti accompagno nelle tue stanze.”
Improvvisamente Finley si rese conto di sentirsi sempre più stanco. Perciò decise di seguire il consiglio di Kisha.
Quando raggiunse la sua camera si buttò sul letto e si addormentò istantaneamente. Sognò di aquile e giaguari.
Si svegliò all’alba. Ancora prima di aprire gli occhi si rese conto che qualcosa era cambiato. I suoni della casa e della natura al di fuori della finestra erano più forti. Così come gli odori. Aprì gli occhi e gli sembrò di guardare per la prima volta, come se vedesse una gamma di colori più vasta.
Sentiva il suo nuovo potere come sentiva il suo braccio. Si sentiva invincibile con i sensi davvero svegli per la prima volta.
Quando scese in cucina trovò Kisha che stava preparando la colazione.
“Buongiorno.” Le disse avvicinandosi.
“Buongiorno. Come è stato il risveglio dei sensi?”
“Mi sembra di essere stato sveglio a metà per tutta la mia vita.”
“Già. Per questo si chiama risveglio dei sensi.”
“Non ti stanchi mai di fare la maestrina?”
“Mmhh, no, direi di no.”
Entrambi sorrisero.
“Allora cosa c’è in programma oggi?” Domandò Finley.
“Ti piacerà.”
 
Passarono il giorno in giardino.
Kisha aveva preparato dei bersagli a diversa distanza.
Aveva chiesto a Finley di concentrarsi sul suo potere e direzionarlo verso i singoli bersagli.
“A che serve se scateno terremoti?” Aveva chiesto il ragazzo.
“Perché magari vorrai colpire una singola persona, senza far crollare a terra chiunque si trovi nel tuo raggio di azione. Se ci trovassimo di fronte al traditore e in mezzo ci fossero ostaggi innocenti devi essere in grado di direzionare il tuo potere solo ed esclusivamente verso di lui evitando danni collaterali.
Gli ci vollero tre giornate per riuscire a padroneggiare il potere e colpire solo dove voleva.
“Direi che ormai sono pronto.”
“Certo. Contro dei bersagli fermi che non ti rispondono. Ma qualcosa mi dice che se ti trovassi in un combattimento il tuo avversario non si comporterebbe esattamente così.” Gli rispose Kisha, mentre rientravano in casa. “Riposati, domani non sarà una passeggiata.”
“Perché? Che succede domani?”
“Ti divertirai. Domani cercherai di colpire un bersaglio in movimento.”
“Tipo tiro al piattello?”
“Una cosa del genere, ma più divertente.”
 
“Dimmi che non stai scherzando?” domandò Finley il mattino successivo.
Erano ancora in giardino e Kisha gli aveva spiegato che lei sarebbe stata il bersaglio in movimento.
“Non sto scherzando. Il tuo compito è quello di colpirmi con il tuo potere.”
“Iniziamo allora.”
“Ti vedo pieno di entusiasmo.”
“Oh, sì. Potrò ottenere una rivincita per tutte le volte che mi hai trattato da imbecille in questi giorni. Chi se la lascia sfuggire un’occasione del genere?”
“Prima devi prendermi.” Disse Kisha.
Finley lanciò il suo potere verso la ragazza.
Con agilità lei compì un salto e atterrò a qualche metro di distanza.
“Ma cosa…?”
“Posso modificare le condizioni metereologiche, ricordi? Come il vento che posso sfruttare nei mei salti.”
“Dovevo immaginare che ci fosse la fregatura.” Sbuffò Finley.
“Nessuna fregatura. Te l’avevo detto che non sarei stata buona ad aspettare che mi colpissi.”
“D’accordo. Riprendiamo.”
Il ragazzo tentò di colpire con il proprio potere Kisha senza riuscirci minimamente. Quando ormai si era fatto buio e le uniche luci erano quelle provenienti dalla magione Kisha decretò la fine dell’allenamento per quella giornata.
Ripeterono l’allenamento anche il giorno successivo.
“Continui a cercare di colpire il posto dove sono, ma io lì già non ci sono più.” Disse Kisha durante l’allenamento mattutino.
“Cerco di colpirti, ma tu sei più veloce a scappare.”
“Non è dove sono che devi colpire. È dove sarò. Quando lanci il tuo potere lo sento. Il mio corpo reagisce automaticamente spostandosi. Cerca di anticipare le mosse. Riprendiamo.”
Finley cercò di seguire il consiglio di Kisha, ma non migliorò granché.
“Smetti di seguire ciò che ti dicono gli occhi e la testa. Usa anche gli altri sensi.”
“Non mi stai aiutando.”
“Ed invece sì. Sei tu che non ascolti.”
“Ti sto ascoltando. Non devo colpire dove sei, ma dove sarai, ma non devo seguire ciò che mi dicono gli occhi e la testa. È un po’ contraddittorio non ti pare?”
“Ok, aspetta un attimo.”
Kisha si avvicinò agli asciugamani e ne raccolse uno, lo piegò e si avvicinò a Finley dicendogli di girarsi di spalle. Lui eseguì confuso. Lei gli legò l’asciugamano in testa coprendogli gli occhi.
“Che significa?”
“Ti affidi troppo ad un unico senso, la tua vista. Con la deprivazione sensoriale aumentano le percezioni che ricaviamo dagli altri sensi rimasti. Ora possiamo riprendere l’allenamento.”
“Ma se non so nemmeno dove sei!”
“Ne sei sicuro? Concentrati sui tuoi sensi. Hai orecchie che sentono tutto ciò che ti sta intorno. Il fruscio degli alberi, il cinguettio degli uccelli, il fischio del vento, la mia voce, il fruscio dei miei movimenti. Escludi tutti i suoni che non ti servono. Escludi gli alberi. Escludi gli uccelli. Escludi il vento. Il naso ti permette di sentire gli odori della terra, gli odori degli alberi, il tuo stesso odore ed anche il mio di odore visto che sono sottovento rispetto a te. Escludi ciò che non ti serve. Escludi la terra. Escludi gli alberi. Escludi il tuo odore. Non mi vedi ma tu sai esattamente dove sono.”
Kisha iniziò a camminare in silenzio. Finley muoveva la testa seguendo i suoi movimenti, come se stesse vedendo con i suoi occhi.
Kisha spiccò un balzo laterale.
Finley lo sentì. Il tempo sembrò scorrere al rallentatore. Percepì dove sarebbe atterrata e lanciò il suo potere.
“Meglio!” approvò Kisha.
Il ragazzo si tolse l’asciugamano. “Ho sentito che ti colpivo.”
“Di striscio, ma sì, mi hai colpito alla gamba destra.”
“Credo di avere capito. Riproviamo.”
Durante il resto della giornata di allenamento riuscì a colpirla altre volte. Ogni volta che ci riusciva si animava sempre di più aumentando la precisione gradualmente.
“Per stasera può bastare.” Disse Kisha ad un certo punto.
“Ma non è ancora totalmente nero il cielo.”
“Sì, ma il mio fondoschiena probabilmente lo è con le ultime due cadute.”
Finley cercò di trattenere le risate.
“Ridi oggi, perché domani non ti divertirai così tanto. Ora che hai imparato ad attaccare devi imparare a difenderti.”
“Vale a dire?”
“Vale a dire che domani sarò io a colpire te e tu dovrai cercare di non venire colpito.”
Il giorno successivo all’ennesima caduta di Finley, il ragazzo disse: “Come può un terremoto difendersi da una folata di vento?”
“Cos’è un terremoto?”
“Uno spostamento della terra.”
“Non è proprio la definizione corretta, ma il succo è quello. La terra si sposta. Si può spostare da destra a sinistra o avanti e indietro e viceversa con un movimento ondulatorio. Oppure si può spostare su e giù con un movimento sussultorio. Tu devi usare il movimento sussultorio. Alza la terra fino a difenderti.”
“Facile a dirsi, meno a farsi.”
“È per questo che ci alleniamo.”
“Ieri era più divertente…”
“Non direi. Io trovo che sia più divertente oggi.”
Finley le fece una smorfia. Poi le fece cenno di riprovare ad attaccare.
Ci vollero parecchie ore prima che finalmente riuscisse ad avere risultati decenti e quasi un giorno intero, prima che finalmente riuscisse a difendersi.
Solitamente durante le loro cene parlavano sempre dell’allenamento o del Dominatore.
Quella sera Kisha non aveva voglia di cucinare e propose di ordinare una pizza.
Si misero a mangiare nella sala relax davanti alla tv.
“Che vuoi guardare?” domandò Finley che si era già impossessato del telecomando ed iniziando a fare zapping.
“Quello che ti pare purché non ci siano zombie.”
“Hai paura degli zombie?”
“No, ma preferisco qualcosa di più leggero.”
Optarono per una commedia. Parlava di una famiglia allargata composta da sette persone che vivevano in una casa non troppo grande.
Dopo qualche tempo Kisha si rese conto che Finley la stava guardando. “Che c’è?” gli domandò.
“Scusa, è che stavo realizzando che tu hai vissuto da sola per diverso tempo in questa casa gigantesca. Non ti sei sentita sola?”
Kisha rimase in silenzio per un po’ riflettendo su quel periodo. “Sì. Certo che mi sentivo sola, ma il rischio di ferire qualcuno era troppo alto. Sento mia madre tutti i giorni e mia zia e i mei cugini almeno una volta a settimana. Ed ogni weekend andavo a cena da mia madre prima della tua ascesa. Ma, sì, il più delle volte ero sola.”
“E ti occupi di questa grande casa tutta da sola. Come fai a mantenerla così pulita è un mistero. Ora che ci penso non ti ho mai vista con il necessario per le pulizie e mi sento un deficiente ora che mi sono reso conto che vivo qui da quasi un mese e non ti ho mai aiutato. Cavolo devi pensare che sono uno zoticone.”
“No, non l’ho pensato. Non mi hai visto con il necessario per le pulizie, perché semplicemente non utilizzo attrezzi per le pulizie. Uso i miei poteri.”
“E come?”
“Vento per spazzare a terra. Sempre con il vento direziono uno straccio per spolverare. Con la pioggia ne bagno un altro e sempre con il vento lo faccio muovere per lavare a terra.”
“Questi sì che sono poteri utili.”
“Beh, sì, aiutano parecchio.” Disse sorridendo.
Dopo alcuni attimi di silenzio Finley parlò di nuovo. “Come è morto tuo padre?”
“Infarto.”
“Mi dispiace.”
“A volte sono ancora convinta che possa entrare dalla porta d’ingresso da un momento all’altro.”
“Conosco la sensazione.”
“Mi dispiace. È una cosa che non auguro nemmeno al mio peggior nemico.”
“Quindi non sono più un nemico?”
“Non lo sei mai stato. Io forse lo sono stata per te, ma non ho mai considerato te e la tua famiglia miei nemici. Sto male per non avervi potuto dire tutto quello che sapevo.”
“Sì, questo l’ho capito. Ma non sei arrabbiata con Samuel per quello che ha cercato di farti?”
“No. Quando ho visto il video ho capito che la sua mente era stata contaminata da qualcosa di più grande e pericoloso. Non lo biasimo per ciò che ha fatto. Vorrei solo averlo capito prima. Avrei cercato di fare qualcosa per aiutarlo.”
“Aiuterai me a vendicarlo.”
“Sì.”
“E anche i miei genitori smetteranno di odiarti.”
“Quindi tu non mi odi più?”
“No. Beh, tranne in questi ultimi due giorni con tutte le volte che mi hai buttato a terra. In quei momenti, un pochino…” sorrise, poi aggiunse. “No, non è vero. Nemmeno in quei momenti.”
Kisha prese la sua bottiglietta di birra e la alzò. “Che sia l’inizio di un’amicizia.” Disse.
Finley prese la sua e la fece tintinnare contro quella della ragazza. “All’inizio di un’amicizia.”
I giorni seguenti li passarono sempre all’erta. Questo perché tra di loro c’era una perenne sfida. La sfida consisteva nel colpire l’altro. Ogni momento era buono per attaccare l’altro.
Finley aveva perso il conto delle volte che si era rovesciato qualcosa addosso grazie alle folate di vento prodotte da Kisha, o le docce dovute alle nuvole temporalesche che Kisha formava nelle stanze.
Dal canto suo Kisha riusciva ad evitare abbastanza bene di inciampare e volare a terra.
Quasi sempre.
Erano in palestra avevano appena finito di allenarsi e stavano andando alla panca dove avevano lasciato le bottigliette di acqua e gli asciugamani.
Finley prese entrambe le bottigliette e ne lanciò una a Kisha. La ragazza la recuperò al volo, ma Finley approfittò del momento per dare una scossa al terreno sotto i suoi piedi. Kisha si ritrovò sdraiata a terra dopo aver colpito il fondoschiena.
Finley iniziò a ridere di gusto.
“Ma bravo ridi.”
“Scusa, ma sei caduta come una pera cotta.” Disse ancora ridendo Finley.
“Come? Così?” Chiese la ragazza usando la forza del vento per fare lo sgambetto al ragazzo che le cadde praticamente addosso.
“Ok. Non è stata una buona idea.” Ammise la ragazza senza fiato.
“Ti ho fatto male?” domandò lui mettendosi in ginocchio e tendendole una mano.
Kisha la prese e con una torsione lo fece cadere di nuovo, ma stavolta senza il suo corpo ad attutire il colpo.
“Perfida.”
“Nessuna buona azione resta impunita.” Ridacchiò la ragazza.
Rimasero seduti a terra a ridere per un po’. Poi lentamente tornarono seri.
Fu Finley a rompere il silenzio. “Domani è il gran giorno.”
Kisha annuì. “Sei pronto.” Affermò.
 
Il capofamiglia del casato Parset aveva invitato Kisha e Finley ad una festa a cui avrebbero partecipato anche rappresentanti degli altri casati.
Inoltre, sarebbe stata l’occasione per Finley di rivedere i suoi familiari.
Erano in macchina. Finley aveva parcheggiato da poco, ma non erano ancora scesi.
“Non mi entusiasma.” Disse Finley.
Kisha lo guardò.
“Potrebbe essere una trappola.” Aggiunse il ragazzo.
“Ci terremo d’occhio a vicenda. Se notiamo qualcosa che non va ci copriremo le spalle.”
“Quindi ci atterremo al piano. Tu ed io ci odiamo. Io provo ancora risentimento nei tuoi confronti e sono convinto che tu abbia ucciso mio fratello.”
“Ed io sono stufa di averti intorno e pentita di aver partecipato all’ascesa.”
Si guardarono ed annuirono.
Detto questo si decisero ad avviarsi verso l’entrata.
Come arrivarono furono accolti da un maggiordomo che li accompagnò nel salone attraverso la casa in stile ottocentesco e li annunciò.
“Eccovi qui!” Chiocciò il capofamiglia di Parset, Michael.
“Grazie per l’invito.” Disse Kisha.
“Per me è un onore avere qui il capofamiglia di Arkadia. Ricordo molto bene tuo padre, che riposi in pace. Ci è dispiaciuto molto per la sua dipartita. E lo stesso vale per te Finley di Arkadia. Abbiamo saputo di quello che è successo a tuo fratello. Una tragedia.”
Kisha e Finley si guardarono. Entrambi non provavano molta simpatia per Michael. “Una tragedia resa ancora più difficile da sopportare, date le circostanze della mia ascesa.” Borbottò il ragazzo.
Finely vide i suoi genitori. Kisha gli fece cenno di andare come se non sopportasse più la sua vicinanza e fosse ben felice di vederlo allontanare. Non se lo fece ripetere.
Quando i genitori lo videro lo strinsero in un abbraccio caloroso. Gli fecero mille domande tutte insieme, come solo dei genitori affettuosi e preoccupati sanno fare.
“Come ti trovi con quella?” disse con aria disgustata la madre indicando Kisha.
“Cerco di sopportarla. A volte è molto difficile.” Le parole gli lasciarono un retrogusto amaro, ma si costrinse a proseguire. “L’idea di rimanere ancora da solo in sua compagnia mi stava facendo impazzire.”
La madre gli strinse le mani per dargli conforto, mentre il padre gli poggiò una mano sulla spalla.
Finley con la coda dell’occhio seguiva Kisha nei suoi spostamenti.
Michael la stava portando in giro per il salone quasi come fosse un trofeo da mostrare.
 
Era da ormai un’ora che il padrone di casa si pavoneggiava con lei dei suoi successi in campo immobiliare. La ragazza non dubitava che parte di quel successo fosse dovuto al suo poter sfruttare il potere della terra. Poteva renderla arida o fertile, poteva renderla instabile per le costruzioni o il miglior terreno edificabile. Aveva sentito di un paio di incidenti accaduti ai suoi rivali in affari, palazzi in costruzione che crollavano, terreni che in fase di scavo si rivelavano troppo argillosi per essere edificati. Tutte cose abbastanza strane, visti i controlli a cui tali terreni erano sottoposti.
Oltre a pavoneggiarsi con lei, lo faceva anche con gli altri suoi ospiti. La cosa che più dava fastidio a Kisha era che si vantava di essere stato il primo a ricevere lei stessa come ospite. Come se fosse un premio. Non dubitava che parte degli invitati fossero presenti perché erano a conoscenza del fatto che lei ci sarebbe stata.
Stava iniziando a sentirsi soffocare, perciò con una scusa si allontanò e si diresse verso il giardino sul retro.
Fece qualche passo verso il centro del giardino. L’aria era frizzante e il profumo dei fiori molto piacevole. Mosse il collo per alleviare la tensione.
“Non ti stai divertendo?” chiese una voce alle sue spalle.
Kisha si girò a guardare Finely. “Da morire.”
Il ragazzo represse una risata. “Ma come? Non ti piace essere considerata un trofeo da esibire?”
“Se lo sento dire ancora che Arkadia ha scelto lui come primo ospite potrei non rispondere delle mie azioni.”
Mentre stavano parlando Kisha avvertì la sensazione di essere osservata, si guardò intorno, ma non vide nessuno. Alzò gli occhi verso il palazzo principale e le sue finestre. Quando osservò una finestra del primo piano avvertì una sensazione di gelo, la stessa che aveva provato quando aveva visto il video di Samuel.
Finley si accorse che la ragazza era impallidita visibilmente.
“Kisha stai bene?”
“E’ qui!”
Anche il ragazzo si guardò intorno seguendo il suo sguardo. Anche lui avvertì un senso di gelo guardando la finestra.
“Usa il tuo potere per destabilizzare chiunque sia in quella stanza. Io userò il mio per impedire che escano.”
Dopodiché corsero verso quella stanza.
Non furono i primi a raggiungere quella stanza. Altri erano già arrivati prima di loro avvertiti dalle urla di un paio di donne all’interno. Nessuno però era riuscito ad entrare o a farle uscire.
Kisha fece cenno a Finley di diminuire il suo potere e così fece anche lei lasciando che uno per volta i presenti nella stanza potessero uscire.
Uscirono prima due donne visibilmente spaventate. Kisha si sentì in colpa nei loro riguardi. Uscì poi un uomo dal colorito pallido per lo spavento. E poi uscì un altro uomo. Sembrava essere tranquillo. Anzi, un leggero sorriso gli incurvava le labbra, ma non raggiungeva il suo sguardo. Uno sguardo che appena uscì dalla stanza si posò su Kisha.
La sensazione di gelo colpì la ragazza molto più di quanto aveva fatto nel giardino. Le fece venire voglia di scappare lontano e rintanarsi da qualche parte a piangere per la paura come una bambina. Poi si rese conto che era quell’uomo che le stava facendo provare quell’emozione. Non sapeva come. Solo gli antichi adepti di Virkas erano in grado di controllare le emozioni altrui. E Virkas tecnicamente non esisteva più.
Mentre faceva queste riflessioni l’uomo le si avvicinò. Kisha si obbligò a non muovere un passo.
Quando l’uomo le fu vicino disse così a bassa voce che solo lei e Finley riuscirono ad udire. “Sta arrivando per te, piccola saetta.” Detto questo si allontanò velocemente.
Kisha era rimasta impietrita. Aveva già sentito da qualche parte quel termine. Qualcun altro l’aveva chiamata piccola saetta, ma non ricordava dove.
A causa del piccolo caos che avevano creato, molti decisero di concludere la serata ed andarsene. Anche Kisha e Finley ne approfittarono.
Il percorso fino a casa fu silenzioso.
Solo una volta arrivati su terreno Arkadia, Finley si decise a parlare.
“Immagino che tu sia sconvolta per ciò che ha detto quel tipo, ma ti starò vicino. Farò in modo che non ti succeda nulla.”
“Non è la minaccia a sconvolgermi. È il modo in cui mi ha chiamata. Piccola saetta. Qualcuno mi ha già chiamato così. Ma non ricordo chi.”
“Magari è solo dovuto al fatto che sanno che governi il tempo.”
“Le casate sanno che governo il vento. Non sanno che posso creare tempeste. A parte Samuel che potrebbe averlo detto al traditore.” Ragionò Kisha. “Ma non so perché sono convinta che devo trovare il ricordo di chi mi ha già chiamata così.”
“E come pensi di fare?”
Intanto erano entrati in casa.
“Mi serve il tuo aiuto.”
“Certo, qualunque cosa.”
Andarono nel cuore della casa davanti all’ametista.
“Entrerò in contatto con il mio io più profondo.”
“E cosa dovrei fare io?”
“Se avverti che qualcosa non va, fai in modo di riportarmi indietro.”
“Come?”
“Qualunque cosa ti venga in mente.”
“Aspetta. Che succede se non ci riesco?”
“Sarò perduta per sempre.”
“Non farlo allora. È troppo rischioso.”
“Mi fido di te.”
“Ma potrei non farcela.”
“Mi fido di te.” Ripeté la ragazza. “È da molto che non mi fido di qualcuno. Ma mi fido di te.”
Non gli diede tempo di dire altro. Poggiò una mano sull’ametista e si lasciò andare.
Seguì il richiamo dell’ametista. Arrivò al suo io più profondo dove incontrò il suo spirito guida, una donna che si faceva chiamare Sondra. Lo spirito guida sapeva già cosa avesse intenzione di fare e la condusse vicino a quello che sembrava un sentiero.
“Questa è la via per i ricordi dimenticati. Sappi che ciò che vedrai potrebbe sconvolgerti. La mente dimentica i ricordi quando sono troppo forti da sopportare.”
“Devo farlo. Sento che è importante.”
Sondra annuì e Kisha iniziò a camminare.
Proseguendo nel sentiero le sembrava di scorgere ai lati come delle bolle contenenti momenti della sua vita che aveva dimenticato. La maggior parte erano con suo padre. Erano ricordi belli, ma per la sua perdita erano troppo difficili da ricordare. Facevano troppo male. Più si inoltrava più i ricordi tornavano e il dolore aumentava. Infine, si soffermò su un ricordo che aveva cercato con tutte le sue forze di rimuovere. Il momento della morte di suo padre.
Erano andati a fare una gita, come facevano spesso per allenare i poteri di Kisha.
Era sera ed avevano deciso di accamparsi.
La ragazza stava dormendo quando sentì delle voci. Si guardò intorno e vide che il padre non era nella tenda. Si affacciò fuori e sentì le voci che si alteravano sempre di più. Infine, li vide. Suo padre stava litigando con un uomo. Lo aveva visto solo una volta pochi mesi prima durante una festa del casato Harson. Era il capofamiglia. Dimitri Harson.
“Stai lontano da me e dalla mia famiglia.” Stava dicendo il padre di Kisha. “Non osare minacciarli.”
“Fai quello che ti sto chiedendo, allora.” Disse Dimitri.
“Non lo farò mai. Non ti concederò tutto questo potere.”
Improvvisamente la terrà iniziò a risucchiare il padre di Kisha che cercò di liberarsi in tutti i modi. Cercò di usare i suoi poteri ma, al contrario di Kisha che riusciva ad utilizzare tutte le condizioni metereologiche, il padre riusciva a comandare solo la pioggia e la grandine con cui cercava di colpire il suo avversario.
Alla fine, lo sforzo e la paura ebbero il sopravvento sul padre della ragazza causandogli un infarto.
Kisha lo vide accasciarsi al suolo. Lo raggiunse di corsa, ma era già troppo tardi.
Kisha guardò con odio Dimitri Harson. “Lo hai ucciso!”
“No. Io non ho fatto granché. Tuo padre era debole. È bastato questo perché il suo cuore non reggesse.”
Quelle parole furono troppo per la ragazza. Con un urlo liberò il suo potere contro Dimitri. La scarica di un fulmine uscì dalle sue mani e si diresse prorompente verso Dimitri. Era la prima volta che utilizzava il fulmine e non riuscì a controllarlo. Dimitri riuscì a respingerlo e a rimandarlo indietro. Kisha fu colpita al lato sinistro della faccia.
Mentre era a terra in preda al dolore, cercando di non svenire, Dimitri le si avvicinò. “Non puoi farcela contro di me, piccola saetta. Forse con il tempo sarai più malleabile di tuo padre. Sarai tu a darmi il tuo potere. Per questa volta ti lascio libera. Non ricorderai niente di quanto è successo. Così che un giorno sarai tu stessa a concedermi il tuo potere.”
Ora ricordava tutto. La rabbia la invase. Per tutto quel tempo pensava di essere stata lei la causa della morte del padre. Quella notte si era fatta la cicatrice sul volto. Aveva vaghi ricordi di quella notte, ma era sempre stata convinta che era stato lo scatenarsi dei suoi poteri ad aver causato l’infarto del padre, quando aveva visto il fulmine colpirla in piena faccia. Invece le cose non stavano affatto così. Tutto prese a vorticare intorno a lei. Il sentiero prese a muoversi come un serpente. Tutto si fece indistinto. Soltanto la rabbia era chiara.
Finley osservava Kisha attentamente. Un paio di volte l’aveva vista sobbalzare. Ora era chiaro che qualcosa non andava. Nuvole temporalesche avevano coperto il soffitto della stanza. Un forte vento aveva preso a spirare.
La chiamò diverse volte per svegliarla senza riuscirci. La scosse. Cercò di staccarla dall’ametista. Ma niente funzionava.
Infine, tenendola stretta a sé, mise anche lui una mano sul geode.
Fu catapultato nel suo io profondo. Liam era lì.
“Devi fare in fretta. Kisha sta perdendosi nel dolore. Devi riportarla indietro.”
“Come?”
“In questo momento siete entrambi collegati al geode. Io e lo spirito guida di Kisha apriremo un varco per permetterti di entrare nel suo subconscio. Concentrati. Conosci il suo potere. Cercalo con il tuo. E poi falla tornare qui.”
Finley si concentrò. Come anticipato il geode fuse per un attimo i poteri di Kisha e Finley permettendo a quest’ultimo l’accesso al subconscio di Kisha. Vide lo stesso parco al tramonto e la stessa fontana zampillante che vedeva nel suo subconscio. Vide anche una donna che non conosceva e della quale non riusciva a sentire le parole che gli indicava frettolosamente un sentiero.
Finley corse in quella direzione. Conosceva bene il potere di Kisha e riusciva a sentirlo come se un legame che diventava sempre più debole che li univa e che sembrava indicargli la strada da seguire per raggiungerla. Non gli ci volle molto per trovarla. Sentiva il suo dolore straziante. Sentiva la tempesta che la scuoteva e che non gli permetteva di avvicinarla. D’istinto si avvolse nel suo potere e lo immaginò come un ciclone che lo proteggeva dalla tempesta che imperversava tutto intorno alla ragazza. Ingrandì sempre più il ciclone, fino a riuscire ad avvolgere anche Kisha. Inizialmente lei si trovava in balia del forte vento, poi a poco a poco si avvicinò sempre più nell’occhio del ciclone. Quando finalmente riuscì a prenderla per una mano e poi ad abbracciarla, la ragazza iniziò a calmarsi. Quando fu calma Finley fece diminuire sempre più l’intensità dal ciclone, fino ad annullarlo. Cullati dal ciclone Finley era riuscito a riportare la ragazza nel parco del suo subconscio. “Ci rivediamo nella realtà.” Le disse il ragazzo poco prima che la connessione tra i loro subconsci terminasse e anche lui tornasse nel parco del suo subconscio con Liam che lo aspettava.
Pochi istanti dopo Finley e Kisha aprirono gli occhi nella realtà.
“Mi hai riportato indietro.” Disse con gratitudine Kisha.
“Non potevo sprecare la fiducia che avevi in me.”
Kisha gli sorrise e poi si lasciò cadere in ginocchio e contro Finley per la stanchezza.
Il ragazzo la cullò contro di sé.
“So chi è il traditore.” Disse con un filo di voce Kisha.
“Chi è?” domandò Finley irrigidendosi.
“Lo stesso uomo che ha ucciso mio padre.”
“Credevo che tuo padre avesse avuto un infarto.”
“Ha avuto un infarto mentre Dimitri Harson lo stava attaccando.”
“Dimitri Harson è il traditore?”
Kisha annuì.
“Nessuno ci crederà. Dobbiamo trovare delle prove.”
“Lui sa che ho ricordato.” Disse Kisha.
“Che vuoi dire?”
“Aveva messo un vincolo nella mia mente. Quando ho spezzato il vincolo, lui l’ha saputo.”
In quel momento prese a suonarle il cellulare.
Kisha lo prese. Non riconobbe il numero. Rispose.
“E’ da molto che non parliamo piccola saetta.”
“Dimitri Harson.” Disse con odio mettendo la chiamata in vivavoce.
“Sapevo che era solo questione di tempo prima che ricordassi.”
“Ti uccideremo. Fosse l’ultima cosa che farà il casato di Arkadia.” Disse Kisha.
“Come sei tenera. Stupida, ma tenera. Pensi davvero che non abbia preso delle precauzioni? Con tuo padre ho sbagliato. Ho capito che una minaccia senza una prova tangibile non ha effetto. È un errore che non ripeterò con te. Se vuoi che liberi tua madre e la famiglia del tuo adepto, presentati nel luogo dell’ascesa stanotte a mezzanotte e dammi i tuoi poteri.”
“Bastardo!” urlò Finley “Lascia stare i nostri genitori!”
“Li lascerò stare quando avrò i poteri del capofamiglia di Arkadia. A mezzanotte.” Detto questo chiuse la comunicazione.
“Non posso cedergli i miei poteri.” Disse Kisha. “Non posso darli ad un seguace del Dominatore. Ma non posso permettere che succeda qualcosa alle nostre famiglie.”
Pensarono tutto il tempo ad un piano per liberare i loro cari senza grandi risultati. Infine, arrivò mezzanotte.
Kisha e Finley arrivarono con grande anticipo per controllare l’intera zona e sperando di riuscire a trovare i loro genitori. Senza successo. Entrambi avevano indosso la cappa del loro casato.
Poco prima della mezzanotte un motore si avvicinò fino a fermarsi al bordo della radura. Era un furgone. Ne scese Dimitri Harson con indosso la sua cappa dal lato del passeggero e dal retro degli energumeni tenevano fermi i loro genitori.
“L’hai visto anche tu?” sussurrò Kisha a Finley.
“Cosa?” domandò il ragazzo.
“Guarda con i tuoi poteri. All’interno del polso. Hanno lo stesso tatuaggio che aveva Samuel.”
Dopo pochi istanti fecero risalire i loro genitori sul furgone.
“Eccoci qua, dunque. A quanto pare sei più saggia di tuo padre.” Disse Dimitri.
“Prima che ti dia i miei poteri spiegami perché hai ucciso mio padre.” Disse Kisha.
“Tecnicamente è stato un infarto ad ucciderlo, ma sì il fatto che abbiamo lottato lo ha portato all’infarto. Perché, vuoi sapere? Perché non voleva abdicare e passare il suo potere a me.”
“Tutto questo per il potere?”
“Certo sciocca. Senza potere siamo niente.”
“Perché mettere in mezzo Samuel?” chiese Finley.
“Lavorava in una delle mie società ed era particolarmente credulone. Non ci è voluto molto a fargli credere che Kisha e il suo casato erano marci. Così è stato lui stesso ad offrirsi per aiutarmi. Pensava che lo facessi per render il mondo migliore. Beh, non si sbagliava. Solo che sarà un mondo migliore per me.”
“Perché l’hai fatto uccidere?”
“Quello stupido aveva sentito una conversazione di troppo. Aveva capito per chi stava combattendo ed era deciso a non aiutarmi ulteriormente.”
“E così l’hai fatto uccidere.” Concluse fremente di rabbia Finley.
“Non l’ho fatto uccidere. Certe cose preferisco farle in prima persona. Ora basta chiacchiere. Dammi ciò che mi spetta.” Disse rivolgendosi a Kisha.
“Sono più che lieta di darti ciò che ti spetta.” Detto questo in un istante il cielo venne coperto da nuvole temporalesche, il terreno sotto i piedi di Harson prese a tremare e la terrà bloccò Dimitri. Dal cielo iniziarono a scendere chicchi di grandine che cercarono di colpire Harson. In realtà si scioglievano prima di raggiungerlo colpendolo con una leggera pioggerella.
“Sei una sciocca. La grandine è fatta di acqua e io comando il fuoco, te lo sei dimenticato?”
“Assolutamente no.”
Nel frattempo, il movimento del terreno l’aveva costretto a spostarsi ed ora stava entrando nel cerchio. Mentre entrava avvertì come una leggera scossa e gli sembrò di attraversare un velo di gelatina. L’avevano imprigionato all’interno del cerchio.
Dal limitare della radura apparvero quattro ombre. Tutte indossavano una cappa colorata diversa.
“Avete sentito tutto?” domando Kisha ai nuovi arrivati.
“Sì, Kisha della casata Arkadia. Hai chiesto un concilio dei Casati contro il casato Harson. Io capofamiglia dei Cadogan voto la condanna di Dimitri della casata Harson.”
Ad uno ad uno anche gli altri capifamiglia diedero il loro voto contro il casato di Harson.
“La condanna è la morte per tradimento dei casati.” Disse il capofamiglia Cadogan.
Dall’interno del cerchio si levò una risata.
“Voi volete uccidermi? Non potete farlo. Sarò io ad uccidere tutti voi. Se non posso avere i vostri poteri, allora sterminerò le vostre casate.”
Detto questo apparve sulla sua fronte il simbolo del Dominatore.
I quattro capifamiglia del concilio non credettero ai loro occhi.
Approfittando della sorpresa Dimitri lanciò contro tutti loro una fiammata.
Kisha e Finley che sapevano già la verità protessero tutti con uno scudo di terra e una cascata di pioggia che spense le fiamme.
Dimitri non si arrese e lanciò una bomba di fuoco verso i due ragazzi che fecero a malapena in tempo a scansarla, ma furono investiti dai detriti. Anche gli altri capifamiglia vennero investiti dai detriti.
Finely si alzò ed aiutò Kisha a fare altrettanto.
“Morirete tutti!” urlò Dimitri scagliando delle nuove bombe di fuoco.
In lontananza si sentì il ringhio di un giaguaro e il grido di un’aquila.
Kisha osservò le sue mani unite a quelle di Finley. Alzò lo sguardo sul ragazzo.
“Mi fiderò sempre di te.” Gli disse.
Finley la guardò senza capire il perché di quella frase.
Kisha iniziò ad allontanarsi, ma Finley la bloccò per un polso. “Non farlo!” le disse preoccupato, intuendo ciò che la ragazza aveva in mente.
Kisha si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò con passione.
“Non ho nessun rimpianto.”
Detto questo la ragazza si liberò e corse verso il cerchio. Gli altri quattro capifamiglia stavano attaccando con grande sforzo Dimitri che in quel momento le dava le spalle.
Senza indugio Kisha si lanciò all’interno del cerchio, con il suo potere e il suo stesso corpo bloccò Dimitri che per la sorpresa si distrasse nel contrattaccare i suoi avversari.
I quattro capifamiglia, Finley e Kisha stessa attaccarono Dimitri.
Mentre scatenava il fulmine, Kisha disse: “Io Kisha Arkadia, capofamiglia di Arkadia, abdico a favore di Finley Cross di Arkadia.”
Tutto accadde in pochi secondi. Il potere scaturito dai quattro capifamiglia colpì Dimitri. Allo stesso tempo anche Il fulmine scatenato da Kisha lo investì in pieno e nello stesso istante Finley avvertì il suo potere aumentare e mutare, mentre lanciava un attacco contro Dimitri. Attacco che si rivelò essere un terremoto sussultorio insieme ad un ciclone con delle scariche elettriche.
Si sentì un grande boato quando Dimitri fu colpito dai sei poteri contemporaneamente.
Kisha fu sbalzata a qualche metro di distanza rispetto Dimitri e al di fuori del cerchio di pietra. Entrambi respiravano a fatica.
Improvvisamente sotto Dimitri iniziò ad aprirsi una voragine dal quale sembravano scaturire fiamme che formavano il simbolo del Dominatore. Si iniziarono a sentire più voci che insieme ripetevano le parole “Fallimento”.
Dimitri venne risucchiato all’interno della voragine. Il simbolo sulla sua fronte parve bruciare e con lui tutto il suo corpo. Lanciò un urlo agghiacciante mentre veniva trascinato all’interno di quella voragine infernale. Dopo pochi istanti il terreno si richiuse ed infine non rimase nulla, come se nulla fosse successo. Ma tutti avevano assistito. Il tutto era durato solo pochi istanti ma si era impresso a fuoco nella mente di tutti.
Calò un silenzio assoluto.
Tutti guardavano la scena inorriditi.
A qualche metro di distanza Kisha era ancora sdraiata supina a terra. Finley tornò in sé e si precipitò da lei.
“Kisha! Svegliati!” la chiamò più e più volte scuotendola. Stava perdendo le speranze, quando la ragazza prese un profondo respiro come se fosse rimasta in apnea a lungo. Finley l’aiutò a sedersi.
“Accidenti, mi hai fatto spaventare. Non fare mai più una cosa del genere!” la sgridò il ragazzo abbracciandola. Poco dopo si bloccò osservando la cappa della ragazza che era scesa a coprirle le spalle mentre si sedeva. “La tua cappa…” disse.
Kisha osservò lui ancora intontita e poi osservò la sua cappa. Aveva perso le sfumature viola ed aveva mutato colore. Ora era indaco.
Anche gli altri quattro capifamiglia che si erano avvicinati stavano osservando la cappa della ragazza.
“Ha cambiato colore… Che significa?” domandò dei capifamiglia.
“Ha abdicato a mio favore mentre era nel cerchio. Quando sono stati scatenati i poteri contro Dimitri, ovvero i poteri dei sei capifamiglia, deve essersi innescata la sua ascesa. Come successe con la mia.” Disse Finley.
“Ho sentito un potere dentro di me risvegliarsi. Credo che mi abbia protetto.” Aggiunse Kisha.
“Hai abdicato e sei ascesa nello stesso tempo. Quel colore… è della casata dei Virkas di cui mi hai parlato.” Disse Finley osservandola.
“Ma Virkas si è estinta da tempo.” Disse uno dei capifamiglia.
“A quanto pare non del tutto. Si dice che la capofamiglia di Virkas, dopo aver abdicato sposò il capofamiglia di Arkadia. Evidentemente parte del potere di Virkas deve essere rimasto nel sangue dei discendenti fino ad arrivare a Kisha. Probabilmente l’influenza del potere di Arkadia era maggiore e non ha permesso al potere Virkas di prendere il sopravvento finora. Deve essersi liberato ora che hai abdicato il potere di Arkadia.” Ragionò Finley.
“Dobbiamo assolutamente convocare una riunione delle casate. Capire cosa è successo, capire cosa fare ora che la minaccia del Dominatore è più reale che mai. Dobbiamo...”
“Vi prego non ora…” mormorò Kisha esausta. “È stata una lunga notte. Ora voglio solo abbracciare mia madre e andare a dormire.” Disse Kisha cercando di mettere fine a tutto quel parlare.
Si sentiva stanca e dolorante. Davvero non veda l’ora di potersi riposare.
I capifamiglia iniziarono a protestare. Finley li zittì tutti. “State esagerando. Non vedete che si regge a malapena in piedi? E anche tutti noi siamo feriti. Abbiamo bisogno tutti di cure. Tutti i problemi, il Dominatore, l’ascesa di Kisha… Non cambierà niente in una notte. Saranno sempre lì domani. Ci meritiamo tutti una notte di riposo.” Concluse il ragazzo.
Kisha che era appoggiata al suo braccio lo guardò riconoscente. Gli altri capifamiglia si osservarono. Uno di loro si teneva il braccio che probabilmente era lussato. Un altro aveva un taglio sulla testa. Tutti avevano effettivamente bisogno di cure. Decisero che avrebbero indetto una riunione dei capifamiglia appena ristabiliti.
Kisha e Finley si diressero verso il furgone, dai loro genitori.
I loro carcerieri dovevano essere ormai fuggiti. Tranne uno che ora guardava Kisha e Finley con uno sguardo confuso.
Kisha lo riconobbe. Era l’uomo della festa al casato Parset.
“Lasciali andare.” Gli disse Finley. “Noi non ti abbiamo fatto niente.”
“Avete ucciso il mio padrone.” Disse. Ma sembrava poco convinto delle sue stesse parole.
“Chi sei tu?” domando Kisha.”
“Dominic.”
“I tuoi antenati non erano solo del casato Harson, vero?” chiese la ragazza.
L’uomo scosse la testa.
“Sei un antenato di Virkas.” Dedusse Finley.
L’uomo si prese la testa tra le mani. “Che cosa ho fatto? Che cosa ho fatto?” iniziò a ripetere.
Kishe e Finley lo osservarono. Aveva lo stesso sguardo che aveva Samuel quando aveva capito che era stato soggiogato. Inoltre, sul suo polso il tatuaggio era scomparso. Sia quello che si vedeva ad occhio nudo sia quello che si vedeva grazie al potere.
“Non aver paura. Ti aiuteremo noi.” Disse rassicurante Finley.
“E’ un complice.” Disse uno dei capifamiglia.
“No. È una vittima.” Disse Kisha frapponendosi tra Dominic e i capifamiglia. “Mi assumo io la sua responsabilità. Ha bisogno di aiuto. È vero è stato soggiogato dal Dominatore. Prima che affrontassimo Dimitri portava il marchio del dominatore sul polso. Ora non c’è più. Potrebbe darci informazioni utili.” Disse Kisha.
“Come nuovo capofamiglia del casato Arkadia sono d’accordo con Kisha. Mi assumo con lei la sua responsabilità. Inoltre, nessuno di noi si era accorto di cosa stava succedendo. Potrebbero esserci altri asserviti al potere del Dominatore.”
“Se creerà problemi, ne risponderete voi due. Non importa se siete gli unici delle vostre rispettive casate.” Disse uno dei capifamiglia e gli altri concordarono con lui.
Kisha e Finley annuirono.
Dominic guardò i due ragazzi riconoscente.
Finalmente i due ragazzi poterono raggiungere i rispettivi genitori.
Questi avevano assistito a tutto lo svolgersi degli eventi e abbracciarono con calore i ragazzi accertandosi di quanto gravi fossero le ferite riportate.
I genitori di Finley guardarono confusi Kisha. La madre del ragazzo disse: “Se pensi che con questa abdicazione a favore di nostro figlio, possiamo dimenticare ciò che è successo a Samuel…”
Finley la interruppe. “Mamma non è come pensi. Non è stata Kisha a causare la morte di Samuel. Dimitri l’aveva ingannato e l’aveva assoggettato al Dominatore. Cercava di fare del male a Kisha tramite Samuel. Lei è innocente. Anzi, mi ha aiutato a cercare il vero colpevole.”
“Signora Cross, signor Cross. Mi dispiace per la perdita di vostro figlio Samuel e so che difficilmente potrete cambiare opinione su di me, nonostante ciò che vi racconterà Finley. Quello che chiedo è solo la possibilità di darvi la mia versione dei fatti.”
Finley le mise una mano sul braccio in segno di solidarietà. Lei lo ringraziò con un sorriso.
“A quanto pare avremo parecchio di cui discutere.” Disse la madre rivolta a Finley. Poi si rivolse a Kisha. “Quando Finley si sarà ripreso e ci saremo calmati tutti dopo questa notte, prenderemo in considerazione un incontro.” Disse il sig. Cross.
“E’ tutto ciò che chiedo.” Rispose Kisha.
 
Qualche ora più tardi, dopo aver calmato i rispettivi genitori e averli riaccompagnati alle rispettive case, Kisha e Finley poterono tornare verso la magione di Arkadia.
Kisha, che era diventata capofamiglia di Virkas, nel momento in cui si trovò davanti la magione di Arkadia, la vide diroccata.
“Non è più qui il mio posto.” Disse a Finley che era seduto di fianco a lei sulla sua auto.
“Che vuoi dire?”
“Non vedo più la splendida magione, ma solo la casa diroccata.” Disse con malinconia. “L’avevo capito nel momento in cui sono cambiati i miei poteri, ma speravo di poter continuare a vedere la magione. È sempre stata casa mia, ma ora non lo è più.”
“Dove andrai ora?”
“Seguirò il mio istinto. Quando sono ascesa ho avuto una visione di dove andare.”
“Mi mancherà passare il tempo con te. In fondo mi ero abituato ai nostri battibecchi e alle nostre sfide.” Le disse sorridendo.
“Beh, non sarò troppo lontana.” Disse ricambiando il sorriso e rimettendo in moto la macchina.
Percorse una strada che costeggiava la proprietà di Arkadia, attraversò la radura in cui c’era la fontana e proseguì ancora per pochi minuti. Poi Kisha si fermò in mezzo ad una radura coperta da un fitto manto di nebbia e scese dall’auto. Finley la imitò. “Non si vede ad un palmo dal naso.”
Kisha fece qualche passo davanti all’auto si inginocchiò e poggiò entrambe le mani a terra. Fece fluire i suoi poteri. “Virkas!” disse.
Improvvisamente la nebbia si diradò e davanti a lei apparve una magione simile per stile alla magione di Arkadia, ma formata da un unico piano.
Kisha si alzò e girandosi verso Finley disse sorridendo: “Potremo sfidarci ancora, vicino di casa.”
“Dimmi che è meglio di come appare…”
“Cosa vedi?” gli domandò la ragazza.
“Una catapecchia. Grande, ma mezza distrutta. Un po’ come era la magione di Arkadia prima che la guardassi attraverso i miei poteri.”
“È simile alla magione di Arkadia, ma è su un unico piano in arenaria rosa. Credimi è tutt’altro che mezza distrutta.” Disse Kisha sorridendo. La nuova casa all’esterno le piaceva e sentiva che anche vedendola all’interno la sensazione non sarebbe cambiata. Aveva la sensazione di essere davvero a casa dopo molto tempo.
Finley ricambiò il sorriso.
 
Erano passate un paio di settimane.
Come da accordi si era tenuta una riunione generale tra i capifamigila. Nella casata Harson era stato eletto un nuovo capofamiglia e diverse persone avevano deciso di abdicare e non volerne sapere più niente di quel casato.
Durante la riunione Kisha e Finley dissero tutto ciò di cui erano venuti a conoscenza. Nessuno aveva mai sospettato niente. La situazione era grave. Da tempi immemori non c’era una dimostrazione tanto potente dei poteri del Dominatore. Le sette casate strinsero un patto di alleanza in cui ognuno di loro si impegnava ad indagare e a condividere tutti i risultati ottenuti con tutti gli altri capifamiglia.
Finley aveva spiegato ciò che era successo al fratello alla sua famiglia che, seppur ancora con qualche difficoltà, stava cercando di non considerare più Kisha come un nemico.
La ragazza era ancora una capofamiglia, anche se stava ancora imparando lei stessa ad usare i suoi nuovi poteri.
In questo periodo c’erano state altre sei ascese. Tre nel casato Arkadia e tre nel casato Virkas.
Entrambe le magioni si stavano ripopolando.
Kisha stava facendo queste riflessioni quando Finley la trovò seduta sul bordo della fontana che collegava la tenuta di Arkadia a quella di Virkas. Avevano preso l’abitudine di incontrarsi lì ogni sera. Entrambi erano novizi nel ruolo di capofamiglia e si aiutavano e consigliavano a vicenda.
“È da qualche giorno che hai un’aria pensierosa.” Disse Finley.
“È da qualche giorno che penso che dobbiamo parlare.” Rispose la ragazza.
“Di cosa?”
“Lo sai di cosa.”
Finely annuì e le si sedette di fianco. “Il bacio.” Disse.
“Il bacio.” Confermò la ragazza. “So che ti ho preso alla sprovvista.”
“Abbastanza. Ma capisco anche il motivo per cui l’hai fatto.”
“Davvero?” chiese Kisha arrossendo e guardandolo.
Finley annuì guardando davanti a sé. “Avevi deciso di abdicare, di buttarti dentro al cerchio e di tentare il tutto per tutto per sconfiggere Dimitri. Sapevi che avresti potuto non salvarti. Il tuo è stato un bacio di addio.”
“Beh, sì.” Disse la ragazza.
“Se temi che possa esserne stato infastidito, stai tranquilla. Non lo sono. Lo capisco. Non c’è bisogno che ci sia imbarazzo tra di noi per questo. Ne abbiamo passate tante in questo periodo. Lo stress dell’ascesa, il tuo essere capofamiglia per la prima volta, la scoperta del traditore e del ritorno del Dominatore, la lotta. Capisco che quel bacio conteneva tutto ciò.”
Kisha rimase in silenzio alcuni istanti con lo sguardo perso nel vuoto. “Hai ragione. Sono contenta che sia tutto chiarito. Non volevo rischiare che ci fosse imbarazzo tra di noi.”
“Bene. Allora è tutto a posto.”
“Sì, tutto a posto.” In quel momento prese a piovere. I ragazzi decisero di rivedersi la sera successiva.
Mentre si stavano allontanando Kisha lo chiamò.
Finley si girò.
“Solo per chiarezza. Non lo avrei fatto se ci fosse stato qualcun altro al tuo posto.”
Finley sorrise ed annuì. “Ne sono lieto.”
Anche Kisha sorrise. Mentre si girava per tornare a casa ebbe quasi la sensazione di sentire un secondo cuore battere forte all’unisono con il suo.
Fece a malapena in tempo ad arrivare nella sua stanza e crollare vestita sul letto prima di addormentarsi profondamente.
La mattina successiva prima ancora di aprire gli occhi si rese conto del cambiamento nel suo corpo. Sapeva con certezza di essere sveglia, ma di non trovarsi nella sua stanza. Aprì gli occhi e non notò differenze. Si trovava in un’oscurità perfetta. Sentiva di non essere sola anche se non vedeva nulla. Improvvisamente si sentì un ansito. Nel buio davanti a lei due occhi viola luminescenti si aprirono di scatto. Un urlo furente squarciò il silenzio.
Kisha chiuse e riaprì gli occhi ritrovandosi ora nella sua stanza. Si mise a sedere di scatto con il respiro accelerato. Non sapeva esattamente cosa fosse successo, ma sapeva che i suoi poteri si erano risvegliati e ciò che aveva visto era reale. Il Dominatore si era svegliato nel loro mondo.
   
 
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