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Autore: Son of Jericho    12/03/2022    0 recensioni
Gente che viene, gente che va. In un mondo che non si ferma mai, vediamo passare tanta gente. A volte, per alcuni vale la pena fermarsi e dedicare un pensiero.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gente che viene, gente che va

 

La notte è madre delle idee, vento di pensieri, scrigno dei ricordi. Si ha paura di affrontarla da soli, e poi si preferisce passarla con noi stessi come unica compagnia. E viene voglia di riflettere, di scrivere, di buttare giù ciò che naviga da giorni nella mente, o anche semplicemente qualcosa che non ci va giù.

Vediamo tanta gente passare. Decine, forse centinaia di persone ogni giorno. Migliaia, via via che passano gli anni. Ci scorrono accanto, come figure senza volto ai bordi delle strade mentre l’auto sfreccia sull’asfalto.

Di alcuni resta il nome, la faccia, una voce, altri transitano un secondo dalla memoria e poi se ne vanno. Di alcuni ci dimentichiamo, li rincontriamo anni dopo, ci salutano e non ci ricordiamo nemmeno dove o quando li abbiamo conosciuti. Altri si allontanano senza che si possano fermare, e senti di perdere qualcosa. Altri ancora infine non ci abbandonano, anche se vorremmo che lo facessero.

 

Salutare un collega al suo ultimo giorno non dovrebbe dispiacere così tanto. Parto convinto di saper affrontare il tutto con distacco, con freddezza, senza particolari coinvolgimenti. Se uno esce dalla porta, ne entrerà un altro. Poi mi rendo conto che mi sono addirittura preparato il discorso in anticipo, la sera prima, e scelgo il momento che credo più giusto per parlargli. Lo rendo un momento, quasi una scena di un film, una di quelle tristi.

Escono parole che non ho quasi mai detto a nessuno. Gli dico che le persone di cui mi fidavo lì dentro le potevo contare sulle dita di una mano, e probabilmente mi sarebbero avanzate delle dita. E che, ecco, lui era una di queste.

So già che mancherà, perché quel saluto brucia come strappare un cerotto quando sotto la ferita è ancora fresca. E vedere quanto apprezzi le mie parole, quanto lo abbiano colpito, mi fa innervosire ancora di più. Promettiamo di rimanere in contatto e di rivederci, pur sapendo che non accadrà mai.

Ci ripenso dopo, più tardi, quando ormai lui ha già varcato la soglia e ha abbandonato il luogo forse per sempre, e mi viene da ridere. Comunque sia uscita la scena, bella o brutta, patetica o emozionante, non sarebbe dovuta andare così. Non mi sarebbe dovuto dispiacere così tanto. Eppure nel frattempo si sono messi nel mezzo giorni e settimane, forse siamo arrivati a un mese, e l’assenza pesa esattamente quanto avevo immaginato.

Rispetto per tutti, amico di nessuno. Forse è il caso di rivedere questa filosofia.

 

E’ tanto invece che parlo e scrivo di lei. Saranno 7 anni, ho cominciato nel 2015. Lì sì che le cose sono cambiate.

Ho decantato la vicinanza e la lontananza, la sofferenza e l’allegria, la gelosia e il piacere, l’addio e il ritorno. Poi un altro addio e un altro ritorno.

E’ passato circa un anno. 10, 11 mesi, più o meno. Un periodo bello lungo da trascorrere lontano da una persona che ha occupato uno spazio sempre più ingombrante tra i pensieri di tutti i giorni.

Per questo è sorprendente ammettere, chiaro e tondo, che non ho sentito la sua mancanza. Sinceramente, molto meno di quello che credevo. Anzi, che temevo.

Mi aspettavo di fare gli stessi passi, di commettere gli stessi errori del passato. La prima volta, quando non c’era, non aspettavo altro che vederla tornare e averla di nuovo vicino.

Stavolta è stato diverso. Il tempo è trascorso rapido, ho a malapena avvertito la sua assenza, le cose sono andate avanti bene anche senza di lei. Non mi ha fatto così male. Solo che me ne sono reso conto davvero tardi.

E’ tornata oggi, e non so cosa troverà da ora in poi. La scorsa volta, quasi 5 anni fa, si sentiva come se non ci fosse più un posto per lei, come se fosse stata esclusa, ridimensionata, tagliata fuori. Si era confidata con me come con nessun altro, e avevo cercato in tutti i modi di aiutarla.

Non escludo che possa essere lo stesso di nuovo. Ma potrei non venirlo mai a sapere. Posso immaginare, posso cercare di capire gli indizi. Non è così difficile, dopotutto. La conosco, conosco gli altri, posso farmi un’idea ben precisa. Però non sono nella sua testa, né in quella di nessun altro. E adesso le cose tra me e lei non sono più come prima. Ormai ci parliamo solo se ce n’è la necessità, altrimenti ognuno passa le giornate nel suo cerchio. La confidenza che avevamo in passato è andata a perdersi nella nebbia del tempo e della distanza. Non siamo più gli stessi di anni fa. Non mi aspetto che venga a dirmi anche stavolta quello che sente. Magari ne parlerà con qualcun altro, ma di sicuro non con me.

Non ci siamo scambiati un messaggio o una telefonata per mesi. Se scorro indietro con le chat di Whatsapp, per ritrovare il suo nome devo arrivare a gennaio dell’anno scorso. Un’eternità, per due che a un certo punto della storia sono arrivati molto vicino, anche troppo, a diventare qualcosa di più di colleghi e amici.

Potrei prendere in mano il telefono e mandarle un messaggio, ma con che motivo? Mi risponderebbe, lo so, perché è fatta così. Ma a che servirebbe? A riportare indietro il tempo, a risolvere i problemi che abbiamo avuto e a ricostruire le cose tra di noi?

Non sono nemmeno sicuro che possa interessarle. Non ci siamo sentiti una sola volta, per un qualsiasi motivo, nei mesi in cui è stata via. E’ passata 4 o 5 volte e non ci siamo neanche rivolti la parola, nemmeno salutati. E adesso quindi perché dovrei pretendere di venire a sapere cosa prova al suo ritorno?

Credo sia un meccanismo di difesa, il mio. Una corazza, un’armatura che placca dopo placca, cerco di rendere sempre più spessa. Più le sto vicino, e più forte ci sbatto la testa. Almeno se le sto più lontano, posso sperare di attutire il colpo e farmi meno male. Non ci voglio cadere di nuovo. Ci ho messo troppo per superarla e andare avanti.

Ricordo che era il 2018, quando avevo iniziato a parlare con una ragazza appena conosciuta e le avevo raccontato tutta la storia. A conti fatti, non so nemmeno perché abbia dovuto parlarle di lei, non aveva assolutamente senso. Forse avevo solo bisogno di qualcuno che mi ascoltasse. E lei è rimasta, mi ha aiutato a superare quel momento e a non pensarci più.

L’avevo dimenticata perché c’era lei, ma questa è un’altra storia.

Non voglio cadere di nuovo. Non posso riavvicinarmi e rischiare di rimanere ancora scottato. Sarebbe una mossa sbagliata per tutti.

L’ho rivista stamattina. Anche qui, convinto di saper affrontare il suo ritorno e rimanere lucido, freddo, neutrale. Aggrappato alla consapevolezza che il tempo è cambiato e le cose non sono più come prima. Eppure, qualcosa dentro mi fa sentire strano.

Cammino, mi tremano le gambe e non so perché.

 

 
   
 
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