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Autore: May Jeevas    12/03/2022    6 recensioni
"Il pallone colpì con forza uno dei mattoni del muro, rimbalzando in maniera irregolare.
Shingo controllò il rimbalzo, il sudore che gli imperlava la fronte e gli scendeva sul viso. Con un gesto nervoso si passò il braccio sul volto, evitando che gli entrasse negli occhi.
Che. Schifo. Di. Giornata. Pensò il ragazzo mentre caricava contro i manichini che aveva costruito come compagni di allenamento, caricando una spallata ogni parola."
Scritta per il compleanno del nostro Principe del Sole.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Gino Hernandez, Shingo Aoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il pallone colpì con forza uno dei mattoni del muro, rimbalzando in maniera irregolare.
Shingo controllò il rimbalzo, il sudore che gli imperlava la fronte e gli scendeva sul viso. Con un gesto nervoso si passò il braccio sul volto, evitando che gli entrasse negli occhi.
Che. Schifo. Di. Giornata. Pensò il ragazzo mentre caricava contro i manichini che aveva costruito come compagni di allenamento, caricando una spallata ogni parola.
Era corso in quella che lui chiamava la sua palestra privata appena finito l’allenamento ufficiale, senza nemmeno fermarsi a parlare con Calimero, ignorando i richiami preoccupati di quest’ultimo quando lo aveva visto fuggire in quel modo.
Aveva fatto un allenamento orribile, non aveva scuse. Si era alzato quella mattina di malumore e aveva proseguito con addosso un’aura nera che non gli aveva lasciato scampo. Il risultato era stato quello di sbagliare come un dilettante tre assist e due tiri in porta. Ovviamente il nervosismo era aumentato, e a nulla erano serviti gli incitamenti di Matteo e Gino: lui aveva continuato a giocare come un pivello. Non sapeva se fosse stato contagioso, ma anche la squadra non stava dando il meglio di sé, tanto che il mister, dopo una ramanzina più che meritata, li aveva spediti a casa con largo anticipo, avvisandoli che avrebbero recuperato il giorno successivo. E il ragazzo non poteva fare a meno di sentirsi responsabile.
Ovviamente, adesso che era da solo, a mente lucida, non sbagliava un tiro o un rimbalzo.
Dopo un’altra ora di allenamento crollò a terra, ansimando e prendendo grandi boccate di aria fresca. La gola bruciava e il vento faceva tremare il corpo già scosso da altri brividi.
Nonostante tutto, si sentiva meglio. Si rimise in piedi, togliendosi velocemente la felpa fradicia e indossò con un gesto rapido la giacca asciutta, rintanandosi in essa cercando un po’ di calore. Si avvolse il collo nella sciarpa che aveva lasciato legata al borsone. Si incamminò verso casa, sempre correndo con il pallone ai piedi. Aveva appena aperto la porta di casa quando la proprietaria gli si parò davanti sventolandogli il suo fidato mestolo di legno sotto al naso.
“Shingo! Finalmente sei arrivato! Devo parlarti di una cosa, vieni con me…”
Aoi sbuffò. Era affezionato all’anziana signora, davvero, ma non aveva le forze (fisiche o mentali) di starle dietro in quel momento.
“Mi scusi signora, ma non mi sento molto bene, se non le dispiace vorrei solo distendermi a letto fino a domani mattina!” e si dileguò sulle scale, non senza che un senso di colpa e disagio lo seguisse.
Non fu proprio una bugia. Fece una doccia veloce e bollente, si infilò il pigiama e crollò sul letto. Guardò l’ora: le 7.30. Sbuffò: il giorno del suo sedicesimo compleanno sarebbe andato a dormire come i vecchietti.
Si rigirò nel letto, cercando di addormentarsi e far finire presto quella giornata.
Una suoneria allegra lo deviò dal suo scopo. Prese il tablet, guardando la videochiamata in arrivo. Un sorriso gli increspò le labbra, nonostante tutto. Fece scorrere il dito sul dischetto verde, rispondendo.
“Cia…”
“Fratellonee!! Tanjobi Omedetou!” una voce squillante riempì la stanza; dallo schermo, i visi sorridenti dei suoi genitori e della sua sorellina lo salutavano gioiosi.
Shingo sentì qualcosa all’altezza del petto, e dovette respirare un paio di volte per tenere a bada quella sensazione. Con un groppo in gola fece un cenno di saluto con la mano, non fidandosi della propria voce.
Per tutti i palloni da calcio, quanto gli mancavano.
Solo la formulazione di quel pensiero fece crescere il groppo in gola. Si sentì uno stupido e anche un po’ ingrato: aveva combattuto con le unghie e con i denti per convincere i suoi genitori e lasciarlo andare in Italia a coronare il suo sogno, e adesso si faceva vedere il giorno del suo compleanno a trattenere le lacrime come un moccioso.
Sua madre lo guardò comprensiva.
“Caro, Yukiko… potrei parlare con Shingo da sola?” il ragazzo fissò lo schermo stupito. Vide il padre alzarsi dal divano e andare fuori dall’inquadratura, e Yukiko venire messa a tacere da un’occhiata eloquente prima di andare via.
Quando ebbe la certezza di essere sola, la donna si rivolse allo schermo.
“Sai, tesoro, non c’è niente di male nel provare un po’ di nostalgia.” disse con dolcezza, e Shingo dovette ingoiare a vuoto mentre sentiva gli occhi pizzicare.
“Io non…” cominciò, ma fu grato a sua madre per interromperlo subito perché non sarebbe riuscito a continuare.
“Io e tuo padre siamo tanto fieri di te. E tua sorella racconta a tutti del suo fratellone che è andato dall’altra parte del mondo per diventare un campione. Ma non dimenticarti che sei ancora un… sei ancora tanto, tanto giovane.”
A Shingo uscì uno sbuffo leggermente infastidito per il “sei ancora un ragazzino” che sua madre aveva abilmente camuffato, ma continuò a fissare lo schermo, non interrompendo il discorso.
“E non c’è niente di cui vergognarsi se a volte provi nostalgia, o se i tuoi amici e la tua famiglia ti mancano più del solito. Soprattutto in giornate come questa.”
Una lacrima solitaria e traditrice riuscì a farsi strada sul volto del ragazzo. Shingo se la asciugò con un gesto stizzito, gli occhi sempre incollati allo schermo. Dovette mordersi il labbro per farlo smettere di tremare.
Per tutti gli dèi, si stava comportando come un moccioso.
“Mi mancate così tanto…” si ritrovò a mormorare, una mano a sfiorare lo schermo in un vano tentativo di accorciare la distanza che lo separava da lei. Sua madre sorrise nonostante gli occhi lucidi prima di rispondere.
“Anche tu, tesoro mio. E scommetto che io riesco a nasconderlo molto meno di te. Anche se tuo padre a volte è proprio…”
Il signor Aoi fu fortunato: prima che la moglie potesse andare oltre, Shingo sentì suonare il campanello. Fu tentato di non andare a rispondere, ma bastò un’occhiata della donna per fargli ritrovare la buona educazione. Si alzò di malavoglia dal letto su cui si era messo seduto, appoggiò il tablet sul comodino in posizione verticale (giusto per non far vedere a sua madre il soffitto) e mentre si dirigeva verso la porta sentì che Yukiko e suo padre erano tornati sul divano.
“Chi è?” chiese davanti alla porta chiusa.
“Shingo? Mi spiace disturbarti, ma mi devi aiutare con una cosa!” rispose la voce della padrona di casa. Il ragazzo invocò una buona dose di pazienza e il suo sorriso di circostanza più convincente prima di aprire.
Quel sorriso gli si gelò sul volto quando vide il terzetto che stava sul pianerottolo.
Gino, Calimero e la signora che questa volta al posto del mestolo aveva in mano un pacco notevolmente voluminoso.
“Vedi, Shingo” cominciò proprio quest’ultima “prima volevo chiederti di questo pacco che è arrivato una settimana fa, ma la scritta era in una lingua che io non conoscevo, a parte la data; quindi, ho aspettato a chiederti qualcosa…”
“… finché non sono passato io dopo l’allenamento per sapere come stavi. Ti avevo visto piuttosto giù ed ero preoccupato. Ma tu non eri ancora arrivato, quindi la signora ha chiesto a me se sapevo tradurre quello che c’era scritto. Per fortuna la scritta era in inglese, e modestamente me la cavo, sai com’è, quindi abbiamo scoperto che c’era scritto CONSEGNARE SOLO IL 12/03. DENTRO C’È IL REGALO DI COMPLEANNO PER SHINGO. Nessuno di noi sapeva che fosse il tuo compleanno, quindi…” il monologo di Calimero venne interrotto da Gino.
“Quindi hanno approfittato del fatto che anche io e Teo eravamo passati per sapere come stavi per mandarci a prendere questa” tirò su il braccio, mostrando quella che era palesemente una torta confezionata dalla pasticceria lì vicino. “Matteo si scusa, ma aveva già preso un impegno per stasera e non ha potuto fermarsi. Ha detto che domani a cena usciamo con la squadra per festeggiare seriamente.” Hernandez gli sorrise comprensivo. “Magari non è quello che ti aspettavi, e magari volevi stare solo, ma se vuoi sappi che ci siamo.
Shingo non rispose. Quel maledetto groppo in gola non gli dava pace, e gli occhi pizzicavano più di prima.
No, non era quello che si aspettava. Si aspettava una serata da solo, a letto, aveva davvero voluto andare a letto alle 7,30, addormentarsi e dimenticare quel giorno…
Poi la sua famiglia lo aveva chiamato, e adesso… questo.
La voce di sua sorella squillò per tutta la stanza e il pianerottolo.
“Hey! Allora è arrivato il mio regalo! Auguri, fratellone!!”
Shingo sussultò e si girò di scatto. Il tablet era posizionato in un modo di dare una visione parziale della porta, evidentemente. Si rivolse agli amici, facendo cenno di entrare.
“Grazie… di tutto questo. Io non…”
Calimero gli mise una mano sulla spalla, infondendogli un po’ di calore.
“Tu dicci solo dove sono i piatti e le posate, apri il tuo regalo con la tua famiglia e noi ti aspettiamo in cucina.”
Shingo annuì, grato. Una volta mostrato tutto, tornò al tablet.
“Yukiko, ma tu…” Sua sorella aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“Te l’ho inviato un mese fa! È solo la prima parte, ma tranquillo, arriverà anche il resto!”
Shingo non rispose. Aprì, curioso, e trovò vari numeri della sua rivista di calcio giapponese preferita. Partivano da quando lui aveva lasciato il Giappone fino al mese prima.
“So che avevi annullato l’abbonamento, ma ho pensato che ti avrebbe fatto piacere avere notizie del tuo paese. Magari ti senti meno distante.” Yukiko lo disse con una semplicità disarmante, ma Shingo guardava quelle riviste come se fossero il tesoro nascosto di El Dorado. Guardò lo schermo, cercando gli occhi di sua sorella. “Grazie, Yukiko. Grazie, non sai… non hai idea…” maledette lacrime. Se le asciugò, nervoso. Notò che anche Yukiko aveva gli occhi lucidi.
“Mi manchi tanto, fratellone! Ma guarda che verrò presto a trovarti!”
Shingo annuì, ancora non riusciva a parlare, ancora non si fidava dalla sua voce.
Fu suo padre a prendere in mano la situazione. “Avanti, forza, fatelo andare a festeggiare, che la notte è ancora giovane! E tu, signorina, devi prepararti per andare a scuola, niente storie!”
“Papà, ma ho tempo! Ci siamo svegliati prima apposta…”
Shingo rise davanti a quella scena che era così domestica e famigliare. Ringraziò ancora e salutò la sua famiglia, promettendo che presto avrebbero fatto un’altra videochiamata.
Ripose con cura le riviste nella libreria e si diresse in cucina, dove lo aspettavano per festeggiare.
Shingo si rese conto dopo un po’ che il nodo alla gola era sparito e che quel festino improvvisato con poche persone era un balsamo per la sua anima. Aveva la sua famiglia, e adesso anche in un paese straniero si stava costruendo dei legami.
Sorrise, grato, mentre il terzetto di ospiti guidati da Calimero improvvisava una versione polifonica di Tanti Auguri che fece guadagnare colpi indignati sia dal soffitto che dal pavimento.
“Lamentatevi pure, tanto sono io la padrona di casa!” davanti a quella voce tuonante le lamentele cessarono di colpo. Shingo prese mentalmente nota di non far mai arrabbiare quella donna.
Una volta che la torta fu finita e che gli auguri erano stati ripetuti più volte, Gino ricordò che il giorno dopo avrebbero avuto allenamento e che era meglio non fare troppo tardi. Shingo si fece abbracciare e abbracciò calorosamente, grato di come era finita quella giornata.
Sarebbe tornato in campo con una forza in più, e avrebbe continuato la sua corsa verso la serie A con una rinnovata determinazione, promise a sé stesso prima di lasciarsi avvolgere dal caldo abbraccio delle coperte.
 


Angolino di May
L’idea per questa ff mi era venuta, credo il 13 marzo dell’anno scorso. E secondo voi quando mi sono messa a scriverla? Se avete risposto ieri sera, bravi! Avete indovinato!
Posso dire che è stata un parto? Io lo dico. Intanto è stato difficile lavorare con tre personaggi di cui non si sa il nome (i genitori di Shingo e la portinaia…), in più dopo un po’ ho deciso di non cercare più riferimenti temporali, e quindi questo mi ha permesso di utilizzare anche la videochiamata.
Spero non sia troppo da buttare!
Come al solito, ringrazio Mela, Sacchan e Sissi per il loro continuo supporto e per la betatura dell’ultimo secondo. Vi voglio bene e grazie per sopportarmi!
Auguri, Shingolino.
Mata ne!

   
 
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