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Autore: Melanto    12/03/2022    6 recensioni
Cosa vuoi fare da grande?
Una domanda posta da bambini, che da adulti sa sempre tornare, per farci guardare sia indietro che avanti. E tirare qualche somma.
Yuzo ne spolvera qualcuna dal cassetto, il giorno del suo compleanno, mentre dabbasso dei genitori sono pronti a far festa, e Mamoru...
... Mamoru c'è. Sempre.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Collezionisti di sogni

Collezionisti di sogni

 

 

Cosa vuoi fare da grande?

Io…

… io diventerò un dottore!

Un esploratore!

Uno scienziato!

Un astronauta!

Un detective privato!

Oppure meglio il veterinario?

 

«Mh, certo che avevi idee parecchio confuse.»

Yuzo sollevò il capo di scatto, nel sentire il fiato di Mamoru che scivolava contro la guancia. Ne trovò il volto vicino che, come lui, stava guardando quei vecchissimi fogli pieni di disegni che aveva fatto nel periodo che andava dall’asilo alle elementari. Su ciascuno di essi svettava il titolo: “cosa farò da grande”.

Sorrise.

«Diciamo che avevo molta ambizione e molta fantasia.» Yuzo li scorse, uno dopo l’altro, e in quegli scarabocchi c’erano anche i cow-boys e gli indiani. E lui voleva fare l’indiano, con tanto di lunghissimo casco di piume.

Mamoru sommò le dita alle sue, nello sfogliare i disegni; sul volto gli si dipinse un’espressione perplessa nell’aggrottarsi delle sopracciglia. «Non vedo nessun pallone, però.»

Yuzo approfondì il sorriso con indulgenza verso sé stesso. «Perché, per assurdo, ero certo al cento per cento che non sarei mai diventato calciatore… Anche se forse era quello che davvero avrei sempre voluto essere.»

«E invece…»

«E se il trucco fosse proprio quello?» Yuzo sollevò il viso per inquadrare quello del compagno con la coda dell’occhio. «Magari è nel non dirlo che poi il sogno si realizza.»

Mamoru gli rivolse uno spicchio dei suoi occhi, scuri tanto da sembrare neri, un frammento di sorriso. «Quindi è per questo che ci hai messo un secolo prima di farmi una dichiarazione come si deve?»

«Senti chi parla! Che se non mi fossi mosso per primo, starei ancora aspettando te. Fifone.»

«Fifone io?!»

Yuzo rise, gli occhi stretti e il naso arricciato, mentre veniva sgrullato per una spalla e poi si sentì cingere il collo dal braccio di Mamoru; un bacio poggiato contro la tempia.

«Te la faccio passare solo perché è il tuo compleanno,» accondiscese il suo compagno, sedendosi accanto a lui sul vecchio letto della sua casa natale a Nankatsu.

Non ci viveva da anni ormai, non ci dormiva da anni. Nankatsu e Shimizu-ku erano così vicine che alla fine sceglieva sempre di tornare a casa sua. Mettere distacco nelle fasi della vita lo aiutava a superare meglio quelle che il tempo avrebbe reso separazioni inevitabili. Quella casa, quando i suoi non ci sarebbero più stati, l’avrebbe venduta, lo aveva già deciso da parecchio. Lui stava ricostruendo altrove da molto per poter tornare indietro, un giorno.

«Oggi sono trentadue,» aggiunse Mamoru.

Lui sospirò su quei disegni d’infanzia. «Ancora pochi anni e questo sogno sarà finito.» Scosse il capo. «Che si fa quando i sogni esauriscono la loro durata naturale?»

«Se ne trovano altri.» Mamoru sollevò le spalle.

«Non sarà la stessa cosa…»

«Perché ci pensi adesso? Ne hai di tempo davanti. Io finirò di certo prima di te, ti farò da cavia,» ridacchiò.

Yuzo piegò appena la testa. «Mica è detto. Ultimamente non sono solo i portieri a giocare fino ai quaranta.»

«In verità è che comincio ad accusare la stanchezza, sai?» sospirò il compagno.

Yuzo ne sostenne lo sguardo rassegnato, ma non triste per quella consapevolezza che poneva una clessidra in scorrimento veloce sul tempo del suo sogno. Inarcò un sopracciglio. «Basta che non ti stanchi di me.»

«Ah, be’! Quello lo vedo come uno di quei sogni che non si esauriranno nemmeno quando saremo vecchi, decrepiti, con la sciatica e la dentiera!» Mamoru rise forte, si alzò e gli spettinò i capelli. «E comunque smetti di farti risucchiare dal pessimo effetto che ti fanno i compleanni. Stiamo avendo una bella vita, dopotutto. Non dovremmo essere tristi anche se sappiamo che è a termine.»

Yuzo annuì. «Hai ragione anche tu.»

«Modestamente. E ora forza, i tuoi e i miei sono di sotto che aspettano. Papà ha stappato il vino come ha messo piede in casa. Se lasciamo lui e tuo padre liberi di bere, finirà un’altra volta in canzoncine ridicole. Dio ce ne scampi!» Mamoru si allontanò, lui rimase ancora un istante a guardare i suoi scarabocchi, metterli in ordine, uno sopra l’altro, per riporli nella scatola che sua madre gli aveva fatto trovare quando era arrivato a casa. Era saltata fuori per caso mentre rassettava vecchi angoli nascosti.

Il posto migliore dove i sogni potessero annidarsi e aspettare, dormire, prima che qualcuno si ricordasse di loro e li andasse a stanare, per far tirare le somme di quando in quando.

E le sue quali erano?

Che forse la vita non era che una collezione di sogni? Immaginati, realizzati, accantonati.

I suoi erano stati tanti e di quelli su cui aveva fantasticato solo un briciolo era stato concretizzato, ma era il briciolo migliore, si disse, quando, una volta in piedi e pronto a raggiungere i suoi, trovò Mamoru che lo stava aspettando sulla porta, a braccia conserte e quel sorriso sempre un po’ ironico e di sfida, ma ugualmente pieno di tutto l’amore che avrebbe mai potuto desiderare.

«Oh. Tua madre ha messo su la musica.» Mamoru alzò gli occhi e l’indice, indicando l’aria che soffondeva note morbide e romantiche. «È il primo passo verso il pericolo. E ancor prima di metterci seduti a tavola.»

Yuzo lo prese per il polso prima che si allontanasse per scendere al piano di sotto. Lo tirò un po’ più vicino, e gli appoggiò il mento tra la spalla e il collo. La mano trascinata al fianco e la sua che gli avvolgeva la schiena.

«Balliamo,» sospirò, imprimendo un leggero dondolio a entrambi. «Prima di andare a fare da balie ai nostri genitori troppo infantili. Balliamo un po’…»

Lo sbuffo del sorriso di Mamoru gli solleticò il collo. Il dondolio divenne più coordinato al ritmo della musica. Le braccia del compagno erano quella barriera che sapeva tenere tutto a distanza, nel bene e nel male, compreso il tempo. Quando erano abbracciati così, il tempo non esisteva, non scorreva, la clessidra si fermava e freezava i sogni, i compleanni e la malinconia, e Yuzo sapeva di avere l’unica certezza di tutta la sua vita stretta a sé. L’unica che non avrebbe mai accantonato in nessun angolo buio di nessuna scatola, nessuna casa e nessun cuore.

«Ho avuto un mare di sogni, ma tra tutti… tra tutti, il mio sogno migliore sei tu.»

 

 

 

Note finali: io ormai mi ritrovo a scrivere le storielle per il compleanno di Yuzo o Mamoru sempre all’ultimo momento. 😐

Mi dico sempre che “ho tempo!!!” e poi arrivo il giorno stesso del compleanno, che sto ancora nel letto e penso: “Devo scrivere la storiella di compleannoooooh!”. XD
Ecco, viva la procrastinazione. XD
Comunque, scritta al volo, per augurare al mio Yucciolo del cuore un buon compleanno, perché è un gioiello. ♥

   
 
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