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Autore: Jamie_Sand    13/03/2022    3 recensioni
Nell’agosto del 2005, la preside McGranitt nota lo strano nome di un nato babbano che doveva iniziare a frequentare la scuola proprio quell’anno. Chiede dunque quindi al suo ex studente Harry Potter di portare lui stesso la lettera di ammissione a casa del bambino. Quando però Harry varca la soglia del cottage in cui vive il piccolo mago, si trova di fronte la copia esatta del suo defunto padrino e una donna che dice che quello non è altro che il figlio di Sirius Black.
Dal prologo:
- Come è possibile…? Lui e Sirius… - Sussurrò Harry, continuando a fissare il ragazzo, senza accorgersi di avere gli occhi pieni di lacrime.
Poi si voltò verso la donna, che teneva in mano una tazza piena di tea. - Sono identici, non è vero? - Chiese, con voce rotta.
- Non capisco. - Disse Harry, sempre più confuso. - Se Sirius avesse avuto una famiglia, addirittura un figlio, tutti noi lo avremmo saputo! -
- È complicato. - Rispose la donna. - Lascia che ti racconti la storia. -
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Lascia che ti racconti la storia'
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(Storia pubblicata anche su Wattpad ma in tutta sincerità preferirei che la seguiate qui su efp. 
Buona lettura,
Jamie Sand.)

La casa era un grazioso cottage dal tetto verde, disperso nella profonda campagna scozzese, posto proprio nel bel mezzo di un immenso campo di papaveri. 

Quell’anno l’estate se ne era andata via presto e, nonostante fosse solo metà agosto, la temperatura era rigida e il vento soffiava forte e gelido muovendo le fronde degli alberi e scompigliando i capelli neri e già spettinati dell’uomo.

Le grandi vetrate riflettevano il grigio del cielo burrascoso e il rosso dei tanti papaveri che ferivano il prato e, anche se non c’erano prugne dirigibili e altre stramberie tipiche dei maghi, quel posto gli fece tornare in mente la vecchia dimora dei Lovegood. Il giardino, oltre il basso cancello in ferro, era diviso in due da uno stretto vialetto sterrato: da una parte c’era un piccolo orto mentre, dall’altra, una bicicletta da bambino era stata abbandonata contro un albero, una altalena dondolava spinta dal vento accanto ad un pallone da calcio mezzo sgonfio. 

Era palese che lì ci vivesse un ragazzino e, da quanto diceva la lettera che Harry teneva in mano, si trattava di un mago, un nato babbano. Si chiamava Janus Regulus Rains, un nome molto particolare per appartenere a un ragazzino qualunque, per questo non aveva protestato quando la preside McGranitt gli aveva chiesto di portare la lettera di persona: non insegnava a Hogwarts ma, di tanto in tanto, quando poteva, gli faceva piacere dare qualche lezione di Difesa contro le Arti Oscure e aiutare la preside a consegnare le lettere ai nati babbani che di lì a poco sarebbero arrivati a scuola. Adorava guardare le loro facce felici, amava partecipare a quella gioia e a quello stupore ma, più spesso di quanto avrebbe voluto, c’erano famiglie che non prendevano benissimo la notizia. Proprio per questo, insieme a Hermione e Ron, aveva deciso di sfruttare Grimmauld Place per dare una casa a tutti quei giovani maghi e quelle giovani streghe che, durante le vacanze estive, non avevano un posto sicuro in cui tornare. Era sicuro che Sirius avrebbe apprezzato e che si sarebbe divertito all’idea di vedere la sua vecchia casa di famiglia piena di diseredati, proprio come lui. 

Quando aveva letto quello il nome del ragazzino in questione sulla busta, gli tornò in mente, potente come un temporale estivo, il suo terzo anno a Hogwarts, la fuga di Sirius, quel Natale passato proprio a Grimmauld Place. Sapeva che tra i Black c’era stato qualche Magonò, immaginò dunque che si trattasse di un lontano parente del suo padrino, e questo gli fece un po’ stringere il cuore. Harry aveva sofferto così tanto per la sua morte che quasi si sentì infastidito quando quella lettera lo fece tornare indietro negli anni.

Si riscosse dai suoi pensieri e spinse il cancello, che si aprì con un cigolio. Attraversò il vialetto a grandi passi, fino a raggiungere il portico. La porta era di legno, massiccia e rustica, non c’era il campanello, proprio come all’entrata non c’era la cassetta delle lettere. Chiunque vivesse lì non sembrava essere molto socievole e Harry si preparò al peggio.  

Bussò con decisione due volte e attese immobile che la porta si aprisse, tenendo ben stretta in mano la lettera di Hogwarts, mentre una strana sensazione cominciava ad invaderlo, come una strana frenesia. La soglia si spalancò senza fare alcun rumore e davanti a lui apparve un ragazzino dai capelli neri, lunghi fino alle spalle e gli occhi grigi come il cielo sopra di loro. - Sei tu Janus Rains? - Chiese Harry, con un sorriso.

Il bambino sembrò scosso da un fremito, spalancò gli occhi come sorpreso. - Mamma, corri, vieni! - Gridò, la voce piena di emozione, ma senza smettere di guardare l’uomo che aveva davanti. - È arrivata! È arrivata la lettera! - 

Harry aprì la bocca, ma non ebbe il tempo di dire niente: una donna si era precipitata alla porta, i capelli castani e mossi, legati con una matita, gli scuri occhi, il viso, i vestiti e le mani sporche di pittura. Probabilmente non aveva poco più di tren’anni, il suo aspetto era florido e giovane, ma il suo sguardo era profondo come se, in passato, avesse sofferto le pene dell’inferno. Si portò le mani alla bocca, quasi tremante. - Harry… - Disse, la voce piena di viscerale emozione. - Non mi aspettavo che saresti stato tu a portare la lettera per Hogwarts. - 

Harry, sempre più sorpreso, rimase senza parole. Perché quella donna lo conosceva? Ma, soprattutto, come faceva quella babbana a sapere di Hogwarts? 

- Lo so, sei confuso. - Continuò a dire lei. - Ti prego, entra, fatti offrire qualcosa di caldo e ti spiegherò tutto. Non sai da quanto tempo aspetto questo momento. - 

Senza dire niente, Harry varcò la soglia. Dentro, il cottage era arredato in pendant con l’aspetto della padrona di casa; le pareti erano quasi tutte ricoperte di quadri e fotografie, statue e oggetti di design arredavano il salotto, insieme ad una grossa libreria piena zeppa di libri d’arte e romanzi. Harry si sedette sul divano; continuò a guardarsi intorno, prima di notare che il bambino, invece, non faceva altro che tenere gli occhi sulla busta ancora stretta tra le sue mani, come se temesse di vederla sparire da un momento all’altro. I suoi occhi sembravano venire da un tempo lontano.

Poi una sensazione surreale lo prese del tutto quando il ragazzino spostò lo sguardo dalla lettera al suo volto, mentre la donna entrava in salotto con in mano un vassoio che posò sul basso tavolino davanti a lei, prima di sedersi accanto a suo fianco. Ma Harry non ci fece caso, era ancora troppo concentrato sul bambino. Lo vide spostarsi una ciocca di capelli lontano dagli occhi con casuale eleganza e, proprio in quel momento, Harry sentì la terra mancare sotto i suoi piedi. I suoi ricordi erano confusi e bloccati, ma c’erano e si stavano facendo sentire più forti che mai.

- Come è possibile…? Lui e Sirius… - Sussurrò Harry, continuando a fissare il ragazzo, senza accorgersi di avere gli occhi pieni di lacrime.

Poi si voltò verso la donna, che teneva in mano una tazza piena di tea e aveva gli occhi chiari, e lucidi come i suoi. - Sono identici, non è vero? - Chiese, con voce rotta. 

- Non capisco. - Disse Harry, sempre più confuso. - Se Sirius avesse avuto una famiglia, addirittura un figlio, tutti noi lo avremmo saputo! - 

- È complicato. - Rispose la donna. - Lascia che ti racconti la storia. - 

   
 
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