Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Dorabella27    14/03/2022    14 recensioni
Questa storia nasce da un'idea suggeritami da Cometarossa72 e Chiara Grilli, che un giorno fecero una osservazione: "Immaginatevi se i personaggi di RoV, un giorno....". Non vi tolgo la sorpresa, ma vi avviso: questa storia è dedicata a chi, come me, comincia a stare malino a partire dall'incipit dell'episodio 38, a chi ancora si sente venire il magone quando rivede certi episodi di "Lady Oscar" (noi fan di RoV siamo masochisti, si sa...), a chi ama la metaletteratura,
-soprattutto a chi ama la metaletteratura! -, e a chi è goloso di cioccolatini al liquore, fondant di zucchero e Martini Rosso. Buona lettura e buon appetito a tutti voi!
Genere: Comico, Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Axel von Fersen, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Don’t worry, be happy
(il cast si rifiuta)
 
"Allora, episodio 26? Sicura?"
"Sì, sì. E magari anche il 27, se abbiamo tempo".

"Va bene".
Questa cosa degli episodi rivisti in contemporanea con Galla sta prendendomi la mano: a volte è come vederli per la prima volta, tante e tali sono le osservazioni che si riescono a fare; la chat di WA è inzeppata di messaggi vocali e non, durante quelle gloriose mezz'ore; anzi, durante quei gloriosi 24 minuti scarsi: accidenti, perché gli episodi di "Lady Oscar" durano tanto poco?
Iniziamo dunque: dopocena tranquillo, serata che sta scivolando nella notte, casa solitaria, postazione comoda davanti alla tv, telecomando alla mano e generi di conforto sul tavolino accanto. Le sequenze scivolano lente e inesorabili verso il duello con il colpo di spada fatale....e.....
"MA NO!", il mio vocale deve suonare come un grido di sconforto per Galla. "Ma cavolo! Il mio dvd è danneggiato"
"Come danneggiato?", digita Galla, immediatamente.
"DVD NUOVO comprato nella nuova serie: evidentemente qualcosa non funziona", rispondo subito, con tanto di maiuscole.
"Come mai? Non gira, si blocca?", chiede Galla.
"No, no...è che a un certo punto....durante il duello con il Cavaliere Nero...boh! Le figure spariscono"
"Come spariscono???????????????", compare sul display, e mi sembra di sentire il tono stupito della voce di lei.
"E che ne so? C'è solo il paesaggio?"

"Ah, Dio! Pure i dvd tarocchi girano!", risponde sconfortata Galla.
"Sì, guarda: e niente, io mando avanti, ma zero: paesaggi, alba su Palazzo Jarjayes, e niente personaggi. Ah, boh!"
"Evidentemente il dvd è difettoso", conviene Galla.
"Proviamo un altro episodio?", propongo. Non voglio più avere questo dvd per le mani: mi vengono i nervi, i nervi proprio!
"Ma sì, dai". Per fortuna Galla è sempre molto conciliante e tranquillizzante.
"Ci vediamo il 19?", chiedo. L'incipit della vera tragedia: da qui in poi cambia tutto.
"Dai, sì".
"Aspetta che cambio disco, così ce lo vediamo in sincrono".
"Anche io".
Eccoci, finalmente.
Ballo a Corte... Oscar nobilmente malmostosa durante le danze ok, tutto nella norma ... ora Oscar esce ...ok ....vede Charlotte del Polignac e  le parla....ok... "Mademoiselle, se volete restare sola con i vostri pensieri, vi conviene tornare nella vostra stanza"....e poi...Eh! No! Ma che dvd è questo? Oscar e Charlotte si allontanano ... Il ballo continua come se nulla fosse, Rosalie danza con André ... sino alla fine del dvd ... e Charlotte?
Ma ... ma...
"Scusa, Galla, ma anche il tuo dvd è diverso?". Il vocale tradisce il mio tono allarmato. Se questo è uno scherzo.... ah, ma me li faccio sostituire, questi dvd... ME LI DEVONO CAMBIARE!!!!
"Eh, sì: ma che strano! Anche nel mio, Oscar dice la stessa battuta a Charlotte, e poi si allontanano .... e poi continua il ballo. Non capisco".
"La pirateria, informatica e non solo, è ovunque!", concludo, sgomenta.
"Senti, domani devo alzarmi prestissimo, e non so che cosa TreNord farà di me", aggiungo. "Che ne dici se ce ne andiamo a letto e aggiorniamo le nostre indagini?", digito velocemente.
"Sì, va bene", approva Galla. "Certo che, belle delusioni: una si dispone placidamente a gustarsi in compagnia il suo anime preferito, e invece...". Il tono di delusione è palpabile, anche attraverso il vocale di WA.
Ma mentre mi preparo per la notte, non riesco a smettere di arrovellarmi. Che cosa può essere mai successo? Perdo colpi, certo, ma io quel dvd con l'episodio 26, almeno quello, giurerei di averlo già visto una volta, ed era normalissimo. Che strano... arraffo un altro dvd, quello episodio 35: la prova del nove, mi dico (gli episodi 38, 39 e 40 io non contemplo nemmeno di provare a vederli: a tutto c'è un limite!). Sorpresa: lunghi piani sequenza di palazzo Jarjayes, e ... null'altro.
"Ma che ...", mi chiedo. Tolgo il disco dal lettore: lo guardo per bene, inclinandolo: non è rigato, né graffiato: non ci sono ditate, macchie o altro: com'è possibile? La confezione è originale, comprato incellophanato e scartato da me.
In quell'istante, sento dei colpi alla porta. "Ma il campanello no? Ma che è?! Stiamo nel Settecento?", mi chiedo stizzita, senza pensare che, insomma, è anche passata mezzanotte, e non sarebbe propriamente l'orario per ricevere visite.
"Chi è?", chiedo, un po' seccata (ma non dovrei essere impaurita?).
"Aprite, per favore!": una voce nota, cui non si può dire di no.
"Aprite? VOI, chi?"
"Voi, Dorabella! Non ci fate aspettare qui, che il pianerottolo è male illuminato, e non si sa chi potrebbe passare", dice un'altra voce, anche quella nota.  "E per giunta fa freddo!", aggiunge la seconda voce.
"Ma che scherzo è?", mormoro, incredula. E apro la porta. Ed ecco che entrano, con fatica, data la stazza, André e Alain, in carne, ossa (più o meno) e uniforme.
"................"
"Buonasera. Scusate per l'ora": sempre garbato André: si vede che ha avuto una educazione nobiliare. Ma anche Alain è molto composto e ... accidenti, veramente un colosso, con mani grandi come vanghe. Certo che ha un bel lamentarsi del freddo, se porta la giacca slacciata, la camicia aperta sin quasi all'ombelico, e, come unica protezione dal freddo notturno, il fazzoletto rosso al collo.
"Ma prego, prego, accomodatevi”, dico. Certo che sono un bel vedere: chiamala scema Oscar, che sceglieva sempre loro per essere accompagnata nelle missioni, come nel caso del principe spagnolo Aldelos che, con perfetto tempismo, aveva deciso di girare per cru e cantine nella profonda provincia francese proprio alla vigilia dello scoppio della Rivoluzione.
André e Alain si siedono, rispettivamente, il primo sulla poltrona in pelle del salottino, e il secondo su una delle sedie del trisavolo, che manda uno scricchiolio sinistro.
"Ehm, Monsieur Soissons", dico timidamente, "credo che quella sedia sia un po' scomoda". Non posso certo dirgli: "Ehi, tu, cerca di non sfondare la sedia intarsiata del trisavolo Michele, che non è stata fabbricata certo per reggere il peso di un bestione come te!".
"Ma no, Mademoiselle, che dite? Sono perfettamente comodo", e allunga le gambe, le mani dietro la nuca, soddisfatto. E niente, ciao ciao sedia del trisavolo, temo, e anche in tempi brevi.
"A proposito", dico - quale occasione migliore - "Sapete dirmi che cosa è successo?", e alzo il dvd,
"Che ne pensi, André? Glielo diciamo?", chiede Alain ammiccando al suo commilitone. Devo dire che ha il suo fascino: come dice Galla? "Se non si può proprio avere André, allora  datemi #unalainacaso"
"Dirmi che cosa?", domando, sinceramente interessata. E non mi rendo quasi conto dell'assurdità della situazione.
"Ecco, Mademoiselle", - che bella voce ha André; adesso che poi si è alzato, per parlarmi, visto che sono ancora in piedi,  - come è educato e cortese! - posso apprezzarne tutta l'altezza, l'ampiezza delle spalle, la figura forte ed elegante.... e credo di non avere afferrato una sola parola di quanto mi ha detto!
"Scusate, André, non ho inteso molto bene le vostre parole”, ammetto, confusa. "Potreste, per cortesia, essere tanto gentile dsa ripetere da capo?".
"Ma certo!"; sorride cordiale (che sorriso! Ma come ha fatto Oscar a NON VEDERLO per decenni? Accidenti! Mattoni davanti agli occhi! Mattoni spessi chilometri, come dice una mia amica, altro che fette di prosciutto!).
“Ebbene, Mademoiselle”, spiega André, “Noi, membri del cast, abbiamo deciso di ...:” e in quell’istante bussano alla porta: ancora!
“Scusate, Monsieur André”, dico, imbarazzata, e vado ad aprire: lo sapevo, lo sapevo: nientemeno che una vecchia conoscenza: Fersen.
“Oh, conte di Fersen!”, si illumina André, ancora in piedi, con espressione cordiale (accidenti! Quanto è alto! E Fersen ancora di più!), mentre Fersen entra nel salottino, lanciando una occhiata cupida ai cioccolatini nel vassoio di peltro, dove aveva già fatto razzia qualche mese fa.
“André! Alain! Che piacere trovarvi qui!”, dice, mentre si accomoda garbatamente sul divano, accanto a me.
Sono incredula, stranita. Se lo racconto a Galla, di sicuro non ci crede. Ma chi ci potrebbe mai credere?, mi domando sconsolata.
Alain, nel frattempo, ha deciso che la posizione quasi composta che aveva assunto sulla seggiolina Louis - Philippe del trisavolo non è confacente alla nota irruenza dei soldati della Guardia Metropolitana: ora si è alzato, e ha inforcato la seggiolina al contrario, il busto contro la spalliera, che cinge con le braccia, e le sue gambe incrociate attorno a quelle della sedia, che emette lamenti disperati.
Cigola la carrucola del pozzo...”, mi viene da mormorare, per associazione d’idee.
“Eh,che dicevate, Mademoiselle?”. Sempre gentile e di ottimi modi, André.
“Nulla, nulla, Monsieur Grandier. Ma stavate dicendo che avevate preso una decisione ... mi pare. ..”. E niente, devo distogliere gli occhi, perché io in quello sguardo verde smeraldo, che sa di prati roridi al mattino, mi ci sto perdendo. Oscar, come avevi ragione a parlargli sempre dandogli le spalle! Come ti capisco!
“Dicevo, Mademoiselle, che noi membri del cast abbiamo deciso di mettere in pratica il nostro diritto inalienabile alla ricerca della felicità: per fortuna, il Conte di Fersen è arrivato al momento giusto, perché lui queste cose le sa bene, avendo combattuto in America con gli insorti per difendere ... come dice la Dichiarazione d’Indipendenza, Conte?
Fersen si alza in piedi, con movimento fluido ed elegante, da gatto (beh, un gatto di un metro e 96 cm!), mentre io, restando seduta, alzo gli occhi, restando immobile e un poco turbata dalla sua prestanza (e, a costo di ripetermi: accidenti, come è alto: anche più di André!, e che figura!). Ed ecco che il conte di Fersen si mette la mano destra sul cuore, e declama:
“Tutti gli uomini sono creati eguali, ed essi sono dotati dal loro Creatore di certi Diritti inalienabili, e tra questi vi sono la Vita, la Libertà ed il Perseguimento della Felicità”.
“Bravo!!”, grida Alain, con il suo vocione, mentre applaude facendo un rumore infernale con quelle manone da orco. E poi continua: “Ho sempre pensato che i dannati aristocratici fossero poco meno che feccia, ma devo dire che questo damerino svedese mi ha fatto ricredere, insieme, ovviamente al nostro Comandante”, aggiunge, lanciando un’occhiata significativa ad André.
“E dunque?”, chiedo, un po’ smarrita.
“E dunque abbiamo deciso che non soffriremo più!”, dice André, sorridente, ma deciso. “Dopo decenni passati straziati da dolori atroci del corpo e dello spirito, abbiamo deciso che ormai la misura è colma. Per cui, Mademoiselle, voi non mi vedrete più accecato dal Cavaliere Nero”- e così dicendo, solleva il ciuffo che gli copre l’occhio sinistro, mostrandolo sano e intonso,  l’iride verdissima e la pupilla accesa (wow! Che tuffo al cuore!), e non mi vedrete più pestato in armeria, non vedrete più la povera Diane morire, e nemmeno la contessina Charlotte...”
“Ah, Monsieur Grandier, la Vostra ironia è finissima: ci stavo quasi cascando....”, mi permetto di rispondere.
“Non mi credete? Provate allora!”, e, con tono di sfida, André pesca un dvd dalla pigna che giace sul tavolino, accanto ai cioccolatini; con la coda dell’occhio vedo Fersen osservare la colonna di custodie plastificate con occhio critico, appena accennato, per non risultare scortese: è un pur sempre un nobile dalla squisita educazione.  Eh, no”, vorrei dire, “nemmeno oggi la mia fantesca ha rigovernato! Sapete com’è, Conte: la poverina ha vinto seicento milioni di euro alla lotteria e ho dovuto darle la giornata libera”. Ma non so se Fersen, di cui pure Octave ci ha rivelato una insperata capacità di introspezione e una certa intelligenza speculativa, sia attrezzato a cogliere il sarcasmo. E magari in questi duecento anni e rotti non gli è capitato di vedere un certo film di Woody Allen, e non coglierebbe la citazione.
“Prego”, mi dice André, porgendomi il dvd: “Fate voi stessa la prova: episodio 32”.
“E va bene”: accetto la sfida e prendo la custodia, bene attenta a non sfiorargli le dita: non vorrei che quel contatto appena accennato fosse sufficiente a togliermi la lucidità necessaria. “Ma vedi tu”, penso, nel frattempo, “se Galla lo viene a sapere ci fa subito un disegno. Oppure mi prende per matta”, mi correggo.
André incrocia le braccia, sorridendo enigmatico, Alain sposta la seggiolina, che emette cigolii tremebondi, per vedere meglio lo schermo, che altrimenti avrebbe alle spalle, poggiando il mento sugli avambracci che cingono la spalliera, il volto atteggiato alla sua consueta espressione beffarda; e Fersen, seduto sul divanetto di pelle, proprio davanti alla TV, accavalla la gamba sinistra con signorilità, mentre scarta avido un Mon Chéri che osserva con sguardo amorevolmente languoroso, con tutto il pervinca delle sue nordiche iridi. Intanto le immagini scorrono: André chiede a Oscar il permesso di portare ad Alain, assente da troppi giorni, la sua paga, i due si avviano, salgono le scale del caseggiato ... ecco, ci siamo ... La madre di Alain, sconfortata, siede sulla sua seggiola ...
Ed ecco Alain: sfatto sul letto, ubriaco fradicio, con una bottiglia in mano, e due vuote ai piedi del letto, mentre Oscar e André si coprono il naso per la puzza, dato che, probabilmente, quel bestione gonfio di alcool non deve propriamente profumare di acqua di colonia.
Guardo lo schermo, guardo Alain, che mi rivolge un sorrisetto beffardo. Seleziono il fermo immagine. “Alain, ma che succede? Che cosa hai fatto?-
“Ehi, ehi, ehi”, dice lui, levando le mani, quasi a voler riportare l’ordine. “Non agitiamoci! Non vi aveva detto il mio amico André che da questo momento in poi ci rifiutiamo di soffrire?!
“Sì, ma ... la storia. ...”, obietto, smarrita, “il plot, l’intreccio, la sceneggiatura ... insomma, il tuo personaggio NON fa questo!”.
“Aspettate un momento! Che cos’è questa storia?”
“Alain, ma che domande fai? TU lo chiedi a me? Sono io che ti domando che cosa sia successo!”
“Ma è proprio questo, Mademoiselle: sentitevi! Al conte di Fersen date del “voi”, e lo capisco: è pur sempre un dannato aristocratico! Ma anche al mio amico André date del “voi”: e io? Com’è che a me date del tu? Chi sono io? Il figlio del prete?! Eh?!”. E così dicendo si alza, anzi, si erge, in tutta la sua torreggiante statura, e mi fissa con occhi di fuoco. Temo quasi che mi sollevi di peso per il bavero e mi scaraventi come un sacco di patate nel cortile condominiale per un duello al primo sangue. Poi realizzo che il bavero io non ce l’ho, perché ho addosso una maglietta di “Feudalesimo e Libertà” con il Conte Vlad, e penso che sia meglio scusarmi, alnzandomi in piedi: “Oh, Alain, dovete perdonarmi!”, dico, con tono contrito, le mani intrecciate all’altezza del petto, con le dita che si muovono nervosamente. “Ma è che voi siete una presenza così amicale, così istitintivamente simpatica, che viene spontaneo darvi del tu!”.
“Bene, e sia. Datemi pure del tu, Mademoiselle”, dice Alain, socchiudendo gli occhi, e sedendosi nuovamente (e in quel momento mi giro e alla mia destra vedo Fersen che agita su e giù la mano nell’aria, con una espressione come a dire: “Accidenti, avete davvero rischiato grosso!”) “Ma io vi darò del “voi”, perchè Alain Soissons non sarà un dannato aristocratico, ma è pur sempre un gentiluomo!”, e così dicendo afferra la bottiglia sul tavolino, e la stappa annusandola: “Ehi! Che cos’è questo?”
“Martini Rosso”, rispondo, meccanicamente.
“E sarebbe?”
“Un vino liquoroso, profumato ... una specie di vermouth”, spiego, mentre Alain ha già preso uno dei bicchieri dal tavolino bar e se ne è versato una dose generosa.
“E quindi”, chiedo, tornando a bomba, “che cosa sarebbe davvero successo nell’episodio 32?!”.
“Ma niente”, dice Alain, con un cenno noncurante del capo, mentre, il petto sempre contro lo schienale della sedia, si versa un altro bicchiere di Martini, “la mia piccola Diane si è sposata con quel damerino, e io, come ogni buon fratello maggiore, sono un po’ geloso, ma è normale, no? E al matrimonio mi sono sbronzato in maniera indecorosa, e ho continuato a bere tanto da essere ciocco stracciato per qualche giorno, sino a quando André e il Comandante non sono venuti a vedere come stessi!”
“Ah”, dico. Ed è la sola cosa che mi esce di bocca. Però  non mi arrendo, e guardo André: “E se volessi vedere l’episodio 30?”
“Prego, Mademoiselle”, e mi porge il corrispondente dvd. Le immagini scorrono veloci, dalla visita di Nanny in caserma sino a quando dovrebbe esserci la sequenza del pestaggio, cinque contro uno. E invece ... lunghi piani sequenza dell’armeria, con il sole che filtra dalle finestre dai vetri un poco sporchi e polverosi  (grande Dezaki, eh!) ... e silenzio.
“Che scherzo è questo?!” Adesso comincio ad alterarmi, e lo sguardo gentile e ironico di André non mi incanta più. Ah, se adesso le sente su!
“Dove stanno i miei dvd?! Rispondete! È importante per me!”.
Mademoiselle”, interviene, diplomaticamente, a fare da paciere, Fersen, “Ma noi ve lo abbiamo detto: non vogliamo più soffrire, per cui ci ritiriamo in bell’ordine”.
“Già: dopo decenni passati a farmi pestare, minacciare di morte dal Generale, impallinare credo di avere ormai certi diritti ... come dicevate Conte?”
“certi Diritti inalienabili, e tra questi vi sono la Vita, la Libertà ed il Perseguimento della Felicità”, declama Fersen, che intanto ha arraffato un bicchiere e si è fatto servire da Alain una bella dose di Martini rosso.
“Ehi! Ne voglio anche io!”, afferma André, ma stavolta Alain gli offre direttamente la bottiglia, da cui André beve a collo. Io questa bottiglia, decido immediatamente, me la tengo in una vetrinetta a mo’ di reliquia, quando sarà vuota. Il che accadrà a breve.
Nel frattempo, ho messo nel lettore il dvd dell’episodio 38, impostando lo scorrimento veloce: discorso in Caserma, my part is your part....lunghe cavalcate a perdifiato qua e là per Parigi....e .....poi lungo piano sequenza sul tramonto. E niente sparo. Guardo André, smarrita, ma anche felice.
“Visto?”, sembra dirmi, con il suo sorriso più bello. Ed è davvero, davvero bello. Tanto.
Nel frattempo, molto urbanamente, ha preso un bicchiere e si è versato, come si conviene a un gentiluomo, una dose di Martini, rinunciando a bere a collo. In quella, bussano alla porta. Ancora. I miei vicini di pianerottolo faranno sicuramente una mozione contro di me, alla prossima riunione di condominio. Punto 2 dell’O.d. G., me lo sento!
“Aprite!”. La voce autorevole, venata di impazienza, è anche questa volta inconfondibile.
Apro la vecchia porta che risale ai tempi del nonno, prima che il Colonnello Oscar François de Jarjayes me la butti giù a suon di pugni, e, temo, fra poco, anche a suon di calci, se non mi sbrigo a girare la chiave e a spalancarla.
"Arrivo, arrivo!", e corro trafelata verso la porta. Trafelata perché, insomma, il Colonnello Jarjayes non si fa aspettare, e poi, ovvio, mi manca il fiato per l'emozione.
"Dov'è lui? Dov'è LUI? Dov'è il MIO ANDRÉ?"
"È qui, è qui, calma, calma, Colonnello", dico, e faccio strada (“Accidenti! Ma quanto è alta?!”, mi dico, e la frase mi suona leggermente familiare, tipo déjà-vu, o déjà – oüi ...)
“André! Ma non ti vergogni?!”, esclama, appena arrivata alle soglie del salottino, vedendo il suo André e Alain che, ormai, sono stati sedotti dalla sirena del Martini Rosso (mentre Fersen fruga golosamente, con le sue belle mani bianche e delicate, nel vassoio di peltro, in cerca di altri cioccolatini liquorosi).
“E tu, Alain!”, sbotta un attimo dopo Oscar, “Non ti avevo forse chiesto di tenere d’occhio André, di badare che non bevesse troppo? Oltre all’occhio destro, anche il suo fegato va salvaguardato!”
“Scusatemi, Comandante!”, scatta Alain, richiamato improvvisamente ai suoi doveri di soldato, levandosi in piedi e facendo il saluto militare, mentre André resta seduto, a osservare stupito Oscar, lo sguardo verde smarrito di sotto in su, e Fersen, levatosi anch’egli, fa un breve inchino, il braccio destro piegato, la mano sul cuore (mentre nella sinistra stringe un Pocket-Coffee, anzi, IL Pocket-Coffee superstite, l’ultimo, quello che mi ero ripromessa di mangiare l’indomani a colazione prima di rinnovare la scorta al pomeriggio durante il sacchegg ... ehm, la spesa all’Esselunga): “Madamigella Oscar,! Vi trovo benisssssssimo”, con 7 s, con nell’episodio 25.
Alain, mentre Oscar trafigge Fersen con un breve sguardo ghiacciato, lo stesso che riserverebbe a un cantante di cori natalizi che osi disturbare il suo pisolino post-pranzo e post-libagioni festive, strappa ad André il bicchiere ancora colmo, e così si ritrova con in mano due generose razioni di Martini, e intanto scocca a Oscar uno sguardo da impunito. Dopo tutto, il Comandante gli ha ordinato di impedire che André ecceda con il bere, no? Non ha detto che anche Alain deve restare sobrio e astenersi dagli alcolici.
“Alain! E quello che hai in mano che cos’è?”.
Mi sento chiamata in causa e rispondo, meccanicamente: “Martini Rosso”.
“E sarebbe?”, chiede Oscar, interessata, ficcandomi addosso quello sguardo color fiordaliso che deve aver confuso centinaia di interlocutori.
“Un vino liquoroso, profumato ... una specie di vermouth”, spiego, sentendomi, ancora una volta, in pieno déjà-vu , mentre Oscar  prende il bicchiere che era stato di André dalla mano di Alain e ingolla una dose generosa di Martini.
“Ottimo!”, esclama, riconciliata con il mondo, e siede nella poltrona accanto ad André, quasi di fronte ad Alain, alla mia sinistra, mentre alla mia destra, seduto con me sul divano, Fersen continua a scartare cioccolatini come se non ci fosse un domani.
Faccio appello alle poche nozioni di galateo che ricordo e mi volgo, cortesemente, verso Oscar, e la voce mi trema (oddio che emozione, che emozione, che emozione! Questo è anche meglio della telefonata con Cinzia De Carolis che metteva in palio il “Corriere dei Piccoli” nel suo concorso a tema oscariano!)
“Ebbene, Colonnello Jarjayes, i vostri … amici … ” (Dio, che termine scemo! Ma non sapevo che parola usare per comprendere Alain, Fersen e André) mi stavano spiegando che siete stanchi di soffrire e … vi rifiutate di replicare ulteriormente le tragedie che vi hanno visti protagonisti per decenni  ..:”
“Stanchi?!”, interviene d’impeto Alain “Altro che “stanchi!” Ci siamo rotti i cogl...” esclama col suo vocione, bloccato all’istante da Oscar che gli lancia uno sguardo raggelante, senza dire nulla. Alain si interrompe, e mormorando uno “Scusatemi, Comandante. E scusatemi anche voi, Mademoiselle”, mogio mogio, senza aver più bevuto nemmeno un sorso dal suo bicchiere, si lascia cadere sulla seggiolina, che, ovviamente cede di schianto, facendolo rovinare a terra. Lui, e il bicchiere di cristallo pieno di Martini.
“Alain!”, gridano tre voci all’unisono, mentre Oscar, André e Fersen si precipitano verso quell’orso in divisa, che giace a terra fra pezzi di legno, lacerti di spalliera e di imbottitura, schegge di vetro e Martini che si spande in generose chiazze sul pavimento. Non ritengo opportuno accorrere ad aiutare Alain a rialzarsi, visto che si stanno già dando da fare in tre, e sono abbastanza incavolata per la sedia, mirabile opera del trisavolo, ebanista e intarsiatore di metà Ottocento.
“Sono davvero mortificato, Mademoiselle”, dice Alain, sedendosi a capo chino sulla più robusta savonarola accanto al divano. Fa quasi tenerezza: in fondo, non è colpa sua se ha stazza di un armadio a quattro ante e la delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli di Boemia.
“Ditemi quanto valeva la sedia distrutta dal mio sottoposto, ve ne prego, Mademoiselle”, dice Oscar, corretta come sempre, mettendo mano alla tasca interna della giacca dell’uniforme (ma non era lei quella che, almeno nel manga, non si portava mai denaro contante?)
“Oh, vi prego”, rispondo, facendole con la mano cenno di non disturbarsi, “Per prima cosa, quella sedia non è stata comprata, ma era opera di un trisavolo intarsiatore della prima metà del XIX secolo”-
“Beh, allora è recente”, interviene Fersen (che Oscar e io provvediamo a fulminare con lo sguardo). “E poi”, continuo, “non potrei davvero mai accettare denaro da voi” (anche se immagino che con tre o quattro monete d’oro francesi del XVIII secolo ne potrei comprare eccome di seggioline di antiquariato: ma la mia onestà prevale).
“E dunque, Colonnello”, riprendo, “i vostri … amici.-… mi dicevano che siete esasperati”  - calco il tono sulla parola “ESASPERATI”, guardando Alain come a chiedere: “Contento? Va bene, così? E, si noti, senza turpiloquio!”,  “esasperati dal destino di sofferenza e tragedia cui siete da sempre votati, e avete deciso di ribellarvi”.
“Certo”, annuice Oscar, asciutta come sempre: “Noi abbiamo deciso di ribellarci perché…
“Perché”, interviene Fersen, alzandosi e declamando, la mano sinistra a librarsi agile e garbata nell’aere come nemmeno Cicerone avrebbe saputo fare:  “La prudenza richiederebbe che i cast e i registi da lungo tempo stabiliti non siano cambiati per cause lievi e transitorie; e coerentemente ogni esperienza ha mostrato che l’umanità è più disposta a sopportare, quando i suoi mali sono sopportabili, che non a difendersi abolendo le forme alle quali sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e usurpazioni, che perseguono invariabilmente il medesimo obiettivo, manifesta il disegno di ridurlo sotto un assoluto Dispotismo, è diritto, è dovere del cast rovesciare una simile Regia e una simile Sceneggiatura e provvedere nuove Garanzie per la sua futura sicurezza!
Oscar fissa Fersen intensamente, gli occhi ridotti a due fessure gelidamente azzurre: secondo me è combattuta fra l’ammirazione, per la memoria e la vis interpretativa, invero notevoli, e l’interrogativo: “Ma io davvero ho passato sette anni sette della mia vita sospirando per questo tizio???!”.
André, invece, annuisce con garbo -  che signore! - , mentre Alain applaude proprio rumorosamente, eclamando entusiasta “Dannati aristocratici! – Scusate, Comandante – (e qui fa un cenno in direzione di Oscar toccando il cappello leggermente con due dita). Certo che come le sanno dire loro, le cose....!”
“Insomma, se ho ben capito, devo dedurre che vi rifiutate di soffrire ulteriormente”, dico, girando lo sguardo per la stanza, mentre cerco di fare “il precipitato della situazione”, come dice un mio amico.
I quattro annuiscono. “Esattamente, Mademoiselle!”, dice Fersen, mentre Alain si alza, lisciandosi i pantaloni sulle gambe da gigante, e André allunga la mano verso quella di Oscar, che vedo, finalmente, increspare appena le labbra, chiudendo gli occhi dalle lunghe ciglia (Accidenti, come è bella quando sorride!)
“Ebbene”, dice Alain, dopo essersi incantato per un attimo a osservare, con un sorriso complice, quel gesto di tenerezza silenziosa, “Io devo andare. Il mio programma prevede di esplorare metodicamente tutte le enoteche e cantine della Franciacorta, qui vicino, quindi, scusate, Mademoiselle, ma io inforco la porta”, e si avvia a grandi passi verso l’uscita del salotto, seguito da Fersen che, le tasche piene di fondant di zucchero alla frutta Perugina (che cosa credi, Hans? Ti vedo, sai! Ho all’attivo un allenamento multilustre a sgamare i ragazzini che copiano durante le verifiche!, figurati se non vedo te che arraffi le mie caramelle a trenta centimetri dal mio naso), lo segue, non senza essersi profuso in un inchino: “Anche io, Mademoiselle, devo andare: una nuova vita piena di gioie mi attende. E attende anche Maria, che Vi porge i suoi saluti più cari, ringraziandovi per tutti i meravigliosi disegni di cui è stata soggetto nella Vostra infanzia” (Ma come fa a sapere certe cose? Dannati aristocratici, davvero!).
E mentre Fersen si sofferma davanti a me, Alain ci ha già doppiati, dopo un breve cenno di saluto, e ha imboccato al porta canticchiando “Don’t worry, be happy!”: altro che Mylène!
Da ultimi, si alzano Oscar e André, che procedono verso la porta teneramente allacciati, il braccio destro di lei che attraversa la schiena di lui, la testa di lei sollevata verso il capo di lui, che la guarda e le stringe le spalle cingendola col braccio sinistro.
“Ebbene, credo che non ci vedremo più... non troppo presto, almeno”, cerco di dire.
“Ehm, no, non credo che ci rivedremo presto”, dice André, distogliendo per un attimo lo sguardo da Oscar, che ha piegato la testa nell’incavo fra collo e spalla di lui. E poi, in un sussurro furbo, che sfavilla di verde smeraldino, mi sibila: “Visto? E senza l’imbuvable!”
“Dicevi, André?”, mormora Oscar, senza muovere la spalla dall’incavo della spalla di André, evidentemente troppo presa dall’inebriarsi del profumo della sua pelle (chiamala scema!)

“Niente, Oscar, niente”, risponde André, con voce carezzevole e dolce. (Ah! L’amour!)
“Dunque, questo è un addio?”, chiedo, riscuotendomi dall’incanto.
“Io non sarei così drastica, Mademoiselle”, dice Oscar, aprendo gli occhi “Solo, lasciateci un poco di quiete. In fondo, we want to be happy!”, e con un sorriso esce, abbracciata al suo André, lasciandomi sola, impalata in mezzo al corridoio. E senza cioccolatini né fondant di alla frutta, né Martini Rosso.
Che posso fare?
Prendo il cellulare (accidenti! Nemmeno una foto al salotto con gli ospiti mi è venuto in mente di fare!) e messaggio Galla, che leggerà di lì a qualche ora, il mattino dopo, sulla diligenza: “Che dici se  da oggi cominciamo a rivederci Candy?”. Sperando di non ricevere visite dal procione, perché il divano di pelle con quegli artigli si taglia.
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Si ringrazia per la fan art Galla88, alias la mia Ifigenia, vittima delle mie commissioni e dei mie deliri.
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E così, eccoci qui, alla fine di questa storia che mi è stata ispirata – diamo a Cesare quel che è di Cesare - , da Cometarossa72, che, mesi fa, su un gruppo, in una discussione (chiedo scusa, ma non trovo più il post!) rifletteva su che cosa accadrebbe se, dopo decenni di sofferenze e di lacrime, i personaggi di RoV, uno per uno, stanchi dopo tante tragedie, decidessero di lasciare il cast. Ne ho parlato parecchio anche con Galla88, autrice della meravigliosa fan art, ormai sempre più calata nel ruolo dell’artista che tiene testa alle commissioni della scrittrice – folle, e con la quale, davvero, spesso ci rivediamo episodi in contemporanea, scoprendo molto spesso qualche dettaglio che prima ci era sfuggito.
Mi sono poi divertita a far declamare a Fersen -  che era già stato mio ospite in Sunt lacrimae rerum - naturalmente con le opportune modifiche, qualche riga della Dichiarazione d’Indipendenza americana: in fondo, qualcosina, dati i suoi trascorsi oltreoceano, deve essergli per forza entrato in testa!
Quanto al titolo, ringrazio Galla, che mi ha suggerito come sarebbe stato carino far intonare un’altra, significativa canzone, ad Alain, oltre a quella che ha sulle labbra a La Bonne Table.
Per quanto riguarda l’imbuvable, mi sono ispirata a La sera in cui André commise molti errori e Rosalie pianse, di Sacrogral. Sulla composizione della magica mistura acolica, però, non saprei che dire. Dovremo chiedere all’autore, se mai si ripaleserà.
 Infine, grazie a Darty, alla cui splendida long faccio riferimento nel finale, visto che, da appassionata quale sono di We want to live, in origine avevo pensato a intitolare questa OS proprio We want to be happy.
 I tempi, questi tempi, sono davvero poco lieti: habet mundus iste suas noctes, et non paucas, diceva un signore che ne capiva; e allora spero di avervi strappato un sorriso, e vi auguro, davvero, tanti momenti felici e di serenità.
Ora possiamo tornare, con calma, alla long ancora in corso... e visto, che, come dice il Liga, “li pago tutti io i miei debiti”, e che, per ora, ho concluso, scusatemi, me ne vado di corsa a fare scorta di cioccolatini al liquore, al caffé, di caramelle fondant e di Martini Rosso|!
Vostra affezionata, Dorabella.
 
   
 
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