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Autore: meggie681    15/03/2022    0 recensioni
Continua il viaggio, nella storia personale e pubblica, dei due protagonisti.
Gli eventi si susseguono, dopo le scelte fatte, sia da Brandon, che da Ronnie, in un quotidiano difficile da gestire e accettare.
Grazie per la visione e i commenti.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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ONESHOTBEDIFFERENT

 One shot - Be different



Las Vegas - Summer 2010


Pov Ronnie Vannucci jr


Brandon riattacca l'ennesima telefonata con Tana.

Ha un sorriso, stampato in faccia, che non mi dà scampo.

"Positivo, il test è positivo" - rivela, avvicinandosi di nuovo a me.

Stavamo rivedendo un arrangiamento, per il suo nuovo disco da solista, per il quale mi ha chiesto di suonare in un paio di brani.

"E sono tre ... Congratulazioni, arriverai a sei come tuo padre?" - chiedo acido, raccogliendo le mie cose.

"Dove stai andando, Ron? E poi che sono queste domande .. " - la sua voce è quasi scioccata, ma, per lo più, imbarazzata.

Lo punto, come una belva ferita.

Per l'ennesima volta.

E' come scesa la notte, nella mia testa; cammino lungo una strada buia e deserta, all'improvviso.

Un attimo prima, ci tenevamo per mano ed un secondo dopo, Brandon è sparito e con lui la luce della luna piena, così le stelle.

"Pure e semplici constatazioni, le mie, ma a te non interessano" - lo scanso, passandogli oltre, dopo avere indossato un giacchetto di pelle, suo dono ed inforcato gli occhiali scuri, regalo di Lisa.

Ah, tutti mi adorano ...

"Ronnie!"

"Ronnie cosa?!" - e torno indietro, minaccioso.

Brandon deglutisce a vuoto, ma non smette di fissarmi.

"Senti Ron, ho bisogno di sapere una cosa e"

"No!"

Me ne vado.



Tre giorni dopo, California


Il quartiere di Malibu, esercita sul sottoscritto, da sempre, un certo fascino.

Ho pensato più volte di trasferirmi qui, ma non avrò mai il coraggio di farlo.

L.A. è immensa, dai quartieri alti, alla normalità della valle.

Sorseggio un cocktail analcolico, anzi è il secondo, aspettando l'ora del mio appuntamento con Damon, un mago dell'informatica, che ha promesso di editare i video, del mio nuovo album.

C'è aria di tensione, nella band, così ci siamo presi tutti una pausa.

Ottima occasione per i nostri lavori in autonomia, del resto scrivere canzoni e proseguire gli studi, per la laurea in percussioni, sono da sempre, ciò che mi tiene a galla e in equilibrio.

A causa di Brandon, diversamente, sarei già impazzito da un pezzo.

In compenso resisto e non accetto le sue assillanti chiamate.

A parte una. Il giorno prima.

"Ronnie non riattaccare, cazzo!"

"Ciao ... Cosa vuoi?"

"Dove diavolo sei finito, posso saperlo!?"

E' arrabbiato marcio.

"A Los Angeles"

"Da solo?"

"Che vuole dire, da solo? Cosa ti frega, Bran?!"

"Mi frega di sapere cosa combina il mio uomo, dopo avermi piantato in asso, perché mia moglie è incinta!" - sbraita come un'aquila, la sua intonazione è magistrale, anche quando ci sbraniamo.

Prendo fiato; l'aria salmastra mi intossica, come questa relazione.

"Ne parliamo quanto torno"

"No, lo facciamo adesso, maledizione Ronnie!!"

Vorrei urlare anch'io, ma sono circondato da gente, che inizia a notarmi.

Un paio di adolescenti mi hanno riconosciuto e sono prossimi a chiedere un autografo; vedo che cercano carta e penna, nei loro zaini, ma io vorrei sparire.

"Devo andare Brandon" 

"Con chi ci sei andato? Ti prego ..." - le sue parole si inondano di lacrime.

Brandon non ha il senso della misura.

In nulla.

E' come stare sulle montagne russe.

Quando lo vivi.

Lo ami.

Lo detesti.

E ricominci ad amarlo.

Più di prima.

Sono calmo o, quanto meno, ci provo - "Con nessuno, ok? Ti cerco appena rientro. Ciao" - e lo taglio, sul suo "ti amo Ronnie", a cui, a volte, provo a non dare importanza.

Inutilmente.


I suoi messaggi successivi, li trovo persino patetici, ma poi piango, chiuso nella stanza dell'hotel, dove il mago dei pc è appena arrivato.

Lo raggiungo svelto e saliamo alla mia suite.

Damon è simpatico, loquace, divertente.

Lo osservo, è un bel tipo e mi fa un sacco di complimenti.

Prenoto il pranzo; è quasi l'una.

Nel frattempo, Brandon si è dato da fare.


"Ehi Lisa, ciao, tutto bene?"

"Bran ciao, tutto ok, hai visto i nostri acquisti? Con Tana, oggi, ci siamo divertite un sacco a prendere il corredo per Brandon jr"

"Sì, me l'ha detto ... Ecco, io, però, ti disturbo per avere notizie di Ronnie"

"Di Ronnie? ... Credevo sapessi che è a Los Angeles da lunedì"

"Sì, questo lo so, ma non riesco a parlarci ... Sì, insomma, abbiamo avuto una discussione, una stronzata, credimi, però volevo scusarmi, ecco"

"Mi dispiace, ma sai com'è fatto, lo conosci bene, deve sbollire, anche se non me ne ha parlato, sembrava tranquillo"

"E' una cosa di lavoro"

"Capisco, ecco perché l'ha tenuta per se, però, te lo ripeto, meglio stargli alla larga: vedrai che se ne sarà dimenticato, appena rimette piede qui"

"Lisa per favore, è un momento delicato per il gruppo: di questo te ne avrà parlato o no? ... Dove alloggia? Lo chiamo in albergo e se non si fa passare la telefonata non insisto"

"Ok, ok, un attimo ... Ti mando il numero via sms. Contento?"

"Non sai quanto. Grazie Lisa."


Verso un terzo aperitivo.

Il servizio al piano è in ritardo, ma, quando avevo perso le speranze, qualcuno bussa.

Damon esulta - "Alleluia! Sto morendo di fame" - ride, facendo un paio di saltelli, mentre si sistema la camicia modaiola nei jeans strappati: non ci avevo fatto caso, che, oltre a rimanere scalzo, si era messo comodo, mentre sciorinava numeri, statistiche, opzioni di ripresa, logorroico come pochi.

Apro come un sipario, sul suo volteggiare sopra la moquette, alta tre centimetri.

Brandon, oltre la soglia, rimane come cristallizzato: non si accorge neppure di me, a quanto pare.

E' già nel salotto, getta il trolley in un angolo, quindi affronta Damon, immaginando Dio sa cosa.

Anzi, io lo so alla perfezione.

"E tu chi diavolo sei?"

"Ciao ... Damon White ... Piacere, tu sei Flowers, Brandon Flowers, giusto? Il leader dei Killlers, wow! Piacere" 

"Sì, ora ricordo, tu hai lavorato anche con Bono"

"Esatto, una figata stratosferica!"

Parla come un bimbo minchia, vorrei ridere, ma non ci riesco proprio.

Brandon mi cerca con lo sguardo lucido - "Posso parlarti un attimo Ronnie? In privato"

"Certo ... Ah il carrello dei viveri, ci pensi tu, Damon?"

E lui, candido - "Sì, subito Ron, c'è da mangiare per un esercito, ti fermi con noi, vero Brandon? Cosa prendi" - "Prendo Ronnie e lo porto di là! Ok?!" - e mi afferra, buttandomi letteralmente in camera, chiudendo la porta a chiave.

"Me lo dici tu cosa cazzo vuole da te quello stronzo!?!"

E' una furia.

Neanche mi lascia spiegare, che già mi ha sferrato sberle e calci, come un puledro imbizzarrito.

Per me bloccarlo è semplice, così come lo sarebbe fargli male.

"Sei un bastardo Vannucci, un fottuto bastardo!!" - urla, senza preoccuparsi minimamente di cosa potrà pensare Damon.

In fondo, non importa a nessuno dei due.

"Smettila Brandon, accidenti a te!!"

"Te lo sei scopato, lo sanno tutti che è gay, lo sanno tutti!!!" - piange, strepita, prova di nuovo ad aggredirmi, ma si ritrova sul letto, ci rimbalza sopra, dopo una mia vigorosa spinta: è così leggero.

E tonico.

Il suo corpo mi fa uscire di senno.

Lo sovrasto, immobilizzandolo per i polsi, sopra la sua testa spettinata e piena di confusione.

"Adesso ti dai una calmata, Flowers, hai capito?!?" - sono altrettanto incazzato, non solo per la mancanza di fiducia.

Lo avevo tradito una volta sola, con quel tecnico del suono, cinque anni prima, quando mi aveva annunciato le sue nozze e i progetti genitoriali, che avrebbe realizzato insieme a Tana.

Io non centravo niente, con quel suo tanto agognato percorso.

Mi aveva tagliato fuori, senza prendere in considerazione una ben che minima alternativa.

A me era mancata la forza di dirgli basta o di porgli degli ostacoli: del resto, li avevo evitati a mia volta, sposando Lisa, ben prima di lui.

Passare in mezzo alle cose, era un rischio, che, vigliaccamente, non ero riuscito ad affrontare, io, per primo.

"Cristo Brandon calmati!"

"E non bestemmiare!!"

Mi alzo di scatto, lui prova a fare altrettanto, ma lo atterro di nuovo, crollando poi su di una poltrona, esausto, per le sue crisi, la sua gelosia, il suo male di vivere, che non trova soluzione apparente.

"Damon è qui per il mio disco, ok?" - spiego, provando a tornare di là, per constatare che l'amico White è sparito.

Brandon mi si incolla, tremante e sconvolto - "Non volevo fare casino, se solo mi avessi detto cosa ci venivi a fare qui, se poi mi avessi dato modo di spiegare"

"Spiegare cosa, Bran?!?" - sono io ad aggredirlo verbalmente, ora.

Mi strofino il volto, mi tiro persino i capelli, lisciandoli all'indietro, sino alla cervicale, che mi duole dal mattino presto.

"Ronnie stammi a sentire"

"No ..." - ora parlo piano, come se neppure io volessi ascoltarmi - "No, Brandon ... Dammi il tempo di metabolizzare, del resto è già capitato due volte ... E io sono stanco, di troppe cose"

Raramente mi commuovo, ma il nodo alla gola, mi sta soffocando.

Brandon Flowers riesce a distruggere la mia autostima, il raziocinio, con cui accetto gli eventi, da quando sono al mondo.

Un mondo, che, senza di lui, non avrebbe senso, ma che, con lui, attualmente, mi logora e mi svilisce.

"Cosa dovrei fare, Ron? Chiedere a Tana di abortire, per farti contento?"

Forse è una provocazione, cattiva per giunta, forse una semplice idiozia, ma lo schiaffo, che gli mollo su quel viso bellissimo, sembra come deflagrare, tra le nostre figure, tese e speculari.

Il mio cuore è spezzato, deluso.

E, specchiandomi negli occhi di Brandon, capisco che siamo il riflesso l'uno dell'altro, quando riusciamo a ferirci, come nessuno.


Las Vegas, at home again ...

Lisa mi ronza intorno, come uno di quegli aerei radar, mandati a sondare un uragano, sopra l'oceano.

"Mangiamo qualcosa, Ronnie?" - chiede, finalmente.

Sto correggendo bozze, prendo appunti, scrivo, cancello e riscrivo.

"Sono le tue memorie, amore?" - sorride, affiancandomi sul divano.

"No, è una canzone ..." - sbuffo - "... Comunque non ho molta fame"

"Ti senti poco bene?"

"No, Lisa" - mi stiracchio - "... Ho qualche pensiero, ma è tutto a posto"

"Pensiero su cosa o su chi?" - indaga, con tono affettuoso.

"Ma, sul futuro, su ... Su nuovi ingaggi" - improvviso.

"Molli i Killers?" - è stupita.

"No, ma non si sa mai: mi sto guardando in giro"

"Mica finiremo a Los Angeles?"

"E perché no? Magari anche tu avresti nuove prospettive, qui sei sprecata, ecco"

"Sarà, ma lavoro in un bel team, sono a mio agio Ronnie, però forse tu non lo sei più tanto, con Brandon, vero?"

Il mio stomaco si alleggerisce e poi contorce, al solo sentirlo nominare.

"Perché scusa?"

"Avete litigato, me l'ha detto lui, ti cercava, sembrava un po' matto" - ride, alzandosi, per versarci da bere.

"Tutto chiarito, ma sì, in effetti, ci siamo presi una pausa, siamo troppo nervosi, per la band"

"Sicuro?"

E' come un felino, astuto, ma Lisa non ama i giochetti, questo l'ho imparato, semmai non vede l'ora di rivelarmi una sua elucubrazione.

"Certo, ma che c'è per cena?" - provo a svicolare.

Stupidamente.

"Ronnie, io mi sono fatta una certa idea su Brandon, ok?"

"Sentiamola ..."

Ritorna ad accomodarsi.

"Sarà pure sposato e con figli, ma sai, ho sempre pensato fosse gay"

"Gay? Brandon?"

"E per giunta è cotto di te." - sospira "Non l'hai mai preso in considerazione, questo fatto?"

Provo a guadagnare l'uscita del living, ridendo isterico - "Oh cavoli, questa gliela dovrei raccontare, si farebbe anche lui due risate, Lisa"

Lei mi segue - "Guarda che non sono gelosa, se gli piaci, mica posso impedirlo, però"

Mi giro di scatto - "Però?"

Lei prende un lungo respiro - "Vedi Ronnie, certe persone, sono come dei parassiti: si attaccano a noi, facendoci credere di amarci e persino di rispettarci, ma poi, sulla distanza, rivelano i loro limiti ... E tu mi sembri condizionato, da lui, dai suoi malumori, dai suoi capricci, dalle sue ossessioni e se ho ragione, come credi che viva, Brandon? Quali angosce possono attanagliarlo, se è entrato in un abito troppo stretto, solo per accontentare la sua bella comunità di mormoni?"

Sono spiazzato e vorrei raccontarle certi episodi, non recenti, ma neppure così distanti, da poterli archiviare o sotterrare, in un giardino, che rimarrà incolto e senza fiori.

"Brandon ha avuto i suoi inferni, ma io ho cercato di aiutarlo e lui mi è stato riconoscente ... Ci vogliamo bene, questo non muterà mai, nemmeno se ..."

"Nemmeno se?" - mi sorride.

"No, niente." - e mi dileguo, per una doccia.

Sono sudato e saturo.

Di preoccupazioni e angoscia, all'apparenza irreversibili.


Brandon mi scrive ogni giorno, da più di una settimana.

Tana è capitata da noi, per uscire con mia moglie, ma io ho evitato di incontrarla.

Una volta tornate, Lisa mi ha confermato lo stato d'animo del mio "amico del cuore", lo definisce così, provando a ironizzare, ma senza malsani pregiudizi.

"Magari organizziamo una cena, a quattro, anche fuori" - propone timida.

"Tranquilla, domani torno in studio, a registrare quei due singoli di Brandon: se mi prendo un impegno, lo onoro, a qualsiasi costo"

"Perfetto" - approva lei, più serena.

Già, perfetto.



Entro, piuttosto trafelato, in quell'ambiente saturo di bei ricordi e promesse, non sempre mantenute.

Sembra deserto, se non fosse per la presenza silenziosa di Brandon, al pianoforte: appena mi vede ha come un guizzo.

E' radioso, nel suo sorriso di benvenuto.

"Ronnie!" - mi corre incontro, gettandomi le braccia al collo, senza alcuna corresponsione altrettanto coinvolta, da parte mia.

"Dove hai messo gli spartiti?" - chiedo sgarbato, scrollandomelo di dosso, senza togliere i miei Ray-Ban.

Ho alzato tutte le difese possibili e oltre modo insufficienti, a impedirmi di avere le pulsazioni a mille, al solo sentore del suo profumo.

Brandon ha un nuovo look: si è fatto crescere la barba, ha accorciato i capelli, sta benissimo, così come nel suo giubbino di denim blu scuro, un vero incanto.

Devo controllarmi, per non portarlo da qualche parte, azzerando il cuore e i pensieri, se non quelli concentrati a farlo venire, senza sosta, per ore, come è mia abitudine.

Lo nostra intesa sessuale è, a dire poco, magnifica.

"Eccoli ..." - e mi porge dei fogli, pieni di note, ma anche scarabocchi e faccine, su quasi ogni pentagramma.

"Ma cos'hai Bran, quattro anni? Come li hai ridotti?" - sbotto severo.

Mi fissa, non risponde, poi torna alle tastiere e recupera altro materiale, presumo io; invece sono delle foto.

Polaroid.

"Vo volevo mostrarti queste" - Brandon balbetta, quando è agitato e ora lo è parecchio.

Nelle istantanee ci sono io, con i suoi bimbi: in una provo ad insegnare ad Ammon qualche nota, nelle altre gioco sulla spiaggia con Gunnar.

Nell'ultima, noi quattro, lui, io e i suoi eredi.

Siamo felici.

Le aveva scattate Lisa, se non rammento male.

"Questo come lo chiamerai?" - domando, togliendomi gli occhiali.

Lui esita, poi inspira, buttando poi fuori l'aria, che sa di menta - "Henry ... Henry Brandon, forse, insomma Junior, per Tana e anche Lisa, già lo chiamano così"

"Beate loro" - e provo a raggiungere la mia postazione - "Dove cazzo sono finiti gli altri, non dovevamo trovarci per le nove?" - chiedo scocciato.

Brandon mi blocca, alle spalle, stringendosi a me, incrociando le braccia ad X, intorno al mio busto smagrito.

Ho perso cinque o sei chili, in questi giorni lontano da lui; anche mangiare mi dà noia.

Mi libero, uscendo sulla terrazza; c'è vento, un bel sole, dovremmo stare bene, invece siamo pronti a massacrarci, lo percepisco come qualcosa di non rimandabile.

Artiglio la balaustra, provo a ossigenarmi.

Lui ripete il gesto di prima, come se fosse un naufrago ed io l'unica tavola, scheggiata di dolore e delusione, con cui spera di salvarsi.

"Ron ... Ronnie, non ... Non lasciarmi"

Quante volte l'avrà ripetuto, in dieci anni, circa?

"Ho rispetto per Tana, per i sacrifici, che ha affrontato, da quando ti conosce, sai?" - esordisco, con tono fermo - "Ti ha sempre creduto e ha fatto ciò, di cui tu avevi bisogno: per lei non saprei, ma l'amore ci fa cadere in errori, spesso madornali" - mi giro, brandendo i suoi polsi.

"Ronnie"

"Cosa volevi sapere, l'altra volta? Del perché non ho figli?"

"Ron io"

"Già, chissà in quanti se lo chiedono: Ronnie Vannucci, venduto in certi articoli della stampa, come un gran seduttore, di donne ovvio" - rido molesto - "Cazzate! Vero, Brandon?" - ruggisco.

"Ronnie, ma di cosa stai parlando ..."

"Di me! Di come siamo diversi, tu ed io! E di come sono diverso, da tanti altri uomini, incapace di amare le donne e di volere dei figli! La mia vita è già fatta di abbastanza menzogne e ipocrisia: diventare padre sarebbe la peggiore! Sei contento, ora, che lo sai?!"

Si ammutolisce, poi mi abbraccia, di slancio, con così tanto amore e rammarico, nella voce, nel suo stesso respirare, da commuovermi ulteriormente.

"Tu sei una persona straordinaria, rispetto le tue scelte e vorrei tu facessi lo stesso con le mie, cercando di capirmi e non giudicarmi, senza pietà, Ronnie!" - afferma deciso, avvolgendomi gli zigomi roventi, con le sue dita affusolate e lisce.

Prendo di nuovo le distanze, ma non sto fuggendo.

Gli do ancora le spalle, sorrido, sentendo due lacrime volare via, tra l'aria e la sabbia del Nevada.

Presto le seguirò.

"Per quanto possa valere, un figlio l'ho desiderato, ma non con Lisa. Un figlio, anzi, una bambina, io la volevo insieme a te, Brandon. Perché io amo te. Te e nessun altro."

"Ronnie" - prova ad avvicinarsi.

"No, non toccarmi Bran ... Non farlo mai più ... E' finita. E' davvero finita."

Mi allontano, vedendo riflessa nelle vetrate, la sua immagine cadere in ginocchio, lo sguardo vitreo.

L'ultimo pianto, precipitato, forse, in fondo alla sua bellissima anima.



Mi sono preso una vacanza, con Lisa, alle Barbados.

Mi annoio a morte, però non potevo rimanere in città, con il timore, lo ammetto, di qualche rappresaglia o scenata, da parte di Brandon.

Invece sembra sparito; non mi cerca, ma so che sta bene dai messaggi scambiati tra le rispettive consorti, sempre in contatto.

Lisa non indaga più di tanto, anche perché ho esaurito la conversazione, con un laconico - "Siamo tutti in pausa, ci voleva, dobbiamo capire cosa fare del progetto Killers, meglio rifletterci" - "Sì, certo Ronnie, ma con Brandon, altri problemi?"

"No, tutto risolto."

Bugie, sempre odiose bugie.

Arriva una e-mail del nostro agente: si tratta di un'ospitata in uno show, dall'audience piuttosto importante, in quel di Londra, ma con un seguito a livello internazionale e, soprattutto, americano, degno di nota.

"Cavoli, bella occasione Ronnie"

"Sì Lisa ... Preferirei farne a meno, visto il periodo"

"Qui c'è scritto che gli altri sono d'accordo e poi quel Ross ci sa fare" - puntualizza lei, scorrendo veloce il comunicato sullo schermo del mio portatile.

"Ok, ci andrò, contenta?"

Lisa mi scruta - "L'essenziale è che tu sia contento, Ron"

Mi dà un bacio e se ne torna in spiaggia.

Contento io? Vorrei esserlo, almeno una dannata volta e non per finta.



London, in September 2010


Stavolta sono già arrivati tutti.

Ho preso il volo successivo, rispetto a Dave, Mark e Brandon, onde evitare di trascorrere con lui tante ore, durante la traversata atlantica, ma appena lo intravedo nei camerini, qualcosa mi avvampa dentro, facendomi provare persino nausea, per la tensione.

Brandon si è rasato, come del resto io, che, però, ho mantenuto i baffi.

Lui ha tagliato anche quelli, sembra un ragazzino, dalle movenze nevrotiche, specialmente quando ci confinano in uno studio, adiacente quello della diretta, sopra ad un divano, dove cazzeggio, senza rivolgere la parola praticamente a nessuno.

Ho bevuto abbastanza per provare distacco, ma resto lucido, anche se i colleghi iniziano a guardarmi un po' storto.

Brandon viene chiamato da Ross, unicamente lui sarà intervistato direttamente.

Un pubblico, quasi del tutto femminile è in delirio.

Noi interagiamo al minimo, ma a me va bene così, figurarsi a Dave e Mark, che ci sono venuti quasi per forza e per rispettare certe clausole contrattuali, per me fonte di divertimento, sino a poche settimane prima, come interviste e partecipazioni in radio e tv.


I quesiti sono sempre gli stessi, poi Ross va sul privato e parla di paternità, Brandon annuisce, schivo, confermando a bassa voce di avere in arrivo il terzo figlio.

Ross non insiste, cogliendo il disagio del mio ragazzo ...

Perché lui è questo e rimane tutto ciò che voglio: io non ho cambiato idea e sarebbe assurdo illudermi sul contrario.

Piovono applausi e gridolini di approvazione.

Che marito e papà perfetto

Mi sento mediocre, nel dileggiarlo mentalmente: sono rigido, ma giocherello con le bacchette, mi aiuta sempre.

O quasi.

L'esibizione fila liscia ed io filo via veloce, appena le luci del palcoscenico si spengono.

Sbaglio corridoio, poi trovo quello principale, vedendo, nel mezzo di una confusione non indifferente, Dave e Brandon intenti a parlare, occhi negli occhi.

Dave ha fondato i Killers, con Bran, che aveva risposto ad un suo annuncio.

Molta gavetta, poi il successo, tutto troppo in fretta.

Come innamorarsi, per noi due.

Quasi li dribblo, non senza capire che Dave lo sta consolando; ha sempre avuto maniere dolci e fraterne, nei riguardi di Brandon.

Vorrei sapere cosa gli ha raccontato, ma non ho voglia di discutere; purtroppo Dave mi intercetta agli ascensori e scendiamo insieme.

"Dove alloggi, Ronnie?"

"Al Savoy, tu no?"

"Ripartiamo subito, con Mark"

"E Brandon?"

"Non ne ho idea e neppure lui, a quanto pare ... Posso sapere cosa è successo tra di voi? Lui non me l'ha voluto spiegare, ma l'ho trovato peggiorato"

"In che senso peggiorato?" - siamo nel parcheggio dei taxi.

Dave mi osserva, prima di salire in auto con Mark, già a bordo.

"Durante il volo ha mangiato poco, poi è sparito nella toilette, quindi è tornato a sedersi, pallido e sudato ... Con il suo spazzolino preferito"

"Smettila cazzo!! Bran non le fa più certe cose, siamo anche andati in analisi, noi due almeno, perché tu e Mark ve ne siete fregati anche in quel caso, di risolvere i problemi di tutti quanti!" - tuono iroso.

"Brandon ha iniziato nel peggiore dei modi l'anno, con la morte della madre, poi ha ritrovato il sorriso, a luglio, grazie a Tana e alla sua gravidanza, ma torniamo dalle vacanze e me lo ritrovo così: possibile tu non sappia niente, visto che gli stai incollato sempre come un francobollo?!" - polemizza, irritante.

"Quindi la colpa sarebbe mia, secondo te?!"

Dall'ombra spunta Brandon, con due assistenti di Ross, intenti a porgergli omaggi e fiori, da parte dei numerosi fan, accorsi al programma.

Io sparisco.

Letteralmente.


E' il temporale a svegliarmi, nel mezzo della notte.

La suite è elegante, a me piace il lusso, in certi casi, tanto è la produzione di Ross a pagare tutto e lui, in fondo, mi sta sul cazzo, per come guardava Brandon.

Sento un rumore, una sorta di tonfo, poi un lieve bussare.

Mi fiondo alla porta, con uno strano presentimento, a divorarmi il cervello da ore.

La spalanco.

Brandon è lì, sul pianerottolo: ciondola, un sorriso ebete, a deformargli l'espressione, più che sofferente, mentre, in pieno affanno, prova a dirmi qualcosa di incomprensibile.

Infine crolla, tra le mie braccia, che lo sostengono, quanto le mie urla, affinché non si addormenti.

Gli cadono una bottiglietta di vodka, ormai vuota ed un tubetto di farmaci, che mi sembrano tranquillanti, poi le sue mani si aggrappano a me, che lo trascino in bagno e gli infilo due dita in gola.

"Cos'hai fatto Brandon, cosa cazzo hai preso!?!"

Sono disperato. Almeno quanto lui.

Riesce a liberarsi di tutto, mentre lo conforto, togliendogli il giubbotto con quelle piume assurde e la camicia, imbrattati del suo sfogo.

"Vieni, andiamo di là ... C'è del caffè, lo scaldo e te lo bevi tutto, ok? Al diavolo le tue regole da mormone" - gli sussurro, immaginando l'emicrania, che lo sta uccidendo.

Brandon resta zitto, ma non smette di guardarmi e, appena gli torno vicino, dopo averlo sistemato su di una poltrona, si stringe a me, sciogliendosi in un pianto composto, dignitoso.

"Non sapevo dove andare ... Volevo solo"

"Non dirlo nemmeno per scherzo, accidenti!" - mi altero, pensando alle conseguenze di quel gesto, se non fosse venuto a cercarmi, se avesse perso i sensi, in qualche angolo buio, soffocando durante una crisi di vomito.

"Ronnie, quante cose devo farmi perdonare ...? Scusami"

Lo avvolgo, prendendolo poi in braccio.

"Andiamo a dormire ... Tu devi solo stare bene, ok?" - gli mormoro con tenerezza.

"Ron"

"Io ti amo Brandon ... Non ho mai smesso"

Lo spoglio, lasciandolo in boxer e maglietta, come me.

Lui me li toglie, baciandomi nel collo, scendendo sino al mio inguine e poi resta nudo, mentre risale - "Mi sei mancato così tanto Ronnie"

Forse siamo satelliti, di una luna, sulla quale non riusciamo ancora a scendere.

Forse siamo pianeti, spesso sul punto di collidere, ma che riescono unicamente a sfiorarsi, in un moto perpetuo, faticoso, estenuante.

Eppure nei suoi occhi, adesso, io vedo un tappeto di stelle, su cui posarmi e recuperare le forze e la fiducia, nel nostro legame.

"Ron ... Ronnie lì"

"Lo so amore ..." - ansimo, inclinando il suo corpo, incastrato nel mio, di quel poco che basta a entrambi, per godere a pieno, di un orgasmo, che si rinnoverà più e più volte, sino all'alba.

Prima di addormentarsi, avvinghiato al mio corpo, nonostante sia esausto, Brandon riesce ad emozionarmi ancora - "Se solo fosse possibile, vorrei avere anch'io la nostra bambina, Ronnie ... La desidero, almeno quanto te, sai?" - e si assopisce.

Sereno.



Lisa è passata a prenderci all'aeroporto.

Sediamo dietro, canzonandola sul fatto, che ci farà da autista sino a casa di Brandon.

Le raccontiamo dell'Inghilterra, di Ross, della pioggia e del clima britannico, compiacendola con dei regali, da parte di entrambi, presi al duty free di Heathrow.

"Arrivati ..." - Brandon lo dice in un soffio.

"Ti accompagno, prendo i bagagli" - e mi affretto a scendere.

Lisa arriccia il naso, seguendo le nostre mosse: Bran ha solo un trolley.

Ci fermiamo a metà del vialetto di entrata: Brandon mi precede, si volta e mi abbraccia.

Lo avvolgo, accarezzandogli la schiena, poi i capelli, la mia bocca affondata nel suo collo - "Stai meglio, vero?" - anche la mia voce è flebile, ma satura di affezione e rispetto.

"Sì" - e annuisce, tornando a guardarmi.

"Muoio dalla voglia di baciarti, piccolo"

Brandon mi accontenta, ma solo sulla guancia destra.

"Ti amo Ronnie ... Non ho mai smesso" - mi sorride, in un rinnovato splendore - "Come vedi, non siamo così diversi, amore."



The End




















































   
 
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