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Autore: Nadine_Rose    15/03/2022    1 recensioni
Sarah ed Hermann sono rispettivamente due tra le tante vittime e i tanti carnefici nell’ora più buia della storia dell’umanità. Il campo di Fossoli, anticamera dell’inferno nazista, sarà la loro comune e perenne prigione d’amore malato.
Matteo, un giovane pescatore, sarà colui che proverà a sciogliere il cuore di Sarah dalle catene del tenente Hermann, nello speranzoso e disperato scenario del dopoguerra napoletano.
[Capitolo 65: Un amore a Fossoli]
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Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
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Nella GIF, tratta dal film “La conseguenza”, come immagino Sarah ed Hermann nel 1947.

 

Capitolo 56

 

Arrendersi

 

Prima parte

 

- Come petalo di margherita caduto in terra -

 

“Mi piaci quando taci perché sei come assente.

Distante e dolorosa come se fossi morta.

Allora una parola, un sorriso bastano.

E son felice, felice che non sia così.”

Pablo Neruda, Mi piaci quando taci

 

Danza di sguardi rugiadosi sullo sfondo della luce soffusa propagata dal lume sul comodino, Sarah abbassò gli occhi sul mazzo di fiori che Matteo teneva penzoloni in una mano e anch’egli vi rivolse lo sguardo. Se n’era quasi dimenticato e comprese quanto fosse stata fuori luogo l’idea di ripresentarsi a lei con dei fiori. I loro occhi s’incontrarono ancora, prima che lo sguardo deluso e insofferente di Sarah ritornasse sul pavimento. Altrettanto amareggiato verso di sé, Matteo guardò di nuovo il mazzo di fiori e lo scosse leggermente, come a voler sottolineare a se stesso l’errore.

Le bianche margherite persero così alcuni dei loro bei petali bordati di rosa che si riversarono ai piedi di Matteo, unendosi alle ceneri del suo matrimonio infelice per la cui salvezza non sarebbe bastato chiederle scusa né giustificarsi attribuendo la colpa a un terzo. Di questi, tuttavia, avrebbe potuto parlarle indicandolo come uno dei motivi della propria infelicità e si sentì pronto a tale confessione.

Sentimenti contrastanti albergavano e si scontravano nell’animo di Sarah e, giacché non aveva provato alcun sollievo nel rivederlo, capì quanto la speranza ch’egli non tornasse fosse più forte rispetto alla paura di averlo perso, sicché l’apatia e la rassegnazione presero a dominare su quella combattiva volontà di parlargli, di chiedergli il perché scaturita dal ricordo di Lucia.

Il mazzo di fiori coi petali strapazzati dal malcontento di Matteo finì su una seggiola accanto alla porta e, intanto, in lui veniva meno il coraggio infusogli dal signor Gennaro del cui discorso prese a ricordare, in un crescendo di tormento, soltanto le parole che lo avevano ferito sminuendo il suo valore.

Si avvicinò a Sarah lentamente, a testa china, piegato sotto il peso della disistima verso di sé, dell’afflizione di sentirsi immeritevole di lei, della paura di perderla e ne fu sopraffatto.

Non provò stupore né compatimento e neppure compiacenza Sarah al tonfo delle ginocchia di Matteo che batterono sul pavimento innanzi a lei. Soltanto sentiva nel cuore l’eco del vuoto, spento anche l’ultimo palpito d’amore.

Matteo si era inginocchiato malamente in terra, quasi a volersi punire e un singhiozzo strozzato, soffocato, premendo la guancia ispida sul ginocchio nudo di Sarah, ne aveva preannunciato il pianto.

Al primo suono rauco, più somigliante a un colpo di tosse, Sarah restò turbata e, da esso derivanti, le lacrime convulse le sottrassero ragione e intenzioni. Il suo cuore trasalì e confuse per battito di rinnovato amore quel ch’era mero sussulto di compassione la quale si radicava nel sentimento di bene.

Matteo versò allora tutte le lacrime trattenute per pudore ed orgoglio in presenza del signor Gennaro e, nel pianto che andava quietandosi, biascicò: “Mi dispiace.”

Ma, forse, lo era più per se stesso. E questo Sarah dovette accorgersene, poiché fermò la mano a mezz’aria sul suo capo in un gesto esitante.

Pensò a quanto, come Lucia, fosse stata manchevole di coraggio, mentre la domanda – quel «perché» che, se pronunciato, avrebbe potuto spingere Matteo ad aprirsi – rimaneva incastrata tra il cuore e la gola. Di lei, però, non avrebbe imitato l’ardire di andar via e si arrese all’infelicità.

Per un istante, chiuse gli occhi per sottrarsi alla realtà a cui s’era già da tempo rassegnata e sospirò debolmente, prima di infrangere la promessa del silenzio che gli aveva fatto la sera precedente.

“Anche a me”, rispose in un sussurro e affondò le dita nello scompiglio dei suoi capelli ricci, carezzandogli la testa.

Un alito di vento si levò, l’ultima sferzata di fresco, prima dello stabilizzarsi della bella stagione, che intirizzì, da sotto la vestaglia di seta bianca, la pelle nuda delle gambe di Sarah e drizzò i folti peli delle braccia di Matteo, scoperte dalle maniche della camicia arrotolate fin sopra ai gomiti.

Danzarono le tende in organza alle finestre di casa e vorticarono, sparendo verso il corridoio, i petali caduti in terra. La brezza di mare batté alla porta d’ingresso e, accompagnati dallo sciabordio delle onde che s’infrangevano con maggior forza contro la banchina, i sospiri del vento fecero da preludio agli ansiti d’amore.

Perché quella stessa notte Sarah venne meno ad un’altra promessa – quella fatta a se stessa – e cedette alle carezze di Matteo, mentr’egli usava il proprio corpo come strumento per chiederle perdono.

A nulla valsero il ricordo di Lucia, la paternale del signor Gennaro e l’amor carnale fu il fallimentare epilogo di un discorso fra i due mai cominciato.

Per la prima volta, Sarah raggiunse con Matteo l’ebrezza dei sensi, accogliendo come disperata passione quello smanioso fremito suscitato dalla paura di perderla, per poi sentirsi ancor più sola, vuota e violata.

Infastidita, quasi umiliata dallo sguaiato sospiro di appagamento di Matteo, Sarah si volse dall’altra parte del letto e una lacrima le scivolò sulla guancia livida, mentre guardava il mazzo di fiori appoggiato sulla seggiola perdere un altro petalo il quale volteggiò nell’aria, prima di cadere anch’esso in terra.

 

“Cercando solo te, io vivo, poi tu mi fai morire

per un nuovo amore, per i silenzi che mi hai dato e che ti porti via.

Ed ora che mi chiami «amore mio» potrei anche perdonarti,

ma nella mente mia non sento niente.”

 

Gli alunni del sole, I tuoi silenzi

   
 
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