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Autore: Missmilkie    16/03/2022    3 recensioni
Ok non ci stava ufficialmente capendo più niente. Peraltro lui disprezzava il baseball, era Akane quella brava in quello sport. Aveva trovato un’altra cosa in cui lei era migliore di lui nel giro di pochi minuti. Quanto adorava guardarla di nascosto durante l’ora di educazione fisica quando gli altri non lo vedevano. Ricordava ancora la prima pallina che lei gli aveva piantato in faccia. Che figuraccia che aveva fatto, i suoi super riflessi di artista marziale messi al tappeto da un bel visino in calzoncini corti.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5 – Preferisco i cani ai gatti

 
Il porcellino si voltò incrociando lo sguardo con quello di Ranma.

Fantastico ci mancava solo lui, ora chi lo sentiva più. Era già pronto alle prese in giro sul suo miserabile senso dell’orientamento. Anche perché solo il giorno prima lo aveva salutato dicendo che sarebbe partito per Hokkaido.

“Oh P-chan sei proprio tu, vieni qui piccolino! Sai ti aspettavo ieri sera, chissà dove hai dormito! Ma guardati sei tutto bagnato” Akane lo prese in braccio portandoselo al petto come suo solito.

Ryoga, inorridito e impotente, dovette cedere all’abbraccio dell'amico. Come osava Ranma prenderlo in giro a quel modo facendo il verso ad Akane? E poi che schifo starsene spiaccicato contro quei pettorali.

Agitando le zampine riuscì, con un enorme sforzo, a liberarsi dalla morsa di ferro.

Akane lo osservò sparire dietro a un cespuglio mentre si chiedeva che cosa fosse preso al suo adorato animaletto. Ma sì certo, doveva averla scambiata per Ranma. Poverino, ovvio che fosse andato a nascondersi. Avrà sicuramente temuto per la sua incolumità, considerati gli scherzi di cattivo gusto che gli giocava puntualmente quell’antipatico.

“P-chan vieni fuori ti prego, non voglio farti del male!” gridò per strada.

Un attimo dopo Ryoga sbucò dallo stesso cespuglio. Sembrava furioso e si stava dirigendo in direzione di Akane con fare minaccioso.

“Maledetto, ti prendi gioco di me comportandoti come farebbe la dolce Akane! Te ne farò pentire!” e con queste parole si scagliò contro di lei.

Akane trasalì. Da dove era uscito Ryoga? E perché le stava andando incontro a tutta velocità pronto a centrarla con uno dei suoi colpi micidiali?

Doveva fare qualcosa per difendersi prima che fosse troppo tardi. Senza contare il fatto che Ranma non avrebbe sicuramente apprezzato, se lei lo avesse fatto perdere contro Ryoga.

SBAM!

Il polverone, che si stava lentamente dissipando, rivelò un ragazzo con la bandana steso a terra. Ancora in piedi, c’era un ragazzo col codino con un braccio teso che terminava in un pugno e l’altro a coprirsi la faccia.

Akane aprì un occhio chiedendosi come potesse essere ancora viva.

“Oddio Ryoga, stai bene? Non ti ho fatto troppo male vero?” chiese preoccupata soccorrendo l’amico.

Le dispiaceva per Ryoga ma - caspita - adorava quel corpo sempre di più. Non era una sorpresa il fatto che Ranma fosse molto forte, ma mai avrebbe immaginato una potenza simile. E non era solo una questione di mera forza fisica, tutto era amplificato dalla velocità ai riflessi per non parlare della tecnica impeccabile. Riusciva a percepire perfettamente tutti quegli anni di duro addestramento a cui il padre lo aveva sottoposto.

“Adesso mi deridi pure? Non ti permettere sai…” Ryoga arrancò per rimettersi in piedi ma non ce la fece e, controvoglia, dovette appoggiarsi all’amico.

 
Parco di Nerima.

Akane sedeva su una panchina, dopo aver aiutato Ryoga a trascinarsi nel breve tragitto. Ancora non capiva da dove fosse sbucato o meglio, da dove lo sapeva, perché si trattava proprio del cespuglio dove si era nascosto P-chan un attimo prima di sparire nel nulla. Non capiva dove potesse essere finito il suo porcellino ma, una cosa era certa, Ryoga non poteva non averlo visto.

Adesso quello era andato a prendere qualcosa di fresco da bere per entrambi. Per quanto non sopportasse Ranma il suo codice d’onore gli imponeva di sdebitarsi con chi lo aveva aiutato, anche se quello era il suo miglior nemico.

Il suono di un nuovo messaggio ricevuto distrasse Akane dai suoi pensieri.

Sbloccò il telefono e aprì la notifica. Le amiche l’avevano appena taggata in una foto davanti al loro negozio preferito con le mani piene di buste. Ranma evidentemente stava guardando da un’altra parte, che buffa faccia che aveva. Però era stato di parola. Non poté fare a meno di sorridere immaginandolo a fare shopping con quelle due.

Non fece in tempo a riporre il telefono che questo squillò nuovamente avvisandola di un messaggio da parte di Yuka.

La foto allegata ritraeva l’amica in un locale che si era evidentemente avvantaggiato con l’happy hour in compagnia della sola Sayuri. La didascalia recitava: “Un brindisi alla nostra seconda base! Akane sei tutte noi!” con una sfilza di emoji ambigue a seguire.

Akane sbatté più volte le ciglia perplessa. A cosa si riferivano? O meglio, conosceva quelle due e sapeva benissimo che cosa intendessero con quel linguaggio, ma perché uscirsene con una frase del genere adesso? Possibile che c’entrasse qualche cosa detta da Ranma? Lo avrebbe letteralmente ucciso se solo avesse osato inventarsi cavolate su di loro, soprattutto in quel frangente! E lo avrebbe fatto molto presto visto che lui non era più insieme alle sue amiche, questo significava che a momenti l’avrebbe raggiunta al parco.

“Ah Ryoga eccoti… io mi stavo chiedendo se tu per caso prima non avessi visto P…” ne approfittò subito Akane.

“Sta’ zitto dobbiamo finire il discorso dell’altra sera” Ryoga si sedette accanto porgendole un brick di thè freddo. Quel gesto gentile stonava col suo tono brusco.

Akane lo guardò smarrita. Quale discorso? Uff lei voleva sapere di P-Chan.

“E ribadisco quello che ti ho già detto: tu non la meriti” continuò secco Ryoga.

E adesso con chi ce l’aveva?

“A chi ti riferisci?” domandò lei curiosa.

“Ad Akane brutto deficiente. La tua meravigliosa, bellissima, fantastica fidanzata” rispose Ryoga infervorandosi di nuovo.

Akane arrossì. Non si era mai sentita descrivere così da qualcuno che non fosse Kuno e i suoi complimenti esagerati e anacronistici - diciamocelo pure - lasciavano il tempo che trovavano. Quindi Ranma aveva parlato di lei con Ryoga di recente? A che proposito esattamente?

“Oh grazie Ryoga…” si lasciò sfuggire Akane sinceramente colpita da quelle parole, dimenticando per un attimo il suo attuale aspetto.

“Grazie dovresti dirlo a lei che - nonostante tutto - non ti ha ancora lasciato, brutto ingrato. E già che ci sei ci sarebbe anche qualcos’altro che dovresti dirle, dico bene?” aggiunse mentre con un’unica mano accartocciava la sua lattina.

“Tipo?” Akane sgranò gli occhi in trepidante attesa.

Che cosa sapeva Ryoga che lei non sapeva?

Automaticamente pensò al peggio, anche se non voleva credere che Ranma le avesse fatto qualcosa alle spalle. Però, se non glielo aveva detto, doveva trattarsi di qualcosa di brutto. Magari c’entrava una delle sue altre fidanzate…

“Tipo quello che provi per lei. Pare che se ne siano accorti tutti tranne voi” rispose con tono amaro centrando il cestino con la lattina.

Ad Akane per poco non andò di traverso il suo thé.

Fermi tutti, cosa cosa cosa? Questo non era affatto qualcosa di brutto. Quindi Ranma provava dei sentimenti per lei? E si era confidato col suo migliore amico? Allora lei non se lo era solo immaginata! Non riusciva mai a capire se fosse la sua speranza a farle travisare i fatti ed immaginarsi significati nascosti dietro ai gesti del fidanzato.

Un momento però, Ryoga non aveva precisato “che cosa” provasse per lei.

Akane sospirò reprimendo i sensi di colpa. Odiava essere così subdola approfittando dell’amico fidato in quella situazione, ma non poteva farsi scappare quell’unica occasione. Lei doveva saperne di più. Ne andava della sua sanità mentale.

“Accorti di cosa?” domandò Ranma con le mani dietro la schiena e la bocca piegata in un sorrisino “Ma ciao Ryoga, non pensavo che Hokkaido fosse così vicina!”

Akane era rimasta così assorta nei suoi pensieri, che non aveva sentito arrivare Ranma.

A questi invece non sfuggì la faccia della fidanzata con le guance arrossate e lo sguardo colpevole di chi viene beccato in una situazione sconveniente.

“Spero di non aver interrotto qualcosa…” aggiunse sospettoso e contrariato allo stesso tempo.

Ranma studiò i volti dei due. Pure il suino sembrava a disagio. Qui c’era decisamente qualcosa sotto.

“Oh Akane ciao, anche tu qui eheh!” commentò scioccamente Ryoga grattandosi la nuca con una mano.

“Già. E se non ti dispiace noi due adesso abbiamo da fare, vero Ranma? Ci vediamo!” e così dicendo Ranma prese per mano Akane cercando di trascinarla via con lui.

Ma non aveva fatto i conti con quella differenza di muscoli, che tra loro c’era sempre stata, adesso ribaltata. Akane infatti non si era mossa di un millimetro e non pareva intenzionata a farlo.

“Cosa? No! Noi non… ecco noi veramente… stavamo parlando di una cosa molto importante” annaspò Akane evitando il suo sguardo e maledicendo il tempismo del fidanzato.

“Oh beh, se è così importante continuate pure” rispose Ranma offeso.

Mollò quindi la presa e si mise ad attendere in piedi di fronte a loro. Le mani sui fianchi e le gambe leggermente divaricate a mo' di sfida.

Ryoga se ne stava in silenzio spostando lo sguardo ora su Ranma ora su Akane. Avrebbe giurato che ci fosse qualcosa di strano tra quei due, anche se non riusciva a capire che cosa.

“Ehm veramente… questa sarebbe una conversazione privata” sussurrò Akane a testa bassa.

“Ah sì? E sentiamo per quale motivo io non potrei partecipare?” Ranma ora stava davvero perdendo la pazienza.

Non esisteva proprio che lei lo mettesse in disparte in favore di Ryoga.

Dalla faccia sconvolta che aveva fatto la fidanzata vedendolo sbucare all’improvviso avrebbe quasi detto che si stesse approfittando del suo aspetto per qualche fine che - al momento - gli sfuggiva. Lui del resto era il mago indiscusso di quella tecnica, negli ultimi anni si era aperto più porte grazie a Ranko che ai suoi bicipiti.

In tutto ciò notò che quel rimbambito di Ryoga non si era accorto di niente.

“Perché ecco… perché… perché è una cosa da uomini” concluse Akane meravigliandosi delle sue stesse parole.

Non riusciva a credere di averlo detto davvero. Lei Akane Tendo, femminista convinta, che se ne usciva con una frase così infelice. Se in quel momento si fosse trovata nel suo corpo e si fosse sentita propinare una giustificazione simile, gliene avrebbe sicuramente dette quattro a quei due. Peggio di quando le tagliarono per sbaglio i capelli.

“Se la metti così, visto che Ryoga è un caro amico di entrambi, non c’è motivo per cui non dovremmo raccontargli come stanno le cose” le rispose Ranma stizzito. Per poi proseguire questa volta in direzione dell’amico “Sai Ryoga devi sapere che a causa di qualche strana magia io e Akane ci siamo scamb…”

“Scusa Ryoga noi adesso dobbiamo proprio andare!” Akane lo interruppe in tempo trascinando via il suo corpo tra le braccia, come faceva sempre Ranma per salvarla da un qualche pericolo.

 
Di nuovo per le vie di Nerima.

“Mettimi giù! Guarda che io non sono P-chan!” sbraitò Ranma arrabbiato mentre cercava di ricomporsi. Non era abituato ad essere sballottato in giro come un sacco di patate.

Akane se ne stava a fissarlo in silenzio. Nella sua testa poteva ancora sentire le parole di Ryoga. Aveva perso un’occasione d’oro. Non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedere spiegazioni al diretto interessato.

“Senti Akane, non so cosa sia successo al parco tra te e Ryoga ma pretendo delle…”

Akane smise di ascoltarlo affilando l’udito per concentrarlo altrove.

La sua attenzione venne catturata dal rumore dei raggi di una bicicletta in lontananza che si avvicinava. Quello che accadde dopo potrebbe essere raccontato con dei fotogrammi: una bicicletta che viene abbandonata malamente ad un lato della via, la proprietaria che spicca un salto in aria, una cascata di capelli color lavanda che riempiono la visuale, quella stessa ragazza che atterra contro… il muro di una casa.

Akane si era scansata all’ultimo.

“Ailen! Ahahah che fai mi scappi?” lo salutò Shampoo cercando di nascondere la sorpresa per quel piccolo oltraggio. Ranma non si concedeva mai chiaramente a lei, ma nemmeno le sfuggiva in quel modo.

“Ciao Shampoo, ci mancavi solo tu oggi” rispose Akane voltandole le spalle per incamminarsi verso casa.

Shampoo piantò due occhi indagatori sulla schiena del suo futuro marito. Com’è che l’aveva ignorata del tutto senza degnarla neanche di uno sguardo? Aveva pure lasciato al ristorante il suo grembiule da lavoro per mostrarsi più in ordine. Nel caso lo avesse incontrato.

Quell’atteggiamento freddo doveva essere colpa della ragazza violenta. Povero Ranma, forse lei aveva minacciato di buttarlo fuori di casa se solo avesse rivolto la parola ad altre donne.

“Tu…” dimenticò Ranma e girò la testa verso Akane con fare minaccioso.

“Ehm aspetta Shampoo, non saltiamo a conclusioni affrett…” indietreggiò Ranma gesticolando con le mani, come a giustificarsi non sapeva neanche lui di cosa. La forza dell’abitudine.

Non fece in tempo a finire la frase che Shampoo gli aveva già scagliato contro uno dei suoi terribili bombori.

Ranma afferrò l’arma al volo restituendola prontamente al mittente che se ne riappropriò con una faccia sconcertata. Di sicuro Shampoo non si era aspettata una reazione del genere da parte della fidanzata debole.

“Mhf dovrai fare di meglio se vuoi battermi” Ranma sentiva di nuovo l’adrenalina in circolo, desideroso più che mai di mettersi alla prova con quel corpo ancora una volta. Akane avrebbe potuto ringraziarlo più tardi, le avrebbe fatto fare bella figura con l’odiata rivale.

Come se avesse sentito i suoi pensieri, Akane si voltò verso le due ragazze intente a combattere. Che cosa aveva in mente Ranma? Perché per una volta non poteva semplicemente ignorare la cinesina e tornare a casa con lei?

Shampoo attaccò di nuovo e, per la seconda volta, si ritrovò a colpire l’aria rischiando anche di perdere l’equilibrio. Akane aveva schivato pure questo attacco. La bella amazzone non riusciva a capacitarsi: da quando l’altra era così abile?

Venne quindi il turno di Ranma.

Preparò il suo attacco impegnandosi al meglio pensando che, con Shampoo, non fosse necessario andarci troppo piano. Si avvicinò a lei senza darle il tempo di riprendere la posizione di guardia. La mossa che stava per sferrare non le avrebbe fatto troppo male, ma sicuramente l’avrebbe atterrata e… sconfitta?

No no no no no! Lui non poteva battere Shampoo nel corpo di Akane! Le tradizioni del villaggio delle amazzoni, che quella rispettava ciecamente, le imponevano di uccidere la donna capace di sconfiggerla. E comunque, nel caso degli uomini, la sorte non era tanto migliore considerato che la conseguenza era il matrimonio. Akane non aveva speranze contro una cresciuta dalla bisnonna a pane e kata.

Sempre meglio avere un’ulteriore fidanzata tra i piedi da tenere a bada, che la vera fidanzata morta per mano di questa.

Shampoo riaprì gli occhi, aveva temuto il peggio ma non era accaduto niente.

“Preferisco non battermi con te, non mi va di perdere…” ammise Ranma allontanandosi da lei. Non era abituato a sventolare la bandiera bianca, ma era per la sicurezza di Akane.

“Cosa!?” urlarono contemporaneamente Shampoo e Akane.

Per la prima era considerata una grande umiliazione vedersi rifiutare una sfida, ma d’altronde la sfidante aveva anche ammesso il suo timore per la sconfitta certa. Si poteva equiparare ad una rinuncia. Quindi, sebbene un po’ stranita, poteva ritenersi soddisfatta. Non lo avrebbe mai ammesso ma, per la prima volta dopo tanto tempo, si era trovata seriamente in difficoltà contro una donna.

Anche per la seconda si trattava di un’umiliazione, ma in questo caso senza alcuna soddisfazione. Come aveva potuto Ranma arrendersi in quel modo plateale, addirittura ammettendo che avrebbe perso?

Così come l’umore di Akane, anche il cielo si stava oscurando e piccole gocce d’acqua iniziarono a scendere aumentando rapidamente d’intensità.

“Senti un po’ tu” continuò Akane correndo arrabbiata verso di loro. Ad ogni passo rischiava di inciampare nelle scarpe divenute nel frattempo troppo grandi per lei.

“Meow!” dal cumolo di vestiti cinesi abbandonati a terra una gattina rosa e viola spiccò un salto verso di lei.

Ranma sbiancò all’istante e, con passo tremolante, si allontanò cercando di diventare un tutt’uno con il muro.

Akane abbassò lo sguardo sul musino appollaiato sul suo seno.

“Mi spiace mia cara, ma ho sempre preferito i cani ai gatti” e con queste parole afferrò Shampoo per la collottola appoggiandola a terra.

Nel rialzarsi si voltò verso il fidanzato ormai in iperventilazione.

“Che stai facendo? Ti ricordo che dovrei essere io quella che ha paura dei gatti, tu cerca di comportarti normalmente” le sussurrò all’orecchio cercando di calmarlo.

“N-non ce la faccio, non c-ce la faccio” Ranma scuoteva la testa continuando a tenere gli occhi chiusi.

Shampoo non ci stava capendo più niente, sapeva solo che la voglia di battersi con la ragazza violenta non le era ancora passata. Con un balzo le si scagliò contro tirando fuori gli ugnelli.

Percependo il suo peggior incubo che si avvicinava, Ranma spalancò di colpo gli occhi mostrando le pupille ridotte a due fessure verticali.

Akane indietreggiò allarmata da quella visione. Sapeva perfettamente quello che stava per accadere e quello non era proprio il momento.

Mentre guardava il fidanzato incurvare la schiena per assumere la posizione a quattro zampe nella terribile Neko-ken, pensò che doveva agire in fretta.

E così fece.

In un attimo Shampoo si ritrovò avvolta nei propri ingombranti vestiti. La gattina impiegò solo qualche secondo per riuscire a disfarsene con le sue zampine, ma furono comunque troppi. Davanti a sé non c’era più traccia della strana coppia, solo una strada vuota sotto la pioggia battente.

“Eccoti qua, sapevo che a quest’ora avrei trovato una bella micina al posto della mia Shampoo” Mousse se ne stava in piedi all’incrocio poco più avanti con un ombrello in una mano e un thermos di acqua calda nell’altra.

 
Camera di Akane Tendo.

Akane sedeva sul suo letto singolo con la schiena poggiata alla parete. Si era liberata della solita casacca di Ranma ed era rimasta in canottiera con un asciugamano intorno al collo. Suo malgrado aveva dovuto recuperare le sembianze maschili.

Dopo essere rientrati in casa completamente fradici, aveva infatti trascinato entrambi nella vasca piena di acqua calda ancora vestiti.

Sorrise pensando che, a quanto pareva, non era vero che i gatti odiavano l’acqua.

Raggomitolata sulle sue gambe c’era una ragazza coi capelli corti che aveva iniziato a fare le fusa. Bene, era un buon segno. Significava che si stava calmando e che presto sarebbe tornato in sé. Continuò ad accarezzargli la testa dolcemente, tamponando con un altro asciugamano le goccioline d’acqua che dai capelli gli scendevano sul viso. Non immaginava che il suo corpo potesse apparire così piccolo e fragile agli occhi di Ranma. Ora capiva perché si preoccupava tanto per lei. Chissà se lui vedeva qualcos’altro quando la guardava oltre alla sua fragilità. Quanto avrebbe voluto che l’incantesimo si sciogliesse proprio in quel momento e ognuno tornasse nel proprio corpo. Cosa non avrebbe dato per starsene così cullata tra le sue braccia preferite.

Un movimento di Ranma la riportò con i piedi per terra. Lui alzò la testa avvicinando il viso a pochi centimetri dal suo mentre sbatteva più volte le palpebre.

Rimasero così immobili a fissarsi per istanti interminabili.

“Prima eravamo per strada… io sono… e tu mi hai… grazie” Ranma non ricordava niente di quello che succedeva quando era gattizzato, ma dalla situazione aveva capito che doveva appena essersi “risvegliato”.

“Figurati” sussurrò Akane con gli occhi ancora incatenati ai suoi.

Ranma si scostò con uno scatto brusco spostandosi sulla sedia di fronte a lei.

Akane constatò ferita come il fidanzato avesse ripristinato quella distanza di sicurezza che, più o meno tacitamente, i due si erano imposti nel tempo.

“Non c’è bisogno di fare tutte queste scene adesso, non mi sembrava che starmi vicino ti disturbasse tanto fino a due minuti fa” si rabbuiò subito Akane.

“Non c’è bisogno neanche di origliare, dico bene Nabiki?” Ranma afferrò un cuscino lanciandolo contro la porta che era rimasta socchiusa.

La mezzana li osservava col suo solito sorrisino.

“Tranquilli piccioncini non era certo mia intenzione interrompervi, e dire che non ho scattato neppure una foto per non rovinare il momento” commentò annoiata Nabiki allontanandosi “e comunque, per la cronaca, il bagno non si fa vestiti!”

A quell’ultima battuta Ranma si voltò in direzione della sua fidanzata confuso.

Akane non aveva voglia di raccontargli di come lo avesse portato via di peso da Shampoo, di come lo avesse scaldato nel bagno e infine di come lo avesse calmato.

Era stanca di quella giornata.

“La verità è che io non ne posso più di tutta questa situazione” protestò Akane stendendosi sul letto e portandosi il cuscino giallo sopra la testa come a volersi proteggere “Vattene, ho bisogno di starmene in pace da sola” concluse.

Anche se non poteva vederlo, con i suoi super sensi riusciva a percepire chiaramente la presenza di Ranma che non si era mosso dalla sedia.

Akane riemerse dal suo rifugio, in attesa che lui si alzasse per andarsene.

“Akane ecco, come dire… temo che questa sia camera mia” constatò Ranma con un’espressione mortificata.

Lei alzò gli occhi al cielo sbuffando. In quella casa non c’era un maledetto angolo in cui poter stare tranquilli.

 
   
 
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