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Autore: Europa91    17/03/2022    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Questo capitolo partecipa al Cow-t 12 – Quarta Settimana M2 – Errare humanum est, perseverare autem diabolicum





 

Dazai si prese qualche secondo per osservare meglio la figura dell’ex spia in piedi davanti a lui. Ricordava di essere stato d’accordo con l’idea di Mori di accoglierlo tra le file della Port Mafia. Paul Verlaine ormai era solo una pallida imitazione della bestia che qualche anno prima aveva attaccato e messo in ginocchio l’Organizzazione. L’ex Re degli Assassini non era innocuo, lo sapeva benissimo, ma restava una pedina troppo pericolosa per essere lasciata a vagare indisturbata sulla loro scacchiera. Dazai non si era sorpreso del fatto che il biondo avesse deciso di giurare fedeltà al proprio alter ego. Aveva preso la decisione più saggia dal proprio punto di vista, la più logica, ovvero quella che gli avrebbe permesso di conservare la propria posizione. Dazai non era mai riuscito a comprendere quell’individuo fino in fondo, ma a voler essere sinceri, non si era neppure sforzato troppo di farlo. Verlaine era imprevedibile, lo era sempre stato. Di lui sapeva solo quanto tenesse a Chuuya, e forse era proprio questa l’arma di ricatto migliore da utilizzare per ottenere la sua collaborazione.

«Verlaine-san» si limitò a dire, prima di prendere il proprio cappotto e raggiungerlo, abbozzando un sorriso intriso di falsa cordialità. Recitare la parte del Boss iniziava a venirgli naturale, per quanto odiasse ammetterlo anche a se stesso.

«Ho sentito del vostro malore di questa mattina» Dazai non rispose subito. Stavano camminando in uno degli interminabili corridoi che caratterizzavano quella che ormai poteva essere definita ex Mori Corp., l’edificio che fungeva da sede principale della Port Mafia. C’erano meno guardie armate rispetto a quello che il moro ricordava, ma si sentiva comunque osservato, e non solo dall’uomo che procedeva a qualche metro da lui.

«So anche che Chuuya era con voi» proseguì. Fu solo allora che Dazai accennò nuovamente ad un sorriso, anche se abbastanza stanco e tirato. Nella sua mente si stava facendo largo l’idea di utilizzare Verlaine per ottenere altre informazioni su quella realtà; in fondo il biondo rimaneva pur sempre una ex spia. Avrebbe potuto sfruttare la cosa a proprio vantaggio, ed estorcergli qualcosa di utile. Sicuramente le notizie del biondo sarebbero state più affidabili rispetto a quelle di Chuuya o Akutagawa.

«Sono stati giorni parecchio difficili» si trovò ad ammettere accompagnando quelle parole con un rapido gesto della mano. Effettivamente era vero e sapeva come il proprio aspetto trascurato trasmettesse alla perfezione questo stato d’animo. Sentì quelle iridi di ghiaccio trapassargli la schiena e l’aria intorno a lui farsi pesante. Aveva dimenticato come ci si sentisse in compagnia di un altro utilizzatore di gravità. Verlaine però era diverso da Chuuya, Dazai lo sapeva fin troppo bene.

«Comunque, si ho avuto un piccolo mancamento e si quella Lumaca era con me» fu solo in quel momento che notò l’espressione comparsa sul viso del biondo. Era quasi sorpreso, ma non poteva averne l’assoluta certezza.

«Sta bene?» Dazai non si lasciò sfuggire quel particolare, né il tono di voce utilizzato per formulare quella semplice domanda. Chissà in che rapporti erano i due in quella realtà. Da quello che ricordava del proprio mondo, Chuuya aveva tollerato la presenza del biondo assassino tra le fila della Port Mafia, anche se continuava a fare il possibile per ignorarlo ed evitare qualsiasi contatto diretto con lui. Probabilmente in quella realtà i rapporti tra i due erano ancora più tesi. Verlaine però sembrava, nonostante tutto, preoccupato per la salute del proprio fratellino.

«Rumoroso e distruttivo come sempre. Tanto fra poco lo vedremo alla riunione. Avrai modo di sincerarti tu stesso delle sue condizioni» Verlaine storse il naso;

«Chuuya ha tradito la Port Mafia. Non meritava una promozione e un posto alla dirigenza» rispose freddamente, in un modo che a Dazai ricordò un automa.

«Tu hai tradito la tua nazione e il tuo partner per lui» gli fece notare. Il biondo si fermò al centro del corridoio solo per rivolgere al proprio superiore l’ennesima occhiata sorpresa.

«Boss, che sta succedendo?» Dazai fece una piccola piroetta mettendosi le mani in tasca. Tentare di ingannare un veterano come Verlaine non era facile; ma non impossibile. In fondo si stava pure divertendo.

«Ho un piano, riguarda principalmente Odasaku e si, diciamo che coinvolge anche Chuuya» non stava mentendo, non del tutto almeno. Sperava che questa ammissione sarebbe bastata per ottenere se non proprio la fiducia, almeno il supporto del francese. Verlaine poteva rivelarsi un nemico insidioso e per questo era meglio non provocarlo.

«Errare humanum est, perseverare autem diabolicum» il moro lo fissò confuso, cercando di intuire il significato di quelle parole;

«È una citazione in latino» spiegò immediatamente, «una delle molte lingue che ho appreso da Arthur. Significa solo che sbagliare è insito nella natura umana, ma bisogna saper trarre insegnamento dai propri errori per evitare di commetterli di nuovo» era un avvertimento? L’ex spia aveva forse dedotto qualcosa?

«Le azioni di Chuuya sono indifendibili e so che ne converrai con me come sia lui che il suo amante abbiano ormai passato il limite» Dazai non aveva ancora il quadro generale della situazione ma da quello che aveva intuito, le posizioni del rosso e di Odasaku erano sempre più precarie, forse proprio in quella riunione si sarebbe decisa la sorte dei due.

Verlaine rimase in silenzio per qualche istante prima di replicare;

«Come avete detto poco fa, anche io ho tradito il mio partner, ma l’ho fatto inseguendo un fine più grande, il bene di Chuuya. Voltare le spalle ad Arthur non è stato un capriccio e porto ogni giorno sulle mie spalle il peso di tale decisione, come il fatto di non averlo potuto salvare. Nonostante i miei errori sono ancora qui, lui no. Chuuya è libero, e sta vivendo la vita che ha scelto, insieme alla persona che ha scelto» Dazai non replicò. Capendo benissimo come quella frecciatina fosse rivolta a lui. Per un secondo si trovò a pensare a quanto lui e Verlaine fossero simili. Anche il biondo aveva dovuto fare i conti con la morte di una persona cara. Dazai aveva potuto leggere il taccuino di Rimbaud e non serviva possedere una grande immaginazione per capire che tipo di relazione avesse legato le due spie.

Con quelle poche parole, l’ex Re degli Assassini aveva esposto chiaramente la propria posizione. La sua lealtà era verso la Mafia ma non avrebbe esitato nel difendere Chuuya. Aveva già preso una decisione simile, Dazai era certo che se si fosse ripresentata l’occasione avrebbe reagito allo stesso modo. Paul Verlaine era fedele ai propri ideali esattamente come lo era il rosso. Quando si erano incontrati la prima volta non lo aveva compreso. Ci era arrivato ad un passo dalla fine quando aveva visto la bestia donare al fratello la chiave per sconfiggerlo.

Verlaine era più umano di quanto desiderasse ammettere. Sicuramente lo era più di lui.

In quel momento però la sola cosa che occupava i pensieri di Dazai era Odasaku.

«C’è forse qualcosa che vi turba Boss?» il moro si affrettò a scuotere la testa; stava diventando troppo prevedibile, doveva imparare a controllare le proprie emozioni;

«Una riunione dei cinque dirigenti, non è una cosa che si vede tutti i giorni» provò a scherzare solo per alleggerire la tensione che si era venuta a creare.

Una parte di lui avrebbe preferito non presenziare a quell’incontro ma la curiosità aveva avuto la meglio. In più avrebbe potuto rivedere Odasaku e la sola prospettiva lo rendeva stranamente nervoso. L’Oda Sakunosuke di quel mondo lo odiava. Era diventato il leader della fazione a lui ostile, era l’amante di Chuuya e aveva cospirato contro di lui. Dazai stentava a crederlo. Per questo doveva vederlo con i propri occhi.

Finalmente raggiunsero il luogo in cui si sarebbe tenuto l’incontro. Era la stessa sala in cui Mori Ougai si era eretto sul trono dopo aver assassinato il suo predecessore. Dazai ricordava quella sera di quattro anni prima. Era ironico pensare a come in quella realtà lui stesso fosse finito con il ripetere i passi del Boss.

Errare humanum est

Le parole di Verlaine gli tornarono alla mente. Dazai si trovava in quel mondo solo per salvare Odasaku, non doveva lasciarsi coinvolgere in faccende che non lo riguardavano, non poteva perdere di vista il proprio obiettivo. Con questi pensieri per la mente si sedette sulla propria poltrona osservando ad uno ad uno, il resto dei presenti. Verlaine si era accomodato accanto a Kouyou dopo aver lanciato una veloce occhiata a Chuuya che invece, continuava ad osservare con insistenza lo schermo del proprio cellulare, completamente disinteressato del resto. Non aveva alzato il capo neppure di fronte all’ingresso di Dazai. La cosa sembrava aver infastidito solo Akutagawa che, dalla sua posizione alla destra del Boss, continuava silenziosamente ad accusare il possessore di Arahabaki con lo sguardo.

Mancava solo Odasaku.

Non era un buon segno.

Dazai si era appena accomodato, quando uno dei numerosi sottoposti senza nome era entrato ed aveva affidato a ciascuno di loro una cartelletta piena di documenti.

«Che cazzo significa?!» Chuuya fu il più veloce ad aprirla e dalla reazione, a leggerne il contenuto. Iniziò ad emanare fiamme nere prima di venire afferrato per un braccio da Verlaine. L’aria della stanza aveva iniziato a farsi pesante e anche il resto dei dirigenti sembrava essere pronto ad intervenire in caso di pericolo.

«Vedi di calmarti» sussurrò la spia a denti stretti cercando lo sguardo del più piccolo.

«Come puoi chiedermi una cosa simile? Hai letto, anzi avete letto?» e gettò sul tavolo i documenti che teneva ancora tra le mani.

Solo in quel momento Dazai abbassò il capo fissando i fogli che teneva in grembo. Bastò il contenuto della prima riga perché arrivasse a comprendere la reazione di Chuuya;

In data XXX è stata eseguita la condanna a morte per il traditore Oda Sakunosuke...”

Si sentì nuovamente mancare. Odasaku era morto anche in quel mondo. Era finita.

«Sei un fottuto bastardo» Chuuya stava ancora urlando in preda alla furia, nonostante i tentativi di Verlaine per placarlo. Dazai non comprese subito il significato nascosto in quelle parole, come l’odio negli occhi del proprio partner. Abbassò nuovamente il capo; ma solo per leggere poche righe,

giustiziato per ordine del Boss Dazai Osamu”

C’era la sua firma su quel documento, oltre che il suo nome. L’ordine era partito da lui, dal suo alter ego. Tornò a sedersi sulla propria poltrona cercando di mantenere un contegno anche se si sentiva soffocare. Fu in quel momento che un pensiero gli attraversò la mente.

La strana telefonata che aveva ricevuto quella mattina.

No. Non era stato il Dazai di quel mondo a premere il grilletto, a condannare Odasaku.

Era stato lui.

Lui aveva inconsciamente dato quell’ordine.

Era stato un cieco a non voler prendere in considerazione una simile ipotesi. Era arrivato in quel mondo con l’intenzione di salvare Oda e aveva finito con il condannarlo. Il fato aveva un terribile senso dell’umorismo. Dazai aveva perso l’amico, di nuovo; questa volta non era nemmeno riuscito ad incontrarlo. Forse era meglio così, non avrebbe sopportato di scorgere in quello sguardo lo stesso odio che aveva visto in Chuuya. Sarebbe tornato nel proprio mondo e avrebbe ricominciato tutto daccapo. In una realtà simile non poteva esserci salvezza per nessuno di loro.

Oda era morto per colpa sua.

Non riusciva a crederci. Stava nuovamente per avere un mancamento. Furono le urla di Chuuya a mantenerlo cosciente. Il partner era ancora stretto nella presa di Verlaine e si dimenava come un ossesso. Stava faticando per contenere il proprio potere, sapeva che scatenandosi avrebbe finito con il distruggere l’intero edificio. Per una frazione di secondo il possessore di Arahabaki ci aveva pensato, ma l’autodistruzione non gli avrebbe riportato indietro Odasaku.

«Questa Dazai non te la perdono. Sappi che ti ucciderò. Hai il sangue di Saku sulla coscienza» dopo di che venne trascinato via dalla stanza da Verlaine e Kouyou.

A quel punto, Dazai rimase solo, eccezione fatta per Akutagawa, che dalla sua postazione non aveva ancora detto una parola.

«Vattene» fu la sola cosa che ordinò il giovane Boss prima che il sottoposto potesse anche solo pensare di fare qualcosa.

Dazai aveva bisogno di rimanere solo. Non poteva permettere a qualcuno di assistere allo spettacolo del suo dolore. Il mastino della Port Mafia fece come detto abbandonandolo, richiudendosi la porta alle proprie spalle.

Fu solo in quel momento che Osamu Dazai, leader della Port Mafia si abbandonò all’ennesimo pianto inconsolabile. Questa volta però oltre al dolore vi era la rabbia. Dazai sapeva che quando Odasaku entrava a far parte di qualsiasi suo piano o equazione la sua logica vacillava e i suoi pensieri venivano inquinati da sentimenti che a lungo si era rifiutato di accettare. Aveva commesso un errore. Un errore da principiante e per colpa sua Oda era morto. Scoppiò a ridere ma i suoni che lasciarono le sue labbra erano più simili al gracchiare di un corvo. Sorrise tra sé per quel paragone. In fondo anche lui era una creatura dell’oscurità. Era quello il suo posto. Come poteva sperare di diventare una persona migliore quando continuava a ripercorrere gli stessi errori.

Ripetere gli stessi sbagli del passato.

Ripensò alle parole di Verlaine. Ora gli sembravano quasi essere una macabra premonizione. Prese dalla tasca del cappotto il proprio cellulare;

«Pronto?»

«Sono il Boss. Convocate Verlaine-san nei miei appartamenti. Sarò lì a breve»


 

***


 

Prima di tornare nel proprio mondo c’era ancora una cosa che Dazai sapeva di dover fare. Aveva bisogno di avere nuovamente un confronto con l’ex spia francese. La frase che gli aveva rivolto quel pomeriggio era troppo ambigua. Era come se Verlaine sapesse. Era un’ipotesi impossibile ma non se l’era sentita di escluderla.

Era rientrato nei propri appartamenti e aveva provato a farsi una doccia, solo per rendersi presentabile. Aveva una gran voglia di piangere, urlare o bere fino a perdere i sensi, ma sapeva, ormai per esperienza personale come non fosse uno stile di vita salutare. Per non parlare del fatto che avrebbe preferito evitare di svenire di nuovo, non era affatto piacevole. Tornò con la mente a quella mattina, quando si era ritrovato stretto dalla presa salda di Chuuya. Malgrado il rosso gli avesse riversato addosso tutto il proprio odio, in quell’occasione si era occupato di lui. Avrebbe potuto uccidere con le proprie mani il Boss che gli aveva causato tanta sofferenza ma non lo aveva fatto. L’aveva messo a letto e chiamato aiuto.

Chuuya era fatto così, aveva un cuore. C’era poco che potesse fare, in qualsiasi realtà certe cose non cambiavano. Dazai aveva avuto modo di rifletterci qualche tempo prima, mentre alcune cose mutavano c’erano certi particolari che invece restavano immutabili, Chuuya e la sua fedeltà a lui ad esempio, oppure Odasaku e il suo voler aiutare il prossimo.

Stai dalla parte di chi salva le persone.

Mentre si liberava dalle proprie bende, Dazai ricordò la prima volta in cui aveva assistito alla morte dell’amico. Non sarebbe mai riuscito a dimenticare quelle immagini, come le ultime parole che Odasaku gli aveva rivolto, ad una spanna dal proprio volto. Forse avrebbe dovuto rassegnarsi e impegnarsi per dare una svolta alla propria vita. Abbandonare ogni speranza di cambiare la realtà. Fissò la propria immagine riflessa nello specchio. Per un istante faticò a riconoscersi. Doveva riprendere in fretta in mano la situazione. Piangersi addosso non avrebbe risolto nulla né cambiato la realtà dei fatti. Aveva perso Odasaku ma non si sarebbe arreso.

In quel momento un leggero bussare lo avvertì dell’arrivo di Verlaine. Si rivestì in fretta pronto ad accogliere il proprio ospite. Fissò per qualche istante la sciarpa del Boss e il suo cappotto scuro. Decise di lasciarli sulla sedia dove li aveva posati. Era stanco di indossare quelle vesti che sentiva non gli sarebbero mai potute appartenere. Ormai anche quella recita si stava avviando verso la sua conclusione.

«Boss» mormorò il biondo abbassando lo sguardo non appena lo vide entrare nella stanza. Era fin troppo rispettoso. Non doveva abbassare la guardia.

Dazai sbuffò «Non sono molto in vena di formalità. Chuuya come sta?» chiese sia per rompere il ghiaccio che per sincerarsi delle condizioni del proprio ex partner. Sapeva come quella Lumaca fosse una testa calda che non andava sottovalutata. Sarebbe stato parecchio seccante dover salvare quel piccoletto dall’auto distruzione. Dazai però era certo che se si fosse presentato quello scenario sarebbe corso da lui. Aveva commesso fin troppi errori in quel mondo. Chuuya stava già soffrendo abbastanza per colpa sua.

Verlaine gli rivolse uno sguardo più freddo del solito. Distaccato.

«Ha appena perso il proprio compagno. Ucciso per ordine della persona alla quale teneva di più. Come pensi che possa stare?» Dazai sapeva di essersela cercata. Con un cenno della mano invitò il biondo a sedere su di una delle poltrone del soggiorno, facendo altrettanto.

«Allora, Boss, di cosa volete realmente parlare? So che non mi avete fatto chiamare solo per chiedermi delle condizioni di Chuuya» il moro sorrise;

«Ho avuto modo di ripensare a quella frase che mi avete detto oggi. Sul commettere errori» l’uomo alzò un sopracciglio;

«E quindi?»

«A che gioco state giocando Verlaine?» la spia scoppiò a ridere;

«Dovrei essere io quello a porgere una simile domanda. Chi siete e cosa ne avete fatto del vero Boss?»

Come sospettava il biondo lo aveva smascherato. Dopotutto era un’ex spia, già una volta gli aveva dato del filo da torcere. Dazai si accomodò meglio, prima di rispondere, incrociando le braccia sotto al proprio mento

«Voglio prima ascoltare le tue teorie in merito» l’altro non si scompose. Prese un lungo respiro prima di iniziare a rispondere con studiata calma;

«Sei senza ombra di dubbio Osamu Dazai, ma non sei il Boss. La sola spiegazione a cui sono arrivato è che devi provenire da un altro mondo. In merito a questo ho formulato due ipotesi, la prima è che tu abbia utilizzato il Libro nascosto a Yokohama mentre la seconda è che tu sia ricorso ad un’Abilità»

Il più giovane dirigente nella storia della Port Mafia sorrise compiaciuto.

«Sei davvero una spia eccellente. Come ci sei arrivato? Che non sono il Boss di questo mondo intendo. Sono davvero curioso»

Il biondo accavallò le lunghe gambe accennando ad un sorriso di superiorità.

«Ti sei preoccupato di Chuuya. Lui non lo avrebbe fatto. Sono anni che non vedevo quello sguardo»

«Quale?»

«Sei una creatura dell’oscurità Dazai, ma non hai ancora toccato il fondo dell’abisso. E questo lo può comprendere anche un essere senza anima come me»

«Vorrei che fosse vero»

«Allora cosa ti porta qui?»

«Odasaku» ammise senza esitazione;

«Nel mio mondo è morto. Non sono riuscito a salvarlo» concluse abbassando lo sguardo.

«E in questa realtà hai finito con il diventare il suo stesso assassino» in quel momento lo sguardo del biondo si fece distante, come se si fosse perso in altri pensieri, o forse ricordi.

Dazai non era mai riuscito a comprendere davvero quell’individuo, per quanto si fosse sforzato, Verlaine restava una fortezza impenetrabile, anche per lui.

«Un tempo cercai di fare lo stesso. Riavere Rimbaud. Accetta un consiglio. Non funzionerà, qualsiasi sia il tuo piano è destinato a fallire. Dovresti pensare a te stesso e soprattutto a Chuuya» Dazai era sempre più confuso;

«Che diavolo c’entra quel nanetto? Questo discorso può valere per questa realtà ma non per la mia. Io e Chuuya ci odiamo. Non lo sopporto. Io sono qui solo per Odasaku. Per salvarlo» Dazai non sapeva se lo stava ripetendo più a se stesso o all’altro. Sentiva solo il bisogno di ribadirlo ad alta voce. Di esternare i propri pensieri, la propria rabbia.

In quel momento, come se si fosse sentito chiamato in causa, il rosso fece il suo trionfale ingresso sulla scena. Sfondando una delle pareti dell’appartamento del Boss.

«Dazaiiiii!!!!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Dal tono di voce entrambi i presenti intuirono come fosse ubriaco.

«E ci sei pure tu, stronzo.» continuò indicando Verlaine «Bene. Benissimo. Questa giornata si fa di minuto in minuto sempre più bella»

«Penso sia ora che me ne vada» rispose tranquillamente l’ex spia alzandosi dalla propria poltrona.

«So riconoscere quando la mia presenza non è gradita. Dazai è stato un vero piacere. Se vuoi un piccolo consiglio, penso che dovresti parlare con il tuo Verlaine, potresti ottenere qualche informazione interessante» il moro non ebbe nemmeno il tempo di pensare, che Chuuya gli fu letteralmente addosso. Lo buttò a terra allo stesso modo del giorno del loro primo incontro.

«Ti odio bastardo. Ti odio da morire.» Furono le sole parole che gli disse prima di scoppiare in lacrime e iniziare a riempirlo di pugni. Verlaine si chiuse la porta alle proprie spalle.

«Dannazione. Difenditi cazzo» Dazai si trovò a sputare un fiotto di sangue, aveva il labbro inferiore spaccato, tuttavia non aveva reagito a quell’assalto, forse perché sapeva benissimo di meritarselo.

Si guardarono negli occhi.

«Hai ragione Chibi. Sono un assassino. Ho ucciso Odasaku, esattamente come ho fatto con Hirotsu» un altro pugno in pieno volto lo obbligò a tacere.

«Sta zitto. Sta zitto» Chuuya lo afferrò per la nuca prima di chinarsi e far collidere le loro labbra. Dazai ancora mezzo intontito dall’ultimo colpo ci mise qualche secondo prima di realizzare cosa stesse accadendo e soprattutto del perché il rosso lo stesse baciando. Fu un semplice contatto di lingue dal retrogusto ferroso di sangue. Quando si staccarono il rosso riprese a piangere per poi iniziare a colpirlo sul petto;

«Vorrei davvero odiarti al punto di ucciderti» ammise a denti stretti;

«Mi hai privato di Saku, mi hai tolto l’unica e ultima cosa bella che mi era rimasta, eppure, anche ora non riesco a odiarti come vorrei. Che cazzo hai fatto brutto stronzo? So che è tutto opera tua. È sempre tutto opera tua»

Dazai non sapeva cosa rispondere. Chuuya aveva ragione. Con un semplice ordine aveva ucciso l’uomo migliore che avesse mai avuto la fortuna di incontrare. L’uomo che nonostante tutto lo aveva sempre accettato per quello che era. Odasaku, il suo migliore amico. Non si accorse di star piangendo fino a quando non incrociò lo sguardo confuso di Chuuya.

«Credi che questo basti ad impietosirmi? Sei uno stronzo»

«Tu non sai niente»

«Lui ti amava» a quella replica, Dazai scoppiò a ridere;

«Smettila Chibi. Non c’è più nulla che tu possa fare per ferirmi. Sono già morto dentro» nulla lo salvò dal ricevere l’ennesimo pugno, questa volta sullo stomaco.

«Zitto. Saku teneva a te. Si preoccupava per te. Cazzo è diventato il leader dei ribelli solo per proteggerti» fu allora che Dazai mise insieme i pezzi.

«Stai mentendo» doveva per forza essere così, la realtà sarebbe stata ancora più difficile da accettare. Questa volta il rosso gli diede semplicemente una testata.

«La vuoi smettere di colpirmi? Ha fatto male»

«Il dolore che senti ora è solo fisico. Credimi non è nulla rispetto a ciò che sto provando io» Dazai prese un lungo respiro prima di replicare;

«Odasaku era mio amico. Era la persona per me più importante»

«L’hai ucciso»

«Non so nemmeno io come siamo potuti arrivare a questo punto»

Non lo sapeva davvero. Non aveva compreso cosa avesse spinto il proprio alter ego ad ammazzare Mori e a rivendicare quel trono. Quella realtà era solo un incubo che era durato fin troppo. Il dolore di Chuuya però era reale, come lo era la disperazione con la quale lo colpiva. Dazai poteva sentire quel sentimento sulla propria pelle, e vederne il riflesso negli occhi del più piccolo. Anche quello faceva male.

«Saku ti amava» fu il colpo di grazia che non aveva bisogno di ricevere.

«Non dirlo» Non voleva sentirlo, non si doveva illudere. Anche se fosse stato vero quello non era il suo Odasaku. Chuuya rincarò la dose;

«Quando glielo feci notare mi disse che non sapeva nemmeno lui cosa provasse nei tuoi confronti. Che te n’eri andato prima che fosse riuscito a capirlo. Per me invece era sempre stato fin troppo chiaro. Era palese cazzo. Eravate fatti l’uno per l’altro e in fondo ti capisco, era impossibile non apprezzare Saku. Era perfetto»

«Chibi smettila» iniziava ad averne abbastanza;

«Gli hai spezzato il cuore. Uccidendo Mori, prendendo il suo posto, sei diventato l’antitesi di te stesso»

«Chi ti dice che non fossi già così? Tu e Odasaku vi siete fatti un’idea distorta di me, anche prima di uccidere il Boss non ero una brava persona»

«Sei sempre stato uno stronzo, un bastardo, ma nonostante tutto hai sempre conservato un briciolo di umanità. Quella l’hai persa il giorno in cui hai condannato Hirotsu» Dazai trasalì. Avrebbe tanto voluto sapere cosa avesse spinto il se stesso di quel mondo a giustiziare l’anziano veterano. Lui aveva sempre nutrito un profondo rispetto per il capo della Black Lizard.

«Raccontamelo»

«Eh?» Chuuya era certo di non aver compreso;

«Voglio sapere come è morto. Dimmelo»

«L’hai giustiziato come un traditore. Come avresti dovuto fare con noi, invece hai preferito tenerci al tuo fianco, solo per farci soffrire»

Dazai non sapeva come replicare a quelle accuse. Credeva davvero che non sarebbe mai stato in grado di ferire Odasaku invece, grazie a quella realtà aveva scoperto il contrario. Una parte di lui condivideva il dolore di Chuuya come sapeva che non avrebbe potuto fare nulla per porvi rimedio.

«Perché lo hai fatto Dazai? Perché ci hai risparmiato?» nel dirlo il rosso si abbassò quel tanto che bastava per arrivare a poggiare il capo sulla spalla del tanto odiato Boss. Tremava e stava ancora cercando di contenere la propria ira. Dazai ricordava non averlo visto mai in un simile stato, nemmeno quando erano morti i suoi amici Flags, Chuuya gli era parso tanto vulnerabile e umano.

«Non avrei mai potuto uccidervi» sapeva di suonare falso anche a se stesso ma doveva dirlo; la Lumaca doveva saperlo.

«Saku. Hai dato tu l’ordine»

«Hai ragione» Chuuya alzò nuovamente il volto.

«Perché cazzo mi sembri sincero?»

«Forse perché lo sono»

«Allora perché»

«Ho commesso un errore»

«La morte di Saku è solo questo per te? Uno stupido errore?»

«Oh Chuuya lo amavi davvero»

«Forse. Non lo so. Smettila di guardarmi in quel modo» Dazai però non poteva. Quella visione del proprio partner così umana e indifesa era uno spettacolo talmente raro che non se lo sarebbe perso per nessuna ragione al mondo.»

Il rosso si sporse nuovamente verso di lui, allacciandogli le braccia intorno al collo. Poteva sentire il suo respiro sulla propria pelle.

«Ti odio dal profondo del cuore e lo sai» sussurrò a pochi millimetri dalle sue labbra.

«C’è un confine sottilissimo tra odio e amore»

Chuuya non disse altro azzerando nuovamente ogni distanza fra loro. Sapevano entrambi come quello fosse solo un tentativo di dimenticare il dolore.

Dazai non era certo di quello che provava. La rabbia per la propria incapacità e la sofferenza per la sorte toccata ad Odasaku avevano lasciato posto ad altro. Non riusciva a pensare lucidamente, non con Chuuya ancora stretto sopra di sé.

«Questo non cambia nulla tra di noi. Io ti ucciderò» sentì il dovere di specificare il rosso non appena si separarono;

«In questo momento non credo che tu sia molto lucido»

Chuuya aveva chiaramente bevuto prima di irrompere nei suoi appartamenti e vomitagli addosso tutti i propri sentimenti. Quei baci non significavano nulla, Dazai lo sapeva. Era un modo come un'altro per reagire ad un lutto. In fondo era già successo qualcosa di simile. In un’altra realtà. Con un’altra versione dello stesso Chuuya.

«Forse hai ragione.» concesse

«Devi sapere un’ultima cosa però, Saku non era il solo al quale stava a cuore la tua incolumità»

«Che vuoi dire?»

«Perché credi che lo abbia aiutato?» il moro non rispose.

«Solo io potevo ucciderti. Non avrei mai permesso a nessun altro di toccarti» Dazai si trovò inconsciamente ad arrossire. Non si sarebbe mai aspettato una confessione simile.

«Tu non hai idea di quello che abbiamo fatto per te. Di cosa abbiamo sacrificato per te»

Un altro bacio decretò la fine di quella conversazione. Era stato Dazai questa volta a prendere l’iniziativa ma solo perché aveva paura di conoscere il resto. Aveva capito come il Chuuya di quel mondo malgrado tutto nutrisse dei sentimenti verso di lui. Sentire però il racconto di come lui e Odasaku avessero tradito la Mafia solo per proteggerlo era troppo. Quella realtà stava scavando troppo a fondo nel suo animo, portandolo a fare i conti con sentimenti che non era certo di aver mai voluto approfondire.

Dazai sapeva di essere in qualche modo legato a Chuuya. Lo aveva sempre saputo. Il suo partner era una persona importante, lo era sempre stato. Era l’essere più irritante che avesse mai avuto la sfortuna di incontrare, e provocarlo era stato il suo passatempo preferito.

Chuuya doveva essere solo questo per lui. Sarebbe stato più facile per tutti se fosse stato così. Da quando era iniziato questo suo vagabondare tra i mondi, una cosa in qualche modo era sempre rimasta costante: i sentimenti del rosso verso di lui.

Ora Dazai non era più certo di nulla. Anche in quel momento si trovava tra le braccia del proprio partner incapace di decifrare i suoi stessi sentimenti. Una parte più razionale della propria mente gli suggeriva di andarsene, che quello era solo l’ennesimo momento di confusione provocato dalla perdita di Oda, mentre un’altra gli sussurrava di come in realtà lui volesse anche Chuuya nella propria vita.

Odasaku a quanto pare non era il solo in grado di alterare la sua capacità di giudizio.

In quel momento Chuuya si alzò da lui lasciandogli addosso una strana sensazione di vuoto. Dazai lo guardò confuso.

«Vuoi andare fino in fondo?» non si sarebbe mai aspettato tanta premura nei suoi confronti. Chuuya però era serio mentre allungava una mano nella sua direzione;

«Potrei rivolgerti la stessa domanda»

Dazai avrebbe voluto riprendere subito da dove si erano interrotti ma la sua parte razionale aveva preso il sopravvento. Andare a letto con Chuuya sarebbe stato come oltrepassare il limite, un punto di non ritorno e non era del tutto certo di volerlo. Si sentiva quasi come se stesse tradendo la memoria di Odasaku. Era un pensiero quasi infantile, oltre che stupido, lui e l’amico non erano nulla. Oda era morto prima che potesse rivelargli i propri sentimenti, non sapeva nemmeno se l’altro lo ricambiasse. Chuuya invece era lì, vivo, davanti a lui, lo desiderava, poteva leggerlo chiaramente nel suo sguardo.

«Forse per oggi dovresti riposare. Hai un aspetto di merda» Dazai gli regalò l’ennesima occhiata sorpresa;

«Che senso avrebbe scoparti se con la mente sei altrove» fu l’unica spiegazione dell’altro.

Stava per andarsene quando il moro lo afferrò per la manica della giacca.

«Resta» sorprendendo sé stesso per il tono arrendevole che aveva assunto. Chuuya alzò un sopracciglio ma tornò sui propri passi.

«Sei l’essere più irritante che abbia mai incontrato, a volte sei così infantile» Odiava Dazai con ogni cellula del proprio corpo ma sapeva che non sarebbe mai riuscito a negargli nulla. Saku aveva ragione, li aveva davvero fottuti entrambi. Era innamorato di quello Sgombro da una vita ma non sarebbe mai riuscito ad ammetterlo. Nonostante i suoi gesti parlassero per lui.

«Vieni qui sei un completo disastro» disse prendendolo per mano fino a condurlo in bagno. Dazai non rispose.

«Stai perdendo ancora sangue dal labbro. Non vorrai macchiare tutto il letto» il moro annuì fissando il proprio riflesso allo specchio.

«Ora non giocare alla crocerossina, tutto questo è opera tua» gli fece notare ma solo per mettere fine a quella situazione quasi surreale che si era venuta a creare tra di loro. Chuuya sbuffò;

«Questo perché mi fai incazzare. Ogni tuo atteggiamento lo fa»

«Ma?»

«Per quanto ti odi non riesco a farlo completamente» era la confessione più sincera che in quel momento poteva offrigli e Dazai se lo fece bastare.

Finì di medicarlo in silenzio poi raggiunsero la camera da letto.

«È stata una giornata assurda» fu l’unico commento del moro. Non era in quel mondo da nemmeno ventiquattro ore ed era successo di tutto. Chuuya annuì.

«Ancora non ci credo che sia morto»

«Non hai visto il suo cadavere?» si interrogò Dazai

«Penso che andrò domani. Dopo la notizia avevo solo bisogno di bere»

«E picchiarmi a sangue»

«Davvero, come hai potuto farlo?»

«Non volevo. So che ti sembrerà una giustificazione banale ma ho dato quell’ordine per sbaglio. Ho fatto tutto questo solo per proteggere Odasaku non per ammazzarlo»

Chuuya sgranò gli occhi, afferrandolo per le spalle e inchiodandolo al letto;

«Che cazzo significa?»

«Non significa nulla. Dimenticalo» disse cercando di scrollarselo di dosso.

«Sono stati i tuoi fottuti segreti a portarci a questa situazione. Hai deciso di tagliarci fuori da ogni tua decisione. Hai voluto fare di testa tua, come sempre. Ti sei isolato facendo terra bruciata intorno a te iniziando con questo regno di terrore. La Port Mafia sotto la tua guida ha prosperato ma a che prezzo?»

«La vita di Odasaku» sussurrò. Aveva finito con il compiere gli stessi passi di Mori. Sacrificando ogni cosa per l’Organizzazione. Era assurdo, stentava a crederlo.

«Perché sei ancora al mio fianco? Perchè sei rimasto Chhuya?» domandò con un filo di voce.

Entrambi sapevano la risposta, l’avevano sempre saputa.


 

***


 

Quando Dazai aprì gli occhi trovò il rosso ancora addormentato su di una sedia accanto al proprio letto. Aveva vegliato su di lui. Si avvicinò cauto, cercando di fare meno rumore possibile.

In quella realtà il suo alter ego aveva finito con il fare soffrire tutte le persone a lui più vicine, era davvero diventato un demone oscuro che non meritava alcuna redenzione per i propri peccati. Ripensò alle ultime parole di Odasaku, si era trasformato nell’antitesi di ciò che l’amico si era augurato per lui.

Facendo attenzione a non svegliare il possessore di Arahabaki si rivestì. C’era un’ultima cosa che doveva fare prima di tornare nel proprio mondo.


 

***


 

Essere il Boss della Port Mafia aveva anche dei lati positivi come ad esempio, l’aver sempre a propria disposizione una limousine con autista pronto a condurlo ovunque avesse voluto. C’era solo un posto che Dazai desiderava visitare ed era l’obitorio in cui avevano portato il corpo di Odasaku. Una volta a destinazione, il Boss decise di congedare tutti e di entrare nell’edificio da solo, senza scorta.

C’erano pile di cadaveri ovunque, non solo appartenenti alla Mafia ma anche di vittime civili o criminali minori. Un tempo, anche la sua massima aspirazione era stata quella di morire, poi una promessa fatta ad un amico lo aveva tenuto ancorato ancora per un po' alla vita e alla sofferenza che quella condizione comportava.

Il corpo di Oda non fu difficile da trovare. Era in una stanza isolata in fondo all’edificio. Era già stato ripulito e reso presentabile. Sembrava che dormisse. Dazai appoggiò una mano sulla fronte dell’amico. Era gelida.

«Scusami» non sapeva che altro dire. Nelle altre realtà era semplicemente arrivato troppo tardi, mentre in questa era stato lui l’artefice del tutto.

Fu allora, che una figura rimasta in quel momento nell’ombra fece la propria comparsa. Dazai per poco non prese un colpo. Mori Ougai era davanti a lui e gli sorrideva compiaciuto. Sembrava fin troppo vivo per essere un fantasma.

«Non credevo saresti arrivato a tanto per difendere il tuo potere. Avevo ragione quando dissi che mi ricordavi me stesso, ma nemmeno io sono mai giunto a tanto» e indicò il cadavere di Oda.

«Inscenare la mia morte, ergerti sul trono solo per salvare la vita di quest’uomo che tu stesso hai condannato. Ha un che di poetico» Dazai non rispose.

Era tutta una messinscena? Il suo alter ego non aveva ucciso il Boss, doveva essere stato tutto un loro piano sin dall’inizio. Chuuya aveva ragione.

«Perché quello sguardo contrariato? Non ti si addice. Hai ottenuto ciò che volevi. Hai solo sacrificato tutto ciò che avevi. Ricordi? Un vero leader è a capo di un’Organizzazione ma ne è anche suo schiavo»

«Queste sono parole che potevano andare bene con Chuuya ma non con me»

«Eppure siamo qui ragazzo mio. Sei diventato ancora più grande di ogni mia aspettativa»

«Solo chi è malvagio si aspetta il male negli altri» Mori sembrò sorpreso da quella frase, ma non smise un secondo di sorridere all’indirizzo del proprio pupillo;

«Ho sempre visto la tua vera natura Dazai. Quella che ti sei sempre rifiutato di accettare. Sei più simile a me di quanto tu stesso voglia ammettere. Guardati. Sei arrivato a sacrificare l’uomo che amavi per il potere, di che altre prove hai bisogno?»

«Io non sono così. Ho promesso a Odasaku che sarei diventato una persona migliore. Non c’è nulla in questa vita che abbia un qualche valore.» fissò nuovamente il corpo di Oda a qualche metro da lui.

«Non sono la persona che ero Boss. Un giorno mi vendicherò per ciò che mi ha fatto. Per ciò che mi ha tolto. Non potrò mai dimenticare le sue colpe» Mori parve confuso da quel ragionamento;

«Ho dato l’ordine di uccidere Odasaku. È stato un errore che non si ripeterà. Non lo permetterò.»

Lo salverò, non è ancora finita.

Lanciò un’ultima occhiata al Boss e a Oda prima di far ritorno al proprio mondo.


 

  
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