Anime & Manga > Haikyu!!
Ricorda la storia  |      
Autore: meliiiiissa    18/03/2022    3 recensioni
Satori è pazzo.
Satori è un mostro, Satori è pazzo.
Satori ama Wakatoshi, non sa se lo ama nel modo giusto, non sa se il suo amore è abbastanza, dovrebbe chiederlo a qualcuno che non è pazzo, per poterlo sapere.
Ma Satori è pazzo, e non può far altro che amare come solo un pazzo può farlo.
- - - - - - - -
UshiTen
⤜⇾ parole :: 5.035
[ TW :: menziono psicofarmaci e farmaci in generale, il disturbo bipolare di personalità e parole che si avvicinano al concetto di suicidio. non è grafica e non è quella la scena, ma se vi danno fastidio i termini, not the right work for u honey ]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Tendo Satori, Wakatoshi Ushijima
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

[ TW :: menziono psicofarmaci e farmaci in generale, il disturbo bipolare di personalità e parole che si avvicinano al concetto di suicidio. non è grafica e non è quella la scena, ma se vi danno fastidio i termini, not the right work for u honey ]

Mania è una parola che viene dal greco.

Si definisce mania un'inclinazione, una tendenza spiccata, eccessiva, che può assumere forme quasi morbose.

In botanica è una produzione smodata di organi o di formazioni da parte di un vegetale.

Mania è una parola che viene dal greco.

Chissà se n'erano accorti anche loro, di che cosa fosse.

Chissà se c'erano persone come me anche allora, chissà se mai un greco si è alzato un giorno ed è completamente impazzito nella frequenza serrata della sua testa e chissà se quando è successo tutti gli altri greci della sua polis l'hanno guardato e hanno inventato la parola "mania".

Chissà chi l'ha detto per primo.

Chissà se era qualcuno di fuori, o qualcuno dentro.

Chissà cosa facevano.

Chissà cos'è successo.

Chissà se l'hanno visto accelerato a battere i picchi della sua vita con le dita sul tavolo come succede a me di solito, se aveva gli occhi fuori dalle orbite e le parole come un fiume in piena a rotolare fuori dalla bocca, come se le stesse vomitando, come se non potesse tenersele dentro un istante di più.

Chissà se hanno sentito la sua pelle tremare, i suoi pensieri accumularsi e svanire nel giro di un istante, di uno schiocco di dita, i denti stringersi e lasciarsi andare nell'istinto di serrare la mascella in preda ad un corpo che non ti risponde più.

Chissà se poi hanno visto il dopo.

Chissà se l'hanno rivisto dopo.

Chissà.

Già, chissà.

Chissà cos'è successo, a quel povero greco che ha inventato la parola "mania".

Questa cosa, tutta questa cosa, ogni singola sua parte e ogni dettaglio minuscolo di ciò che la compone, mi ha detto il mio psichiatra quando avevo solo quindici anni, è come una curva sinusoidale.

Fa su, giù, poi su e giù di nuovo. Dopo? Dopo come prima, su e giù, su e giù, su e... giù.

Ciclotimico.

Ciclotimico significa che c'è ricorrenza.

"Sei ciclotimico se hai più di due anni di reiterazioni delle tue fasi, Satori. Da quant'è che hai questi sbalzi?"

Da tutta la vita.

Da quando ne ho ricordo.

Da quando so che cosa significhi respirare, da quando ho imparato che cosa implichi avere un corpo e una mente, da che il mondo ha iniziato a girare con me sopra.

Ciclotimico.

Io sono...

Ciclotimico.

Bipolare di tipo due, ciclotimico.

Un pazzo.

Un pazzo di quelli veri, di quelli fuori come un balcone, di quelli che eviti per strada perché chissà che cazzo fanno quando ti giri.

Folle pazzo che prende le medicine.

"Poverino" quando ci parli e "da evitare" quando ti giri, "sfortunato" quando lo vedi alzarsi e scappare dalla classe per gestirsi da solo e "amico tossico" quando devi venire in contatto coi lati più malati del suo disturbo.

Pazzo.

Satori è pazzo.

Satori è pazzo e Satori è un mostro, Satori non ci sta dentro, Satori non è una di quelle persone che vuoi nella tua vita, perché non sa affrontare il mondo, figurati se può essere l'amico che cerchi.

Satori è inamabile, Satori... Satori è pazzo.

Che cazzo ci stai a fare con un pazzo?

O sei pazzo anche tu, o vuoi sentirti meglio con te stesso, no? Non esiste l'altruismo, con un pazzo, perché come fai ad essere gentile con qualcuno che non sa dirti grazie? Come fai a sopportare la mania di un folle, se sai che tornerà e dovrai riaffrontarla da capo?

Satori è ciclotimico. Satori non starà mai bene, avrà bisogno degli stabilizzatori d'umore tutta la vita, sarà sempre bipolare, sarà sempre due anime nel corpo di una e una sfumatura a gradiente di altre mille alterazioni psichiatriche del funzionamento comune di una persona.

Satori è pazzo.

Io, sono Satori.

Io, sono pazzo.

La mania è la parte migliore di quello che sono.

La mania è l'inversione della monotonia del ramo di curva sinusoidale che sono.

Arriverà l'ipomania, dopo, arriverà poi la depressione, o se il tuo cervello decide di dare un po' di ritmo a questo valzer ballato senza musica che è la tua vita, forse anche un episodio misto.

Chissà se questo stesso non è un episodio misto.

Gli episodi misti sono come andare ad un rave party vestito per un Gala. Sono come i fotomontaggi dove accoppiano i politici e i personaggi tossici dei fumetti, come essere gay e guardare i porno che feticizzano le lesbiche.

Non lo sai, cosa stai facendo.

È tutto sbagliato.

Ma c'è, e che cosa puoi farci, poi?

Niente.

Balli, balli anche se non c'è il pavimento, anche se non hai mai imparato a ballare, anche se non hai il minimo tipo di coordinazione.

Della tua mediocre performance te ne renderai conto più avanti, tanto.

Che sei pazzo, no? Pazzo.

Sei davvero pazzo, Satori.

Amo la mania. Amo la fase maniacale.

Se sei come me, se sei un ciclotimico che non può farci niente e deve abituarsi al trascorrere inesorabile di un picco dopo l'altro, l'unica cosa che puoi fare per campare e non tuffarti di testa sull'asfalto dal quarto piano, è affezionarti a quello che hai e camminarci a braccetto.

Il mio disturbo è il mio migliore amico, cazzo.

Chi c'era quando ero da solo in depressione piena a chiedermi se anche solo respirare avesse un senso? Chi c'era quando ho accettato una pasticca a caso in discoteca con un'ora di sonno in corpo e l'adrenalina in circolo della fase maniacale più maniacale che mai mi fosse passata addosso?

C'era lui.

Il mio disturbo, piccino, lui si che c'è sempre stato.

Mi si siede sul petto e non mi lascia mai.

O imparo a conviverci, o uccido tutti e due.

Tentata e fallita la seconda strada, ho dovuto ripiegare sulla prima per forza di cose.

Amo la mania.

La mania mi fa sentire... in cima al mondo.

Sono veloce, posso fare tutto.

Penso e ripenso, parlo mentre penso e penso mentre parlo, sono così veloce, così invincibile, così grande. Il mondo è solo un burattino alla mia mercè, posso tirare i fili come voglio, tutto è mio, io sono tutto, il mio potere è illimitato.

Quando mi sento bene, in fase maniacale.

Amo la mania.

Amo le fasi maniacali.

Sono come vivere vicino ad una chiesa e sentire le campane che suonano per i matrimoni e i funerali.

No, un attimo.

Sono come suonarle, quelle campane di merda.

Io lo so, quando succedono le cose, le annuncio io, le faccio io, se non ci fossi io non ci sarebbero loro.

L'ottone risuona dello scandire della vita solo se lo decido io.

Smania.

Mania.

Velocità, accelerazione, forza.

Io sono tutto.

E non voglio non essere niente.

Mai più, mai più.

Tornerà, lo so, la mia parte razionale lo sa, perché a lei non posso mentire, lei si è aperta e fatta spazio con le unghie e con i denti mentre ballavo le mie gambette magre su una poltrona color petrolio divelta dalle unghie di qualcuno che scommetto aveva problemi di gestione della rabbia.

"Ci sono tante terapie, che puoi provare, tanti modi per provare a vivere come una persona normale."

Satori vuole vivere come una persona normale, in ipomaniacale o in predepressiva. Satori non vuole gli sbalzi d'umore quando si sveglia e si rende conto di quanti cocci ci siano da rincollare assieme per rimettere in ordine le cose, Satori vuole provarci, vuole crederci.

Ma Satori in mania?

Dio, no.

Satori in mania è pazzo.

Satori in mania ama essere pazzo.

Lo ama così tanto.

Perché far finta di essere normale? Non lo sono, non lo sono mai stato, perché dovrei far finta? La vita mi ha dato questo, perché dovrei rifiutarlo? È colpa sua se sono più forte di tutti gli altri, è colpa sua se sono migliore, se il mondo ce l'ho io in mano e non tutti gli altri.

Sono fortissimo, perché non dovrei volerlo?

Satori in mania ama il disturbo bipolare.

Odia qualsiasi cosa glielo tolga. Odia qualsiasi elemento gli riveli che non c'è niente di sano nell'essere com'è, lo odia tantissimo.

Come vi permettete?

Io sono meglio di voi.

Sono grandioso.

Che dite? Che fra una decina di giorni sarò sepolto nelle coperte di camera mia a contare i secondi sperando che ognuno sia l'ultimo? No, non può essere vero.

Io sono così meraviglioso.

Posso fare tutto.

Niente mi ridurrebbe a quel modo.

Non me ne frega un cazzo.

Satori in mania ama più se stesso di ogni altra cosa.

Satori in depressione ama l'idea di addormentarsi e non svegliarsi mai più, ama e non ama, odia e non odia, non sa che cos'ha, non ha nemmeno voglia di scoprirlo.

Satori in generale, se prendi tutto il pacchetto completo con tanto di aggiunte e componenti tecnologiche che comportano un giusto e bilanciato sovraprezzo sulla base di listino, di se stesso non è che sappia poi tanto bene cosa pensare.

È legittimo per un pazzo in un attimo di non pazzia amarsi? Che cosa direbbe il mondo? Forse direbbe che non dovrebbe odiarsi, forse che invece dovrebbe tantissimo, forse...

Non lo so come pensa chi non è pazzo.

Perché sono pazzo.

Ha senso?

Forse.

Satori in generale non sa niente di se stesso, ma sa che ama Ushijima Wakatoshi.

Sa che lo ama perché è responsabile, è dolce, calmo, paziente. Lo ama perché è bello, perché gli dà la forma d'amore maggiore che qualcuno possa mai ricevere, quella costante e inintaccabile.

Lo ama perché lo aiuta, perché lo sveglia la mattina e lo capisce prima che parli, perché non lo lascia marcire in depressiva e lo lava in silenzio senza pregarlo di sorridere, lo ama perché gli prepara la colazione in maniacale quando gli tremano troppo le mani per riuscire a versare il latte nella ciotola senza farlo strabordare.

Lo ama perché ha preso l'intero tessuto intricato e pieno di buchi che era la sua vita e ha iniziato a rammendarlo con calma. Perché non s'incazza e se ne va quando Satori lo squarcia daccapo, ma prende ago e filo e pazienza e intesse tutto dall'inizio, se serve.

Quando Satori non è pazzo lo ama, per quello che sta facendo adesso.

Ma Satori in mania lo odia, per lo stesso identico motivo.

Non puoi fermarmi.

Sono troppo forte.

Se mi fermi poi che cosa rimane di me?

Se mi fermi rimango un essere umano comune e io sono tante cose, Wakatoshi, tante, tantissime, ma non comune.

Ti odio.

Ti amerei se non stessi così.

Ma ti odio, ora, perché la mania è la cosa che amo di più e tu me la vuoi... rubare.

− Apri la bocca, Satori. –

Stringo i denti.

No.

Mettila via.

Via, via.

Rimettila nella scatola.

Figlio di puttana, rimettila dove l'hai presa.

Non è nemmeno la tua cazzo di prescrizione, non dovresti nemmeno averla in mano. Ti denuncio, ti faccio arrestare, vattene a fare in culo, ti odio, ti odio.

Scuoto la testa.

Se la scuotessi abbastanza forte si staccherebbe dal collo.

Sono così forte che potrei davvero farlo.

− Ti prego, Satori, apri la bocca. –

Eccola, che mi guarda.

Tu sei il mio nemico, lo sai.

Tu sei il mio nemico nella forma di una capsula di gelatina alimentare, di un colore blu che ricorda quello dei ghiaccioli all'anice che prendevo al mare da piccolo.

Mi va un ghiacciolo all'anice.

Lo vorrei.

Mi piace il sapore.

Dove lo compro?

Forse al supermercato.

Forse...

− Se vuoi apro una Monster, così la mandi giù più facilmente. –

− Tieni quella merda lontana da me. –

Litio.

Sali di litio.

Lo stabilizzatore umorale più comune, uno dei più efficaci, controlla dal sessanta al settanta per cento degli episodi bipolari acuti che si presentano in un ciclotimico.

Vuoi mettermi il cappio al collo.

Vuole soffocarmi.

Non puoi.

Non te lo permetterò.

Mai, mai, mai.

Sono pazzo, ma voglio essere pazzo. Amo essere pazzo, perché tu no? Non mi ami, pazzo? Non mi vuoi?

− La devi prendere, Satori. –

− Ti ho detto di tenerla lontana da me, cazzo! –

Ho la schiena schiacciata contro il muro, il culo sul letto che è, nella mia stanza, schiacciato alla parete.

Ho le gambe nude, solo le mutande addosso, il lenzuolo è un casino a metà fra il materasso e il pavimento, le unghie affondano sulle cosce, le spalle tremano, la testa è premuta indietro.

Sembro pazzo.

Sono pazzo.

Satori è pazzo.

Come puoi non amarlo?

Come puoi volerlo fermare?

Ho la voce più alta del solito, le parole si mangiano le une con le altre come uno di quei cobra che si nutre di altri serpenti e sembra un uroboro che qualcuno ha affettato con un coltello proprio nel mezzo.

Si azzannano la coda.

Si schiacciano tutte l'una contro l'altra.

− Satori, per favore. –

Ushijima non è pazzo.

Lui è sempre bello, perché non è pazzo.

È alto, imponente, in piedi nel mezzo della stanza, la pasticca pinzata fra le dita.

Sarai anche più forte fisicamente, ma se volessi sporgermi e tirare la tua mano verso di me, te la strapperei dal busto, perché sono invincibile.

Sono invincibile.

Sono...

Fa un passo, poi un altro, mi si avvicina.

Se mi butto indietro lo sfondo, il muro? Magari rimango nel mezzo.

Devo scappare, devo andarmene, lui vuole uccidermi.

Vuole uccidere questo Satori.

Ti odio.

Cazzo, quanto ti odio.

Arriva al bordo del letto, lo vedo cercare di respirare.

Riempie i polmoni, li svuota.

Sei scarso, se hai bisogno di farlo.

Io non lo faccio.

Io potrei vivere anche non respirando, perché sono forte, sono fortissimo.

Il mio petto si muove ma non è perché sto ansimando, no. E anche lo fosse potrei fermarmi, se volessi, quindi non vale.

Non vale.

No, non vale.

Voglio leggere un libro.

Se mi mettessi a leggere adesso potrei finire un libro di duecento pagine in un quarto d'ora.

Sono così...

− Satori, guardami. –

− Non voglio. –

− Ti prego, guardami. –

Alzo lo sguardo verso di lui.

Non sembra felice.

Perché non lo è?

Io sto bene, perché non è felice?

Egoista.

Lo odio.

Ti odio, ti odio, ti odio, cazzo, quanto ti odio.

− Va tutto bene, Satori, ti serve, ti fa bene. –

− Non mi fa bene. –

− Ti fa bene. –

Non è vero.

Menti, tu menti.

Chi è che vuole uccidermi?

Sei tu? È il governo? Ti manda mia madre, gli alieni?

Esistono, gli alieni?

Secondo me esistono, ma se esistono non sono verdi. No, me li vedo più... viola. Sì, il viola è un colore da alieni, totalmente.

Parlano?

In che lingua?

Esiste il concetto di lingua?

Magari sono telepatici.

Eh no, però, così è fantascienza.

Magari...

Ritraggo la gamba quando sento la mano che ci si appoggia sopra.

La tiro indietro come se potessi farmela rientrare nel corpo, sobbalzo con tutto il corpo, rimango appeso a metà dell'aria.

Almeno, mi sembra.

Mi sembra di fluttuare.

Di fluttuare nervoso, però.

Perché tutto trema?

O forse tremo io?

Ma se tremano i miei occhi è perché tremano le pupille o perché trema la testa? Magari tremano tutti e due ma in sensi diversi, magari c'è un riverbero strano che mi fa sentire...

− Satori, Satori concentrati sulla mia voce. –

− La odio, la tua voce di merda. Vattene, vattene via. –

− Satori, ti imploro. –

Sono fortissimo ma non so come reagire quando mette un ginocchio sul materasso.

Lo spingo via?

Se cade, muore?

Se cade, scompare?

Le lo spingo gli apro la cassa toracica?

Le mie mani spunteranno fuori dall'altra parte?

Apro i palmi sulle sue spalle, lo allontano.

Ma non funziona.

Non funziona quando si mette in ginocchio di fronte a me sul letto e mi si avvicina di più, sempre di più.

Perché non cadi?

Perché non cadi e batti la testa e te ne vai per sempre?

Perché sei così forte?

Sono io che sono debole?

Magari è... di sicuro, di sicuro è un'illusione.

Non può resistermi.

Ci riprovo, le cose non cambiano di una virgola.

Ushijima mi arriva addosso, mi stringe contro il muro.

Trema anche lui?

O tremo io addosso a lui così forte che non riesce a star fermo?

Non riesco a respirare.

Vattene.

− Apri la bocca. –

Devo tenere i denti stretti.

Se li stringo troppo si sfondano?

Magari si mordono a vicenda.

I denti si addentano a vicenda, denti su denti, denti e denti.

Deontologico.

No, non c'entra un cazzo.

Satori in mania ride da solo, di questo, perché fa ridere, no? Fa super ridere, le associazioni verbali e libere dei pensieri sono divertentissime, quando sei una fornace di idee.

− Satori, ti prego, non costringermi a fartela aprire, per favore. –

− Non potresti mai. –

− Ti prego, ti prego. –

Alza una mano, la mette sulla mia spalla, accarezza il collo.

Quando si avvicina alla mia mascella capsico cosa vuole fare.

Se preme nella giunzione della mandibola e la mascella con sufficiente forza, la mia bocca si aprirà da sola. Ma non può, no?

Non può.

Sono troppo forte.

Io...

E se potesse?

E se riuscisse e mi desse la capsula e Satori in mania venisse spazzato via come la scritta di un tredicenne coglione fatta col bastoncino sulla spiaggia d'estate?

Non può.

Ma se potesse?

No, non può.

Forse invece sì.

Che cosa...

− Ti amo, Satori, ti amo tanto. Ti prego, fa' come ti dico, ti prego. –

− Ti odio, cazzo! –

Il mio corpo si restringe e si espande di nuovo. Mi sembra di non essere nemmeno reale, di oscillare fra due dimensioni, come se il mondo fosse un blocco di carta copiativa tutta trasparente ma stranamente oleosa su cui posso spostarmi.

Sopra, sotto, piccolo e grande, minuscolo, enorme.

Guardami attraverso, tanto mica lo sai a che livello sto, su che pagina mi sia spiaccicato, non puoi capirlo.

Tutti i fogli sono perlacei e visibili.

Ma non puoi ritagliarmi, se non sai dove sono.

Mi perdo nei miei stessi pensieri così tanto che cerco di uscirne muovendomi.

Aggrappo le mani sulle spalle di Wakatoshi, le lascio scivolare verso i bicipiti nudi.

Stringo.

Ti fa male?

Ti fa male se ti affondo le unghie sulla carne?

Ti fa male, vero?

È per questo che piangi, vero?

Perché ti fa male.

Se spingo più forte ti stacco la carne dall'osso.

Voglio vedere il sangue.

Voglio...

− Tu vuoi uccidermi. Non te ne rendi conto? Vuoi uccidermi. Quando poi starò una merda per quella medicina e vorrò suicidarmi, tu che cazzo farai, eh? Mi dirai che mi ami? –

− Ti prego, Satori, ti prego, ti prego. –

− Vuoi ammazzarmi. Non è vero che mi ami, tu mi odi. Se mi amassi non mi faresti questo. –

− Ti prego. –

C'è del rosso sulla sua carnagione.

Ho premuto così forte le dita che è davvero uscito il sangue.

Non è tanto, fa giusto capolino dalle mezzelune.

Ricomincio a premere le dita sullo stesso punto.

− Non hai idea di quello che mi stai facendo, Ushijima. Di quanto mi fai soffrire. –

− Satori, ti prego. –

− Non sai dire altro, cazzo? Non sai dire altro? –

Porto in avanti la testa e poi indietro di botto, la sbatto forte contro il muro.

Il dolore mi rende lucido, mi dà forza.

− Mi ammazzo se mi dai quella pasticca, Wakatoshi. –

Gli cadono le lacrime sul viso una dopo l'altra ma non singhiozza, o se lo fa, lo fa nell'istante di buio dell'accelerazione della mia mente, quando tutto si chiude e si riapre per permetterle di non fermarsi mai come gli occhi che si chiudono per non seccarsi, e non lo noto.

− Mi ammazzo. –

− Non lo farai, andrà tutto bene. –

− Ti odio, cazzo! Perché non te ne vai? Ti odio, ok? Ti odio! –

China la testa verso di me, appoggia la fronte contro la mia.

Ti tirerei una testata, ma non ho lo spazio per farlo, ho la nuca schiacciata contro il muro e non mi lasci l'aria di farlo.

Se spingo più forte le dita contro la tua pelle ti aprirai e morirai, lo so.

Ti uccido.

Perché tu vuoi uccidere me.

Mi odi.

Perché mi odi?

Come puoi odiarmi?

Chi mai mi odierebbe?

− Mi stai facendo male, Satori. –

Alle braccia?

Al cuore?

Spero ad entrambi.

Ti odio, ti odio.

Ti odio.

Ti odio così tanto.

− Vattene, allora. –

− Non lo farò mai. –

− Vattene, ti odio. Mi ammazzi, mi ammazzi, mi stai ammazzando, non lo vedi? Crepa, vattene, ti odio, ti odio, ti odio, io ti o... −

Quando riprendo fiato per parlare, muove un braccio.

Come fa ad essere così forte?

Lo sposta e scaccia via le mie unghie piantate sulla carne come se non fosse neppure difficile farlo, sale con il palmo verso la parte bassa del mio mento, lo incastra al muro.

Mi strozzi.

Così mi strozzi.

Vuoi strozzarmi?

Vuoi finirmi così?

La pasticca era una scusa, di' la verità.

Era una scusa, tu volevi strozzarmi.

Volevi uccidermi e strozzarmi.

− Non voglio farlo, perdonami. Scusami, Satori, ora la smetto, ci vuole solo un attimo. –

Parla piano, come se stesse cercando di domare una belva.

Mi strozzi.

Così mi strozzi.

Fammi respirare.

Devo respirare.

Apro la bocca per respirare.

Non voglio, non voglio farlo, ma si apre da sola, la bastarda, e ci provo a chiuderla, ma non faccio in tempo.

L'altra delle sue mani mi arriva di fronte alla bocca.

Sento la consistenza della capsula sulla lingua, cerco di tenerla lì, di non farla scendere, ma la gelatina alimentare che la tiene insieme inizia a sciogliersi e il sapore è cattivo, mi fa schifo, ho troppa saliva in bocca, non respiro, non riesco a respirare, mi strozzi, mi ammazzi, non uccidermi, ti odio, ti odio, ti odio cazzo, io ti...

Lascia andare.

Il riflesso naturale è quello di tirar dentro l'aria.

Tiro dentro l'aria.

Tutto quello che ho in bocca scende.

La pasticca scompare.

S'incastra nella gola e scende, scende, scende.

Va giù.

Va...

Non è tanto l'effetto del farmaco, l'effetto del farmaco è costante, nel mio corpo. Io il litio lo prendo da quasi due anni tutti i giorni, e quattro compresse le ho tirate giù solo ieri.

Non è il farmaco.

È la mia testa.

La mania di questo Satori, la mania quella cattiva, quella del mio cervello che cerca e batte ogni angolo del campo di battaglia per trovare un solo, singolo nemico vivo e finirlo, non è la chimica scombinata dei miei neuroni pazzi.

È il rimasuglio dei quindici anni non trattati di prima.

È...

Pura follia.

Pura follia che il mio cervello spegne quando la pasticca va giù.

Come un placebo, alla fine, come un placebo.

Non era vera mania.

Era...

Io non lo so, cos'era.

Mi succede, qualche volta.

Lo psichiatra dice che è come se il mio corpo tentasse di ricordare gli unici momenti in cui mi voglio bene, qualche volta, e mi facesse impazzire tutto d'un colpo.

Bastano le medicine.

Le medicine che mi ricordano che mi sto trattando e curando e che non sono più quello.

Ma...

Mi spengo.

Il mio corpo diventa di burro, le dita rigide scivolano, la mandibola mi fa male da quanto forte l'ho stretta, la nuca pulsa e la schiena brucia, gli occhi sono pesanti.

Mi lascio andare.

Wakatoshi mi stringe, scende con me sul letto, lascia che metta la testa sul suo petto e ascolti il battito del suo cuore.

Che cosa ho fatto?

Non so se me lo ricordo.

Io...

Faticoso, è faticoso.

Ho preso la medicina, ora è tutto finito.

Chi ero un attimo fa? Non lo so, non me lo ricordo.

Perché la mia testa è così vuota?

Ho sonno, tanto sonno.

Forse non sono davvero in maniacale, forse sono in depressiva. Forse...

− Ti amo tanto, Satori. –

Sbadiglio.

Vorrei dire anch'io, ma non riesco.

Non lo so, se ti amo.

Mi sembra di ricordare che non lo facessi, venti secondi fa, ma ora mi pare di sì, quindi non lo so, Wakatoshi, non lo so proprio.

Però sentirmelo dire è piacevole.

Mi stringo verso la fonte di calore, chiudo il mio corpo in se stesso, mi godo il silenzio spaventoso che invade la mia testa.

Non ci sono più nemici da finire, ora la battaglia è conclusa.

Ma ho vinto? Ho vinto e guardo gli sconfitti dall'alto?

O ho perso e sono a terra finalmente ucciso a godermi la pace del sonno eterno?

Non lo so.

Non lo... non lo so.

Satori è pazzo.

Satori si addormenta, ma non è meno pazzo quando lo fa.

Satori è pazzo, povero, Satori è pazzo davvero.

Ma Wakatoshi lo ama anche se è pazzo, e non lo molla anche se il sangue gli cola dalle braccia e le lacrime non hanno smesso di scendere, perché lo sa, Wakatoshi, che Satori è pazzo, ma non per questo ha intenzione di muovere un passo.

Satori è pazzo.

Ma non è solo, anche se è pazzo.

E non sa neppure lui dire perché.

Mi sveglio dopo un po' completamente rincoglionito.

Sono addosso a 'Toshi che mi abbraccia e ancora ha gli occhi chiusi contro il cuscino.

Lo guardo dormire e sorrido, è così bello, quando dorme. Ha la bellezza dei re, lui, quella fiera e d'acciaio che fa un po' paura e un po' tremare le gambe.

Mi fa male tutto, credo di sapere cos'è successo.

Chiudo una mano contro una delle sue guance e sporgo il collo verso di lui, sfioro le sue labbra con le mie.

Il letto è un disastro, sono sudato, ho i muscoli intorpiditi.

Mi accoccolo di più contro di lui, cerco di fargli sentire la mia presenza anche se dorme, perché... perché vorrei che la sentisse.

Non credo fosse una mania.

Era un episodio misto.

Sono gli unici che non possono essere previsti e non controllati con i medicinali che prendo ogni giorno, perché sono randomici, casuali, inaspettati ogni volta.

Alzo una mano verso una delle sue braccia, ci lascio passare sopra le dita.

Quattro segni che sembrano buchi fatti da aghi grossi e spessi si adagiano in un arco sulla sua pelle liscia, c'è sangue raggrumato attorno.

Lo guardo meglio

Sale, sale sul suo viso, sulla rima cigliare inferiore dei suoi begli occhi chiusi.

− Non so che cosa ci fai ancora con me, Wakatoshi. –

La mia voce è un sussurro, quando la uso. Raschia sul fondo come se l'avessi usata per urlare e credo di averlo fatto, è un po' affaticata, un po' stanca.

− Chi te lo fa fare? –

Non risponde.

Ha il sonno pesante.

− Se decidessi di andartene e lasciarmi qui con la mia merda, avresti solo ragione. –

Mi avvicino di nuovo, lo bacio ancora.

Che cosa ti ho fatto?

Che cosa ti costringo a fare?

Oh, Wakatoshi, che cos'hai fatto tu di male alla vita per innamorarti di qualcuno come me? Mi dispiace così tanto, davvero, così tanto.

− Scusami, non volevo. Ma che te lo dico a fare, l'hai vissuto anche se mi scuso. –

Ha le sopracciglia aggrottate, come se avesse un pensiero pesante e costante nella testa.

Quando ti sveglierai andremo a vivere la nostra vita fuori di qui, no? Non sarà successo niente, non diremo niente, saremo noi stessi come siamo noi stessi ogni giorno.

Ma mi sembra di scavarti dentro, di corroderti come la pioggia acida sulla roccia.

− Se fossi un uomo coraggioso ti avrei già lasciato, Wakatoshi. Non ti meriti tutto questo. –

Intreccio le dita con le sue.

Forse sotto sotto spero che si svegli, che mi dica che non è vero.

Ma Satori è pazzo, non è scemo, Satori sa qual è la verità, Satori non mente.

Non si sveglierà, e lo facesse per negare starebbe dicendo una bugia, perché l'unica cosa che Satori sa, è che l'amore che Wakatoshi gli dà, lui non potrà mai restituirlo indietro come vorrebbe.

− Spero che quando troverò il coraggio di liberarti tu non sia troppo avvelenato per correre via da me. –

Bacio la sua fronte, il ponte del suo naso.

− Ti amo, Wakatoshi. Forse non abbastanza, ma ti amo come posso. Vorrei che mi perdonassi per... averti coinvolto in tutto questo, ma non potrai mai. –

Nel sonno, di riflesso, mi stringe a sua volta.

Non è una persona serena, non lo è, le persone serene non dormono col viso pieno di sale e le ferite sulla pelle.

Non credo neppure sia felice.

Ma... ma Satori non lo vorrebbe in nessun altro modo e quanto si sente in colpa per questo non saprebbe nemmeno come dirlo, perché sa che amarlo è una rovina, ma ama essere amato, anche se farlo è un atto di puro odio verso se stessi.

− Mi odio e ti amo. Se fossi sveglio mi chiederesti come sia possibile, ma non saprei che cosa risponderti. So che è così. So che fa schifo. –

Chiudo le labbra in un bacio che gli lascio sul viso.

Satori ama e odia, ma sa mentre lo fa che anche Wakatoshi ama e odia come lui.

Satori è pazzo, ma non pazzo abbastanza per pensare che Wakatoshi non lo lascerà mai. Satori è pazzo ma sa che Wakatoshi non lo è, che non lo sarà mai, che non dovrà mai esserlo.

Satori è pazzo.

Satori ama l'amore, ma lo odia anche.

Non sa cosa fare.

Non è tipico dei pazzi, però, scegliere del proprio futuro.

Chiudo gli occhi.

Lo stringo ancora più forte.

− Grazie. – sussurro al silenzio.

Non mi risponde.

Satori è pazzo.

Sarà pazzo anche domani, e sarà pazzo anche quando non sembrerà esserlo.

E Wakatoshi sarà normale anche quando Satori sarà pazzo, soffrirà ancora, piangerà ancora, lo amerà così tanto che poi l'amore non sarà amore, sarà odio, sarà tutto e niente insieme, non lo saprà.

Wakatoshi diventerà pazzo, amando e odiando insieme?

Satori non lo sa.

Satori non sa nemmeno se lo vuole.

Non sa se gli piacerebbe vederlo perdersi assieme a lui, averlo nella rovina di attaccargli la pazzia addosso, di cucirgliela come una veste su misura.

Non sa se preferirebbe davvero vederlo scegliere la felicità lontano da lui.

L'amore è lasciarsi andare?

L'amore è amarsi e amare, o odiarsi e amare, o odiarsi e odiare?

L'amore, come dovrebbe essere?

Dovrebbe chiederlo ad una persona sana, Satori.

Ma non può, e ama come ama un pazzo.

Perché Satori è fatto così.

Satori è come è.

Satori è pazzo.

E ama come solo un pazzo potrebbe amare.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: meliiiiissa