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Autore: futacookies    19/03/2022    2 recensioni
{bakudeku}
5 volte in cui Bakugou sta per battere Deku, e una in cui non ha importanza.
«Che c'è, Deku? Non riesci ad accettare la sconfitta?»
Izuku non ebbe nemmeno il tempo di rispondere con la parolaccia che aveva pronta sulla lingua che Kacchan continuò, imperterrito, fissandolo con la sua aria di vittoria.
«Certo che sei proprio carino quando metti il broncio. La prossima volta che ti batto, ti do un bacio.»
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per Vicchan

 

NdA: scritta per la quarta settimana del cowt-12 indetto da Lande di Fandom con il prompt: “interruzione”. Il titolo viene dalla canzone “Carrefour Express” di Ditonellapiaga. 

Buona lettura!


 

 

Se vinco a testa o croce

(me lo dai un bacio?)


Izuku si asciugò la fronte sudata con il bordo della maglietta - aveva passato tutto il pomeriggio ad allenarsi con Kacchan e adesso era stanco, dolorante e aveva l'immediata necessità di farsi una doccia. Ma, più di tutto, era impegnato a tenere su il suo broncio da sconfitta, perché, gli toccava proprio ammetterlo, Kacchan l'aveva steso. Messo al tappeto. Distrutto. Non se la sentiva di escludere l'ipotesi di fare un salto da Recovery Girl per assicurarsi di non aver subito alcun tipo di danno permanente. E cosa aveva fatto lui a Kacchan? Neanche un graffio. Okay, forse quella era un'esagerazione, perché di certo non era andato giù senza combattere, ma il ghigno trionfante che aveva stampato in volto era per Izuku la chiara conferma che qualunque cosa avesse fatto non fosse stata abbastanza. Forse avrebbe dovuto iniziare ad essere più cattivo, che altrimenti Kacchan si sarebbe montato la testa e avrebbe cominciato a pensare seriamente di essere in grado di batterlo in uno scontro equo - perché, doveva ammetterlo, Kacchan dava il 100% ogni singola volta, e lui proprio non se la sentiva di spaccargli la faccia con un pugno ben piazzato, sebbene, sia chiaro, avrebbe potuto.

«Che c'è, Deku? Non riesci ad accettare la sconfitta?»

Izuku non ebbe nemmeno il tempo di rispondere con la parolaccia che aveva pronta sulla lingua che Kacchan continuò, imperterrito, fissandolo con la sua aria di vittoria.

«Certo che sei proprio carino quanto metti il broncio. La prossima volta che ti batto, ti do un bacio.»

Izuku si strozzò con la sua stessa saliva, e fissò la nuca arrossata di Kacchan come se fosse uscito completamente di testa. Un- l'aveva detto davvero. Un bacio. Gli avrebbe dato un bacio. Sospirò violentemente e fissò con intensità un punto a caso nel vuoto della palestra in cui si trovavano, per evitare di pensarci troppo e scoppiare lì sul posto. La prossima volta che l'avrebbe battuto, Kacchan gli avrebbe dato un- non poteva nemmeno articolare il pensiero. Deglutì un paio di volte, mentre Kacchan varcava allegramente le porte degli spogliatoi, come se non avesse appena detto un'enormità, come se non avesse davvero importanza. Ma l'aveva - eccome, se l'aveva. Izuku voleva quel bacio. Lo voleva disperatamente, e se una sconfitta era tutto quello che ci sarebbe voluto, allora si sarebbe lasciato sconfiggere ad ogni costo.

 

[1]

 

Katsuki non riusciva a non pensarci. Gli aveva proprio detto- dio, che idiota che era. Gli aveva proprio detto- aveva proprio detto a Deku, di tutte le persone- che gli avrebbe dato- che l'avrebbe baciato. Ah. Non credeva che sarebbe sopravvissuto. Il silenzio che era seguito era stato così lungo e imbarazzante che per un attimo si era convinto che la terra sotto i piedi di Deku si fosse spalancata e l'avesse inghiottito - e, a giudicare dalla faccia dell'idiota, completamente persa nel vuoto, forse un evento del genere non gli sarebbe nemmeno dispiaciuto.

Be', non c'era niente di male, in fondo. Già. Deku non poteva proprio giudicarlo. Proprio per niente. Anche perché non sarebbe stata la prima volta che si baciavano. Era già successo. Già. Una volta in cui qualcuno, non si ricordava nemmeno chi, tra i loro compagni di classe, aveva portato delle birre nel dormitorio ed erano tutti un po' alticci e poi - e poi qualcun altro aveva proposto uno stupidissimo gioco, era stato costretto ad ammettere di non aver mai baciato nessuno e avevano sfidato Deku a baciarlo, così almeno non sarebbero finiti a competere anche per quello. E Deku - Deku con le guance in fiamme e gli occhi lucidi e l'alito che puzzava di birra - si era alzato, era andato verso di lui, e a Katsuki era sembrato che ci avesse impiegato secoli, a raggiungerlo e poi si era seduto, proprio di fronte a lui, gli aveva afferrato la nuca con le sue mani sudaticce e gli aveva stampato un bacio a fior di labbra, che aveva poi generato una serie di ululati e fischi e tifo da stadio. Mezzo e Mezzo, quel pezzo di merda, aveva cacciato fuori il telefono per immortale il momento e gli aveva poi mandato la foto. Katsuki gli aveva detto di averla cancellata - ma in realtà non ne aveva avuto il coraggio e quindi l'aveva seppellita in meandri reconditi della memoria del suo cellulare, promettendo a se stesso che un giorno, eventualmente, sarebbe riuscito a sbarazzarsene.

Quindi sì, lui e Deku si erano già baciati. Farlo di nuovo non avrebbe cambiato nulla. Erano solo parole di sfida, buttate lì per caso, per prenderlo in giro, perché Katsuki gliel'aveva pure detto, che era carino, con il broncio concentrato che sfoggiava ogni volta che perdeva uno dei loro scontri, già perso ad analizzare ogni sua mossa, intento a chiedersi dove lui avesse sbagliato e cosa potesse migliorare per la prossima volta, pensando a cosa fosse necessario trascrivere tra i suoi stupidi appunti e cosa, invece, fosse superfluo. Era proprio carino e lui aveva avuto abbastanza stomaco da dirglielo, perché lui era Katsuki Bakugou e di certo non si lasciava intimidire dal sentimento senza nome che gli stringeva lo stomaco in una morsa ferrea ogni volta che gli capitava di incrociare lo sguardo di Deku.

'Fanculo Deku. Era stato un impulso del momento, e probabilmente lui era l'unico così scemo da starci ancora a pensare. Con ogni probabilità Deku non ci aveva riflettuto a lungo, l'aveva bollata con la sua solita spacconeria ed era andato avanti con la sua vita. Sì, si disse Katsuki, rigirandosi vagamente a disagio tra le sue coperte, era andata proprio così - adesso poteva continuare tranquillamente la sua vita e pensare in quanti altri modi avrebbe potuto annientarlo per dimostrargli che lui era, ovviamente, il migliore tra di loro. Non di certo per riscuotere il suo bacio.

 

Il mattino dopo Katsuki sentiva di non essersi riposato appieno, il che era di per sé già una prima sconfitta, perché Deku, seduto di fronte a lui al tavolo della colazione, sembrava sprizzare energia da tutti i pori. Sembrava proprio, notò con un certo disappunto, che non stesse più nella pelle.

«Ma che hai, stamattina?», sbuffò, lanciandogli una mollica di pane in fronte.

Deku non si accorse nemmeno dell'accaduto, continuò a cambiare posizione sulla sedia e a lanciargli sguardi colmi di attesa che lui proprio non era in grado di decifrare. Poi si irrigidì.

«Non abbiamo mica lezione con All Might, oggi?», chiese.

Quando vide che Deku, perso nella sua testa come di solito era, non l'aveva nemmeno sentito, per un attimo valutò di chiedere conferma a qualcun altro, perché tra i suoi appunti non c'era proprio un bel niente, su una lezione con All Might, e lui non era mai assente, quindi non poteva essere stata annunciata da Aizawa-sensei mentre erano in classe. D'altro canto, visto il rapporto schifosamente privilegiato con All Might di cui Deku godeva, non escludeva che ci potesse essere qualcosa di cui l'avesse lasciato all'oscuro - e se c'era una cosa che odiava, era lo svantaggio dato dalla mancanza di informazioni. Avrebbe potuto tirargli un calcio da sotto il tavolo, giusto per scuoterlo da qualunque fantasia gli stesse impedendo di concedergli cinque minuti di attenzioni, poi però Deku si riscosse, da solo, e gli lanciò uno sguardo divertito.

«Ti sfido-», annunciò, mentre già attivava il full cowl, maledetto figlio di puttana, questo era imbrogliare, «a chi arriva primo in classe.», terminò, appena prima di sparire dalla sua vista.

Katsuki pronunciò una parolaccia irripetibile e afferrò il suo zaino. Gli altri, chiaramente abituati a questo lato del loro rapporto, non li degnarono nemmeno di uno sguardo.

C'era una sola regola, quando si rincorrevano in questo modo: niente quirk nei corridoi della scuola, e questo soltanto perché erano finiti in punizione così tante volte per aver travolto altri inutili studenti che alla fine non ne valeva la pena. Quindi, appena varcò il portone della scuola, cominciò a correre a tutta forza, spinto dal fatto che Deku, una volta privato del suo quirk, non era poi più veloce di lui. Infatti, eccolo lì, sfigato, riusciva già a vederlo, i secondi di vantaggio che si era ignobilmente guadagnato mica l'avevano portato lontano, la sua schiena si faceva sempre più vicina, sentiva già il suo respiro pesante, eh, era già stanco morto mentre lui, ovviamente, perché era più forte di Deku, non aveva nemmeno ancora iniziato a sudare.

Riusciva già a vedere la porta della classe, alla fine di un corridoio particolarmente lungo ed ecco, finalmente lo stava superando, ancora un passo, ancora un altro, l'ultima spinta così poi l'avrebbe battuto e-

Se non fosse stato spinto dalla memoria muscolare e da una sete di vittoria più forte del suo imbarazzo, probabilmente avrebbe frenato, si sarebbe fermato sul posto e peggio sarebbe inciampato sui suoi stessi piedi, perché adesso battere Deku non significava soltanto aggiungere un'altra, vittoriosa tacchetta all'albo dei suoi trionfi. Oh, no. Significava anche- be', in fondo gliel'aveva detto, no, cos'altro avrebbe significato? E Deku se lo ricordava? L'aveva sfidato proprio per quello? O forse se n'era già dimenticato? Ma Deku non si dimenticava mai nulla, era in grado di recitare a memoria conversazioni avvenute anni fa, ti sapeva dire cosa avevi mangiato a colazione fino a due settimane prima, era in grado di spiegarti in ordine alfabetico ogni singolo colpo mai sferrato da All Might, con date allegate e motivazioni che l'avevano spinto ad agire in quel modo e a volte anche piccole schede con dati sui villain. Non c'era davvero modo che l'avesse rimosso. Quindi voleva-

Non era detto che lo volesse, però. Cioè, magari se lo ricordava, magari non l'aveva preso sul serio, o magari sì, ma di certo non avrebbe voluto perdere. Deku non lo sfidava ad alta voce davanti a tutti i loro compagni soltanto per poi perdere - soltanto per un bacio. Quindi Katsuki avrebbe dovuto farsi meno pippe mentali e avrebbe piuttosto dovuto concentrarsi sulla vittoria, che era giusto a pochi passi, eccolo, sì, già si sentiva vincitore e-

«Giovane Bakugou.»

La voce di All Might, che era appena uscito dalla loro classe, lo bloccò sul posto. Deku, che lo stava raggiungendo, si fermò giusto accanto a lui. All Might li osservò con gli occhi ridotti in due fessure. Maledetto Deku, avevano davvero lezione con All Might e non gli aveva detto niente, adesso era tutto in disordine, avevano fatto una figuraccia, oh, ma gliel'avrebbe fatta pagare, oh, se gliel'avrebbe fatta pagare. Avrebbe fatto meglio ad esercitarsi a dormire con un occhio aperto, anzi, con entrambi gli occhi aperti, perché Katsuki era convinto che un Deku sveglio avesse ben poche speranze contro la furia con cui l'avrebbe travolto, figuriamoci un Deku mezzo addormentato.

«Giovane Midoriya.», continuò All Might, spostando il suo sguardo su Deku. «Stavate correndo nei corridoi.», notò.

«Be', sì.», concesse Deku, tra un respiro affannoso e l'altro. «Ma senza quirk!», protestò.

«E questo dovrebbe tranquillizzarmi? Pensavo che Aizawa-kun fosse stato abbastanza chiaro, l'ultima volta: non si corre nei corridoi. Potreste farvi male o peggio- potreste fare del male ai vostri compagni.»

Sospirò e Katsuki si sentì immediatamente a disagio. Se ci fosse stato un qualunque altro insegnante, questa ramanzina non l'avrebbe minimamente toccato. Ma si trattava di All Might e quindi restò in silenzio mentre assegnava a lui e Deku il compito di pulire la classe ogni giorno per una settimana, al termine delle lezioni.

La beffa più grande, però, l'ebbe nel momento in cui permise di loro di entrare in classe: nel banco in ultima fila, Coda di Cavallo li salutò con un sonoro "Buongiorno!", mentre finiva di sistemare i suoi quaderni. Erano stati battuti.

 

[2]

 

«Oi, sfigato.», lo chiamò, mentre era impegnato a spazzare tutte le cartacce che si erano accumulate tra i banchi nel corso di una giornata di lezioni.

Izuku sollevò appena lo sguardo, per fargli capire che l'aveva sentito.

«Quello di oggi vale come pareggio.», borbottò Kacchan, mentre sistemava in ordine le sedie e i banchi. «E in più, dovrai pagare pegno perché sapevi della lezione con All Might e te lo sei tenuto per te.», fece una pausa, uno tch sdegnoso che risuonò dalle sue labbra, seguito da un idiota altrettanto sdegnoso.

Izuku gli rivolse uno sguardo confuso.

«Ma che ne potevo sapere che ci sarebbe stato All Might?», protestò con un lamento.

«Non lo sapevi, eh? E allora come mi spieghi tutta l'eccitazione di stamattina?»

Ah.

Be', non c'erano santi in cielo che gli avrebbero potuto strappare una confessione del genere. Nemmeno l'offerta di una figurina di All Might vintage e in edizione limitata avrebbe potuto convincerlo. Oddio, se fosse stato proprio un cimelio rarissimo forse avrebbe potuto valutare di fare un'eccezione, in linea di massima, ma- no. No, lui non avrebbe parlato. Lui era una tomba. Perché non era estatico al pensiero che Kacchan avesse, meno di ventiquattro ore fa, detto che la prossima volta che l'avrebbe battuto avrebbe reclamato un bacio come premio. Be', non l'aveva detto esattamente così, ma alle orecchie di Izuku ovviamente era sembrato qualcosa di completamente diverso da quello che era uscito dalla bocca di Kacchan.

Quindi quella mattina, dopo una notte in cui aveva pensato a tutte le attività in cui avrebbe potuto sfidarlo, tutte sfide che si sarebbe impegnato a perdere con la massima dedizione, perché lui lo voleva disperatamente, quel bacio, era naturale che non stesse più nella pelle. Certo, il fatto che Kacchan fosse stato così scontroso l'aveva un po' scoraggiato, appena appena, e aveva passato la maggior parte delle ore di lezione a riflettere sul fatto che forse era soltanto una presa in giro, che non era davvero serio, che voleva soltanto gustarsi la sua reazione imbarazzata, e alla fine era arrivato alla conclusione che Kacchan diceva un sacco di stronzate, okay, ma non parlava mica per dare fiato alla bocca. Solitamente, se diceva qualcosa, lo intendeva per davvero. Quindi, la prossima volta che l'avrebbe battuto - la prossima volta che Deku si sarebbe lasciato battere, perché altrimenti ci sarebbero potuti volere anche mesi, chi lo sapeva quando ce l'avrebbe fatta di nuovo - Kacchan gli avrebbe dato un bacio. Un vero e proprio bacio, con tutti i crismi, perché Kacchan non era il tipo che arronzava, un bacio come si deve, non quella mezza schifezza da ragazzini sbronzi che avevano avuto qualche mese prima.

«Oi, Deku, rispondimi.»

Giusto. Doveva rispondergli. Doveva rispondere anche con qualcosa di convincente, perché Kacchan non era mica un idiota, non si sarebbe bevuto la prima scusa che gli passava per la mente.

«Io-», iniziò, legando le buste dell'immondizia. «Io-», continuò, trascinando un po' la o per recuperare tempo, «ero molto contento per le lezioni con All Might?»

Il crepitio che venne dalle mani di Kacchan gli suggerì che quella, in fondo, era la risposta sbagliata.

«AH!», strepitò Kacchan, marciando verso di lui e afferrandogli il colletto della camicia, «Quindi mi hai mentito?»

Izuku deglutì. Così vicino, oltre alla sua espressione maledettamente corrucciata, riusciva a vedere ogni dettaglio del suo viso, la piega del suo naso, le sue ciglia chiarissime, le labbra rosse e lucide e non poté fare a meno di pensare che gli sarebbe piaciuto proprio tantissimo, in quel momento, avventarsi sulle sue labbra e lasciare che lo divorassero. Quando sentì il calore delle sue esplosioni pericolosamente vicino alla sua guancia, Izuku capì che doveva davvero inventarsi qualcosa e-

«Ti stavo mettendo alla prova, Kacchan!»

«AHH?»

«Volevo vedere se saresti stato in grado di riconoscere le mie bugie.», tentò, con la faccia di bronzo più bronzea che fosse in grado di metter su. «Già, proprio così.», continuò, approfittando dell'espressione confusa e ancora indignata che aveva Kacchan. «Ho letto da qualche parte che è un ottimo allenamento per gli interrogatori dei villain.»

«Mh.»

«E quindi, sai com'è, mi era venuta voglia di capire se tu fossi più bravo di me almeno in questo.», spiegò, quando un'idea brillante gli attraversò la mente. «Sembra proprio che tu mi abbia battuto, Kacchan!», esclamò.

Gli occhi di Kacchan si ridussero a due fessure mentre lasciava che Izuku sgusciasse appena via dalla sua presa.

«E come faccio ad essere certo di averti battuto?»

«Be', sai, io sono davvero una frana ad intercettare le bugie, potresti dirmi che il cielo è giallo e io probabilmente ci crederei-», commentò, e pregò intensamente che la confessione che gli era appena sfuggita di bocca, ossia che avrebbe facilmente creduto ad ogni assurdità che Kacchan avesse mai voluto rifilargli, venisse interpretata in modo assolutamente generale, come se potesse bersi qualunque stronzata da qualunque bocca e non come invece un caso particolare - cosa che invece, effettivamente, era.

«Non sono sicuro che valga come vittoria.», sentenziò infine, dopo lunghi secondi di silenzio in cui Izuku si era preparato a molti risultati possibili, ma di certo non a quello.

Si concesse un ringhio frustrato che Kacchan, che stava ancora riflettendo su tutta la faccenda dei villain e degli interrogatori, ignorò completamente. Così non andava bene: gliel'aveva servita su un piatto d'argento, era un'occasione d'oro, e lui la rigettava così. Qualcuno avrebbe anche potuto credere che in realtà Kacchan non fosse interessato - non Izuku, che lo conosceva abbastanza bene da differenziare la tensione furiosa della battaglia che di solito prendeva entrambi da quest'altra tensione, viscosa e piena di attesa, che gli lasciava addosso la sensazione di star nuotando in una vasca di miele e di non potersi allontanare da lui così facilmente.

Nuotare in una vasca di-

Be', era un'idea. Il giorno dopo avrebbero potuto prenotare la piscina per degli allenamenti speciali, forse Aizawa avrebbe fatto un po' di storie perché erano entrambi in punizione, ma se avesse aggirato l'ostacolo andando a chiedere il permesso ad All Might forse sarebbe stato più facile ottenerlo.

«Kacchan!»

«Deku, ti giuro che se stai per dirmi un'altra palla ti faccio saltare la testa.»

Izuku lo ignorò.

«Ti sfido-»

«E che cazzo, Deku, vuoi un'altra punizione?»

«-ad una gara di nuoto. Senza quirk.»

Seppe immediatamente di aver catturato la sua attenzione: dopo aver passato anni a fare a gara a chi avesse il quirk più forte - un dibattito ferocissimo su cui non avevano ancora trovato un accordo, tra l'altro - Kacchan aveva cominciato a voler dimostrare che anche senza quirk, lui era il migliore: più forte, più veloce, più cazzuto delle mezze cartucce con cui aveva a che fare tutti i giorni. Izuku ovviamente non era stato capace di non prendere la sfida sul personale, visto che per anni aveva dovuto fare i conti con il suo essere quirkless.

«Scommetto», aggiunse, giusto per assicurasi che si sarebbe presentato, «che ti batterò ad occhi chiusi.»

 

[3]

Una gara di nuoto. Una fottuta gara di nuoto. Davvero Deku ci teneva così tanto, a farsi battere? Non sapeva trovare qualcosa di meglio, qualcosa in cui sarebbe stato più divertente, batterlo, o più spettacolare, o più plateale, o- qualunque altra cosa. Forse lo voleva davvero, quel benedetto bacio. Forse, se adesso, invece che passare il tempo a fissare la sua schiena coperta di cicatrici mentre si infilava il costume da bagno, fosse andato da lui e l’avesse schiacciato contro il muro e gli avesse cacciato la lingua in bocca, gli avrebbe fatto un favore - lo avrebbe fatto a entrambi. Ma la sola idea di baciare Deku senza la rete di salvataggio offerta dalla loro costante competizione lo riempiva di insicurezze. Non era convinto di potercela fare.

Anche se ieri c'era andato vicino. Quando gli aveva afferrato il colletto della camicia ed era arrivato a pochissimi centimetri dal suo volto, mentre osservava la sua espressione concentrata e tutti i fili del suo cervello che si contorcevano per lo sforzo di non farlo morire sul momento, mentre i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dalle sue labbra che si muovevano, registrando appena le sue parole, c'erano andato vicinissimo. Si sarebbe potuto sporgere verso di lui, oppure se lo sarebbe potuto tirare contro, quanto bastava per annullare una distanza irrisoria che sembrava in realtà fatta di chilometri, perché per nulla percorribile. Non con facilità, almeno. Non nell'immediato. Per cui, nonostante Deku gliel'avesse davvero servita su un piatto d'argento, l'occasione d'oro per cui avrebbe potuto saltargli addosso senza doversi soffermare sulle effettive motivazione per cui lo voleva disperatamente fare, alla fine comunque non ci era riuscito. Era stato- uh, fa una tale difficoltà a dirlo, non lui, non la parola con la c, per amore del cielo, qualcuno lo risparmiasse. Era stato un c- un co-, no, okay, non ce la faceva proprio. In ogni caso, gli bastava saperlo, anche senza doverlo ammettere. Era stato un codar- e non ce l'aveva fatta. Non che la cosa avesse davvero importanza, perché se fosse riuscito a vincere quel pomeriggio - e lui avrebbe vinto, perché lui vinceva sempre, perché era quello che sapeva fare meglio, vincere - allora avrebbe potuto baciare Deku, togliersi il pensiero e archiviare la faccenda.

Perché stava effettivamente diventando fastidioso. Era una sorta di chiodo fisso, che non riusciva proprio ad ignorare, ogni volta che lui e Deku restavano da soli, ma in realtà anche se c'era qualcun altro, perché in ogni caso aveva la netta impressione che Deku lo guardasse come se nella stanza ci fossero solo loro, lo sentiva sulla pelle che gli pizzicava quasi, sul modo in cui si muoveva, cercando di arrivare sempre più vicino a lui, facendosi strada tra i presenti come se non esistessero, in una danza che sembrava essere fatta soltanto per il suo beneficio - soltanto per i suoi occhi affamati che divoravano ogni centimetro del corpo di Deku, cercando allo stesso tempo di apparire quando più distaccato possibile. Non erano passati neanche due giorni, da quando gliel'aveva detto, che avrebbe voluto baciarlo, eppure Katsuki sentiva di aver semplicemente dato sfogo ad un desiderio atavico da cui non sarebbe mai riuscito a fuggire - che non sarebbe mai riuscito a placare.

«Kacchan, non restare lì impalato! Guarda che All Might mi ha concesso solo un'ora, ci dobbiamo sbrigare!»

Katsuki tentò di rivolgergli uno sguardo distratto e ignorò il calore che si stava espandendo nel suo stomaco. Non era la prima volta che vedeva Deku in costume da bagno - non era la prima volta che lo vedeva così svestito, eppure non riusciva a smettere di fissarlo. C'era qualcosa, nelle sue spalle larghe, nel suo corpo muscoloso coperto di cicatrici, nella postura dritta, che stonava orribilmente con il suo volto sorridente e bonario e con la mano che stava tendendo verso di lui, per incitarlo a muoversi. Katsuki fu attraversato dal terrore che se si fosse mosso, se avesse compiuto anche un solo passo, se si fosse spostato di mezzo centimetro, allora non sarebbe più riuscito a fermarsi. Si sarebbe sbrigato, sì, si sarebbe sbrigato a raggiungerlo e poi l'avrebbe baciato e poi chi sa cos'altro avrebbe fatto.

«Che c'è, Kacchan, hai bisogno di qualche minuto per concentrarti? Hai paura di perdere?»

«Non scassarmi le palle, devo ancora prendere gli occhialini.»

«Va bene, va bene!»

Deku alzò le braccia, in segno di tacita resa, e afferrò l'asciugamano dal suo borsone.

«Ti aspetto a bordo piscina.»

 

Katsuki era pronto. Si sentiva calmo e concentrato e i deltoidi flessi di Deku in quel momento non lo stavano affatto distraendo. Per nulla. Lui era calmo e concentrato e se cominciava a sentire vagamente stretti i pantaloncini del costume era perché quella vecchia strega di sua madre non gliene aveva ancora comprato un paio nuovo. Tutto qui.

«Le regole sono semplicissime:», iniziò a spiegare Deku. «200 metri, stile libero, il primo che completa le vasche è, ovviamente, il migliore.»

«Non c'è bisogno che me lo ricordi.»

«Bene, allora uno, due-»

Prima del tre, Katsuki si era già lanciato. Se Deku poteva attivare il full cowl prima di dirgli a che cosa lo stava sfidando, allora anche a lui era concesso imbrogliare. Era per una buona causa, si disse.

Deku, il solito incapace, Katsuki non era nemmeno sorpreso, stava già andando a tutta velocità: una strategia del genere sarebbe stata condivisibile se avessero concordato sui 100 metri, ma i 200 richiedevano non solo rapidità, ma anche costanza e resistenza, che Deku, che dopo la prima vasca già stava rallentando, non aveva chiaramente valutato nella sua preparazione. Sorrise, continuando a muoversi senza troppa fretta, dando bracciate con rassicurante perseveranza, ed entro la terza vasca, approcciandosi agli ultimi, agognati 50 metri che lo separavano dalla vittoria, non solo aveva recuperato la distanza che Deku aveva guadagnato con quel suo scatto iniziale, ma era riuscito, com'era prevedibile, a superarlo. Arrivato a metà vasca, non sentiva neanche più la presenza di Deku alle calcagna - quella sarebbe stata una vittoria vera e propria, una vittoria totale, in cui avrebbe nuovamente dimostrato come il suo corpo era superiore a quello di Deku sotto ogni aspetto. Eppure, si chiese per un istante, chissà se quel suo corpo così insuperabile riusciva far sentire Deku molle e confuso e desideroso di qualcosa di più che non fosse soltanto rubare occhiate di sfuggita negli spogliatoi. Era così assorbito da questo pensiero che non aveva sentito gli improvvisi rumori di cui si era animata la piscina e quando si ritrovò di fronte, sott'acqua, la faccia divertita di Kaminari che lo salutava con la mano dopo aver fatto un tuffo a bomba che gli aveva quasi spezzato la noce del collo, non ci vide più dalla rabbia.

«Ma che cazzo! Stavo per-», iniziò fissando il gruppo di clandestini che si stava buttando in piscina, ma la voce di Deku lo superò.

«Mi stava quasi per battere!», protestò, incazzato come una iena, e Katsuki fece molta, moltissima difficoltà a nascondere il ghigno soddisfatto che gli si dipinse immediatamente in volto.

Allora è così, eh?

«Midoriya, amico, dovresti ringraziarci!», commentò Pikachu, nuotando verso di lui.

Katsuki, seppur ancora abbastanza innervosito dall'improvvisa interruzione, cominciò a sentirsi magnanimo - oltre che orribilmente e terribilmente frustrato.

«Be'-», rifletté, voltandosi appena verso Deku, «in fondo ti ho battuto.»

Gli occhi di Deku brillarono per un istante, prima che iniziasse ad annuire.

«Non penso proprio che funzioni così, Bakugou.»

Kirishima, che li aveva raggiunti e aveva buttato un braccio intorno alle sue spalle, era deciso a dare a tutti i costi la sua opinione a riguardo - e Katsuki- be', non avrebbe detto che gli voleva bene, ma di certo gli sarebbe dispiaciuto doverlo uccidere, eppure se continuava così irrimediabilmente gli sarebbe toccato spingerlo sott'acqua e lasciarlo affogare.

«Non è un comportamento da vero uomo. Che ne sai, magari Midoriya avrebbe potuto trovare la forza per un ultimo sprint e batterti all'ultimo secondo. Nah, secondo me non vale!», annunciò, facendo poi l'occhiolino a Deku, che annuì con un broncio di circostanza che Katsuki, purtroppo, non poteva baciare via.

 

[4]

Stava scappando da Kacchan da due giorni. Izuku non ne era molto orgoglioso, sia chiaro, ma proprio non poteva farne a meno. Adesso Kacchan sapeva che lui voleva perdere, e non solo, era anche disposto ad accontentarlo. Ci stavano girando intorno come due idioti, ma far finta che non fosse soltanto una questione legata alla loro connaturata competitività implicava- implicava un sacco di cose. Implicava ammettere che c'erano sentimenti in pentola, sentimenti a cui Izuku non aveva pensato per mesi e mesi, facendo, tra l'altro un ottimo lavoro, perché era estremamente facile esistere accanto a Kacchan se non si concentrava su come lo facesse sentire, come se la terra sotto i suoi piedi potesse inghiottirlo da un momento all'altro, se solo lo guardava un po' più a lungo.

Gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano dato una bella scossa alla pentola, permettendo a tutti i sentimenti che vi bollivano dentro di sfuggire al suo controllo e rendersi orribilmente palesi. Restare da solo con Kacchan significava permettergli di prendersi gioco di quanto era successo in piscina, del modo in cui quella protesta gli fosse scappata, prima che lui potesse rendersene conto, aveva aperto la bocca e aveva parlato e per fortuna nessuno, oltre Kacchan, l'aveva vista per ciò che era: per un latrato frustrato che gli strillava quanto lui, in effetti, stesse rincorrendo le conseguenze della sua sconfitta come un cane che si morde la coda.

Da allora, appunto, faceva del suo meglio per non restare solo con Kacchan. Il momento peggiore era il turno di pulizia, perché a quello non c'era davvero modo di sottrarsi, ma aveva immediatamente capito che attaccare bottone e trattenere Uraraka e Iida con una marea di chiacchiere inutili li faceva sentire abbastanza in colpa da costringerli moralmente a fermarsi e contribuire, almeno un po'. Se Izuku aveva avvertito lo sguardo di Kacchan che gli scavava la nuca, non si era comportato di conseguenza. L'aveva ignorato e aveva fatto finta che tra loro fosse tutto normale, che andasse tutto bene, che se non gli saltava alla gola per strappargli un'altra vittoria era soltanto perché si sentiva un po' stanco, negli ultimi tempi, e di certo non perché fosse terrorizzato dalla prospettiva che Kacchan comprendesse fino a che punto si spingessero, i suoi sentimenti, e finisse per rifiutarlo. Perché un conto era dargli un bacio, così, senza impegni, un conto era baciarlo consapevole di quanta attesa, speranze e desideri si potessero celare, dietro un semplice bacio. 

«Cosa mi stai chiedendo, esattamente?»

Uraraka lo guardò di soppiatto mentre beveva il suo succo di frutta. Quella mattina, come le ultime due, aveva atteso che Kacchan si presentasse per la colazione, poi si era andato a sedere lontano da lui e aveva fatto cenno ad Uraraka di raggiungerlo. Alla fine le aveva spiegato sommariamente la situazione e le aveva chiesto- non lo sapeva neanche lui, cosa le stava chiedendo. Un consiglio, supponeva. O, più probabilmente, di costringerlo ad affrontare nuovamente Kacchan, così lui avrebbe potuto scaricare sulle spalle dell'amica la responsabilità dell'accaduto.

«Una mano, suppongo.», le rispose, dopo aver riflettuto a lungo sulle parole migliori.

«Una mano.»

«Già.»

«Per-? Farti battere da Bakugou?»

«Be', più o meno.»

«Una mano.», ripeté, poco convinta. «Scusa Deku, cosa vuoi che faccia? Che ti metta lo sgambetto mentre fate a gara a chi arriva prima al campo di allentamento?»

Gli diede un'occhiata impietosa.

«Se vuoi posso farlo, eh. Questo ed altro per gli amici, ma non vedo come la cosa ti possa essere d'aiuto.»

Izuku si grattò la testa. Non riusciva a vederlo neanche lui.

«Ma, secondo te, che cosa dovrei fare?»

Uraraka scrollò le spalle.

«Scusa, vuoi che ti batta, no? Be', allora scegli un'attività in cui sei scarso!»

 

Un'attività in cui era scarso. Izuku non voleva peccare di falsa modestia, ma ci era voluto un intero pomeriggio di riflessioni intense per riuscire a trovare qualcosa in cui lui fosse una frana totale e in cui Kacchan, invece, fosse così forte da poterlo battere senza che lui si dovesse pure impegnare per perdere. C'era voluto un pomeriggio intero ed era così che si ritrovò, poco dopo cena, nella sala comune, con una scacchiera stretta tra le braccia.

Lui non aveva mai nemmeno visto una partita di scacchi nella sua vita, a stento aveva idea di come si chiamassero i pezzi, ma aveva sentito più volte Kacchan vantarsi della sua abilità di scacchista. Quando ci era finalmente arrivato, era corso a recuperare una vecchia e consunta scacchiera dal baule in cui tenevano tutti i giochi più o meno di gruppo, si era armato di una buona dose di coraggio, aveva fatto un respiro profondo e aveva marciato dritto verso Kacchan, che stava probabilmente solo aspettando che scoccasse un'ora accettabile per mandarli tutti a quel paese e ritirarsi in camera sua.

«Kacchan!»

Non era difficile approcciarlo, ora che erano circondati da tante altre persone. Kacchan gli lanciò un'occhiata di sufficienza, come se avesse di gran lunga preferito essere lasciato in pace, poi il suo sguardo cadde sulle sue braccia.

«Cosa nascondi dietro la schiena?», chiese, poggiando le mani sulle ginocchia e sporgendosi verso di lui.

«Voglio sfidarti.»

«Ma non mi dire.»

Il sorriso ferino che gli rivolse non avrebbe dovuto fargli quest'effetto. Non avrebbe dovuto avere il potere di scioglierlo in una pozza di imbarazzo e desiderio, non così, non in pubblico, eppure lo faceva comunque. Izuku ignorò il tremito che gli percorse il corpo, una scarica di elettricità che partiva dalla testa, percorreva rapida la sua schiena, gli avviluppava lo stomaco, gli indeboliva le ginocchia e andava a morirgli nei talloni.

«Voglio fare una partita a scacchi.», annunciò a gran voce.

«Tu non sai giocare.»

«Sto imparando. Anche da principiante, sono sicuro che potrei trovare il modo di batterti.»

 

Si erano spostati sul tavolo, e adesso Kacchan lo guardava con aria di sfida e superiorità oltre le file ordinate dei suoi pezzi neri. A Izuku toccava la prima mossa. Si sentiva un po' in soggezione, non solo perché era meno di un principiante, era un incapace totale, ma perché i loro compagni, incuriositi da tutto il fracasso che aveva fatto Kacchan mentre preparava la scacchiera, si erano affacciati e adesso li stavano guardando con trepidazione. Izuku incrociò lo sguardo di Uraraka, che gli sollevò un pollice, incoraggiante, e mosse il primo pedone - quello fu, chiaramente, l'inizio della fine.

Dopo tre mosse Kacchan aveva mangiato una delle sue torri e muoveva pezzi in modi che Izuku sospettava dovessero essere vagamente illegali, perché ce n'erano alcuni che scavalcavano gli altri e dove si è mai vista una cosa del genere?

«Io cercherei di proteggere la regina.», commentò Todoroki, affacciandosi alle sue spalle.

«Oi, Mezzo e Mezzo, vedi di starne fuori!»

Izuku gli rivolse un sorriso di circostanza, perché chiaramente non poteva mettersi a borbottare che stava cercando di perdere apposta. La cosa peggiore era che i consigli di Todoroki erano proprio ottimi: approfittando del fatto che gli amici di Kacchan lo stessero continuamente distraendo, interrompendolo ogni volta che stava per fare una mossa e impedendogli di riflettere con calma, Izuku, che ormai contava solo una manciata di pezzi, stava riuscendo a ribaltare la situazione. Riusciva a capirlo non solo dalla frequenza con cui stava mangiando i pezzi di Kacchan, ma anche dal modo in cui lui aveva iniziato a dimenarsi sulla sedia, urlando contro Kirishima e Kaminari che lo dovevano lasciare in pace perché gli scacchi erano una cosa seria e non c'era mondo in cui avrebbe permesso a Deku di batterlo.

«Adesso devi dire scacco matto.», gli suggerì Todoroki, al che Kacchan lanciò un urlo esasperato e fece esplodere la scacchiera.

 

[5]

 

Dopo l'incidente della scacchiera, di cui Katsuki non voleva neanche sentir parlare, che altrimenti gli sarebbe toccato far esplodere Deku, Mezzo e Mezzo e tutti gli altri cretini che l'avevano distratto, perché altrimenti lui avrebbe vinto, era evidente, Deku non sapeva nemmeno come si muovevano i pezzi. Avrebbe vinto e si sarebbe preso il suo bacio e invece- invece gli era toccato andare a letto con le mani che gli prudevano dalla frustrazione, perché tutta quella situazione doveva soltanto essere uno scherzo divertente ai danni di Deku, magari una scusa per togliersi lo sfizio di baciarlo di nuovo e poi finirla lì, ma si era trasformata in una sorta di barzelletta cosmica che lo vedeva protagonista.

Fino a quel momento, doveva ammettere di aver fatto ben poco. Insomma, aveva semplicemente aspettato che l'entusiasmo e l'interesse di Deku lo spingessero a proporgli ogni sorta di sfida idiota che si poteva immaginare, e da parte sua ci aveva messo la voglia di vincere, sicuramente, ma quella era già bilanciata dall'intenzione di Deku di farsi battere e Katsuki non poteva proprio accettare di starsene con le mani in mano mentre le sorti della loro relazione e del loro bacio poggiavano sulle spalle di Deku.

Non sapeva nemmeno perché gli ci era voluto tanto, per prendere l'iniziativa, forse sentiva di essersi esposto abbastanza con la prima proposta - in fondo, era stato incredibilmente mortificante e imbarazzante dover ripensare con quanto candore avesse ammesso che trovava Deku e quel suo stupido broncio carino e peggio, che avrebbe voluto baciarlo. Era stato un passo importante, da parte sua. E Deku cosa aveva fatto? Tentare di farsi battere non bastava, ovviamente. Avrebbe dovuto dire qualcosa, qualcosa che potesse confermare davvero un desiderio reciproco, qualcosa che andasse oltre frasi articolate male che sfuggivano al suo controllo, qualcosa di esplicito, tipo andare da lui e chiedere di essere baciato. Ecco, a Katsuki un risvolto del genere non sarebbe dispiaciuto, perché significava che Deku era stato il primo a cedere, che desiderasse quel bacio più di quanto non volesse lui e che quindi il potere, nella loro relazione, era nelle sue mani. Invece ovviamente Deku aveva pensato che il loro rapporto fosse diventato una sorta di acchiapparella generale, in cui lui continuava a scappargli non appena restavano da soli, perché - e adesso poteva dirla, la parola con la c - Deku era un codardo che non voleva affrontare i suoi sentimenti.

Katsuki si girò a disagio tra le coperte. Affrontare i suoi sentimenti. E lui, l'aveva fatto? Lo poteva fare? Sentimenti per Deku, pff. Che cosa ridicola: gli unici sentimenti che provava per Deku erano di assoluto trionfo ogni volta che lo batteva e di bruciante sconfitta quando gli toccava perdere. Nient'altro - avrebbe voluto essere in grado di giurarlo. Ma se gli toccava essere completamente onesto, e gli toccava, perché non c'era altro modo di uscirne, era già da tempo che i suoi sentimenti per Deku erano mutati in un mostro senza volto che rischiava di mangiarselo. Un mostro che cresceva ogni giorno un po' di più, che non riusciva a tenere sotto controllo, e infatti per questo poi se ne usciva con frasi del genere, la prossima volta ti bacio, perché era affamato di tutto l'amore che Deku era disposto a concedergli e anche di più.

 

La mattina dopo, un'altra orribile mattina in cui se lo sentiva nelle ossa, che non si era riposato abbastanza, che non era soltanto il suo corpo, che aveva bisogno di tirare un sospiro di sollievo, ma tutta la sua anima, che aveva bisogno di rassicurazione, tranquillità e quel benedetto bacio da parte di Deku. Di tutte le mattine per sentirsi così, però, quella era la peggiore. A fine settimana c'erano gli allenamenti al campo di combattimento, gli allenamenti in coppia, per cui lui e Deku finivano sempre per farne una questione di vita o di morte. L'ultima volta che aveva controllato, c'era un giro di scommesse sulla loro vittoria o sconfitta che avrebbe fatto impallidire un criminale incallito. Quel sabato non faceva differenza: mentre gli altri lasciavano che fosse il professore a fare le coppie, Deku aveva naturalmente trovato libero il posto accanto al suo, e si era seduto silenziosamente. La tensione di quel momento, Katsuki lo sapeva, non era quella dolciastra e lenta che aveva caratterizzato le loro sfide fino a quel momento. Deku sembrava bruciare, animato dal disperato desiderio di vincere.

«Mi dispiace, Kacchan.», gli disse con un mezzo sorriso. «Oggi non posso proprio perdere.»

Katsuki stava per dirgli che non gliene fregava proprio, che alla fine l'avrebbe battuto comunque, che non era un semplice allenamento, che c'erano spettatori e quindi col cazzo gli avrebbe permesso di batterlo e poi capì che per lui era lo stesso. Era una questione di eroica dignità, che, non c'era neanche bisogno di dirlo esplicitamente, non era minimamente paragonabile allo stupido impulso che li spingeva a volersi in maniera così imbranata.

«Ti batterò in ogni caso, Deku.»

 

Avrebbe dovuto sapere che non sarebbe stato così facile. I combattimenti diretti erano un po' il loro forte, quindi non era raro che finissero in situazioni di stallo: immobili nelle porzioni di territorio che dovevano difendere a tutti i costi, a studiarsi come due belve sul punto di saltarsi addosso - e Katsuki gli sarebbe saltato addosso volentieri, anche in quel preciso istante, mentre Deku si stava asciugando con la manica del costume il sangue che aveva iniziato a colargli dal naso, ma non vedeva proprio come un'azione del genere avrebbe potuto portarlo alla vittoria. E il fatto che volesse farlo comunque, sebbene tatticamente non avesse alcun senso, lo terrorizzava a morte. No, lui doveva concentrarsi su quello che aveva davanti in quel momento, sulle grida dei loro compagni di classe che li stavano incitando a riempirsi di botte, cosa che alla fine facevano a prescindere, su Deku che si stava preparando a saltare, eccolo lì, il bastardo che disegnava con la punta del piede una circoferenza perfetta per preparare il calcio che finì nel vuoto, perché Katsuki sentiva di star scemunendo, okay, ma non era mica un idiota.

Conosceva Deku, lui, conosceva il modo in cui il suo corpo si muoveva, conosceva tutta la matassa di fili colorati che costituiva il suo modo di pensare, conosceva la determinazione selvaggia che lo animava in momenti del genere, che lo spingeva a premere sull'acceleratore per ottenere una vittoria immediata, che più perdevano tempo, più rischiavano che lo stallo si trascinasse per ore e che Aizawa-sensei dichiarasse una patta. Ci aveva provato, una volta, una volta e una soltanto, perché la settimana dopo per protesta entrambi si erano rifiutati di combattere, sfidandolo implicitamente a dichiararli pari di nuovo. Ci doveva essere un vincitore, era necessario per il loro delicato ecosistema, in cui potevano continuare a rincorrersi soltanto con la scusa del doversi superare, e mai perché in realtà avevano bisogno di raggiungersi. Ci doveva essere un vincitore e col cavolo che sarebbe stato Deku - perché Katsuki era animato dallo stesso, feroce desiderio di prevalere e avrebbe fatto leva su ogni goccia di sudore che stava producendo in quel momento per farcela.

Questo era, ovviamente, l'altro motivo per cui Deku aveva tanta fretta di chiudere la faccenda: ogni minuto che passavano in stallo, fermi a squadrarsi, era un minuto che Katsuki impiegava per produrre altra nitroglicerina, che finiva tutta nei guantoni, pronti a far saltare la testa di Deku appena si fosse avvicinato troppo. Il problema dello scontrarsi con Deku era ovviamente dover fronteggiare tutti i suoi quirk - che era anche l'unico motivo per cui Aizawa tollerava che non cambiassero mai partner: nessuno voleva scontrarsi con tutti i suoi quirk. Questo rendeva anche meno dignitoso perdere, perché Katsuki ne aveva uno, di quirk, anche se potentissimo, e quel piccolo bastardo ne aveva almeno cinque che riusciva a controllare con una destrezza dignitosa, e non lo diceva tanto per, lo credeva davvero.

Doveva crederlo perché altrimenti sarebbe morto di vergogna a causa del fatto che Deku, maledetto, lo aveva aggirato e l'aveva immobilizzato con la sua frusta di merda, che non durava mai troppo a lungo, ma abbastanza da impedirgli di muoversi mentre gli stava per scagliare un pugno che con ogni probabilità avrebbe costretto Recovery Girl a sistemargli la mandibola - e lui stava per liberarsi, stava soltanto aspettando un'apertura, una piccola esitazione di Deku per sfuggire dalla sua presa, e fu con terribile frustrazione che si rese conto che quell'apertura, seppure mai ci fosse stata, non sarebbe mai arrivata prima dell'impatto del suo pugno con la sua faccia.

Cacciò una parolaccia francamente irripetibile e segnò, nella sua mente, un altro punto a favore di Deku.

 

[+1]

 

La luce del tramonto strava straripando nell'infermeria deserta. Dopo aver dato un sonoro bacio sulla fronte di Kacchan - al che Izuku si era rabbuiato, perché doveva essere lui, a baciarlo - Recovery Girl se n'era andata e gli aveva detto che se proprio voleva, poteva restare finché quel giovane impertinente non si fosse svegliato. Izuku non se l'era fatto ripetere due volte, e si era buttato a peso morto sul lettino accanto a quello in cui adesso stava dormendo Kacchan. Forse ci era andato giù troppo pesante - gli aveva quasi fratturato la mandibola, e quando era arrivato in infermeria Kacchan aveva perso coscienza e aveva un bubbone enorme vicino al mento. Poco male, non poteva farci niente: Uraraka gli aveva detto che aveva scommesso su di lui e Izuku non deludeva i suoi amici. Anche a costo di dare a Kacchan la batosta della sua vita - e poi, in tutta onestà, non si era mica battuto male, il suo Kacchan.

Ah, il suo Kacchan.

Era un pensiero agrodolce, qualcosa che voleva disperatamente ma che allo stesso tempo lo terrorizzava: averlo tutto per sé, senza dover cercare scuse per stare con lui, per cercare le sue attenzioni, per dargli le proprie. E lui poteva essere il suo Deku, solo di Kacchan e nessun altro, perché in fondo non c'era mai stato nessun altro in grado di far scaturire in lui quell'uragano di emozioni e sentimenti che ogni giorno minacciava di travolgerlo. E cosa sarebbe successo, se si fosse concesso l'opportunità di lasciarsi travolgere? Kacchan l'avrebbe afferrata, la sua mano, per impedirgli di essere risucchiato e portato via per sempre? Gli piaceva pensare che l'avrebbe fatto. Solo per lui.

Lo osservò mentre gli ultimi raggi di sole gli colpivano il volto, lo dipingevano di un dorato irresistibile e poi la sua espressione, serena nel sonno, cominciò a stropicciarsi. Kacchan si passò la mano un paio di volte sul volto, per svegliarsi del tutto, e poi ricambiò il suo sguardo con un misto di irritazione e qualcosa che Izuku non sapeva come catalogare, ma non riusciva a credere fosse negativa.

«Oi, nerd, la prossima volta ti distruggo.»

«Sì, sì.», concordò, mentre Kacchan di metteva a sedere.

La sua mano schizzò in tasca, giocando ansiosa con quella monetina che si era portato appresso perché era a corto di idee e non si sapeva mai, quando sarebbe potuto restare un po' da solo con Kacchan per provare un attacco del genere.

«Resta seduto.», gli ordinò e Kacchan, che stava già per alzarsi, si immobilizzò, per poi tornare lentamente nella posizione precedente.

«Te lo ricordi che hai vinto?», chiese Kacchan, mentre Deku si arrampicava sulla sua brandina, per poi arrivare a sedere a cavalcioni su di lui, con le gambe che gli stringevano i fianchi in una morsa ferrea: se avesse provato a scappare, non ci sarebbe riuscito.

«Sì che me lo ricordo.», gli rispose, con un sorriso a trentadue denti, «Si è trattato di una vittoria spettacolare, per strapparti una reazione del genere.»

Kacchan borbottò qualcosa come adesso ti uccido e posso sempre far finta di non saperne niente, in fondo dormivo.

«Ma-», continuò Izuku, cacciando la monetina da uno yen e mostrandola a Kacchan. «Non è detto che tu oggi non possa vincere qualcosa.»

«Cosa vuoi?»

Voglio un bacio.

«Allora, giochiamo a testa o croce: se tu vinci, be'-», fece una pausa, arrossendo, sperando che Kacchan capisse la sua ovvia allusione e non lo costringesse davvero a dirlo ad alta voce.

Ma Kacchan, che già sembrava aver vinto, senza neanche dover giocare, si stava godendo la sua espressione imbarazzata e non sembrava intenzionato a risparmiargli un bel nulla - voleva che si scoprisse, come si era inavvertitamente scoperto lui, voleva che le carte in tavola fossero, quantomeno, pari.

«-se vinci, be', puoi darmi un bacio.»

«E se perdo che succede, Deku?»

Deku avvampò. Ci aveva pensato a lungo, a come costruire una trappola che fosse abbastanza grande e ben congeniata da tenerli entrambi fermi al loro posto. Se Kacchan avesse vinto, l'avrebbe baciato. E se avesse perso-

«Se perdi, paghi pegno.»

«E sentiamo un po', qual è il mio pegno?»

«Mi devi dare un bacio.»

Kacchan annuì per qualche istante, un sorriso selvaggio e irresistibile sulle labbra e Izuku voleva già baciarlo, proprio in quel momento, senza neanche dover aspettare di tirare una monetina, perché quello era il suo Kacchan, non c'erano proprio dubbi, non c'era spiegazione per la sensazione di totale benessere che sentiva in quel momento, mentre le sue mani erano strette intorno ai suoi fianchi e i suoi occhi brillavano di una promessa dolcissima.

«Allora, la tiri questa moneta?»

Deku non se lo fece ripetere due volte: la osservò, per qualche istante, e poi la fece schizzare in aria - non ebbe nemmeno il tempo di capire dove fosse finita, perché Kacchan gli aveva afferrato la nuca e adesso lo stava baciando, come se in quel momento non ci fosse davvero bisogno di avere un vincitore, perché avevano perso entrambi, o forse, rifletté Izuku, godendosi la sensazione delle labbra morbidissime di Kacchan sulle proprie, avevano vinto entrambi.

Si erano finalmente raggiunti.


 
  
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