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Autore: imperfectjosie    19/03/2022    0 recensioni
«Non riesci a dormire, Rotten?»
Johnny si bloccò. Quella voce roca e vagamente sarcastica non gli sfiorava i timpani da decenni.
Strinse il collo della bottiglia, sollevando appena il capo e sgranando gli occhi. Seduto sul marmo del piano di lavoro, Sid Vicious lo osservava con una smorfia divertita. A petto nudo, fasciato dai suoi soliti pantaloni in pelle nera e l'immancabile lucchetto appeso al collo, ciondolava le gambe nel vuoto, sorseggiando un bicchiere pieno di chissà quale intruglio alcolico.

| Sid/John | no-slash
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johnny Rotten, Sid Vicious
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Sex Pistols
Rating: Giallo (il linguaggio, cazzo!)
Pairing: Sid Vicious x Johnny Rotten (no slash)
Note: Si potrebbe leggere come un missing moment, ma non lo è davvero.
Sid non c'è più da 43 anni. E' un fatto, i morti non tornano. 
Sono circa le 3 di notte in casa Rotten e Johnny non riesce a dormire. 
Josie's corner: 
Ciao a tutti. Sono abbastanza viva.
Questa storia è nata da una nottata post estrazione dente del giudizio e My Way in loop su YT, quindi prendiamola un po' così com'è. Una tragedia lol
Molto bene. Buona lettura.
PS: Causa licenza poetica, entrambi potrebbero risultare un tantino OOC.


 
I saw your ghost tonight

 
it fucking hurt like hell
i felt you here tonight
but dreams can't all be real
Los Angeles, CA 
2 febbraio 2022, 02:47 AM 

L'anniversario.
Ogni tanto capitava che John ci pensasse. Non aveva mai smesso di farlo, ovviamente, ma c'erano dei momenti specifici in cui la vita faceva male - più del solito - e il suo cervello finiva lì. Ad un'esistenza più spensierata, in un certo senso, più vivibile, ma anche piena d'amarezza e dolore.
Ogni tanto capitava che John, nello specifico, pensasse ai suoi vent'anni e a quell'amico perso per sempre.
Sospirò pesantemente nel letto, fissando il soffitto e spostando appena la testa verso il lato opposto del materasso, dove Nora sonnecchiava beata, probabilmente sfinita dalle sedute in clinica e dai medicinali che ormai scandivano la sua giornata.
Erano quelli i momenti in cui Sid gli mancava davvero.
In cui si malediva per la propria, ormai superata, arroganza giovanile che lo aveva portato, allora, ad allontanarlo. A quei tempi la spirale autodistruttiva di Vicious lo faceva imbestialire, ma John non era ancora un uomo e non capiva. 
Si vergognava ad ammetterlo, però ricordava bene come spesso facesse finta di non essere in sala prove, solo per evitare che impugnasse di nuovo quel dannato basso, sapendo perfettamente la figura di merda che ne sarebbe venuta fuori. Era il 1978 e la tossicodipendenza di Sid aveva raggiunto livelli esasperanti. Così restava in silenzio, a sentire i pugni incessanti battere contro la superficie legnosa del portone d'ingresso.
Vederlo in quello stato faceva male, ma aveva vent'anni anche lui e non riusciva ancora a percepire nessun grido d'aiuto, solo un menefreghismo apatico e la voglia di uccidersi. 
L'assenza di Sid aveva cominciato a farsi sentire con più forza superati i quaranta. Osservava il passato, domandandosi se davvero avesse fatto tutto il necessario per salvarlo. Spesso, rispondeva a sè stesso con un sonoro "no".
Tagliarlo fuori dal suo piccolo mondo, solo perché diventato un peso troppo grande e doloroso da sopportare, non era stata una scelta coraggiosa. Ma in tutta onestà, lo spaventava a morte. 
Suonava stupido, eppure a Johnny Sid mancava più da adulto, che da ragazzino.
Vederlo invecchiare sarebbe stato uno spasso!
Arricciò il naso in un mezzo sorriso ironico, rabbuiandosi al pensiero: John Simon Ritchie avrebbe avuto 21 anni per sempre.
Con una smorfia colma di rabbia e amarezza, calciò via le lenzuola, tirandosi a sedere. Quella notte non sarebbe riuscito a dormire in ogni caso, tanto valeva farsi una birra.

-

Il parquet del salotto scricchiolava appena sotto ai piedi nudi del cantante, riempiendo le stanze in penombra. Doveva chiamare quel dannato architetto! 
Aggirando la penisola in cucina, si diresse a passo di marcia verso l'enorme frigorifero, arrancando con più forza del dovuto la maniglia e spalancando l'anta. Ficcò la testa nell'elettrodomestico, alla ricerca della sua bevanda alcolica preferita.
Nonostante le apparenze e i suoi svariati gusti in fatto d'alcolici, la birra fredda era ciò che riusciva ad anestetizzargli di più i pensieri.
«Ma che cazzo-» ringhiò, appena un cavolo superò le bottiglie, cadendo sul pavimento con un tonfo sordo. Lo osservò irritato rotolare verso la penisola, per poi fermarsi appena uno stivale nero ne arrestò la corsa.
«Non riesci a dormire, Rotten?»
Johnny si bloccò. Quella voce roca e vagamente sarcastica non gli sfiorava i timpani da decenni. 
Strinse il collo della bottiglia, sollevando appena il capo e sgranando gli occhi. Seduto sul marmo del piano di lavoro, Sid Vicious lo osservava con una smorfia divertita. A petto nudo, fasciato dai suoi soliti pantaloni in pelle nera e l'immancabile lucchetto appeso al collo, ciondolava le gambe nel vuoto, sorseggiando un bicchiere pieno di chissà quale intruglio alcolico.
«Beh? Non mi saluti?» mormorò divertito, inarcando un sopracciglio irriverente e portandosi il liquido ambrato alle labbra.
Aveva ancora ventun anni. E fu la prima cosa che - stupidamente - Johnny notò.
I capelli sfioravano incuranti la legge di gravità, neri come li ricordava.
«Non è possibile» soffiò con un filo di voce, drizzando la schiena e avvicinandosi appena alla figura magra del bassista «tu sei morto» soffocò a stento, trattenendo proprio malgrado le lacrime.
Faceva un certo effetto. Ma, pur non avendo alcun senso, era così felice di rivederlo che ingoiò una copiosa quantità di saliva, stropicciandosi l'occhio destro con la manica larga del pigiama.
«Che acume, Johnny!» ridacchiò il moro, posando quel bicchiere ormai vuoto sul ripiano. «Sei invecchiato, amico mio! Fai davvero cagare con quel pigiama» continuò poi, scendendo dal mobile e appoggiandosi alla superficie con le braccia incrociate al petto. 
Non c'era alcun segno visibile sul corpo del giovane. Niente buchi, né graffi, né lividi. E vantava un colorito decisamente salutare. Ingenuamente, pieno di speranza, John si chiese se fosse finalmente in pace.
Stava impazzendo.
Sollevò il labbro superiore ironico, voltando lo sguardo nella direzione delle scale. Nora dormiva, non lo avrebbe sentito, ma ci provò lo stesso.
«Tesoro, cosa diavolo hai messo nell'insalata stasera?» 
Il tono era ironico e decisamente retorico. Forse un'allucinazione. Non dormiva da giorni e ogni maledetto 2 febbraio il pensiero di Sid Vicious lo accompagnava per tutta la dannata giornata. Certo, trovarsi l'amico morto seduto sulla penisola della cucina in piena notte, beh, quella era una novità.
Tornò a studiarlo, quando una risata sincera lo investì in pieno. Sid aveva sollevato la testa al soffitto, ridendo come non lo aveva mai visto fare. Libero da ogni demone.
La pelle chiara cozzava terribilmente con il grigio fumo dei mobili, dandogli un'aria ancora più onirica.
«Sid?» lo chiamò, mentre il mento del minore si abbassava nuovamente e l'ilarità cessava. Un sorriso malinconico, vecchio di molti anni, ma quasi carico di dolcezza e di quell'ingenuità stupida che a John ormai mancava. 
«Sì?» ribatté in attesa, arpionando le lunghe dita magre al bordo dell'enorme tavolo. Sorrideva sghembo, con la testa leggermente inclinata a sinistra.
«Sid. Sidney. Sei davvero tu?»
A Johnny tremavano le labbra. 
Non sapeva come, non capiva il perché, né si interrogò troppo sulla natura di ciò che stava osservando, ma quella domanda era solo una stupida conferma inutile. Quello era Sid. Lo conosceva, lo conosceva bene. Era lui. E Johnny avrebbe tanto voluto abbracciarlo, però evitò di muoversi, con il terrore che, se lo avesse fatto, sarebbe svanito nel nulla. E nonostante i 43 anni passati senza di lui, non era pronto. Non lo era mai stato.
«Chi cazzo ti sembro? Spiderman?» rimbeccò sarcastico. Johnny sorrise.
Sid amava i fumetti Marvel e quando erano ragazzini, si divertiva a sgraffignarli dagli scaffali di in ogni negozio del quartiere.
Ma quel sorriso durò poco. Lydon si rabbuiò, spostando lo sguardo al pavimento. Per tre decadi si era chiesto cosa avesse mai potuto dirgli, se ne avesse avuto l'occasione. Inizialmente piovevano insulti, poi rabbia, dolore e sorda mancanza. Accettazione. Domande sulla morte di Nancy, sulle dicerie messe in giro da chi sosteneva che fu proprio la madre ad ammazzarlo quella maledetta notte del 79. Sid Vicious non voleva più vivere. E da egoista qual era, aveva scelto il suicidio. 
John cominciò a credere a quella teoria. Conosceva Anne e conosceva il suo amico. Sapeva che, tutto sommato, non era poi così assurdo come scenario.
La follia in quella casa regnava sovrana. Insieme all'eroina.
«Mi dici una cosa?» 
La domanda uscì a stento ed era carica d'astio, misto a tristezza. Sid ne colse ogni sfumatura. Sapendo perfettamente dove Rotten volesse andare a parare, sospirò rassegnato, accendendosi distrattamente una sigaretta.
«Perché cazzo ti sei ammazzato? Perché non hai provato a vivere per chi ti voleva bene? Sai, il mondo non era solo Nancy, Sid. C'eravamo anche noi... c'ero anche io» soffiò con gli occhi lucidi, spostandosi in direzione della figura magra, ormai a pochi passi da lui.
Il moro arricciò le labbra in un sorriso amaro, soffiando il fumo dal naso. Non sapeva dire perché si trovasse lì, né come ci fosse arrivato.
Ma negli anni il pensiero di John nei suoi confronti, era diventato così asfissiante e continuo, che quell'anniversario qualcuno aveva deciso di farli incontrare. Per chiarire, forse. O più semplicemente, per fargli vedere quanto stesse bene, finalmente. Libero da ogni dolore.
«Non so cosa vorresti sentirti dire... ma so che non è stata colpa tua. Non è stata colpa di nessuno. Non riuscivo a vivere, tutto qui. Ero solo stanco» decretò con voce strascicata, scrollando le spalle.
Tipico.
Johnny serrò i pugni con forza, fino a farsi male.
«A ventun anni non si riesce mai... avrei solo voluto vederti stringere i denti un po' di più, perché crescendo le cose cambiano» rimbeccò l'adulto, strizzando gli occhi per mettere a fuoco il profilo definito di quel ragazzo che, se avesse avuto un po' di coraggio in più, sarebbe stato un suo coetaneo. E avrebbe potuto abbracciarlo, senza il terrore di vederlo scomparire tra le braccia come una fottuta nuvola di nebbia.
Le iridi del bassista si illuminarono. Spalancò la bocca, in un'espressione carica di sorpresa e consapevolezza.
«Non dirmi che ti manco, Rotten. Davvero?» gongolò, sornione. Alla sua destra, il bicchiere si riempì di altro alcool, sotto allo sguardo vigile del cantante, che inarcò un sopracciglio stizzito. Quel tono non gli piaceva per niente.
«Testa di cazzo» ringhiò, infine, superandolo con l'intenzione di riempirsi un bicchiere d'acqua e tornarsene a dormire. Fanculo le allucinazioni di merda. Non ne poteva più. Improvvisamente gli sembrò di essere tornato a fine anni 70, quando parlare con Sid significava farsi venire un'ulcera.
Morto o vivo, non c'era verso di fargli prendere le cose seriamente. Mai.
«Oh andiamo... scherzavo! Dove stai andando?» domandò divertito, ruotando il busto e allargando le braccia nude per enfatizzare.
«Vaffanculo, Sid.»
«Tesoro, con chi stai parlando?»
La figura assonnata di sua moglie si materializzò in salotto, proprio accanto al corpo giovane e magro del suo ex migliore amico, che osservava la donna euforico come un bambino il giorno di Natale.
«Mammina è sveglia, Rotten! Auguri!» decretò sarcastico, tornando a guardarlo con un sorriso sornione dipinto sulle labbra.
John ringhiò in direzione della presunta allucinazione, addolcendo lo sguardo appena posò gli occhi su Nora.
«Con nessuno, cara. Scusa, sai...»
«Sì lo so. Oggi è il 2 febbraio. Ho l'Alzheimer John, ma non sono stupida. Sei in queste condizioni solo un giorno all'anno» rimbeccò, stroncando il monologo - probabilmente carico di scuse inutili e ritrite - del marito sul nascere.
C'era dell'amarezza nel tono di voce e Lydon si grattò il capo colpevole.
Poco distante da loro, la figura snella di Sid se ne stava mollemente appoggiata al frigorifero, osservando la scena con allegro interesse.
Il leader dei PiL gli scoccò un'occhiata poco amichevole, che riuscì solo a farlo ridacchiare.
«Scusami se ti ho svegliata, torna pure a letto... arrivo tra poco» soffiò infine, indicando con un movimento fluido del braccio le scale in direzione del salotto.
Nora sospirò, annuendo proprio malgrado. Ruotò il corpo verso il buio pesto della stanza, bloccandosi appena per lanciare uno sguardo al  marito.
«John, sono passati 43 anni. Dovresti seriamente smetterla di torturarti. Non potevi salvarlo, nessuno poteva» decretò stanca, stringendosi la vestaglia al petto e sparendo verso il piano superiore della casa.
Lydon si passò una mano sulla faccia, sospirando pesantemente. Sid vide la moglie dell'amico salire le scale e la seguì con gli occhi, per poi tornare a guardarlo con un'espressione seria, senza proferire parola.
«Non hai nulla da dire?» 
Il tono ironico lo spiazzò.
«Dovrei?» rimbeccò di rimando, scostandosi dal frigorifero per agguantare nuovamente il bicchiere.
«Mi aspettavo un "Sei proprio la solita fichetta, Johnny" o qualcosa del genere» commentò insospettito, inarcando un sopracciglio al mezzo sorriso storto del giovane punk.
Sid era bello da guardare. Distrattamente si accorse che, forse, tutte le persone che lo avevano intervistato in quegli anni, domandandogli del famoso Vicious, avevano ragione.
«Se sai di esserlo, perché dovrei infierire?!» fu la risposta serafica e retorica del minore. 
Come in passato, continuava a divertirsi un mondo a stuzzicarlo.
Johnny incrociò le braccia al petto, infastidito. Poche cose al mondo riuscivano nel fagli saltare i nervi, Sid, rientrava tra quelle.
«La morte non ti ha cambiato granché. Sei sempre il solito stronzo» decretò convinto.
C'era una punta di fastidio nel tono, ma suonava anche ironico. Detestava doverlo ammettere, eppure si stava divertendo. Come una volta.
«Abbiamo scoperto l'acqua calda!» commentò ironico, innalzando il bicchiere per poi scolarselo in una sola sorsata.
Rotten arricciò il naso.
«Bella casa, comunque. Ti trovo bene. A parte i chili in più e la pelle cadente»
«Perchè non vai a farti fottere?»
«Prima le fichette.» fu la risposta ironica del moro, che nel frattempo si stava spulciando l'ombelico alla ricerca di Dio solo sapeva cosa.
«D'accordo, sai che ti dico?» improvvisamente John non aveva più voglia di giocare a punzecchiarsi. Mise le mani avanti, mentre la testa nera e incasinata dell'ex bassista, si sollevava dal basso. «Non ho più vent'anni, non devo provare niente a nessuno! Ed è vero, cazzo. Mi manchi. Davvero. Avrei voluto fare di più, avrei potuto fare di più... io... mi spaventavi. Quello che eri diventato mi terrorizzava a morte, ma non ho mai smesso per un attimo di tenerci. Ero solo un ragazzino...»
Sid accennò un mezzo sorriso, vagamente simile a un ghigno e gli si avvicinò lentamente. John osservò la figura asciutta del compagno avanzare nella propria direzione. Un braccio sollevato a mezz'aria.
Poteva toccarlo. La mano di Sid si era adagiata tra i capelli improponibili del padrone di casa.
Percepì chiaramente il palmo magro ma ampio dell'amico sfiorargli la cute. 
«Non mi aspettavo che mi salvassi. In realtà, non mi aspettavo che nessuno di voi lo facesse. My Way, ricordi?» proferì sardonico, arricciando il naso in una smorfia familiare.
John si concesse un sorriso.
«Icona punk del cazzo!» commentò amaro, facendolo ridacchiare.
Le 5 del mattino. L'orologio del forno digitale segnava l'ora, decretando la fine di quell'assurda nottata. Non voleva se ne andasse. Avrebbe voluto rimanesse ancora. Egoisticamente parlando, John lo avrebbe tenuto lì per sempre.
«Fammi un favore, Rotten. Basta menate da premestruo e dacci un taglio con i sensi di colpa, Cristo santo sei una lagna. Sono dovuto venire di persona per fartelo notare»
Sbuffò colpevole, agguantando l'avambraccio candido dell'amico per scrollarselo di dosso. La pelle era fredda come il ghiaccio.
«Cosa ho interrotto nell'aldilà? Un thé con i pasticcini insieme a Freddie Mercury?» domandò sarcastico, incrociando con lo sguardo la bocca di Sid arricciarsi in una smorfia disgustata e divertita allo stesso tempo.
John rise di gusto, mentre le dita affusolate del moro si sollevavano in un gesto piuttosto esplicito. Nonostante tutto, sorrideva.
Non ricordava di averlo mai visto così spensierato quando era in vita. Neppure negli anni lontani dall'eroina e da Nancy. Se si fermava a pensare che tutto era cominciato da un dannatissimo criceto, John non voleva crederci.
Sull'onda di quei pensieri, alla fine un lampo consapevole gli si conficcò rapido nel cranio. Non c'era Sid in quella cucina. Sid non era morto. Sid era leggenda. Un mito autodistruttivo per adolescenti in calore e giovani depressi senza prospettive.
John Simon Ritchie, invece, lui aveva smesso di vivere. 
Quella lontana notte del 1979, Sid Vicious uccise il suo migliore amico. Quando sollevò lo sguardo, conscio della scoperta appena fatta, la figura del punk in questione era svanita.
«Poser di merda» soffiò piano, puntando lo sguardo fuori dalla porta finestra del salotto, dove si era appena spostato per raggiungere Nora.
L'alba del 2 febbraio.
«Felice anniversario, Sid Vicious. Mi devi un cazzo di amico.» decretò amaro, consapevole del fatto che, nel bene e nel male, aveva amato entrambi.



 
FIN



 
  
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