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Autore: Regen    22/03/2022    0 recensioni
È il 1795 e il periodo del Terrore in Francia è terminato da un anno, quando una giovane di Marsiglia, Hélène, approda a Santo Domingo, allora colonia francese. Hélène, una popolana cresciuta negli ideali repubblicani di libertà e uguaglianza, si ritrova inaspettatamente al servizio di una nobile famiglia francese scampata alla Rivoluzione. Sullo sfondo della rivolta degli schiavi delle piantagioni, tra amori segreti, riti vudù e patriottismo, imparerà a conoscere se stessa e a realizzare i propri sogni.
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Breve nota introduttiva

Dopo avere scritto, anni addietro, della Rivoluzione Francese dal punto di vista dei rivoluzionari, è arrivato per me il momento di scrivere della fazione opposta, ovvero degli aristocratici francesi che continuarono, ad oltranza, a sostenere la monarchia perduta. Per fare ciò, e perché amo le storie poco conosciute e disperse nel tempo, ho scelto di ambientare il mio racconto dall’altra parte dell’oceano, nei Caraibi che erano allora colonie europee, e quindi nel cuore di un’altra Rivoluzione: quella haitiana. I personaggi di cui andrò a scrivere sono frutto della mia immaginazione, ad eccezione della famiglia du Vergier de La Rochejaquelein, che è realmente esistita e di cui sono riuscita, almeno in parte, a ricostruire le tormentate vicende. Il luogo di provenienza del personaggio principale di questa storia non è una scelta casuale: si tratta infatti di Marsiglia, come La Marseillaise, la Marsigliese, che è diventato l’inno di Francia durante la Rivoluzione. Mi piace immaginare un viaggio di connessione tra due mondi, che sono stati inevitabilmente legati l’uno all’altro dalla Storia, quella con la lettera maiuscola.

 

                                           _____________________

 

 

   Marie-Hélène Martin, appena approdata ad Anse-à-Veau, posò la borsa di tela sgualcita sul legno del molo e alzò una mano a visiera per ripararsi gli occhi da quel sole implacabile. Il caldo e l’afa rendevano l’aria quasi incandescente mentre, con le gocce di sudore che le scivolavano lungo la schiena sotto il vestito troppo pesante, cercava di capire che direzione prendere. Doveva raggiungere il quartiere di Baconnois per presentarsi a servizio dalla nobildonna che l’aveva assunta come cameriera personale, ma in quel crogiolo di luce, suoni e odori esotici, si sentiva completamente persa, e sola come non lo era mai stata. La notizia della morte di suo fratello Nicolas, avvenuta solo un mese prima del suo arrivo a Santo Domingo a causa della febbre gialla, l’aveva gettata nella più cupa disperazione.

Nicolas faceva parte del piccolo contingente di truppe che la Repubblica francese aveva inviato due anni prima nella colonia a sostenere la rivolta degli schiavi e, in seguito alla morte della madre, Hélène aveva deciso di raggiungere l’unico membro della famiglia che le fosse rimasto in quella terra che a lei pareva in capo al mondo. Tuttavia, il destino l’aveva delusa ancora una volta: non aveva fatto in tempo a riabbracciare suo fratello.

Infine, grazie alla moglie di un amico di Nicolas, aveva trovato un lavoro che le avrebbe permesso di mantenersi in modo quantomeno dignitoso, nonostante non avesse alcuna esperienza come cameriera personale: le era stato detto che, in quella parte di mondo, una francese senza esperienza era sempre meglio di una nera o di una creola, almeno per le nobildonne emigrate dalla Francia. Nonostante Hélène provenisse da una famiglia che aveva fortemente sostenuto la Rivoluzione, e pertanto non fosse entusiasta di prestare servizio presso i nobili, era pur sempre meglio di vedersi costretta a vendere il proprio corpo in un bordello coloniale per un pasto decente.

Era l’estate del 1795, e Hélène aveva raggiunto l’isola da sola a diciotto anni, con pochi soldi e con poco più di quanto aveva indosso ma che era il suo capolavoro: un abito che lei stessa aveva ideato e cucito utilizzando i tessuti di scarto del piccolo atelier in cui lavorava a Marsiglia. Le era costato mesi di duro lavoro notturno, ma era il suo piccolo orgoglio personale, con i bei colori pastello sapientemente combinati e la lana grezza intrecciata finemente.

Con un sospiro di rassegnazione, Hélène raccolse la borsa e raggiunse la piazzola di fronte al piccolo porto, decisa a chiedere indicazioni.

Monsieur, non sapreste per caso indicarmi la via per il quartiere Baconnois?” Domandò ad un uomo bianco appena uscito da un’osteria. Questi, che barcollò in avanti di un paio di passi emanando un pungente odore di alcol, la squadrò da capo a piedi per poi replicare: “È lì che lavori? Sei troppo costosa per me. Peccato, un così bel bocconcino me lo sarei mangiato volentieri…”

Hélène, che conosceva fin troppo bene quel tipo di approccio, indietreggiò prontamente. Nella sua nativa Marsiglia avrebbe semplicemente cambiato strada, ma in questo posto ai confini del mondo si sentì inaspettatamente paralizzata, quasi inebetita dalla paura dell’ignoto e di quella gente che non conosceva.

“Avete detto Baconnois, mademoiselle? È là che sono diretto. Permettetemi di scortarvi fino alla vostra destinazione, e giuro sul mio onore che non vi arrecherò alcun male. Le strade di questa località non sono sicure, in tempi come questi.”

L’uomo che aveva pronunciato quelle parole aveva un accento diverso dal suo, probabilmente di una qualche regione della Francia settentrionale, ma la sua voce era permeata da una tale gentilezza che provocò una piccola scossa al cuore di Hélène, prima ancora che ella si voltasse verso il misterioso interlocutore.

Di nuovo, il sole del mezzogiorno le invase gli occhi, ma non avrebbe mai dimenticato l’immagine che le apparve davanti in quell’istante: un uomo in sella ad un cavallo, dai corti capelli biondi e dagli occhi azzurri, cristallini e puri come le acque del mare che li circondava. Nonostante avesse almeno il doppio dei suoi anni, era quanto di più bello Hélène avesse mai visto in tutta la sua vita.

Monsieur, io… Io non so se…” Balbettò la giovane, improvvisamente a corto di parole.

“Ve ne prego,” insistette l’uomo, smontando da cavallo. “Non potrei mai perdonarmi di avere lasciato una giovane francese appena sbarcata in mezzo ad una strada, da sola.”

Hélène lasciò quindi che l’uomo l’aiutasse a sedere sul cavallo, facendola quasi volteggiare in aria mentre l’afferrava per la vita, per poi prendere le redini da terra e condurli entrambi per le vie dell’insediamento con una calma tranquillizzante.

“Siete giunta qui per congiungervi a dei parenti, mademoiselle?” Le chiese lui dopo un po’.

“Sì, ma non è andata come speravo,” iniziò a raccontare la ragazza, la quale non aveva mai disdegnato due chiacchiere con improvvisati compagni di ventura. “Il mio povero fratello maggiore era soldato nell’esercito francese, sapete, era stato mandato qui dalla nostra Repubblica. Però se l’è portato via la febbre gialla, e io non ho abbastanza denaro per tornare in Francia. Ho dovuto vendere la stanza dove vivevo con mia madre per potermi pagare il viaggio oltreoceano, e adesso non mi rimane niente. Fortunatamente, ho trovato lavoro presso una contessa.”

L’uomo, che la ascoltava con sguardo attento e un leggero sorriso, replicò: “Spero dunque che vi troverete a vostro agio presso la contessa.”

“Lo spero anch’io. Si tratta del mio primo lavoro di questo tipo e farò del mio meglio. Per caso avete mai sentito parlare della contessa Constance de Caumont d’Ade? È presso di lei che presterò servizio.”

“Ho sentito parlare di lei, sì.” Con la coda dell’occhio, Hélène notò che il sorriso del gentiluomo misterioso si stava tramutando in riso a stento trattenuto. “Ma lasciate che mi presenti, è stato oltremodo scortese da parte mia non farlo in precedenza. Il mio nome è Auguste du Vergier, marchese de La Rochejaquelein. E la contessa Constance de Caumont d’Ade è mia moglie.”

La ragazza sentì le gote imporporarsi per l’imbarazzo. Aveva appena parlato a sproposito con il marito della nobildonna che avrebbe servito, e questo era oltremodo disdicevole. Tuttavia, il buonsenso le impose di tentare di rimediare quanto poteva essere rimediato:

“Vi chiedo perdono, signor marchese. Io non avevo idea… Io…”

Hélène si coprì il viso con le mani per la vergogna, mentre l’uomo si lasciò sfuggire una piccola risata. “Come è piccolo il mondo, non è vero?”

“Io sono Marie-Hélène Martin, signor marchese, la nuova cameriera personale di vostra moglie. Ve lo chiedo per carità, non riferitele che ho fatto una così meschina figura il mio primo giorno di servizio.”

“E perché mai dovrei?” Ribatté l’aristocratico, mentre risalivano una piccola altura che conduceva alla parte più benestante della cittadina. “Dopotutto, è stata una sorpresa anche per me. Di certo, recandomi al porto per affari, non mi aspettavo di imbattermi in una simile… coincidenza.”

La casa davanti alla quale si fermarono era un piccolo palazzo coloniale dalle pareti esterne dipinte di giallo ocra, con alcune colonne d’ingresso a ricordare lo stile delle ricche dimore francesi e alte finestre dalle eleganti imposte marroni. La posizione sopraelevata dell’altura garantiva il beneficio di una leggera brezza che spezzava la calura; tutto intorno, palme e altre piante esotiche offrivano ombra e refrigerio. Hélène si guardò intorno. Tutto era nuovo per lei, persino i versi degli strani uccelli colorati che non aveva mai visto prima, e all’improvviso tornò a sentirsi piccola e smarrita.

“Non temere,” le disse il marchese, quasi avesse intuito i suoi pensieri, “all’inizio, tutti gli europei appena sbarcati provano un certo senso di disorientamento. Ti abituerai presto, questi luoghi sono meravigliosi.”

La aiutò a scendere da cavallo, e questa volta Hélène fu stranamente consapevole del tocco delle sue mani, seppur gentile e privo di ogni malizia. Il marchese era molto più alto di lei, e le spalle dritte e il fisico robusto le fecero pensare ad un militare, un ufficiale sicuramente.

“Vi ringrazio di cuore per la vostra gentilezza, signor marchese. Non so davvero come sarei arrivata fin qui, se non ci foste stato voi.” Hélène si ricordò di chinare il capo e di fare rispettosamente un inchino, come aveva visto fare a Marsiglia dai domestici degli aristocratici, prima della Rivoluzione.

“Non c’è di che. Mi auguro che ti troverai a tuo agio nella nostra casa.”

Un inserviente nero accorse dalla scuderia ad occuparsi del cavallo, e il marchese accennò un sorriso in direzione di Hélène prima allontanarsi. In quel momento la ragazza, che non si era accorta stare seguendo con lo sguardo l’elegante figura dell’aristocratico, si riscosse sentendosi tirare leggermente per un braccio.

“Tu sei la ragazza nuova, vero? La cameriera di madame.” La salutò una servetta creola, una ragazzina ancora più giovane di Hélène.

“Sì, mi chiamo Hélène.”

“Io Cécile. Seguimi, ti mostro la tua stanza, così ti rinfreschi e poi vai subito da madame, che ti sta aspettando.”

  
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