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Autore: Soul Mancini    23/03/2022    3 recensioni
La vita di Vittoria, normale ragazza di seconda liceo, procede senza particolari scossioni e secondo la solita routine, composta da scuola, messaggi scambiati con la propria migliore amica e sogni a occhi aperti.
Tutto però sembra destinato a cambiare e stravolgersi quando la ragazza viene inaspettatamente contattata da un account che ha qualcosa di familiare. Le basta posare lo sguardo sulla foto profilo per riconoscere il volto ritratto: è Nicolò Croce, un suo ex compagno delle medie con cui Vittoria aveva un rapporto speciale.
Cosa l'ha spinto a contattarla? Cosa succederà ora che si sono ritrovati? Ci sarà ancora spazio per quel legame unico che li legava tanti anni prima?
Ancor prima di rendersene conto, Vittoria si ritroverà catturata in una spirale sospesa tra passato e presente, in balia di quel ragazzino esile e dal sorrisetto impertinente che conosce fin troppo bene.
[Il primo capitolo è stato scritto per il compleanno della mia OC Vittoria, anche se pubblicato in ritardo di un giorno.]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
- Questa storia fa parte della serie 'Anime sorelle'
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Quando il passato diventa presente
 
 
 
 
Il familiare odore della tinta mi permea le narici; aggrotto le sopracciglia e do un’occhiata allo specchio, esaminando il mio lavoro nei minimi dettagli. È un’operazione a cui sono abituata, coloro i miei capelli da quasi due anni ormai, ma da brava perfezionista non sopporterei mai di farlo in maniera disomogenea.
Il ramato che ho scelto sembra donarmi, non vedo l’ora di ammirare il risultato finale!
La vibrazione del mio cellulare mi avvisa dell’arrivo di una notifica, così lo afferro e lo sblocco: Giulia mi ha appena inviato la foto di una pagina del libro di chimica con la didascalia: Tu hai capito questa parte? No, perché io ci sto impazzendo dietro da mezz’ora.
Sorrido amaramente nello scorgere quell’impossibile intrico di numeretti e formule e prendo a registrare un audio: “Veramente non ho ancora cominciato a studiare, cioè sticazzi, appena ho messo piede in casa mi è preso questo sonno assurdo, ti giuro, non riuscivo a tenere gli occhi aperti, quindi ho finito per temporeggiare e penso che…”
Mentre mi lancio in uno dei miei soliti lunghi monologhi senza né capo né coda – ormai la mia compagna di banco è abituata ai miei vocali di oltre cinque minuti, e nonostante ciò è ancora mia amica – alcune notifiche di Instagram fanno la loro comparsa sulla parte alta dello schermo e attirano la mia attenzione: un certo nicocross17 ha appena messo un like a un mio commento, ha cominciato a seguirmi e mi ha mandato un messaggio diretto.
“E adesso chi cavolo è questo?” borbotto dopo qualche secondo di pausa, senza però interrompere la registrazione del vocale.
Uno strano misto tra dubbio ed eccitazione mi assale: mi sento un po’ patetica ad ammetterlo, ma quando qualcuno di nuovo mi contatta sui social – soprattutto se si tratta di un ragazzo – mi esalto, mi viene da sorridere, mi sento importante e degna di considerazione. In fondo forse non sono così strana: a chi non piace ricevere attenzioni?
“Okay, un tipo mi ha appena scritto su Instagram, vediamo che vuole” concludo il vocale prima di premere il pulsante di invio.
Clicco sull’icona a forma di macchina fotografica stilizzata e vado dritta al profilo di nicocross17. Non appena i miei occhi incontrano la sua foto, il mio cuore perde un battito e sono costretta a battere le palpebre un paio di volte per assicurarmi di non star sognando.
Io quel ragazzo lo conosco.
Capelli scuri e corti, occhi grandi e castani, viso un po’ allungato ma dai lineamenti ancora leggermente infantili, labbra sottili increspate in quel solito sorrisetto furbo che non ho mai dimenticato. Non un accenno di barba, non un segno del tempo trascorso: è come se non fosse passato nemmeno un giorno dall’ultima volta che l’ho visto.
Nicolò Croce, svetta in alto sul suo account, e allora non ho più dubbi.
Apro la casella dei DM e leggo l’anteprima del messaggio, ancora troppo sconvolta per cliccare sulla chat e digitare una risposta.
 
eiiii vitto sei proprio tu…quanto tempo!
 
Sì, sono proprio io.
E sì, lui è proprio Nicolò Croce, il mio ex compagno delle medie con cui ho vissuto uno degli anni più divertenti della mia intera carriera scolastica. Quando c’era da fare casino, quando c’era da organizzare qualche scherzo, quando si voleva boicottare una lezione, lui c’era sempre; sedeva nel banco proprio dietro al mio durante il primo anno delle medie ed eravamo diventati complici, i professori ci tenevano sempre d’occhio.
Ma nonostante tutti lo considerassero un uragano e una peste, io ero riuscita ad andare oltre e mi ero accorta di quanto fosse in realtà dolce e sensibile, all’epoca lo consideravo uno dei miei migliori amici.
Poi lui si è trasferito e ci siamo completamente persi di vista, lui all’epoca non aveva ancora un cellulare e non ci siamo potuti scambiare i numeri. Mi sono sempre chiesta che fine avesse fatto.
E ora, dopo quasi quattro anni di silenzio e dubbi, ecco che risalta fuori dal nulla, ripiomba nella mia vita e mi lascia spiazzata.
Solo ora mi accorgo che un sorriso mi ha increspato le labbra e una sensazione di euforia si sta impossessando di me. Perché in fondo non ho mai smesso di chiedermi dove fosse, non ho mai smesso di sperare di rincontrarlo, e sono così tanto curiosa di vedere com’è diventato. Se tra noi esiste ancora quell’intesa speciale di quand’eravamo poco più che bambini.
Dopo alcuni secondi di esitazione – perché all’improvviso sto sudando freddo, poi? – mi decido ad aprire la chat e digito velocemente.
 
NICO CROCE
 
Non ci posso credereeeee
 
Ed è vero: non ci credo.
Getto un’occhiata allo specchio, il mio viso stravolto e ingiallito dalle luci della specchiera ricambia il mio sguardo, e nel frattempo la mia mente mi ripropone i ricordi della mia prima media, quelli a cui ripenso di tanto in tanto e quelli che credevo di aver rimosso: quante risatine nascoste dietro le pagine dei quaderni, quante palline di carta lanciate di banco in banco, quante lezioni dei corsi serali – le mie di pianoforte, le sue di rugby – saltate per andare in giro a far niente.
Nemmeno gli piaceva, il rugby: piccoletto ed esile com’era, Nicolò finiva sempre per prenderle e i suoi compagni di squadra lo consideravano l’anello debole. A lui piaceva il calcetto.
Chissà se ci gioca ancora. Magari quando ci incontreremo glielo potrò chiedere, in fondo si è trasferito in un paese a una ventina di chilometri dal mio e non dovrebbe essere così impossibile rivederci, ora che siamo più grandi.
E chissà come reagirà quando mi vedrà. E come reagirò io. insomma, quella magia non può essere del tutto evaporata, ci troveremo bene per forza. Potremmo tornare a essere amici, e lui magari mi troverà addirittura attraente…
Mi riscuoto all’improvviso e mi do della cretina: possibile che ogni volta che capita qualcosa, anche la più piccola e stupida, la mia mente debba viaggiare in questo modo? Magari non vuole nemmeno rivedermi e mi ha scritto soltanto per accertarsi che fossi io.
La devo smettere.
Controllo l’orario e mi accorgo di aver perso il conto dei minuti, non so per quanto altro tempo dovrò tenere la tinta in posa. Mi lascio sfuggire un’imprecazione: non posso sciacquare i capelli prima del tempo, verrebbe fuori qualcosa di tremendo!
Il mio telefono vibra e io sobbalzo, afferrandolo di scatto come se ne andasse della mia intera esistenza. Nicolò mi ha risposto.
Ma quando controllo le notifiche, mi rendo conto che si tratta di Giulia e il mio entusiasmo si spegne in un istante.
 
Cosa voleva alla fine il tizio?
 
Avvio un vocale, grata di poter condividere con qualcuno quello che mi sta capitando: sono così entusiasta, confusa ed emozionata che rischio di esplodere. “No, vabbè, se ti dico cosa è appena successo non ci crederai mai! Praticamente… ti avevo parlato di Nicolò, il mio compagno delle medie che si era trasferito subito dopo il primo anno, no? Quello insieme a cui venivo sempre punita, una volta abbiamo dovuto aiutare il bidello a pulire la classe prima di andar via… ecco, mi ha scritto su Instagram. Cioè, così, dal niente, dopo duecento anni! E io sono troppo contenta perché… non pensavo che l’avrei più ritrovato, insomma, e chissà com’è diventato! Dalle foto comunque sembra rimasto più o meno uguale. Ora gli ho risposto e sto aspettando… oddio, che ansia!”
Nel mentre che attendo la risposta della mia amica e soprattutto di Nicolò, do un’occhiata alle condizioni del mio profilo Instagram: non pubblico poi così tanto, meno di un post al giorno, ma cerco sempre di tenerlo curato e condividere contenuti interessanti. Tra le foto più recenti ci sono alcuni selfie, qualche foto insieme a Giulia, una crostata di noci, ricotta e pere in cui mi sono cimentata circa una settimana fa, un vecchio scatto di quasi due anni fa che ho ritrovato nei meandri del mio cellulare e che mi ritrae insieme alla squadra di pallavolo, nel giorno in cui abbiamo vinto per l’unica volta il campionato giovanile.
Non so perché, ma improvvisamente mi vergogno di tutto ciò. Nicolò ha sicuramente scorso il mio profilo ed ecco come mi ha rivisto dopo tutti questi anni. Chissà cos’ha pensato di me.
Una nuova notifica nella casella dei messaggi diretti. Mi si mozza il respiro.
Attendo qualche secondo prima di andare a controllare, giusto per non fargli capire che avevo il telefono in mano e stavo aspettando la sua risposta come un affamato attende il cibo, poi lo visualizzo.
 
come stai? le hai finite almeno le medie? hahah
 
Mi viene da ridere: è sempre il solito, il suo atteggiamento nei miei confronti non è cambiato per niente e questo mi scalda il cuore.
 
Che stronzo ahahahah
 
Non sei cambiato per niente
 
Come hai fatto a ritrovarmi?
 
Sto per chiudere la chat, ma stavolta lui mi risponde subito.
 
ti ho visto nei commenti sotto la foto di una mia amica…il nome mi era familiare allora ho aperto il profilo e ti ho riconosciuta…sei cambiata ma allo stesso tempo sei sempre la stessa…non so come spiegarlo
 
Dio, vorrei urlare dalla gioia. Non so perché, ma quelle parole mi fanno davvero tanta tenerezza.
È come se avessi ritrovato qualcosa che non sapevo di aver perso… e come ho fatto a non accorgermi di quanto Nicolò mi fosse mancato?
Con un sorriso sulle labbra e le dita che tremano leggermente, digito una risposta:
 
Spero di non essere cambiata in peggio ahaha
 
Tu invece sei rimasto identico
 
è un complimento o un insulto? hahah
 
Nessuna delle due cose
 
Adesso che scuola stai frequentando?
 
Faccio gli screenshot alla conversazione e li invio a Giulia con tanto di cuoricini in didascalia, poi mi costringo a chiudere Instagram e tornare alla realtà: devo sciacquare via la tinta, farmi la doccia, darmi una sistemata e forse pure mettermi a studiare, visto che sono indietro con chimica.
Ma come posso pensare di concentrarmi su qualcosa quando la mia mente da dieci minuti è occupata solo da Nicolò Croce?
Sul fatto che sia simpatico non ho mai avuto dubbi. Nemmeno sul fatto che abbiamo tante cose in comune.
Ed effettivamente è anche parecchio carino. Certo, la sua non è una bellezza appariscente o che ti toglie il fiato, ma il suo viso pulito da ragazzino ha il suo fascino – forse perché so che dietro quell’espressione fintamente innocente si nasconde un ragazzo sarcastico e furbo.
Chissà se è cresciuto, se ha messo su peso. Chissà se ha ancora quei muscoletti sulle braccia sottili che lo facevano apparire un po’ meno gracile.
Sono questi i pensieri che mi assalgono mentre il getto d’acqua calda mi scorre sulla pelle insieme a rivoli di schiuma.
Devo trovare un modo per chiedergli di rivederci. O forse devo aspettare che sia lui a farlo?
Proprio io, che in genere così spigliata ed estroversa, mi sto facendo mettere in difficoltà da un ragazzino che è appena sbucato fuori dal mio passato.
 
 
“Sì, questo ramato mi piace, decisamente.” Osservo la mia immagine allo specchio, poi getto un’occhiata ai trucchi sparpagliati sulla specchiera e mi esibisco in una smorfia. “Non mi andava di mettere il solito eyeliner nero, è un po’ troppo… aggressivo, non trovi? In fondo è ancora giorno, ci vuole qualcosa di più leggero…”
Giulia si accosta a me. “Perché non metti quello azzurro?”
“Scherzi? Con la maglia bianca dai bordi dorati non c’entra niente. Alla fine mi sa che opto per il nero… però non so…”
Sto cominciando ad agitarmi e a farmi mille paranoie: ho cercato di ripetermi fino a questo momento che ciò a cui sto andando incontro non è un appuntamento, è una semplice rimpatriata con un vecchio amico di scuola e quindi non è poi così necessario fare bella figura, ma dentro di me non ce la faccio. Mi viene spontaneo curare ogni dettaglio con maniacale attenzione – cosa penserà Nicolò se vedrà qualcosa fuori posto?
“Secondo me l’eyeliner nero può andare, magari potresti abbinarlo a quest’ombretto con i brillantini” afferma la mia amica cool suo solito tono pacato, picchiettando su un panel di trucchi poggiato sul bordo del lavandino.
Sposto lo sguardo dal punto che mi indica al volto della mia amica, lo porto sullo specchio e mi lascio andare a un mugolio frustrato. Sembra tutto troppo anonimo, sembra non starmi bene niente oggi.
“Ehi, Vitto. Non starai davvero entrando nel panico” attira la mia attenzione Giulia con una risata nella voce.
“No…” ribatto con poca convinzione.
“Ti prego! Guardami, ascoltami, dai.”
Incrocio il suo sguardo e trovo i suoi occhi verdi calmi e rassicuranti come al solito – mi chiedo come faccia a essere sempre così calma e soprattutto a non perdere mai la pazienza con me. “Non sarà mica questo tizio a farti dubitare di te. Guardati: sei stupenda comunque, anche se ti presentassi in pigiama!”
Ridacchio e il mio sguardo corre automaticamente verso lo specchio: sempre i soliti lineamenti marcati ma non troppo aggressivi, sempre i soliti occhi enormi e scuri – sono troppo grandi? –, sempre le solite labbra non troppo carnose – saranno troppo sottili?
“Comunque penso che legherò i capelli” affermo, forse anche per sviare il discorso.
Giulia ridacchia. “Il pullman passa tra mezz’ora, ti conviene fare in fretta.”
“Cazzo!” Afferro il mascara e mi piazzo davanti allo specchio quasi sul piede di guerra. “Comunque tu dovresti essere qui per aiutarmi, non per mettermi fretta!”
“Ti aiuto a non perdere il pullman, che vuoi?”
“Ah beh…”
“Nel frattempo che finisci di truccarti, vado di là e lavo almeno i patti, okay?”
“Ma lascia perdere, lo faccio io quando rientro” la rassicuro.
Ma lei è già sparita oltre la porta del bagno, probabilmente non mi ha nemmeno ascoltato.
Sono davvero felice di avere Giulia al mio fianco durante i preparativi per questo appuntamento – non è un appuntamento, accidenti! Il caso ha voluto che proprio oggi mio padre fosse fuori tutto il giorno per lavoro, così dopo la scuola io e Giulia abbiamo potuto pranzare insieme a casa mia e ne ho approfittato per raccontarle le passate avventure con Nicolò. Parlarne mi ha aiutato a calmarmi; cosa potrebbe mai andare storto se avevamo un così bel rapporto?
Ma ora che il grande evento si avvicina, l’ansia comincia a farsi sentire e non so nemmeno perché.
E il trucco sugli occhi sembra asimmetrico e sbavato, il rossetto non vuole saperne di stare entro certi confini, troppi capelli sfuggono dalla crocchia, e quella che vedo sulla maglietta è una piega?
“Giuli!”
“Dimmi” risponde la mia amica dalla cucina, l’acqua scrosciante fa da sottofondo alla sua voce.
“Come sto?”
“Bene. Sei bellissima.”
“Ma se non mi hai nemmeno guardato!”
“Non ho bisogno di guardarti per saperlo.”
Sbuffo, getto i trucchi alla rinfusa dentro l’apposito astuccio, afferro il telefono e mi appresto a raggiungerla. Mentre scorgo le notifiche mi accorgo di avere un messaggio di Nicolò su Instagram. Mi mordo il labbro inferiore; questo non aiuta.
 
a che fermata scendi?
 
Ho le mani talmente sudate che il cellulare rischia di cadermi mentre rispondo.
 
Davanti alla gelateria
 
Vieni a prendermi lì?
 
“Dobbiamo correre a prendere il pullman!” mi riporta alla realtà Giulia, chiudendo l’acqua di scatto e asciugandosi le mani in un canovaccio.
“Hai ragione, è tardi.” Prendo un profondo respiro. “Bene.”
Il cuore mi batte all’impazzata, ma cerco di camuffare questo mio stato; recupero la borsa, la giacca, le chiavi di casa e mi assicuro di avere tutto il necessario.
Io e la mia amica usciamo di casa e ci dirigiamo verso la fermata del pullman più vicina, dove prenderò il mezzo che mi porterà dritta a fare un viaggio nel mio passato.
 
 
Lo riconosco subito, non appena metto piede fuori dal bus: è ancora piccoletto e basso, più basso di me – che nel frattempo sono cresciuta di quasi venti centimetri – e ha ancora quell’espressione da ragazzino impertinente che l’ha combinata grossa.
Non ha addosso un giubbotto, indossa una felpa grigio scuro della Volcom, un paio di jeans e delle scarpe da ginnastica bianche.
È Nicolò Croce, sempre lo stesso, e si trova a pochi passi da me, proprio davanti ai miei occhi. È lui, il mio vecchio amico che ho sempre sperato di ritrovare.
Mi sciolgo in un sorriso spontaneo e mi rendo conto che non ho davvero nulla di cui preoccuparmi, con lui posso ancora permettermi di essere me stessa nonostante siano passati quattro anni.
“Ehilà!” lo saluto calorosamente.
“Vitto!” esclama lui venendomi incontro, un enorme sorriso stampato sul volto.
Avviene tutto in maniera spontanea: ci stringiamo in un abbraccio affettuoso, come non era mai capitato prima, ma in quel momento sembra la cosa più naturale e giusta del mondo.
Anche se siamo nel bel mezzo di un marciapiede. Anche se non l’avevo previsto. Anche se forse non è normale.
Quando ci separiamo, lui mi squadra da capo a piedi e io sento le mie guance arrossarsi leggermente, ma continuo a sorridere per dissimulare quel leggero imbarazzo.
“Fanculo, sei ancora più alta di me!” bofonchia lui.
“Che ti aspettavi? Sono anche cresciuta nel frattempo!” ribatto con una risata.
“Quanto sei alta?”
Solo Nicolò Croce può rivedere una persona dopo quattro anni e come prima cosa chiederle quanto è alta. È unico nel suo genere.
Ci rifletto un attimo. “Boh, qualcosa come… un metro e settanta. Tu?”
“Che palle, non te lo dico!”
Rido e gli mollo un colpetto sul braccio. “Hai mollato il rugby, sì?”
“Nell’esatto momento in cui mi sono trasferito. Insomma, che palle, ero stanco di essere scambiato per il pallone… tu invece giochi ancora a pallavolo, vero? Ho visto le foto su Instagram…”
Scuoto il capo. “Era una foto vecchia, ho smesso l’anno scorso. In realtà la squadra si è praticamente smontata perché c’era chi aveva da studiare, chi da fare altro, chi aveva il ragazzo…”
Chiacchierando del più e del meno, ci dirigiamo verso il parchetto del paese, uno dei pochi luoghi in cui poter trascorrere un po’ di tempo. durante il tragitto Nicolò saluta un sacco di persone e si ferma anche a scambiare due parole con qualcuno; sembra davvero noto e popolare e la cosa non mi sorprende affatto, ha sempre avuto un carattere espansivo ed è impossibile non trovarlo simpatico.
Lo salutano anche parecchie ragazze.
Non mi presenta a nessuno e io non oso subentrare nelle conversazioni, non è ancora il momento; mi limito a osservare la gente che frequenta e soprattutto il modo che ha di rapportarsi con loro.
Ci sa fare, eccome se ci sa fare.
E io ho sempre avuto un debole per i ragazzi sicuri di loro stessi.
E poi non ricordavo che avesse degli occhi così belli…
Mezz’ora più tardi siamo seduti su una panchina del parco, al limitare di un grande spiazzo erboso, ognuno con una lattina in mano – lui una Coca-Cola, io un tè alla pesca. Nonostante le cinque del pomeriggio siano passate da poco, il sole già comincia a farsi basso e i raggi dorati illuminano i nostri visi distesi e rilassati.
“Ma ti ricordi quella volta che ho saltato la lezione di pianoforte, siamo andati ai distributori automatici e quell’aggeggio ci ha mangiato i soldi?” esclamo, rivangando l’ennesimo ricordo che abbiamo condiviso insieme.
È da quando abbiamo cominciato a chiacchierare che non riusciamo a smettere di ridere nel riportare alla mente quelle scene esilaranti del nostro passato. Abbiamo trascorso insieme solo un anno, ma sembra essere una vita intera.
Nicolò, che sta sorseggiando dalla sua lattina, rischia di sputacchiare la Coca-Cola a destra e a manca. “Oddio, cazzo, sì! Quella volta il distributore stava per ghigliottinarmi la mano!”
“E alla fine abbiamo scritto qualcosa del tipo grazie per averci mangiato i soldi, ma gli affamati eravamo noi col pennarello indelebile sul fianco!”
“Ti prego, dimmi che quella scritta c’è ancora!”
Non riesco a smettere di ridere. “Hanno cambiato i distributori qualche anno fa.”
“No, che peccato!”
“Almeno i nuovi funzionano bene!”
Lui si stringe nelle spalle. “Ci hanno dato retta alla fine.”
Cala il silenzio per alcuni istanti, ci guardiamo negli occhi e, ancora prima di accorgercene, siamo già scoppiati nuovamente a ridere.
“Di’ la verità: ora sei diventata una ragazza perbene, queste cose non le fai più” mi punzecchia Nicolò con quell’espressione sorniona che conosco fin troppo bene.
Metto su un broncio teatrale. “E chi te l’assicura?”
“Non lo so, mi dai quest’impressione.”
Sorrido con fare misterioso. “Magari ti sbagli.”
Il suo sguardo si fa improvvisamente più intenso e io non posso che sentirmi inchiodata da quegli occhi che sembrano conoscere ogni mio dettaglio meglio di me. “Faresti ancora queste fesserie insieme a me?”
La sua domanda è di una tenerezza disarmante, per un istante mi sembra di essere ancora quella ragazzina di undici anni con i denti di davanti un po’ accavallati, ma sento che queste parole hanno un peso diverso adesso.
“Altrimenti non sarei qui ora” ribatto, improvvisamente seria.
Non mi so spiegare cosa stia succedendo, forse semplicemente non siamo più dei ragazzini e Nicolò ha un che di magnetico che mi rende nervosa. È una sensazione indescrivibile, un’attrazione fortissima che mi spinge verso di lui.
Qualche altra volta mi sono presa una cotta per dei ragazzi, ma quello che sto provando ora è totalmente differente.
“Ma magari sono io che ho messo la testa a posto” mormora lui, spezzando quello stranissimo silenzio che si era creato tra noi.
Mi scappa da ridere e la tensione si allenta. “Chi, tu? Nicolò Croce?”
Lui sghignazza a sua volta. “No, infatti, non crederci.”
“Non correvo il rischio.” Prendo l’ultimo sorso di tè e mi volto nuovamente a guardarlo. “Ehi, ci facciamo una foto assieme?”
“Sicuro!”
Rovisto nella mia borsa in cerca del cellulare e, quando sollevo di nuovo lo sguardo, mi ritrovo davanti Nicolò che si prodiga in una smorfia dietro l’altra. Aggrotto le sopracciglia e trattengo una risata. “Cosa stai facendo?”
“Sto provando l’espressione per il selfie.”
“Tu sei senza speranze, fattelo dire.”
Ci mettiamo in posa, io sollevo il telefono e metto su un sorriso raggiante, sincero, perché quella che sto provando è vera gioia. Nicolò mi circonda la vita per attirarmi a sé, lo fa con una naturalezza disarmante ma a me manca comunque il fiato.
E mentre scatto il selfie sento la sua mano sul fianco, le sue dita che si muovono quasi impercettibilmente sopra la stoffa leggera della mia maglietta e una scarica di brividi mi corre lungo la schiena.
Il suo odore mi pizzica il naso, la sua risatina mi solletica le orecchie, il suo corpo si preme contro il mio. Non so se lo faccia apposta, non capisco niente in questo momento, mi sento solo inebriata in una maniera totalmente nuova.
“Okay… la posso pubblicare?” gli chiedo dopo qualche scatto, staccandomi bruscamente da lui. Ho bisogno di un attimo di respiro.
“Certo.”
Carico la foto più carina – non che io sia venuta benissimo, ma quanto meno scelgo l’immagine in cui non sto strizzando gli occhi – in una storia Instagram, taggo Nicolò e aggiungo la didascalia ricordando i bei vecchi tempi. Impiego studiatamente qualche minuto più del dovuto per non dover sollevare lo sguardo e incrociare nuovamente il suo.
Prima di riporre il telefono nella borsa scorgo distrattamente la notifica di un messaggio di Giulia e per un attimo mi viene voglia di nascondermi in un angolino, chiamarla e raccontarle tutto, ho davvero bisogno di sentire i suoi consigli per decifrare questa situazione nuova che, anche se non lo ammetterei mai ad alta voce, mi sta mettendo seriamente in difficoltà.
La mia amica sa sempre cosa fare, sa sempre mantenere la calma e riflettere razionalmente.
“Ti dispiace se fumo una sigaretta?” me ne esco all’improvviso.
Non fumo abitualmente, ho cominciato qualche mese fa ma sto cercando di non farlo diventare un vizio; ho comunque un pacchetto di sigarette sempre in borsa, da portare fuori quando sono in compagnia. Non aveva tanto senso farlo adesso, ma forse sotto sotto spero che Nicolò mi trovi più figa in questo modo.
“Ah, fumi?”
“Qualche volta” puntualizzo.
“Pure io.”
Estraggo il pacchetto e glielo porgo. “Prendine una allora.”
Lui annuisce. “Grazie.”
Fumiamo e continuiamo a chiacchierare; Nicolò è molto curioso, vuole sapere se suono ancora il pianoforte – no, ho smesso nel momento in cui sono finiti i corsi serali delle medie –, se il liceo che ho scelto mi piace – sì, molto –, se sono rimasta in contatto con i nostri vecchi compagni di classe – con qualcuno sì, ci seguiamo a vicenda su Instagram ma niente di più –, se sono ancora amica con Margherita e Alessia – no, ho rotto con le mie due ex migliori amiche tra la seconda e la terza media, ora vado d’accordo con tante persone ma la mia vera migliore amica è Giulia. È interessato a ogni cosa e questo mi fa in qualche modo sentire importante, significa che ricambia ancora l’interesse che provo e che ho sempre provato nei suoi confronti.
Mi ascolta e mi parla di sé, della sua squadra di calcetto, dei suoi amici, dei suoi professori. Lo fa con un’ironia e una leggerezza che è impossibile non amare, riesce sempre a tenere alta la mia attenzione e anche nei momenti apparentemente più complicati della conversazione non esita mai, nemmeno una volta.
Per la prima volta sento di non avere io in mano le redini della discussione, come spesso capita grazie al mio carattere estroverso e solare.
“Non ti sembra strano?” commento a un certo punto, poi mi blocco di botto, timorosa di esprimere ad alta voce quelli che sono i miei pensieri. Non vorrei sembrare fuori luogo o melensa.
“Che cosa?”
Guardo un punto indistinto davanti a me; sul prato, a una dozzina di metri da noi, si è radunato un gruppo di universitari che stazionano su una coperta, uno di loro imbraccia una chitarra e nessuno fa caso a noi. “Che sono passati quattro anni da quando ci siamo visti l’ultima volta. Insomma, è assurdo, io ho l’impressione che…” Arrossisco, incapace di continuare.
“Che siamo stati insieme fino a ieri?” completa lui per me, la sua voce è appena un mormorio.
Incredibile come possa ridere, urlare, imprecare e poi utilizzare un tono talmente dolce e delicato da far sciogliere il cuore.
Ho il coraggio di lanciare un’occhiata nella sua direzione, ma appena i nostri sguardi si incrociano vengo calamitata dalle sue iridi castane e sono quasi costretta a voltarmi. Sono così intense, cariche di mille significati che mi invitano a essere scoperti.
“Sì. Anche tu hai la stessa sensazione?” ho il coraggio di chiedere.
Lui mi sorride appena, stavolta in maniera diversa, senza la solita impertinenza. “Possiamo anche fare finta che sia davvero così.”
Ci fissiamo negli occhi per diversi istanti, ormai i raggi del sole sono diventati arancioni e non riscaldano più, ma il mio corpo è comunque pervaso da uno strano tepore.
Poi Nicolò mi afferra per il polso e mi strattona leggermente per attirarmi a sé.
E io, senza farmelo ripetere due volte, poggio le labbra sulle sue come se non avessi aspettato altro per tutto il tempo – forse è davvero così.
È come una scossa elettrica; all’improvviso qualcosa di bollente comincia a scorrermi nelle vene e arriva ovunque, mi infuoca, mi spinge a prendere sempre di più. Un istante dopo approfondisco il bacio, totalmente in balia delle sensazioni che quel ragazzo mi provoca, e quando le nostre lingue si scontrano apprendo che sarà una bella sfida staccarmi da lui.
Agisco d’istinto e lo stringo più forte a me, succube di quel bacio rovente, delle sue mani che mi scorrono sulla schiena e sui fianchi, del bollore che la sua pelle emana.
Non è la prima volta che bacio un ragazzo, ma i primi tentativi erano stati parecchio goffi e innocenti. Stavolta c’è qualcosa di diverso, di più maturo e fisico, un’attrazione che non so bene come gestire, ma che mi piace da morire.
Ci stacchiamo solo quando non abbiamo più fiato e io mi soffermo a osservare il volto di Nicolò: i suoi occhi luccicano, le sue labbra sono increspate in un sorrisetto malizioso, adesso il ragazzino pulito non esiste più e al suo posto c’è un volto tutt’altro che innocente, attraente da far male.
Se qualche anno fa mi avessero detto che saremmo finiti in una situazione del genere, avrei riso fino alle lacrime.
“Okay” sussurra col fiato corto, carezzandomi appena un fianco con la mano sinistra.
Dovrei pensare a qualcosa di sensato da dire, ma tutto ciò che so è che vorrei soltanto saltargli addosso. Me ne vergogno un po’, ma ora non importa poi tanto.
Nicolò porta la mano destra sul mio viso e prende ad accarezzarmi piano uno zigomo. “L’ho sempre saputo.”
“Che cosa?”
“Che saresti diventata così bella.”
Mi sento morire sotto il suo tocco e sotto la dolcezza di quelle parole. Mi viene voglia di chiedergli se stia scherzando, ma mi basta guardarlo negli occhi per capire che è serissimo.
Non è il primo a dirmi che sono carina, ma stavolta è diverso.
Con Nicolò è tutto diverso.
Non so cosa rispondere.
“Nico…”
“Sì?”
Lo bacio nuovamente, con la stessa intensità, mi impossesso della sua bocca come se questo potesse fargli capire quanto ho apprezzato il suo complimento.
Non ce ne importa niente se ci troviamo nel bel mezzo di un parco pubblico insieme ad altre persone, ce lo dimentichiamo completamente.
Per me conta solo che io e Nicolò ci siamo ritrovati, o forse ci siamo trovati per la prima volta in un modo tutto nuovo. Non capisco niente, non sono in grado di ragionare sensatamente in questo momento.
Ciò che so per certo è che voglio stare con lui, a ogni costo.
Ciò che so è che è bastata quell’ora e mezza trascorsa insieme a lui per innamorarmi.
 
 
 
 
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AUGURI VITTOOOOOOOO ANCHE SE IN RITARDO DI UN GIORNO!!!!!!
Ragazzi miei… è già un miracolo che io sia riuscita a scrivere qualcosa in questi giorni, e con miracolo intendo proprio MIRACOLO!!!! Ero bloccata da troppo tempo, anche quando scrivevo nulla mi convinceva e mi soddisfaceva… e ok, forse non vado proprio orgogliosa di questo primo capitolo, ma sta di fatto che ho buttato giù circa cinquemila parole in un giorno e questo mi fa volare altissimo *________* era da secoli che non scrivevo così fluidamente!
Non sono soddisfatta principalmente della gestione e caratterizzazione dei personaggi, il che mi dispiace perché si tratta di una mia serie originale, MA ADESSO LA SMETTO DI LAMENTARMI PERCHE’ IERI ERA IL COMPLEANNO DI VITTORIA E LEI NON MERITA TUTTO QUESTO!!!
Allora… che dire? Questa è un’idea che avevo in mente veramente da secoli, non sapevo bene come gestirla ma alla fine l’ispirazione mi ha suggerito di dare vita a una minilong, di cui questo è appunto il primo capitolo. Non garantisco niente sui tempi in cui scriverò/pubblicherò gli altri, ma già il fatto di aver cominciato mi dà la motivazione per continuare!
Ecco Vitto alle prese con il suo primo amore, che forse lo era anche da prima che lei se ne accorgesse, forse lo è sempre stato… cosa ne pensate di Nicolò? Qual è la prima impressione che dà? Io ho un sacco di cose in mente a riguardo e mi dispiace non potervi spoilerare nulla eheheheheh…
La trama di questo capitolo non è poi così originale, in seimila storie prima di questo abbiamo visto i preparativi insieme alla migliore amica prima di un appuntamento, ma sappiamo che Giulia e Vittoria sono appunto delle ragazze normali e possono vivere anche queste fasi della vita, e chi sono io per stravolgere i loro piani? ^^
Grazie a chiunque sia giunto fin qui, grazie per il supporto nonostante io sia così discontinua ultimamente e AUGURI ALLA MIA STELLINA sempre sorridente e allegra, stai attenta Giuli che te la potrei anche rubare ♥
 
 
   
 
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