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Autore: trenodicarta    24/03/2022    0 recensioni
«Tornate a casa, entrambi.» Sussurrai al suo orecchio.
Lo sentì irrigidirsi davanti a quell’abbraccio, poi rilassarsi e infine allontanarmi lentamente.
«Vado.» Fu tutto ciò che disse, mentre usciva dal camper senza voltarsi indietro.
Sì, tornate a casa entrambi. O torna almeno tu Daryl, perché se il pensiero di Merle morto mi fa soffrire, immaginare che sia tu ad andartene mi uccide.
Mi sentii crudele e ingiusta per averlo pensato ma se avessi dovuto scegliere tra i miei fratelli, non avrei avuto dubbi. Potevo rinunciare a Merle ma non a Daryl.
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Raccolta di momenti dedicati ai tre fratelli Daryl, Merle e Olivia (personaggio immaginario). Capitoli brevi ispirati alle prime stagioni di TWD.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Merle Dixon, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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GRAZIE a chi ha letto i precedenti capitoli. Un regalino per voi che trovate qui sotto, il primo booktrailer della fan fiction, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va :)  Qui per vederlo!

Continuiamo col nuovo capitolo, in cui c'è stato un salto temporale rispetto al precedente. Ci troviamo nella 3 stagione, alla Prigione, dopo il rapimento di Maggie e Glenn da parte del Governatore. Il nostro gruppo è andato a riprenderseli, scontrandosi con i cittadini di Woodbury. 
 

Woodbury

Dopo esserci infiltrati a Woodbury, la città che il Governatore aveva ricostruito, avevamo trovato Maggie e Glenn. Nel tentativo di portarli via, qualcosa era andato storto, eravamo stati scoperti e la città si era trasformata in un vero e proprio campo di battaglia. Fumogeni e spari invadevano l'aria; tutto ciò che vedevo erano figure nemiche da colpire. Io e Rick avremmo dovuto coprire gli altri, mentre questi iniziavano a uscire dal cancellone.

Daryl era rimasto poco più indietro, coprendo noi due. Saremmo riusciti a uscire tutti e tre, seppur al pelo, ma ci saremmo riusciti, se non fosse accaduto qualcosa di irreparabile.

Voltandomi in direzione di Rick, lo vidi levarsi in piedi, il viso contratto in un'espressione di terrore e sorpresa, gli occhi che tentavano di mettere a fuoco qualcuno. Stava guardando uno dei cittadini, che armato avanzava verso di noi.

- Shane... – Sentire pronunciare a Rick quel nome mi fece rabbrividire, poiché ciò che stava accadendo era ben peggio di quanto pensassi. Da quando sua moglie era morta, Rick non era più lo stesso. Aveva le allucinazioni, lo avevo notato alla prigione, un giorno in cui ero di vedetta alla Torre. Guardando in basso, l'avevo visto fissare il vuoto, dialogandoci come se vi fosse qualcuno. Quella scena si era ripetuta più volte e anche altri l'avevano notato. 

Aveva perso sua moglie da poco, senza potersi realmente riappacificare con lei, senza poterle dire addio. Era sotto forte stress, potevo capirlo ma quello era il momento peggiore per vedere i morti, eravamo sul campo di battaglia.

Il rumore di spari sempre più vicini e un grido del nostro gruppo mi riportò alla realtà. Spostai lo sguardo da Rick agli altri, scoprendo che il soldato che Rick stava scambiando per Shane, aveva sollevato l'arma colpendo uno dei nostri.

Non li avevamo coperti. 

Come risvegliandosi da un brutto sogno, il viso di Rick si distese, sembrò riprendersi. Scosse il capo e batté gli occhi più volte, vedendo finalmente davanti a sé il reale volto quel cittadino. Non era Shane, non lo era mai stato. Ciò che vedeva non era reale.

Mi sollevai in piedi, mostrandomi troppo, e puntai all'uomo, sparandogli al braccio e poi alla gamba. Avrei dovuto ucciderlo ma non potevo: far fuori gli zombie era un conto ma con i vivi, il discorso cambiava. Preferivo ferirli, disarmarli ma non ucciderli, a meno che non fosse strettamente necessario.

Approfittando di quel momento e vedendomi allo scoperto, un'altra ombra tra i fumogeni sparò. Ricaddi a terra, con una mano sull'arma e l'altra premuta sulla coscia. 

- Rick! - Daryl aveva gridato il suo nome e accovacciandosi aveva iniziato a correre verso di noi, rischiando di essere colpito a sua volta. – Rick! – Urlò con ancora più forza, senza guardarlo, i suoi occhi erano puntati sulla mia gamba sanguinante. La sua fronte si corrugò, mentre osservava il sangue scorrere oltre la mia mano, lasciando una macchia fresca e scarlatta a terra. Stavo perdendo sangue, troppo. Vidi la figura di Rick avvicinarsi e Daryl dirgli: - Devi portarla via! Andate, vi copro io! –

Scossi il capo e allungai le mani per trattenerlo ma lui mi sfuggì come un animale selvatico davanti a un essere umano. Lo vidi sparare raffiche di colpi davanti a sé, dandoci così il tempo di scappare.

***

Mi risvegliai mentre il mio corpo veniva caricato in auto. Attorno a me vidi i volti familiari di Maggie, Rick e Michonne. Sporgendomi un po' di più, adocchiai Glenn seduto al lato del passeggero, ridotto male quasi quanto me, col viso insanguinato, livido e una ferita al sopracciglio.

- Daryl... - Non riuscivo a vederlo eppure lo chiamai, sperando che fosse lì da qualche parte. 

- Lo stiamo andando a riprendere, Olivia. - Rick pronunciò quelle parole come una promessa. Non vi era traccia di indecisione e gli occhi con cui mi fissava erano decisi, nulla a che vedere con quelli che avevano immaginato il fantasma di Shane poco prima. - Maggie riporterà alla prigione te e Glenn. –

La donna si era appena accomodata al posto di guida, facendo cenno a Rick di essere pronta. 

- Voglio venire anche io con voi. –

La mia era una richiesta irrealistica, lo sapevo bene. Muovere la gamba era impensabile in quelle condizioni, figurarsi tornare a Woodbury per combattere ancora. 

- Olivia devi essere med... -  La voce di Rick mi giunse sempre più ovattata, prima di scomparire del tutto nel buio, come il suo viso. 

***

Lanciai un grido, sentendo il fuoco consumarmi la pelle. Qualcuno stava conficcando un tizzone ardente nella mia coscia, premendo con forza mentre la pelle bruciava.

- Tenetela ferma più che potete. –

Era la voce ferma e pacata del Dottore. Riuscivo a malapena a vederlo attraverso la vista offuscata e le lacrime. Mi stava amputando la gamba? Cos'era quel bruciore insopportabile che avevo appena avvertito? Presi a scuotermi, ribellandomi, non potevo sopravvivere senza la gamba, non avrei più potuto combattere, andare in ricognizione o semplicemente correre, camminare.

Maggie e Carl tentavano di impedirmi ogni movimento, premendomi le caviglie e i polsi contro il letto. 

Percepii una ventata d'aria spostarsi vicino a me e la sagoma del Dottore accovacciarsi fino al mio viso. 

- Olivia, sono Hershel. Ascoltami bene, il proiettile non è fuoriuscito, devo estrarlo. Ho dovuto inciderti la pelle per allargare il foro di entrata, devo vedere bene dove è rimasto incastrato il proiettile. So che fa male ma devi rimanere ferma o rischio di colpire vasi o nervi. -

Tacque come a darmi il tempo di metabolizzare quelle informazioni. 

- Fallo. – Mugugnai tra i denti, stringendo i pugni per prepararmi di nuovo al dolore.

Mi sembrò di vederlo annuire, poi si rialzò lentamente, zoppicando appena mentre tornava a esaminare la mia gamba. 

- Inizio a incidere. - Informò me ma anche Carl e Maggie, che subito presero a stringere con più forza le mie caviglie e polsi, nella speranza che ciò bastasse a tenermi ferma.

Sentii di nuovo il fuoco lambirmi la pelle. Non c'era nessuna fiamma, quella che sentivo era la lama del bisturi, Hershel la stava usando per potersi introdurre e vedere, trovare il proiettile rimasto all'interno della carne. Sperai di svenire, lo sperai davvero. Il Dottore non aveva anestetici, altrimenti li avrebbe di certo usati, evitandomi quello strazio. 

Non svenni, non finché non fece il suo ingresso un'altra figura. Riconobbi gli occhi chiari, i capelli corti e argentei. Carol mi sfiorò la guancia con una mano, prima di sussurrarmi. - Bevi. - Un liquido fresco mi colpì le labbra, che si storsero in un'espressione disgustata. Sputai l'alcol, che vista la mia posizione, tornò indietro colpendomi il viso. 

- Devi farlo. - Mi ordinò la donna, prendendomi il mento con una mano. - Olivia, fallo. - Mi parlava come una madre, che impartisce ordini alla propria figlia disobbediente. Una sensazione che io non conoscevo, non avendo mai avuto una madre. 

Schiusi le labbra e pregai che l'alcol mi aiutasse. 

   
 
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