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Autore: memi    06/09/2009    4 recensioni
“A recuperarmi?” Ripeté, prima di corrucciarsi. “Non sarà per copiarmi qualche compito, vero?”
“Adesso che mi ci fai pensare...”
“Al!”
“Okay, okay.” Si arrese all’istante Albus. “No, non è per farmi aiutare a finire qualche compito.”
Iniziare, vorrai dire.” Lo corresse Scorpius, sardonico, incrociando le braccia al petto e arricciando le labbra in una smorfia svagata.
“Sta zitto tu!” Lo additò veloce l’altro, minaccioso, per poi sciogliersi in un sorriso dolce nel spostare lo sguardo sulla cugina. “Sul serio Rosie, ma come lo sopporti?! Cioè, un conto è fingere di andarci d’accordo, come fa il sottoscritto, un altro è mangiarselo come fai tu, cugina!”
{Per la serie di Estetica}
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Estetica'
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Il filtro

 

Non era abituata a perdere.

Insomma, era ovvio che non lo fosse. Non era una stupida ragazzina qualunque, lei era Regina Spencer. Colei a cui bastava schioccare le dita per avere ai suoi piedi il capriccio del momento. Clic, e lo stupendo vestitino che aveva adocchiato da Stratchy&Sons lo scorso finesettimana ad Hogsmeade appariva come per magia nel suo guardaroba. Clic, e il saputello di turno le passava il difficile tema su Pozioni. Clic, e lo stupidotto di turno si faceva letteralmente in quattro per lei, solo per avere un briciolo della sua attenzione.

Nessuno più di lei riusciva ad ottenere quello che voleva e per questo, senza possibilità di replica, era stata eletta, in un tacito sorteggio, quale sovrana indiscussa di Serpeverde e, a voler esagerare, di Hogwarts. Inoltre, come se non fosse bastato un carisma fuori dal comune quale il suo e una sfrontatezza da record, ci si aggiungeva a completare il tutto un paio di occhi da cerbiatta e un fisico giunonico, con le forme al posto giusto e una cascata di capelli neri ad incorniciare l’incarnato bronzeo. Era stato proprio facendo leva su tutte queste qualità se era riuscita a guadagnarsi un posto di spicco nella scala gerarchica sociale e un gruppetto di fedelissime pronte a seguirla seduta stante.

Eppure, come naturale che fosse, in tanta perfezione c’era un ma.

Un ma che pesava più di una T ad un compito in classe perché, oltre alla pesante umiliazione, Regina aveva dovuto fare i conti per la prima volta nella sua vita con la disfatta.

Un ma a cui si poteva associare un nome altisonante, blasonato, ed un viso dalle fattezze regali, quasi statuarie.

Scorpius Hyperion Malfoy.

Il ragazzo che aveva avuto l’onore sublime di catalizzare le sue attenzioni ma che, ardimentoso e impudente, aveva preferito una stupida insulsa banale Grifondoro. No, non Grifondoro. Non solo almeno. Lui aveva preferito la sciatta inadeguata Rose Sophie Weasley a lei, a lei. Era una cosa che, per quanto potesse sforzarsi, non riusciva affatto a tollerare. Regina Spencer non poteva e non voleva perdere contro l’emblema della mortificazione femminile. Scorpius non poteva davvero volere quello scherzo in gonnella rispetto a lei! Era inammissibile, fuori ogni logica, assurdo, assurdo. Avrebbe dovuto esserci lei stretta tra le braccia di Scorpius, lei a godere dei suoi rari sorrisi, lei a baciarlo con una malcelata passione.

Non è giusto! – avrebbe voluto poter obiettare, piuttosto che starsene rigidamente composta sul suo spazio di panca, tra Samantha Thompson e Hannah Warrington a fingere che non le importasse se il suo futuro marito sbaciucchiava spassionatamente un’altra davanti ai suoi occhi – Lui dovrebbe essere mio, non suo. Lei non lo merita. Io sono quella giusta per Scorpius, io! Che gli ha fatto quella strega? Li rivoglio. Non è giusto... Io lo rivoglio.

“Certo che la Weasley se lo tiene ben stretto, eh?” Spuntò all’improvviso la voce di Samantha, all’apparenza intenta ad imburrarsi una fetta di pane tostato. “Per forza, e quando le ricapita un’occasione simile?”

“Sì, hai ragione Sam!” Sghignazzò divertita Hannah, scuotendo il capo quasi non avesse udito battuta più divertente in tutta la sua vita.

Regina si paralizzò sul posto, invece, mentre Scorpius spostava con estrema noncuranza una ciocca di capelli castani dal viso arrossato della Weasley.

“Oh.” Accortasi solo in quel momento della gaffe, Samantha lasciò perdere il pane e allungò una mano sul braccio di Regina, sfregandolo appena. “Scusa tesoro, non volevo insinuare che lei te l’abbia rubato veramente. Sì, insomma, lo sappiamo tutti che Scorpius è tuo...no?”

Nel dirlo aveva sbattuto le palpebre e assunto un’espressione ingenua, come era solita fare, ma Regina non poteva fare a meno di trovare il gesto un tantino inopportuno stavolta. Se non l’avesse conosciuta, avrebbe detto che stava cercando di metterla in imbarazzo, ma era Samantha, la più vicina all’essere considerata quale sua migliore amica, perciò una cosa del genere era davvero fuori questione. Perciò scrollò le spalle e, con una disinvoltura che in quel momento proprio non le apparteneva, scacciò ogni risentimento.

“Infatti.” Ribadì, decisa, gli occhi puntati con ostinazione sulla coppia più discussa e incongruente di Hogwarts. “Quella sciacquetta non conta niente per lui. È solo un capriccio. Presto, molto presto, ritornerà da me, vedrete.”

Scorpius sarebbe stato suo, era deciso, e avrebbe fatto qualsiasi cosa, qualsiasi, per riprenderselo.

 

≈♦≈♦≈♦≈

 

“Siete davvero disgustosi!”

Scorpius e Rose sobbalzarono all’unisono, presi in contropiede dalla voce sarcastica insinuatasi tra i loro languidi baci, e, con uno scatto magistrale da parte della Grifondoro, si separarono sotto lo sguardo divertito di Albus Severus Potter. Il Serpeverde, difatti, era appoggiato con una spalla e insolita pigrizia al muro alla sua destra, un sopracciglio inarcato e l’aria fintamente nauseata a sottolineare quanto appena detto. Il nodo lento della cravatta e la camicia stropicciata lasciata bellamente fuori dai pantaloni di certo contribuivano ad enfatizzare il cipiglio svogliato con cui si era presentato tanto impunemente.

“Sul serio, vi preferivo quando passavate il tempo a rimbeccarvi e ad insultarvi.” Continuò, distaccandosi dalla parete per avvicinarsi, a passi lenti, verso i suoi due migliori amici. “Eravate, come dire...più originali, ecco.”

Nonostante sapesse alla perfezione che stava scherzando con genuina spontaneità, Rose non riuscì ad impedirsi di arrossire ancora di più, talmente stretta nelle spalle da essere rimpicciolita rispetto alle figure longilinee delle due Serpi. Al contrario, Scorpius sembrava del tutto a proprio agio nei panni del latin lover – cosa che la fece riflettere sul numero reale di volte in cui Al doveva averlo beccato in atteggiamenti del genere – e, piuttosto che mostrarsi imbarazzato, ostentava un adorabile broncio seccato.

“Sei venuto per dire qualcosa di sensato, o sei qui solo per sparare stronzate, Potter?” Domandò, la voce strascicata e le movenze scocciate.

Per tutta risposta, il moro alzò le mani in segno di difesa. “Come sei pedante, Malfoy. E comunque, per la cronaca, sono qui per recuperare la mia amata cugina.”

Ricordandosi solo in quel momento di come si facesse a respirare, Rose allungò un passo nella sua direzione e sfoggiò un’espressione marcatamente sorpresa.

“A recuperarmi?” Ripeté, prima di corrucciarsi. “Non sarà per copiarmi qualche compito, vero?”

“Adesso che mi ci fai pensare...”

“Al!”

“Okay, okay.” Si arrese all’istante Albus. “No, non è per farmi aiutare a finire qualche compito.”

Iniziare, vorrai dire.” Lo corresse Scorpius, sardonico, incrociando le braccia al petto e arricciando le labbra in una smorfia svagata.

“Sta zitto tu!” Lo additò veloce l’altro, minaccioso, per poi sciogliersi in un sorriso dolce nel spostare lo sguardo sulla cugina. “Sul serio Rosie, ma come lo sopporti?! Cioè, un conto è fingere di andarci d’accordo, come fa il sottoscritto, un altro è mangiarselo come fai tu, cugina!”

“Oh, smettila Al!” Gli mollò un innocuo schiaffo sul braccio Rose, virata in tutte le tonalità possibili del rosso e ormai approdata in un acceso cremisi.

Da quando era iniziata la sua specie di relazione con il rampollo dei Malfoy, le battutine sarcastiche, come ovvio, non erano di certo mancate. Erano scese giù a fiotti, più che altro, eppure lei non sembrava essersene fatta ancora una ragione e, di conseguenza, un’abitudine. Continuava ad imbarazzarsi per un nonnulla, ad arrossire violentemente e a sottrarsi alla stretta del ragazzo ogni qual volta nei paraggi si profilavano sguardi indiscreti.

Era un miracolo, in effetti, se quella mattina Scorpius era riuscito a baciarla e a sfiorarla per più di mezzo secondo, in Sala Grande, ma non era così stupido da non sapere che gran parte del merito andava allo scandaloso orario mattutino, ragion per cui parecchi studenti erano ancora nei loro dormitori quando avevano consumato la scena.

“Geloso, Potter?” S’infervorò subito Scorpius, baldanzoso.

“Di te, Malfoy?” Al alzò un sopracciglio, scettico. “Dubito che sarò mai così depresso!”

“Smettetela voi due.” Intervenne rapida Rose, consapevole di dove avrebbe portato quel battibecco e poco propensa a sorbirsi la lista di attributi per cui una ragazza avrebbe voluto uno piuttosto che l’altro. “Siete insopportabili quando vi ci mettete.”

“Davvero, Weasley?” Prima ancora che lei riuscisse a rendersene conto, con uno scatto felino, Scorpius l’aveva raggiunta e circondata con le sue allenate braccia da Cercatore.

Inevitabilmente il gesto la fece fremere, arrossire e sobbalzare tutto contemporaneamente, prima che la parte razionale di sé avesse la meglio e la spingesse a divincolarsi, con uno scrollone, dalla stretta del ragazzo.

“Davvero, Malfoy. Soprattutto tu.” Aggiunse, incapace tuttavia di sostenere il suo sguardo di ghiaccio che, con insistenza, la teneva sott’occhio.

A che stava pensando? Rose se lo chiese mentre fingeva acceso interesse per la punta delle sue scarpe, ma non ebbe il coraggio di provare a darsi una risposta in merito. Aveva il vago presentimento che, dopotutto, non le sarebbe piaciuto sapere quello che c’era da sapere.

“Visto Scorpius? Che ti avevo detto?” Gongolò raggiante Al, il quale non sembrava aver afferrato appieno la pesante aria che si respirava, ad un tratto.

“Già, già.” Liquidò in fretta la questione il biondo, distogliendo finalmente lo sguardo da lei per osservare un punto imprecisato oltre la finestra. “Allora, perché sei qui?” Chiese quindi, distante.

“Te l’ho detto, per recuperare Rosie. Consiglio tra Prefetti. Che palle.” Spiegò, telegrafico, sbuffando all’occasione e alzando a più riprese gli occhi verso il cielo.

“Ora?” La cugina ne parve sinceramente stupita. “Non ne sapevo niente.”

“Prenditela con quel gran genio del Caposcuola!” Mormorò solo Albus, prima di fare retrofronte e avviarsi, ciondolando senza costrutto, verso la porzione di corridoio da cui era arrivato.

Rimasta indietro, impelagata nei suoi pensieri, Rose ci impiegò diversi secondi a recepire il cambiamento e, consapevole di doverlo seguire, si girò repentina verso Scorpius, ancora impegnato in un’attenta osservazione del paesaggio esterno.

“Beh, io dovrei...” Biascicò, impicciandosi nelle parole, per darsi subito dopo della stupida giacché tentava di assumere un certo contegno. “Ci vediamo dopo, vero?”

Incapace di fingere ancora indifferenza, si voltò finalmente verso di lei e, con un’intensità capace di far tremare le pareti, la fissò in quei rassicuranti occhi marroni.

“Tu vuoi che ci vediamo?” Domandò, più duro di quanto in realtà non volesse.

Rose s’irrigidì alla domanda e, c’era da aspettarselo, s’infiammò seduta stante. “Se non vuoi che ci vediamo basta dirlo! Non hai bisogno di fare tutti questi giochetti con me, Scorpius. Non sono come le stupide ragazzette con cui hai sempre avuto a che fare, nel caso non te ne fossi accorto!”

“Hai ragione.” Accordò stranamente lui, ma non c’era traccia di accondiscendenza nel suo viso. “Non sei come le altre.”

Per un istante, l’affermazione la mandò in tilt, poi, non sapendo di preciso come prenderla, la parte illogica di sé optò per il recepirla quale un’offesa e, indignata, gli riversò addosso uno sguardo carico di un astio in realtà inesistente.

“Bene, perfetto! Corri a prendertele, allora!” E così dicendo, senza aggiungere altro, gli diede le spalle e, a grandi passi, quasi correndo, si affrettò a farselo scivolare via, nonostante il cuore in subbuglio e la disperata voglia di ritornare sui suoi passi.

Rimasto solo, intanto, Scorpius continuava a fissare il punto in cui lei era scomparsa.

Al diavolo!, si rimproverò, arrabbiato. Perché non riusciva a farsi capire? Perché doveva essere tutto così complicato con lei?

Tirò un calcio all’aria e, sbuffando, infilò le mani nelle tasche del pantalone scuro. Per quanto si sforzasse, pareva proprio che non riuscisse a cancellare quella parte calcolatrice e spietata di sé, né lei sapeva andare al di là del suo naso. Sarebbe bastato soltanto essere più chiari e parlarsi con schiettezza, certo, ma in quel caso non sarebbero stati loro e, dunque, non gli rimaneva che tenersi il malumore e sperare di trovare un novellino con cui sfogarsi il prima possibile.

 

≈♦≈♦≈♦≈

 

Contravvenendo alle sue aspettative, anziché rintracciare qualche piantagrane, Scorpius s’imbatté nell’avvenenza sinuosa di Regina, ferma a pochi metri di distanza da lui sulla traiettoria che stava seguendo e che portava alla Sala Comune di Serpeverde. Ad un primo acchito, osservando con scarso interesse la gonna esageratamente corta e la camicia sbottonata quel tanto che bastava a far intravedere l’abbondante decolté, non appariva diversa dal normale. Eppure, a giudicare dall’aria sibillina impressa nel fondo delle iridi verdi, qualcosa di cui diffidare doveva esserci.

Avrebbe persino iniziato ad insospettirsi se solo non fosse stato ancora parecchio nervoso per il recente diverbio con la Grifondoro più testona che l’intero corpo studentesco avesse mai potuto avere. Invece, dopo un’iniziale accennato sbigottimento, si apprestò ad andare oltre, pronto a scivolarle di fianco senza emettere verbo. Non aveva affatto voglia di sentire quello che aveva da dirgli, tanto più aveva più di qualche valida ragione per presupporre che si trattasse di loro, insieme.

“Aspetta!” Lo richiamò tuttavia lei, spalla contro spalla, girando il capo nella sua direzione per fissarlo in volto.

Per quanto la tentazione di procedere bruciasse nella sua pelle, Scorpius non riuscì ad impedirsi di fermarsi e, seppur con uno sbuffo, le lanciò un’occhiata di superficiale interesse.

“Che vuoi?” Domandò secco, senza particolari inflessioni nella voce.

Regina strinse i pugni, impercettibilmente, ma non mosse un solo muscolo per mostrare la propria irritazione. Doveva avere pazienza, si disse mordace. Sarebbe stato suo presto, prima che potesse accorgersene, e in quel caso sarebbe stato lui a cercare lei, non il contrario.

“Hai visto Potter?”

Intuendo che si trattasse del consiglio tra Prefetti di cui aveva parlato poco prima il suo migliore amico, a cui sia lui che Regina facevano parte in quanto Prefetti di Serpeverde, Scorpius annuì con ponderata lentezza.

“Stava andando da quella parte.” Mormorò, strascicando le parole, alzando il pollice e indicando con questo il corridoio alle sue spalle.

“Bene.” Disse solo Regina, all’apparenza pensierosa, prima di allungare una mano verso di lui e agguantare con prontezza la sua. “A presto, Scorpius.”Gli sussurrò all’orecchio, sensuale e lasciva, mentre con l’altra mano, tenuta fino a quel momento chiusa a pugno, infilava rapidamente qualcosa nella tasca del pantalone del ragazzo.

Durò solo un istante, poi lei si scostò e ritirò la mano, sorridendo per qualcosa che Scorpius non poteva chiaramente capire. Dopodiché, siccome Regina non sembrava per nulla intenzionata ad andarsene, decise che avrebbe dato forfait per prima e, accennando ad un saluto col capo, riprese il camminò là dove l’aveva interrotto. Alle sue spalle la ragazza continuava a sorridere, felice ed estremamente soddisfatta, prima di girarsi a sua volta e avviarsi verso l’aula dove si sarebbe tenuto il consiglio tra Prefetti.

 

≈♦≈♦≈♦≈

 

“Per la barba di Merlino, è stata la riunione più noiosa di tutta la mia vita!” Assicurò convinto Al mentre, con la cugina, si apprestava a raggiungere la Sala Grande per la cena.

“Lo dici ogni volta, Al.” Lo informò paziente Rose, sforzandosi di non pensare ad un Serpeverde in particolari ed ottenendo, almeno fino a quel momento, scarsi risultati.

Quando affondava le mani nei morbidi capelli di Scorpius, era facile per dimenticare ogni minimo difetto e perdersi invece nelle sensazioni che riusciva a darle. Era semplice, quasi automatico, sebbene avesse imparato a memoria tutti quei particolari di lui in grado di mandarla all’istante su tutte le furie. Poi, però, succedeva sempre che una parola di troppo o un commento equivoco riusciva a traforare la bolla di sapone attorno a loro ed ecco riaffiorare all’istante tutti i motivi di tante litigate in sette anni di reciproca conoscenza.

Ciò nondimeno mai una volta da quando avevano iniziato a frequentarsi un po’ più di quello che comportava condividere lo stesso amico, le loro scaramucce quotidiane erano sfociate in qualcosa di oltre. Per quanto sorprendente potesse essere, non si erano lasciati neppure una volta a quel modo. Ma, evidentemente, le illusioni erano destinate a finire e, con la ferocia della scoperta, a tramutarsi in cocenti delusioni.

“Non preoccuparti, Rosie.” Accortosi del suo sguardo adombrato, Al fu subito pronto a porgerle il suo sostegno. “Se conosco quella testaccia di Scorpius, e lo conosco, si sarà già mangiato le mani per le stronzate che dice. Vi siete fraintesi a vicenda, credimi, io lo so. Non avete fatto altro per sei lunghi anni. Credevi di far passare liscio il settimo solo perché state insieme?”

“Sarà.” Concesse ancora incerta Rose. “E poi smettila di dire che stiamo insieme!”

Il moro alzò gli occhi al cielo al rimprovero, chiedendosi mentalmente quanto cocciuta potesse essere la cugina. Di sicuro tra lei e Scorpius non avevano questi gran bei caratteri. Erano due persone difficili, complicate e con il dubbio gusto di voler rimbambire lui, ora più di prima. Ma vabbè, per amor loro poteva anche sopportarlo. Si sacrificava per il bene superiore, con stoico coraggio e ardimentosa coerenza.

“Scusa, tu come li definiresti due che non fanno altro che succhiarsi le reciproche bocche? Sanguisughe?”

Come prevedibile, Rose avvampò. “Non sei spiritoso, Al!” Lo mise in guardia, in un attacco acuto di saccenteria che lui, ovviamente, sorvolò. “Comunque noi non stiamo insieme. Non in quel senso almeno. Non credo. Non ne abbiamo mai parlato, lo sai, ma fidati se ti dico che è così.”

“Rosie.” La chiamò con voce ferma Al a quel punto, bloccandole il passo e costringendola con una mano a guardarlo negli occhi. “Tu sei importante per lui. Sei veramente importante. Non te lo direi se non fosse così. Ti fai troppe paranoie.”

Rianimata da quei pensieri, la castana non poté fare a meno di scrutarlo speranzosa, con gli occhi scintillanti dalla fiducia cieca che riponeva nel cugino.

“Dici sul serio?”

“Non mi inventerei mai certe cose.” Replicò di rimando Al, certo, salvo poi rilassarsi e sfoggiare l’aria scanzonata di sempre. “È che siete due testoni!”

“Ma và! Ha parlato Mister Non Cedo Neanche A Pagarmi!” Celiò subito Rose, ritrovando in un istante l’antico buonumore, all’improvviso molto più ottimista sulla sua storia con Scorpius.

“Prendi in giro, tu! Piuttosto, che ne dici di muoverci? Ho una fame...!”

“Non mi sorprende.”

“Ma davvero?! Sei proprio impossibile, sai? Sei-” Ma non riuscì a terminare la frase, stroncata a metà dal repentino e imprevisto irrigidimento di lei.

Folgorato da un’intuizione ne seguì la scia del suo sguardo e il viso gli sbiancò nel notare a sua volta la scena che aveva già paralizzato Rose. A pochi metri di distanza da loro, difatti, proprio sulla porta che dava alla Sala Grande e accompagnato da un folto capannello di studenti interessati, Scorpius Malfoy stringeva con ardore il corpo formoso di Regina Spencer, risucchiato in un bacio che di casto aveva davvero molto poco.

“Rose...” Di nuovo non poté aggiungere altro.

Facendo immediata retromarcia, Rose era corsa via, incurante di mostrare la propria debolezza una volta tanto.

 

≈♦≈♦≈♦≈

 

“Che diavolo gli hai fatto?”

Separandosi di malavoglia dalle labbra esperte di Scorpius, Regina si voltò ad accogliere con un’occhiata truce il nuovo arrivato. “Niente che ti riguardi.”

“Non sto scherzando, Regina.” La avvisò intransigente Al, che intanto li aveva raggiunti, agguantando l’amico per la camicia e tirandolo via con forza bruta. “Dimmi che gli hai fatto!”

“Smettila di parlarle così!” Si frappose con insolita veemenza Scorpius, con uno scintillio preoccupante che di rado bruciava nel fondo dei suoi occhi di ghiaccio.

“Regina.” Incalzò piuttosto il moro, incurante delle proteste del suo migliore amico, gli occhi fissi in quelli furbeschi della ragazza.

Per un lungo, infinito momento, nessuno parlò. Né loro due, né la calca di studenti, né Scorpius nonostante una leggera recalcitrante insolenza. Era solo verde nel verde, fermezza in altrettanta fermezza, due montagne che si scontravano, prima dell’inevitabile cedimento.

“Non gli ho fatto niente.” Dichiarò risoluta Regina, salvo mordicchiarsi il labbro inferiore con i denti. “Ha mangiato solo un cioccolatino.” Sussurrò poi, di modo che ad udirlo fosse soltanto lui.

Alla dichiarazione, inaspettata quanto sincera, Al non poté fare a meno di stupirsene. Regina non buttava mai, mai la spugna. Ciò nonostante, consapevole dello stato del ragazzo accanto a lui e memore delle lacrime che aveva intravisto sul viso di Rose, non se ne curò più di tanto e, acciuffando Scorpius per una manica, lo costrinse a seguirlo.

“Al...” Mormorò una vocina indistinta alla sua sinistra, proprio mentre passava tra gli altri studenti, e girando il capo il ragazzo si accorse di Jesse Parker.

Le sorrise, senza accorgersi che intanto, alle sue spalle, Regina continuava a fissare la sua schiena. Sapeva che era tutto sbagliato, ma non riusciva a capire cosa. Poi Samantha la raggiunse e, con una rapida occhiata, capì che doveva riprendersi. Scrollò le spalle e ritrovò l’espressione altezzosa di sempre nel voltarsi verso la combriccola di seguaci. Hannah la fissava sconvolta, ma non se ne curò.

“Andiamo.” Ordinò, in un tono che non ammetteva repliche, accennando alla porta che dava alla Sala Grande.

Anziché seguirla come avrebbero dovuto, però, Hannah cercò lo sguardo di Samantha, come a volerle chiedere qualcosa. Anche le altre la imitarono e, in una stonata sensazione di timore, Regina iniziò ad intuire qualcosa. Alla fine, comunque, fu la sua pseudo migliore amica a porre fine ad ogni dubbio in merito.

“Vedi, Regina.” Iniziò, con un’occhiata gelida che non le aveva mai riservato prima. “Noi non prendiamo ordini da chi non riesce a tenersi neppure il ragazzo.” E così dicendo, ancheggiando, si diresse sì verso la Sala Grande ma nei suoi tempi e nelle sue volontà.

Le altre, quasi non fossero affatto dotate di una volontà propria, la imitarono senza fare storie, a testa alta e con l’espressione superba che lei stessa aveva insegnato loro.

Per la prima volta nella sua vita, Regina Spencer era caduta dal trono e la botta, checché se ne dicesse, faceva più male di qualsiasi Maledizione Senza Perdono.

 

≈♦≈♦≈♦≈

 

Rose stava piangendo tutte le lacrime del suo repertorio seduta ai piedi di una quercia secolare quando due braccia la avvolsero, facendola sobbalzare per lo spavento.

“Ti ho cercata dappertutto.” La informò la voce alle sue spalle, che lei riconobbe all’istante essere di Scorpius.

“Prima o dopo che baciassi Regina?” Fu la controffensiva acida di Rose, per nulla intenzionata a sorpassare sul dolore lancinante in zona petto.

“Weasley...” Sospirò e, facendo il giro, le si inginocchiò dinanzi, di modo da poterla guardare in viso. “Regina mi ha imbrogliato. Mi ha messo un cioccolatino in tasca pieno di qualche stupido filtro d’amore. Non ero in me!”

Lei parve pensarci su per qualche istante, prima di abbassare il capo disfattista. “Ma eri in te quando mi hai detto quelle cose, oggi.” Ribatté, modulando la voce su una frequenza bassa e rauca.

“Tu continui a respingermi, Weasley. Come credi che mi senta quando lo fai?” Domandò bruscamente Scorpius, imbronciandosi, senza però distogliere la presa dal suo viso latteo.

“Io...” Rose era incredula. “Non è vero!”

“Sì, invece. Che ti piaccia o no, Weasley, lo fai. E lo fai anche spesso se vuoi saperlo. Cos’è, ti vergogni di me per caso?” Sembrava veramente arrabbiato stavolta, ma nel fondo dei suoi occhi grigi si poteva scorgere benissimo una luce di sofferenza repressa che lei era certa non avergli mai visto addosso.

Ad un tratto si sentì stupida. Stupida e vuota. Stupida, vuota e cattiva.

Come poteva anche solo pensare una cosa del genere? Semmai sarebbe dovuto essere il contrario! Lui avrebbe dovuto vergognarsi di lei, che era un insignificante topo di biblioteca, eppure l’idea non sembrava sfiorargli neppure l’anticamera del cervello. Era inutile. Non riusciva proprio a capirlo, nonostante gli sforzi.

“Non...” Deglutì, scavando per cercare quel coraggio di cui i Grifondoro andavano fieri. “Non mi vergogno di te. Beh, a parte il caratteraccio...” Ci scherzò su per un istante. “...non potrei mai vergognarmi di te.”

Dopo un breve, comprensibile stordimento, Scorpius giudicò sincera la sua affermazione e, annuendo appena, le concesse il beneficio del dubbio.

“Allora perché mi mandi via?” Gli parve lecito chiedere, a quel punto.

“Non dire assurdità, non ti mando via!” Lo rimproverò subito Rose, zittendosi subito all’occhiata eloquente che lui le lanciò.

“Weasley.”

“È che non capisco, va bene?” Sbottò allora lei, abbassando il capo per raccogliere meglio i pensieri senza doversi scontrare con i suoi profondi occhi di ghiaccio. “Cioè, potresti avere chiunque...beh, parecchie, ecco, non montarti la testa adesso! Ma perché io? Non ho niente in più delle altre, lo so. E allora perché? Perché, Scorpius? Io davvero, davvero non capisco.”

“È tutto qui?” Scorpius parve sorpreso, ma così facendo, come inevitabile, offese la sua sensibilità.

“Ti sembra una sciocchezza?” Chiese difatti Rose, pronta a dar battaglia.

Lui scosse il capo, sorridendo appena. “No, no. Non lo è. Per niente.” Rispose, con convinzione, alzando il capo e puntando ancora lo sguardo in quello di lei. “Vuoi sapere perché? Bene, te lo dirò. Perché sei la ragazza più cocciuta, saccente e insolente che abbia mai conosciuto, Weasley. Ma sei anche la più brillante, la più sensibile e la più sincera di tutte. Tu sei vera, Weasley. Sei così come sei, non fingi, non mascheri. Per questo, Weasley.”

Le alzò il viso con la punta delle dita, facendo leva sotto al mento.

“Per questo.” Ripeté, in un sussurro che sapeva di mille e altre parole non dette, ma tutte perfettamente intuibili dal modo in cui la stava fissando.

Poi, senza aggiungere altro, si chinò di più verso di lei e, come non facevano altro da qualche settimana a quella parte, la baciò, impregnando il bacio di tutto l’amore che il suo cuore freddo sapeva provare e sperando che fosse abbastanza a farle capire l’intensità di ciò che provava in sua compagnia.

Non diceva che non fosse illogico, assurdo, ma, stranamente, era anche maledettamente giusto.

 

≈♦≈♦≈♦≈

 

Aveva perso tutto. In un colpo di spugna aveva perso corona, amiche e Scorpius. Che diavolo ne sarebbe stato di lei, adesso? Chi era Regina Spencer senza il suo scettro?! Valeva meno di niente, ora. Meno di zero. Voleva morire. Soltanto questo, ecco, solo morire e basta, morire e cancellare tutto, morire e dimenticare l’umiliazione, il fallimento, tutto, tutto.

“Piangere non ti servirà proprio a niente, temo.”

Non aveva bisogno di alzare la testa dal giaciglio perfetto che le braccia riuscivano a ricavare se poggiate sulle ginocchia piegate e, d’altra parte, non voleva di certo farsi vedere in quello stato proprio da lui. In quel momento Albus Severus Potter era l’ultima persona che avrebbe mai voluto avere davanti. Allora che diavolo ci faceva lui lì?

“Sparisci Potter.” Borbottò tra i singhiozzi, il viso infossato tra le braccia. “Non ho bisogno di te.”

All’affermazione, anziché rammaricarsene, Al sghignazzò appena, divertito. Nel frattempo le si era seduto di fianco, ringraziando solo la Mappa del Malandrino se era riuscito a scovarla in quel corridoio dimenticato dal mondo. Era così desolato e freddo che neppure i quadri volevano saperne di rimanerci.

“Carino qua.” Osservò piuttosto con accesa ironia, guardandosi attorno con il sorriso di sempre stampato in viso. “L’hai scovato su Strega Oggi?”

“No, su Ammazzati Idiota.” Lo rimbeccò con uno sguardo trucido Regina, mostrando per la prima volta una porzione di viso da quando lui era arrivato.

“Divertente questa.” Concesse con un ghigno Al. “Aspetta che me la segno.”

“Si può sapere che accidenti vuoi adesso?” Scoppiò a quel punto lei, asciugandosi le lacrime con un polso e ricorrendo alla sua espressione più minacciosa. “Non ti è bastato vedermi umiliata davanti a tutti? Sei venuto a prendere la ricompensa?”

Ma di nuovo, invece di offendersi, il moro incassò il colpo con un sorriso inopportuno. “Mi dispiace che sia andata a finire così.” Confessò, prendendola in contropiede.

Regina alzò un sopracciglio, scettica. “Non hai mai potuto vedermi.” Gli ricordò, come se ce ne fosse stato davvero bisogno. “E non voglio farti pena.”

“Non mi fai pena.” La corresse prontamente Al. “E non è vero che non ho mai potuto vederti. È che quando fai la stronza, e lo fai quasi sempre, non mi piaci, ecco. Tutto qui, niente di personale!”

Lei lo guardò per un lungo istante, chiedendosi se non la stesse prendendo in giro, prima di scuotere il capo e lasciar perdere. Potter rimaneva un mistero per lei. L’unico ragazzo che non si fosse mai dimostrato neppure minimamente interessato al suo fisico prorompente o alla sua personalità esplosiva. Uno che preferiva delle banali Corvonero come quella Jesse Parker piuttosto che lei. Uno con cui preferiva starci alla larga, anziché ritrovarsi seduta da sola con lui in uno squallido e desertico corridoio.

“Tsk.” Biascicò solo, ritornando dunque alla sua depressione.

A quel punto si sarebbe aspettata che Albus prendesse e se ne andasse, ingiuriato dalla sua indifferenza, tuttavia ancora una volta dovette ricredersi dinanzi alle parole che, veritiere, le profilò.

“Non avresti dovuto dare del filtro d’amore a Scorpius. Hai esagerato, Regina.”

“Perciò mi merito quello che ho avuto?” Lo aggredì quasi la Spencer, non del tutto pronta a sentire quello che lui aveva da dirle.

Ma lui scosse il capo, paziente. “Non ho detto questo. Detto tra noi, Samantha Thompson è una stronza. Più stronza di te, se te lo stai chiedendo.” Ridacchiò però, vedendo che lei non faceva lo stesso, ritornò serio nel giro di pochi istante. “Tanto non hai perso niente.”

“Che vuoi dire?” S’incuriosì a quel punto Regina, alzando di nuovo il capo per specchiarsi nelle iridi smeraldine del compagno di Casa.

“Voleva farti lo scalpo.” Dichiarò con superficialità, disegnando ampi cerchi con le mani. “Credo stesse aspettando solo il momento più opportuno.”

Stavolta era davvero senza parole. Samantha meditava di sorpassarla? Da quanto tempo? Non si era accorta di niente, aveva sempre pensato che le bastasse essere il suo braccio destro. Sorrise amaramente al pensiero, notando quanto sciocca e ingenua era stata sotto quel punto di vista, lei che non perdeva di vista mai niente. L’idea di avere un’amica l’aveva deviata e, anche se una parte di sé non aveva mai davvero accettato la Thompson come tale, non poteva negare di provare una certa delusione alla notizia.

“Che stronza!” Non poté fare a meno di dire, esterrefatta, facendo per questo ridacchiare il ragazzo alla sua destra.

“Esatto.” Confermò divertito Al. “Una vera stronza! E adesso andiamo, che mi si fredda la cena!” Sentenziò, rimettendosi in piedi e spolverandosi con qualche manata il pantalone.

Regina lo seguì con lo sguardo, sebbene non sembrasse intenzionata ad imitarlo. In quel momento la cena era l’ultimo dei suoi pensieri, a dire il vero. C’era una domanda che continuava a ronzarle nella testa e non sarebbe stata lei se non l’avesse esternata, perciò lo fece.

“Perché sei venuto?” Era una domanda sincera la sua, voleva davvero saperlo.

Alla domanda Al parve meditarci sopra qualche istante, prima di scrollare le spalle con noncuranza e porgerle cavalleresco una mano per aiutarla ad alzarsi.

“Chiamala pure solidarietà tra compagni di Casa, se vuoi.”

Solidarietà.

Regina si appuntò la parola continuando a fissare quelle iridi verdi, salvo poi riscuotersi e, ignorando bellamente il suo aiuto, rialzarsi solo con le proprie forze. Ma quello che sarebbe dovuto essere un dispetto, si rivelò essere un motivo di soddisfazione per Al. Dopotutto una regina che si rispetti, non ha bisogno dell’aiuto di un uomo per rialzarsi.

 

 

The End

 

 

Terzo capitoletto della serie inaugurata –senza volerlo- da Estetica. E pensare che non avevo minimamente considerato l’idea di continuarla, alla prima stesura! Ma che vi devo dire? La storia, i personaggi, il contesto, mi sono rimasti talmente nel cuore che non riesco proprio a staccarmene. Ed ecco il risultato! ^.-

Come avrete notato, stavolta ho dato più spazio sia ad Al che a Regina, anche se non potevano di certo mancare Scorpius e Rose e i loro innumerevoli difetti. Perché, per come la vedo io, sono davvero due testoni e la sfilza di imperfezioni non finisce certo qui! È che per me sono quasi reali e, in quanto tali, meritano di avere i loro momenti no, così come meritano di avere i loro pregi. Non so se mi sono spiegata, dopo tutto questo giro di parole. A volte tendo ad inciamparci dentro! @.@

Vi lascio l’immagine di Samantha Thompson, credo sia perfetta per lei.

Samantha Thompson

Grazie in modo speciale alle splendide persone che hanno speso qualche minuto di tempo a recensire Sul treno, che precede la presente. Davvero, non so come ringraziarvi per i vostri stupendi commenti! *-* Spero che vi piaccia anche questa one-shot. E che mi dite di Regina? Magra figura la sua, eh? Eppure, strano a dirsi, a me piace molto come personaggio. Le scenette con Al, poi, sono quelle che mi divertono di più!

Ovviamente grazie anche a chi ha inserito la fanfiction tra i preferiti, tra i seguiti e a chi continua a farlo. Siete carinissimi! Perciò non mi resta che salutarvi, accomiatandomi fino al prossimo episodio di quella che, in pratica, sta diventando una saga.

Baci.

Memi J

 

  
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