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Autore: leti_0907    26/03/2022    0 recensioni
[86: Eighty Six]
Ipotizziamo che la Legione non sia mai esistita, che non ci fossero distinzioni tra gli Alba e gli 86, che tutti vivessero in armonia nella Repubblica di San Magnolia… come sarebbero state le vite di Shin, di Lena e del resto dello squadrone Spearhead?
[ATTENZIONE: possibili spoiler]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Strano a dirsi per un ragazzo di diciotto anni, ma Shin non amava uscire la sera , ed anche se i suoi genitori lo spronavano ad unirsi al suo gruppo di amici per andare a mangiare una pizza lui rispondeva loro che preferiva farlo durante il giorno. Già li vedeva ogni giorno a scuola, standoci nella stessa classe militare per imparare a pilotare di Juggernaut, armi di difesa della Repubblica, quindi la sera la voleva passare in tranquillità, con un buon libro e le fusa del suo gatto Remarque.

Eppure la sera della Festa della Rivoluzione aveva deciso di fare uno sforzo, giusto perché si celebrava la patria in cui era nato. Grazie al cielo era riuscito a sviare la festa tra nobili a cui la famiglia Nouzen era stata invitata, sicuro che la sua assenza non si sarebbe sentita, e, per evitare la furia di suo nonno, scelse di scappare dalla finestra nel tardo pomeriggio per vedersi con Raiden, Anju, Theo e Kurena. Più tardi il gruppo si sarebbe senz’altro allargato, e già si immaginava  Kujo che si portava dietro una bottiglia di spumante, con appresso Kaie, Haruto e Daya. Gli stava già venendo mal di testa.

Si chiese se sarebbe riuscito però a vederla… Scosse la testa, rassegnato. Sicuramente la sua famiglia, di rango sociale molto alto, sarebbe andata alla festa, alla stessa alla quale i suoi genitori e Shourei, suo fratello maggiore, avrebbero partecipato. Sospirò, ripromettendosi che sarebbe passato a trovarla sul tardi.

Si inoltrò per le strade del distretto Uno, divertendosi a fissare le persone che abbellivano le strade con i colori della bandiera, bambini che giocavano allegri e giovani coppie che facevano compere per i regali. Non idolatrava le feste esagerate, né quelle dell’alta società, ma stare in mezzo alla gente non gli dispiaceva; trattenne un sorriso quando notò due ragazze, una vestita normalmente mentre l’altra con cappello, abiti larghi e colorati ed occhiali calati sugli occhi, che bisticciavano. Dovevano essere due Alba, visti i capelli argentei e la pelle chiara.

Quando passò accanto a loro, quella coi capelli più corti e gli occhiali da vista fece una faccia stupita. «Shin!» esclamò il suo nome. «È strano che tu sia fuori di casa adesso. Che ci fai in giro a quest’ora?»

«Rita.» rispose lui, preferendo chiamare la sua amica di infanzia con il suo nomignolo piuttosto che star lì a dire Henrietta. «Devo incontrarmi con gli altri alla fontana davanti al palazzo. Tu invece?»

La ragazza sospirò. «Cerco di convincere qualcuno a sbardarsi dal suo misero travestimento perché tanto la riconoscerebbero comunque.» lanciò la frecciatina alla sua amica, che rispose con uno sguardo omicida, che tramite gli occhiali non si vedeva, ma da come aveva aggrottato le ciglia si poteva capire. «Non ha imparato niente dalle scorse bravate che ha combinato.»

Shin sorrise di più. In effetti si chiese come non l’avesse riconosciuta prima, ma non glielo avrebbe detto per non farla fomentare  e per prenderla un po’ in giro. «Rita ha ragione. Tanto vale che vai in giro senza tutta questa roba addosso, altrimenti rischi di morire di caldo, Lena.»

Sbuffando, lei si tolse bruscamente gli occhiali dalle lenti scure, e con gli occhi chiari guardò i due in malo modo. «Siete due guastafeste.» asserì imbronciata, costringendo il seno sotto le sue braccia incrociate. «Voi potete riconoscermi, ma le guardie no, quindi continuerò a tenermi addosso queste cose, anche a costo di sciogliermi nei vestiti!»

Annette sospirò pesantemente. «Ah, non ce la faccio più. Shin, parlaci tu, sei l’unico che ascolta.» lo spintonò verso la ragazza per poi fare loro “ciao ciao” con la mano. «Io intanto vado a fare un paio di commissioni. Ci vediamo dopo, Lena!» e scappò, lasciandoli soli.

Shin guardò la sua coetanea. «Perché ti sei travestita?»

«I miei genitori mi vogliono costringere a presenziare al ballo di stasera.» sbuffò svogliata Lena. «Ci sarà anche Annette, e questo mi rincuora ed aiuta a sopportare i viziatelli sotto mentite spoglie di gentiluomini che cercano una moglie solo per sfoggiarla come premio, però proprio non riesco a sopportare queste cose. Perciò avevo preso in considerazione l’idea di scappare, ma Annette mi ha scovata.»

«Dovresti andarci comunque, Lena. Se tu non ci vai, sarà Rita a rimanere da sola.»

«Lei è senz’altro più brava di me a gestire le relazioni sociali.»

«Ma non è altrettanto brava a scappare da pretendenti di età discutibili.» il ragazzo dagli occhi color del sangue sottolineavano l’ovvio di quell’affermazione. Chissà come mai la loro amica non era in grado di attrarre le attenzioni di ragazzi della loro stessa età, ma molto più giovani o molto più vecchi di lei. «Dovresti farle da spalla, soprattutto stasera.»

La giovane Alba sospirò, e nel suo sguardo espressivo si leggeva il senso di colpa. «Forse hai ragione.» mormorò sommessamente, per poi guardarlo con gli occhi brillanti e le guance leggermente arrossate. Forse aveva davvero caldo sotto quei vestiti troppo pesanti per una giornata solare come quella. «Ci sarai anche tu? Mia madre mi ha detto che la tua famiglia potrebbe partecipare.»

Lui in risposta si grattò la nuca, volgendo il viso altrove. «Mio nonno, mio  fratello ed i miei genitori ci saranno. Io non sono fatto per i balli pomposi, i frac ingessati ed i tacchi a spillo che potrebbero forarmi i piedi; in più, i ragazzi mi hanno invitato ad uscire assieme.»

L’entusiasmo di Lena si sgonfiò come un palloncino bucato. «Peccato, mi sarebbe davvero piaciuto ballare con te. Non ti avrei pestato i piedi.» rispose, la delusione palese nel suo tono. Shin si sentiva combattuto: da una parte non voleva andarci a quel ballo di gala per la festa della Rivoluzione, ma dall’altra si sarebbe sacrificato soltanto per vedere di nuovo Lena sorridergli come faceva sempre.

Perché, per quanto potessero essere diversi, a Shin piaceva davvero molto Lena. Si conoscevano dalle medie, quando si erano ritrovati nella stessa classe; l’aveva vista trasformarsi da una ragazzina timida in una donna che sapeva bene quello che voleva ed era estremamente testarda. Inoltre, cosa non da poco, era di una bellezza sconvolgente, pura e semplice che però attirava l’attenzione di tutti, e questa cosa lo faceva uscire fuori di testa per la gelosia.

Era l’unica in grado di fargli fare battute o farlo sentire male per poco, e quel sorriso triste gli stava facendo stringere il cuore in una morsa di pentimento. Quando si salutarono, Shin osservò Lena tornare verso casa sua, e comprese che quella sera la visita a casa Milizé sarebbe saltata.

 

In un angolo del grande salone da ballo, Lena sorseggiò annoiata un po’ di champagne dal flûte che le era stato offerto dal cameriere dal sorriso troppo largo. Odiava doversi vestire con quegli abiti scomodi che prevedevano il corsetto stretto fino a schiacciarle gli organi interni -anche perché sua madre non ci andava certamente leggera-, come odiava tutte le persone che continuavano a fissarla.

Essendo l’unica erede dei Milizé ed avendo oramai l’età da marito, avrebbe dovuto sposarsi al massimo entro i due anni successivi. I suoi genitori continuavano a dirle di provarci almeno, di vedere se ci fosse qualcuno in quella sala che le interessava, ma probabilmente l’unica che voleva vedere quella sera l’avrebbe passata con i suoi amici, fuori da quelle mura e sotto le scintille dei fuochi d’artificio.

Non era stato difficile ammettere che Shin le piaceva da morire. Con lui riusciva ad essere se stessa, a rispondere alle sue battute provocanti, a ridere come mai aveva fatto; con lui sorrideva in qualunque situazione. Oltre che un ragazzo alla mano, sempre disponibile e molto buono, Shinei Nouzen era anche un ragazzo di bell’aspetto, con quei capelli neri sempre scompigliati, gli occhi rossi come il sangue rappreso di una ferita ed il fisico asciutto ma prestante grazie all’accademia militare. Ringraziava il cielo che fosse anche di origini nobili -il marchesato Nouzen era uno dei più antichi e prestigiosi dell’intera Repubblica-, perché se avesse detto ai suoi che le piaceva il rampollo più giovane di quella famiglia, avrebbero sicuramente pianto di gioia.

Sospirò. Per quanto fosse sempre gentile con lei, Shin lo era con tutti, quindi non era sicura che avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti. Lo sapeva già, ma faceva comunque male ricordarlo a se stessa.

«Come può una bella ragazza come te stare in un angolo sola soletta?»

Nonostante la voce non fosse quella che sperava di sentire, Lena rise mentre si voltava. «Sai anche tu che odio i tacchi, Rei, quindi l’unico modo per evitare di ballare su questi trabiccoli è diventare invisibile.»

Shourei Nouzen, il fratello maggiore di Shin, le sorrideva calorosamente, gli occhi grigi che brillavano. Era anche lui un bel ragazzo, che andava oramai per i trenta, e il completo nero faceva risaltare ancora di più i capelli rossi che sfuggivano dal codino basso. «È impossibile che succeda, lo sappiamo entrambi, Lena.» indicò la sua figura. «Sei bellissima.»

Lena guardò il vestito blu notte che indossava: il busto stretto metteva in mostra la vita sottile, allargandosi da lì fino a terra in una gonna vaporosa. Le spalle, lasciate scoperte dalle maniche che scendevano lungo le braccia, sottolineavano il suo decolleté con l’aiuto di una collana semplice, con una pietra blu che le donava un tocco di luce. I capelli erano stati lasciati liberi di scendere lungo la schiena, salvo per due ciocche che erano state raccolte dietro la sua testa in un fiocco blu. Stava davvero bene, e l’aveva scelto nella speranza che anche Shin potesse vederla, ma il suo desiderio era vano, vista la sua assenza.

Il fratello sospirò. «Ho provato a convincerlo più e più volte, ma Shin odia davvero queste occasioni. È sempre scappato, e non sai quante volte ho pensato che nostro nonno ci avrebbe lasciato le penne.»

Lo sguardo di Lena era fisso nel vuoto. «Almeno lui ci è riuscito. Neanche io avrei voluto essere qui, ma è stato proprio Shin a dirmi di venire per Annette.» lanciò uno sguardo all’amica, la quale rideva alla battuta di un uomo sui cinquant’anni. «Anche se direi che se la stia spassando bene senza di me.»

«Rita ha davvero dei gusti discutibili.»

«L’ultima volta pensavo avrebbe proposto di sposare il bambino di dieci anni che le ha regalato le caramelle.»

Rei scoppiò a ridere. «Direi che tra tutte e due siete messe davvero male.» da dietro le lenti trasparenti, le fece un occhiolino malizioso, mostrandole il bicchiere lungo vuoto. «Vado a rifocillarmi, anche perché il tuo cavaliere sta arrivando, quindi ti lascio in buone mani, Vladilena.»

Lena era davvero confusa. «Il mio cavaliere?» ripeté, cercando una risposta da parte di Shourei che non ricevette verbalmente, siccome, tra la folla, si stava facendo spazio la persona che mai si sarebbe aspettata di vedere.

Vestito elegantemente, con la divisa blu dagli inserti rossi e le catenelle in oro tipiche delle uniformi militari, Shin si stava avvicinando a lei, nei suoi occhi il suo stesso stupore nel vederlo in carne ed ossa davanti a lei. Solitamente era molto bello nella sua semplicità, ma con quegli abiti sembrava essere un dio: era affascinante da impazzire, e Lena era senza parole per descrivere quanto lo trovasse spietatamente attraente.

A neanche un metro di distanza da lei, dovette evitare di buttargli le braccia al collo e si inchinò come si conveniva, e lui fece altrettanto. «Mi avevano detto che odiavi queste occasioni.» sussurrò quando Shin si fece più vicino, mettendosi al suo fianco.

«Mio fratello deve farsi gli affari suoi a volte, anche se ha ragione stavolta.» il sorriso del ragazzo era ipnotico e magnetico. «Ma mi sono detto che, se sarai tu ad accompagnarmi sulla pista, anche farsi pestare i piedi non sarebbe male.»

Lei rise, felice come non mai. Come avrebbe potuto non innamorarsi di lui? «Si chiama masochismo, Shin.»

«Può essere.» lui annuì, per poi dirle sinceramente. «Sei davvero stupenda, stasera. Ho fatto bene a venire.»

Lena avvampò a quel complimento, che sapeva essere onesto e schietto come lui, ed abbassò la testa imbarazzata. «Esageri sempre.» mormorò, ma le parole arrivarono comunque all’udito del ragazzo.

«Non esagero, perché basta guardare come tutti ti ammirano per dirlo. Uomini e donne di ogni età ti osservano con invidia e senza fiato, perché stasera la dama più bella sei tu.»

Totalmente presa alla sprovvista, Lena decise di metterla sul ridere per non morire di crepacuore in quel momento.  «Che ti prende, stasera? Non sembri neanche tu. Conoscendoti, pensavo mi avresti presa in giro per tutto il tempo.»

In risposta ricevette solamente un sorriso scaltro, e in un attimo se lo ritrovò davanti, la mano destra guantata protesa verso di lei. «Dico solo la verità. Ma ora è arrivato il momento di vedere se mi hai mentito.» le fece un occhiolino per poi domandare a voce udibile: «Signorina Milizé, mi concedereste l’onore di questo ballo?»

Come tutti attorno a loro, stupiti che per la prima volta il più piccolo del marchesato Nouzen avesse chiesto di ballare ad una ragazza, anche Lena era senza parole. L’orchestra si era appena fermata per cominciare a suonare il brano successivo, e la voce del ragazzo aveva risuonato sicura nel salone, attirando su di loro diverse paia di occhi.

Era diverso, Shin. Non si era mai dimostrato attratto dall’idea di presenziare a balli, cene e riunioni sociali dell’alta nobiltà, come non aveva mai espresso il desiderio di ballare con nessuna. Lo sapeva, perché quelle poche volte che era venuto passavano insieme ogni momento, e lui non aveva mai lasciato il suo fianco. Non che le dispiacesse, ovviamente, come non le dispiaceva far combaciare i palmi delle loro mani, accettando silenziosamente il suo invito.

I loro piedi slittarono verso il centro della sala da ballo, e, alle prime note del valzer, Shin prese le redini della situazione. Non gli piaceva ballare, né era allenato granché, quindi passò la maggior parte del tempo a ricordare i passi, nervoso fino al midollo; ma gli bastò notare quanto Lena si appoggiasse a lui con un sorriso fiducioso per farlo rilassare. «Avevi ragione.» affermò, facendola ridere.

«Io non dico mai bugie.»

«Dillo a chi ci crede a questa frase, Milizé.»

Lena gli fece la linguaccia, per poi diventare seria mentre i loro corpi volteggiavano leggiadri tra le altre coppie. Fece una giravolta per poi ripiombare tra le braccia del suo accompagnatore, un dubbio che emerse sulle sue labbra. «Come mai sei qui, Shin? Avresti dovuto vederti con gli altri stasera,e mi è difficile credere che tu stia ballando con me senza che ci sia una ragione dietro.»

Il ragazzo guardava dappertutto tranne che il suo volto. «Non c’è, infatti. Ho solo cambiato idea.»

«Non mentire, Shin, non a me.» il tono della ragazza si fece duro ed inquisitorio. «Puoi prendere per i fondelli il mondo intero, ma non puoi farlo con la sottoscritta. Ti conosco troppo bene, e tu perderesti solo fiato nel raccontarmi una bugia.»

Aveva le spalle al muro. Era incredibile come avesse subito compreso che non ci fosse nemmeno un filo di verità dietro a quella frase, quindi tanto valeva dare il tutto e per tutto quella sera. Anche perché aveva sempre cercato un momento buono per dichiararsi, ma mai sembrava più giusto di quello che stavano creando tra tutta quella gente; non ce la faceva più a tenerselo dentro, quindi si protese verso il suo viso, avvicinandosi sempre più. «E va bene. Sono qui perché oggi mi hai detto che ti sarebbe dispiaciuto che non ci fossi stato stasera; sto danzando il valzer con te, nonostante lo odi. Mi sono presentato alla Festa della Rivoluzione, nella serata in cui si ufficializzano le relazioni sentimentali tra i giovani nobili, e ti sto tenendo tra le mie braccia sotto gli occhi di tutti. Secondo te cosa vuol dire?»

Forse aveva capito, ma Lena voleva sentirselo dire. «Dimmelo tu, Shinei Nouzen.»

Le sorrise, con un sentimento che tanto tempo era rimasto chiuso nel suo cuore per paura di essere rifiutato. «Che sarei onorato se tu potessi darmi anche solo la minima possibilità di frequentarti. Non solo come amico e confidente, ma anche come tuo possibile futuro sposo. Perché ti amo, Vladilena Milizé, da molto tempo.»

 Trattenere le lacrime fu davvero dura, e non ne fu in grado. Due cristalli salati scesero lungo le gote, e in un attimo Lena si ritrovò abbracciata a lui, un sorriso ampio che le illuminava persino gli occhi. «Non c’è neanche bisogno di chiedermelo, Shin.» sollevò lo sguardo verso il suo viso. «Provo lo stesso, da molto tempo.»

Shin era rimasto senza parole per la prima volta durante quella serata, ed ebbe paura di aver sentito male. «Davvero?»

«Davvero, scemo. Ti amo anche io.»

Si guardarono negli occhi, emozionati come non mai, e non smossero lo sguardo per tutto il tempo che restava fino alla fine della danza. E, quando il brano terminò, Shin prese la mano di Lena nella sua. «Che dici, lo andiamo a dire ai nostri genitori?»

Lena annuì, incapace di togliersi quel sorriso dal volto. Le era impossibile oramai, forse le era venuta persino una paralisi, ma non gliene fregava niente. «Preparati a vedere i miei genitori piangere di felicità. Pensavano che questo momento non sarebbe mai arrivato.»

«Neanche i miei, ma non si sa mai quello che può accadere.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Dopo quella sera, la relazione di Lena e Shin si fece non solo ufficiale, ma anche più intensa e piena di un amore che molti, anche i più cinici, avevano preso come un esempio. Dopo due anni di fidanzamento, durante i quali avevano concluso gli studi, avevano viaggiato e scoperto nuove tappe del loro rapporto, si sposarono in una piccola chiesetta con le persone a loro più care: i genitori di entrambi gli sposi, Shourei, il marchese Nouzen, Annette, Anju, Raiden, Theo e Kurena, e vennero raggiunti poi al ricevimento dal resto del gruppo. Andarono in luna di miele, ed al ritorno trovarono una piccola villetta in cui vivere assieme e ritrovarsi dopo lunghe giornate di lavoro. Il loro matrimonio e la loro unione diede vita a tre splendidi figli, che amavano con tutto il loro cuore e che speravano potessero essere felici con qualcuno quanto lo erano stati loro.)

   
 
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