Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: Korin no Ronin    26/03/2022    0 recensioni
Pur se le yoroi non parlano direttamente, comunque comunicano. Mi son sempre chiesta perché Korin avesse deciso di affermare la propria fedeltà a Seiji. E se le cose non son andate così, pazienza. Ambientazione: primo OAV.
Questa storia ha partecipato alla Sweet Challenge del gruppo Fondi di caffè- Il tuo scrittoio multifandom
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sage Date
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: La ribellione cova nel buio


Seiji respirò a fondo, cercando inutilmente di riprendere il controllo di sé.   Non riusciva a gestire il profondo stato di agitazione in cui si trovava, non comprendeva cosa stesse accadendo, né perché si trovasse in quella situazione, l’unica sua certezza era che riuscire a gestire se stesso era il solo modo per riuscire ad evitare il pericolo che avvertiva attorno a sé. Era qualcosa che era certo di riconoscere, ma non riusciva a collegarlo ad alcuno dei suoi ricordi. Strinse i pugni e, quando calmò il respirò, iniziò a concentrarsi su ciò che lo circondava. Aveva gli occhi coperti da un nastro, o una benda, e la consapevolezza che in ogni caso non sarebbe riuscito a levarla era angosciante. Espirò lentamente. Non c’era luce che lo raggiungesse. Avvertiva il fruscio del vento e il suono familiare, caratteristico, del legno delle porte scorrevoli. Aveva passato così tante ore insonni da avere imparato a riconoscere i mutamenti delle brezze nel corso delle nottate. Poteva non esserne del tutto certo, ma i suoni che lo circondavano gli suggerivano che fosse notte inoltrata, non il primo buio dopo il tramonto né quello appena precedente all’alba. Qualcosa si mosse nella stanza. Perfettamente silenzioso. Avvertì lo spostamento d’aria ma fu troppo veloce perché potesse stabilire in quale posizione si fosse fermato. Serrò i denti. Ciò che di malevolo si aggirava attorno a lui si mosse ancora, più volte. Seiji si rese conto che i suoi sensi non erano abbastanza affinati. Non sarebbe riuscito a parare un attacco, non era in grado di stabilire da quale direzione sarebbe provenuto. Si piegò in avanti, come se qualcosa gli avesse levato l’aria dai polmoni. Avvertiva dolore alle braccia e ai polsi, le orecchie e la testa pulsavano come se un suono acuto e inudibile li stesse attraversando. Di nuovo, quel qualcosa si mosse e, stavolta, avvertì, chiaro, il desiderio di schernirlo. L’orgoglio era certamente una grande risorsa per Seiji. Indispettito raddrizzò la schiena e tese le orecchie. Se fosse stato aggredito almeno avrebbe dato del filo da torcere a qualsiasi cosa fosse lì con lui. Tra i fruscii del vento iniziò ad identificarne uno diverso dagli altri, qualcosa in un pochi istanti prese corpo e divenne una risatina carica di disprezzo. Il samurai rimase in silenzio. La voce sembrava provenire da ogni angolo attorno a lui, come se qualcuno fosse continuamente in movimento. O come se, semplicemente, fosse incorporeo. Si morse l’interno della bocca. Non era il caso di mettersi a fantasticare sugli spettri, ma la sua esperienza gli suggeriva incessantemente che perfino dello Youjakai tutto ciò che avevano affrontato proveniva sempre da una direzione ben precisa. Avvertì un tocco sulla spalla e arretrò, mettendosi in posizione di difesa. Tutto ciò che ottenne fu un’altra risata, più chiara, ma di nuovo aleggiante attorno a lui.
- Chi diavolo sei?!- proruppe il giovane.
Quella situazione di impotenza aveva finalmente iniziato a fargli montare la rabbia e, di certo, se fosse stato necessario, non avrebbe lesinato i suoi colpi.
La presenza parve chiudersi ad anello attorno a lui. Il ragazzo la sentiva premere su tutto il corpo, come se fosse stato immerso nell’acqua. E la sentì familiare, in qualche modo. Una fitta alla testa lo distrasse di nuovo e la pressione si fece decisamente più forte. Seiji comprese, d’un tratto, che se la cosa gli sembrava conosciuta, allora probabilmente sapeva anche come gestirla. Raddrizzò la schiena e allontanò le braccia dal corpo. La pressione diminuì.
- Chi sei? - ripeté.
Era un ordine, non una richiesta. Ciò che lo stringeva parve essere attraversato da un fremito, come se avesse paura, come se non si aspettasse che la situazione potesse cambiare così all’improvviso. Il samurai avvertì rabbia e risentimento. Riconobbe la bramosia del sangue e il piacere che derivava della sua soddisfazione.
- Korin? – azzardò.
La forza si ritrasse e poi, come un’onda, lo sommerse.
- Smetterò del tutto di obbedirti.-
Quel bisbiglio attorno a lui, suo malgrado, gli gelò il sangue.
- Questi sciocchi del tuo tempo che vogliono strapparti via da me non faranno altro che lasciarmi bagnare del sangue di altri. L’ho già fatto, e continuerò. Lo farò anche con te, perché io ti servo, ma di certo non ti sono fedele. -
Seiji si ripiegò su se stesso, quasi stordito dal dolore. Non ricordava, non capiva, ma se fosse stato sopraffatto la yoroi avrebbe fatto ciò che la sua natura primigenie le suggeriva.
- Puoi…scordartelo…- biascicò, ansimando.
Korin ridacchiò, malevola.
- Quelli che ti hanno imprigionato si aggirano attorno a noi come insetti, convinti che la mia quiete di fronte a te sia obbedienza verso di loro. Spezzeranno tutte le tue resistenze e allora io potrò agire liberamente. -
Seiji soffocò un lamento. Il dolore stava diventando insopportabile.
- Tu devi avere un padrone da servire. – affermò a fatica.
Il giovane ebbe l’impressione che ogni parola risuonasse nella sua testa con la forza di un’esplosione. Non aveva più energie. Si accasciò sul pavimento. L’odore di linfa del tatami gli donò un momento di sollievo.
- Quale scopo avrebbe la tua esistenza altrimenti? -
L’essenza di Korin vorticava lentamente attorno a lui, premendo leggermente.
- Ma il mio signore non sei tu. -
Al samurai parve che la sua voce fosse dolente. Poi, di nuovo, il dolore gli attraversò il corpo. Si girò sulla schiena. Era chiaro che, benché sicuramente lo volesse, non sarebbe stata in grado di ucciderlo.
- Sono il solo che ti resta. - mormorò.

La luce irruppe improvvisamente, così come i suoni delle macchine, e la pressione familiare e benevola attorno al suo corpo. Mise a fuoco la vista e riuscì ad arcuare le labbra.
-Touma…sei venuto. - sussurrò.
Chiuse gli occhi e si appoggiò al compagno. C’era qualcosa che gli sfuggiva, più di tutto ciò che lo circondava. Era successo qualcosa dentro di lui, ne era certo, ma non aveva la capacità di inquadrarlo, né di ritrovarlo nella confusione dei suoi pensieri. Con rammarico pensò che, qualunque cosa fosse, forse non l’avrebbe più ricordata. Poco distante, Korin rifletteva, immobile, le luci artificiali del laboratorio.

 
  
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