Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: NyxTNeko    27/03/2022    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 133 - L'uomo è impaziente anche perché è mortale -

31 marzo (10 germinale)

Dopo due giorni di intenso lavoro, il comandante in capo dell'Armata d'Italia, aveva scelto di ritagliarsi un piccolo momento privato in cui poter scrivere una lettera alla sua amata moglie Joséphine 'Non è passato giorno che non t'amassi; non è passata notte che non ti stringessi fra le braccia; non ho preso una tazza di tè senza maledire la gloria e l'ambizione che mi tengono lontano dall'anima della mia vita. In mezzo agli affari, alla testa delle truppe, percorrendo i campi di battaglia, la mia adorabile Josephine è sola nel mio cuore, occupa il mio spirito, assorbe il mio pensiero'.

Soprattutto quando calava la sera, la mente e il cuore del giovane generale si rivolgevano a lei e provava un profondo senso di solitudine, che in parte colmava con il lavoro costante e cercando di incoraggiare i soldati. D'altronde era da sempre stato un amante della solitudine, del lavoro, del dovere ma in quei giorni, in cui si stava decidendo il suo destino, in cui tutto era imminente per la partenza, per l'inizio vero e proprio della Campagna d'Italia, ecco che una sana paura, per ciò che sarebbe accaduto, si insinuava nel suo animo impavido e, molto spesso, imprudente, impulsivo.

'Se mi allontano da te con la velocità di un torrente del Rodano, è per rivederti più in fretta. Se, nel mezzo della notte, mi alzo per lavorare ancora, è che questo può anticipare di qualche giorno l'arrivo della mia dolce amica e, tuttavia, nelle tue lettere del 23, del 26 ventoso, mi davi del Voi. Voi, tu stessa. Ah, Cattiva! Come hai potuto scrivere questa lettera? Come è fredda! E poi dal 23 al 26 ci sono quattro giorni; che cosa hai fatto per non aver scritto a tuo marito? Ah! Amica mia, questo Voi e questi quattro giorni mi fanno rimpiangere la mia antica indifferenza. Sfortuna a colui che ne sarebbe la causa! Possa egli, per pena e per supplizio, provare ciò che la convinzione e l'evidenza che servirono il tuo amico, mi farebbero provare! L'inferno non ha supplizio, né le furie serpenti! Voi!Voi! Ah!' Aveva bisogno del conforto, seppur lontano, della sua sposa, ma non solo le lettere che la moglie gli spediva erano molto formali, quasi gelide, erano anche poche, se non addirittura sporadiche. Quel tiepido rispetto, quel voi, lo irritava ancora di più di un palese tradimento o di una presa in giro, perché era velato, nascosto, ambiguo.

Lui non faceva altro che tempestarle di carte e vi erano ricamate parole colme di amore, il più delle volte anche pompose, esagerate, se non addirittura esasperanti; ma lo erano al pari del sentimento che lui aveva e gli esplodeva dal petto come una tempesta. Con nessun'altra aveva avuto una simile reazione e sentirla lontana lo gettava nella disperazione. 'Che ne sarà fra quindici giorni? La mia anima è triste; il mio cuore è schiavo e la mia immaginazione mi spaventa! Tu mi amavi meno, tu sarai consolata. Un giorno tu non mi amerai più, dimmelo, saprei almeno meritare la sfortuna! Addio, donna, tormento, speranza, felicità e anima della mia vita, che io amo, che temo, che mi ispira dei sentimenti teneri che mi chiamano alla natura, a dei movimenti tempestosi vulcanici come il tuono'.

Nonostante si ripromettesse di concentrarsi su altro, di non lasciarci andare a queste debolezze, almeno quando era a lavorare, ogniqualvolta il suo occhio cadeva sul ritratto della moglie, ecco che l'impulso di stringerlo, di riversarci la sua tormentata bramosia lo travolgeva e anche il più tardo di mente lo notava. Tale struggimento appesantiva il suo animo già irriquieto e malinconico, era già evidente e riconoscibile sul volto o negli occhi, lo specchio dell'anima, incapaci di mentire, di celare la reale natura, privata, di ogni singolo essere umano.

'Non ti chiedo né amore eterno, né fedeltà, ma solamente verità, franchezza senza limiti. Il giorno che mi dirai: ti amo di meno, sarà o l'ultimo del mio amore o l'ultimo della mia vita. Se il mio cuore fosse cosi vile da amare senza ritorno, lo farei a pezzi con i denti. Joséphine! Joséphine! Ricordati ciò che ti ho detto talvolta: la natura mi ha fatto l'animo forte e deciso; essa ti ha costruito di pizzo e di garza. Hai smesso di amarmi!! Perdono, anima della mia vita, la mia anima è tenera su vaste combinazioni. Il mio cuore, interamente occupato da te, ha dei timori che mi rendono infelice. Mi secca non poterti chiamare col tuo nome. Attendo che tu me lo scriva. Addio! Ah! Se tu mi amassi di meno, non mi avresti mai amato. Sarei allora proprio da compatire'.

Senza volerlo, probabilmente non se ne rendeva pienamente conto neppure lui, dimostrava di desiderare ardentemente una dipendenza amorosa, con una donna che provasse la stessa passione allo stesso modo: piena, esaltata, al limite dell'idolatria. Come una divinità doveva essere sempre presente e l'adorazione diventava quasi un obbligo reciproco. Perciò tale indifferenza o poca costanza nel ricambiarla gli insinuavano il dubbio e alimentava la sua inquietudine. Chiuse la sua lunga, lamentosa richiesta, con la sua riconoscibile firma, in maniera secca, netta, senza slanci: semplicemente Bonaparte o le iniziali del nome e cognome, la piegò accuratamente, la chiuse con la ceralacca e la consegnò al suo corriere speciale che ci metteva quasi due settimane per farle arrivare dalla sua amata.

Dopodiché rientrò nuovamente in tenda e cadde di peso sul letto da campo, esausto, seppur si sforzasse di non mostrarlo mai apertamente, voleva dare l'idea di essere instancabile e onnipresente, soprattutto per saldare il rapporto con i suoi sottoposti e uomini, stava stabilendo una gerarchia e lui doveva essere al di sopra di chiunque, Direttorio compreso. Non doveva, né voleva dipendere da nessuno, era finito il tempo in cui, ostentava servilismo e accondiscendenza. Prese tra le mani quel piccolo ritratto, le diede un dolce bacio, qualche dolce carezza e cullato da Morfeo si abbandonò tra le sue braccia, senza nemmeno accorgersene, stringendo il quadretto sul petto.

Albenga, 5 aprile

Al pari di un fulmine quell'esercito di più di 48.000 uomini si era spostato dalla città in cui si erano stanziati, da anni ormai, per oltrepassare i confini francesi e sostare nella cittadina di Albenga, nella Repubblica di Genova.

Per molti soldati ciò costituiva già un passo avanti, non avevano dimenticato il discorso che quel comandante mingherlino e dall'aspetto malaticcio aveva rivolto loro pochi giorni dopo il suo arrivo al quartier generale "Soldati! Voi siete nudi e malnutriti; la Francia vi deve molto, ma non può darvi nulla. La pazienza e il coraggio che avete dimostrato tra queste rocce sono ammirevoli, ma non vi hanno dato gloria; nemmeno un'ombra ne ricade su di voi. Io vi condurrò nelle più fertili pianure della terra. Province ricche, città opulenti, cadranno in vostro potere; vi troverete ricchezze, onori e gloria. Soldati dell'Armata d'Italia! Vi lascerete mancare il coraggio e la perseveranza?"

In pochi avevano creduto a quelle parole e le avevano acclamate, tra questi vi erano senz'altro i più burrascosi o chi conosceva un po' di guerra, era stato anche ufficiale in passato, ma poi si era arruolato come semplice soldato, gli altri che non ci davano peso li sbeffeggiavano o li chiamavano ubriaconi, sognatori, al pari di quello strano comandante che Parigi aveva mandato loro.

- Chissà forse questo Bonaparte ci porterà davvero nelle fertili pianure - emise un soldato ad un suo collega, che aveva marciato accanto a lui, si sentiva meno sfiduciato dopo aver visto l'organizzazione di quel generale che sembrava non conoscere la parola riposo. Aveva fatto in modo che avessero il necessario per combattere e aveva sistemato tutti gli uomini in modo perfetto, persino il tamburino era al suo posto - O mi sbaglio Jean?

- Sei proprio uno zuccone! - sbottò il collega, giovanissimo, era coetaneo del comandante, ma agguerrito, un po' violento, voleva tornare a combattere sul serio, dare il meglio di sé e una lezione a quei cani degli austriaci, non ne poteva più di vegetare - Prima di venir degradato con la caduta di Robespierre, da quei bastardi incapaci che stanno a trastullarsi a Parigi, che possano morire dal primo all'ultimo, ero un ufficiale anche io, per questo so distinguere un idiota come te da uno in gamba e Bonaparte mi ha subito colpito

- Ho capito Jean, non c'è bisogno di usare questo tono! Stai calmo ora, se ci mettiamo a litigare, ci fanno la pelle - replicò l'altro lievemente spaventato, cercando di placare il carattere burrascoso di quel soldato dai folti capelli incipriati e dal fisico definito e asciutto, sul suo corpo c'erano le tracce del suo passato da uomo di comando. Soprattutto le innumerevoli cicatrici di cui andava fiero, sperava di poter di nuovo salire di grado e riottenere il posto che gli spettava. Era un uomo con cui non conveniva arrivare alle mani.

- Sei un soldato o una donnicciola? - gli domandò disgustato il ventiseienne, lo afferrò per il colletto, gli occhi marroni fumavano dalla rabbia - Sei più grande di me eppure te la stai facendo sotto! Che rammollito! Non ti pesto soltanto perché non voglio essere cacciato di nuovo, sennò non ci avrei pensato un minuto!

- Soldato Lannes, abbiamo capito che sei fumantino e battagliero, ma non combatteremo fino al 26 germinale 'ovvero il 15 aprile' così ci ha riferito lo stato maggiore - gli disse Murat che passava tra i ranghi per caso e lo aveva sentito discutere animatamente, non era la prima volta che lo incrociava - Perciò evita di scatenare risse, sai benissimo che il comandante non le tollera

Lannes si voltò e si trovò davanti quell'imponente ufficiale che lo squadrava dall'alto verso il basso con aria severa, a braccia conserte - Ci mancava soltanto la predica dello spilungone - ridacchiò il ragazzo, per nulla intimorito da uno come lui, poi si rivolse al collega, intimorito anche da Murat - Sei stato fortunato oggi, ringrazia il ricciolone qui -
dopodiché si allontanò e si sedette da solo a guardare la tenda del comandante, che aveva raggiunto da poche ore nella cittadina, da cui vi era un via vai continua di gente.

Si chiedeva come facesse a non impazzire nel dare tutti quegli ordini, così come nel gestire qualsiasi cosa, attento al più minuscolo dettaglio "Eh sì, questo Bonaparte è davvero in gamba, sono convinto che ci porterà alla vittoria e alla gloria, anche se l'aspetto può ingannare, ma d'altronde nemmeno io a prima vista sembro così minaccioso".

Napoleone intanto stava parlando felicemente con Marmont che era riuscito a raggiungere l'Armata poco prima che si stabilisse con i suoi uomini nella città ligure - Sono davvero felice di avervi di nuovo tra noi, amico mio - ammise sorridendo Napoleone, seduto, come al suo solito scomposto, sull'ampia sedia riccamente decorata e abbastanza solida - Ci voleva davvero il vostro contributo, ora più che mai...

Marmont era contento di tutta quella considerazione che Bonaparte, come ormai si faceva chiamare, gli riservava, nonostante se ne fosse andato così bruscamente da lui. A quanto pare non provava rancore o risentimento nei suoi confronti, non poté non ricambiare il sorriso contagioso del comandante e annuire - Spero di eseguirlo al meglio per la Francia e anche per voi s'intende

- Ne sono sicuro, anche perché sono certo che le esperienze avute in questi anni siano state più che utili, non si smette mai di imparare e di migliorare, c'è sempre qualcosa da apprendere dagli altri - ribadì con certezza e sicurezza. Ed era questo uno degli aspetti che colpiva chiunque lo incontrasse, la fame di conoscenza, la voglia di mettersi in gioco e di perfezionare sempre di più la sua arte, nel suo caso quella militare.

Gli aveva parlato delle vicende personali, in particolare del matrimonio e della moglie, infine lo aveva tempestato di domande, come al suo solito, sui comandanti sotto cui aveva servito, nel suo tono c'era rispetto e ammirazione. Anche se, notò Marmont, vi era pure una velata rivalità da parte di Napoleone, era come se fosse in competizione con loro, dato che guidavano delle armate meglio equipaggiate, armate e disciplinate. A differenza della sua che era tutto fuorché un'armata, un esercito, non gli aveva nascosto lo scoraggiamento che aveva provato, temeva l'indisciplina degli affamati, oltre agli altri innumerevoli problemi - Per fortuna sono riuscito a farmi consegnare dal Direttorio 5000 paia di calzature, non sono molte, ma è già qualcosa e poi il capo di stato maggiore sta provvedendo a tutte le vettovaglie, incredibile come il destino mi abbia fatto incontrare un uomo che riesca a capire i miei ordini e li faccia eseguire alla perfezione...

Proprio in quel momento il generale Berthier piombò nella tenda - Perdonate l'impetuosità comandante - disse, con un cenno del capo salutò anche l'ospite e proseguì - Ho delle nuove da Genova e non sono piacevoli...

- Che intendete dire? - sobbalzò Napoleone, scattando in piedi, fissandolo agitato.

Berthier si massaggiò il collo, sforzandosi di rimanere impassibile, aveva già letto la missiva e immaginava la sua reazione, però gliela consegnò comunque - L'ho già aperta, ma soltanto per controllare... comandante... - sospirò - Mi dispiace...

Napoleone la afferrò immediatamente e la lesse - Oh no, Chauvet... - il suo quartiermastro, che era andato a Genova per parlare con il plenipotenziario francese, aveva contratto delle febbri che gli furono fatali. Non poté trattenere il dispiacere sincero che lo pervase e le lacrime silenziose che gli scesero lungo le guance - Una vera perdita per l'esercito - riuscì a dire, prima che la voce tradisse il suo pianto - Era attivo, intraprendente, l'esercito versa una lacrima in sua memoria - fece allontanare tutti per poter elaborare il lutto in solitaria. Era il primo dei tanti amici che avrebbe perduto lungo la strada di cadaveri che il Fato e la Storia gli aveva riservato per raggiungere la gloria e l'eternità.



 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: NyxTNeko