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Autore: slanif    27/03/2022    3 recensioni
Sirius Black fissava il fuoco con sguardo assente mentre il vino nel bicchiere che stringeva in una mano rifletteva le fiamme, lanciando baluginii nel buio.
Si trovava in uno dei tanti salotti di Casa Black, al n° 12 di Grimmauld Place, mentre tutti gli altri dormivano nelle loro stanze.
Isolato al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice, era chiuso tra quelle mura ammuffite da mesi e il senso di claustrofobia che lo coglieva sempre di più ogni giorno, lo stava mandando fuori di testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Una notte a Grimmauld Place
di slanif



Sirius Black fissava il fuoco con sguardo assente mentre il vino nel bicchiere che stringeva in una mano rifletteva le fiamme, lanciando baluginii nel buio.
Si trovava in uno dei tanti salotti di Casa Black, al n° 12 di Grimmauld Place, mentre tutti gli altri dormivano nelle loro stanze. Se tendeva l’orecchio poteva sentire i gemelli Weasley ridacchiare, di sicuro intenti a combinarne un’altra delle loro. Non riusciva però a capire cosa dicessero, perché la casa scricchiolava e gemeva e animali di ogni genere zampettavano e strisciavano ovunque. Per quanto Molly si impegnasse a disinfestarla, anni di abbandono avevano fatto sì che diventasse la dimora di ben più creature di quanto a Sirius piacesse pensare.
Non che traesse piacere in qualcosa, ultimamente.
Isolato al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice, era chiuso tra quelle mura ammuffite da mesi e il senso di claustrofobia che lo coglieva sempre di più ogni giorno, lo stava mandando fuori di testa.
Odiava quella casa. Odiava i ricordi che portava con sé. Odiava esserci dovuto tornare, seppur sapeva che era la soluzione migliore e più sicura per tutti, nonché l’unico posto dove avrebbe potuto nascondersi senza mangiare topi e dormire in qualche grotta. Tuttavia, seppur trovava rincuorante che ci fosse sempre qualcuno in giro per la casa, c’erano volte che avrebbe solo voluto dire a tutti quanti di sparire e lasciarlo solo, a crogiolarsi nel suo malessere, sempre più cupo di umore e con pensieri oscuri tali che solo nei momenti più bui ad Azkaban aveva avuto.
Cercava di ripetersi ogni giorno che era fortunato. Avrebbe potuto essere ancora in prigione, o ancora un fuggitivo. Invece, agli occhi delle persone che contavano per lui – Harry, Remus – si era finalmente riscattato e aveva dimostrato la sua innocenza. Inoltre, era vivo. Più o meno in salute. Quindi perché era così arrabbiato?
Sirius non amava pensare troppo al suo passato, ma tutte quelle mura che lo circondavano sembravano schiacciarlo; risucchiarlo verso di loro e i ricordi che trascinavano con sé.
Lanciò un’occhiata di sottecchi all’arazzo appeso alla parete, quello che raffigurava l’albero genealogico della sua famiglia. Il suo volto, bruciato e annerito, ormai scomparso, gli saltò subito all’occhio e una sensazione sgradevole prese possesso del suo stomaco, facendogli inacidire il vino che vi dimorava.
Sapeva che avrebbe dovuto smetterla di bere, che non portava da nessuna parte, ma certe notti era difficile sopportare il peso dei ricordi; non aveva altro modo di annebbiarli se non quello. Se avesse potuto uscire sarebbe andato a farsi una corsa nelle sembianze di Felpato; avrebbe stanato qualche topo e si sarebbe goduto le foglie scricchiolanti sotto le zampe di Hyde Park. Ma bloccato lì dentro, con tutte quelle persone intorno che controllavano ogni sua mossa, che alternative aveva se non annebbiarsi il cervello con l’alcool?
Molly non faceva altro che alitargli sul collo e ricordargli cosa dovesse o non dovesse fare. Sirius avrebbe voluto buttarla fuori, perché non sopportava le maestrine, né che gli si dicesse cosa fare o non fare in casa sua. Eppure, quando la rabbia passava e si calmava abbastanza – spesso aiutato da Remus, che si metteva lì a farlo ragionare –, si rendeva conto che la donna parlava solo per il suo bene e che forse avrebbe dovuto darsi una calmata. Questo, prima di ricominciare tutto da capo la volta successiva in cui si sarebbero irritati a vicenda.
Sirius aveva i nervi a fior di pelle. A ogni angolo che girava, ogni oggetto che osservava, un treno di ricordi lo investiva al massimo della sua velocità, ed erano uno più spiacevole dell’altro.
Non era un mistero che fosse sempre stato profondamente diverso da tutto il resto della sua famiglia.
Sin da bambino aveva dimostrato interessi differenti dai loro, scatenando critiche e disappunto nei suoi genitori, che non avevano mai perso occasione di rinfacciarli che razza di delusione fosse, specialmente dopo l’arrivo di suo fratello Regulus, che invece soddisfava tutti i requisiti richiesti da un Black.
Quando poi era arrivato a Hogwarts e il Cappello Parlante, senza sitazione alcuna, l’aveva smistato a Grifondoro – quando tutta la sua famiglia era andata sempre e solo in Serpeverde – il disappunto era stato tale che le cose in casa erano diventate insopportabili. Alla fine, difatti, all’età di sedici anni se n’era andato e i coniugi Potter – i genitori del suo migliore amico James – lo avevano accolto come un figlio, facendolo sentire accolto come mai gli era capitato prima di allora.
Era stato da loro per un anno, dopodiché aveva trovato un posto tutto suo. Niente di speciale, ma era “casa” e aveva le sue domeniche a colazione dai Potter, che gli ricordavano ogni settimana cosa significasse avere una famiglia, seppur non di sangue.
Incontrare James era stata una benedizione. L’unica della sua vita. A lui era seguito anche Remus e, seppur fosse solo un’illusione, all’inizio aveva pensato lo stesso anche di Peter. Tuttavia, era con James che aveva il legame più stretto. Lo amava come un fratello e in lui trovava sempre un supporto, una spalla, una persona con cui sentirsi al sicuro, che lo capiva e lo accettava esattamente così com’era, luci e (soprattutto) ombre.
Sirius non era mai stato sempre buono. Nessuno lo è. A volte aveva fatto cose di cui si vergognava (come lo scherzo a Snape che ne aveva messo in pericolo la sua vita, sebbene non lo avrebbe mai ammesso, soprattutto non di fronte al naso adunco di Mocciosus) e altre era stato cattivo; ma poteva dire lo stesso di James o di Remus, seppur in minima parte.
Sirius pensava davvero che ci fosse qualcosa nel sangue della sua famiglia che faceva sì che nessuno di loro fosse integerrimo. Anche se aveva cercato tutta la vita di distaccarsi da loro, l’animo rancoroso della sua famiglia sembrava inseguirlo e macchiare molti dei suoi gesti e delle sue azioni.
Eppure, sembrava che lui avesse fatto qualcosa di molto terribile, nella sua breve esistenza, perché la punizione che il Destino gli aveva riservato era stata crudele sopra ogni misura, molto più di quella riservata ai suoi famigliari, che nonostante l’animo nero e crudele, erano vissuti a lungo e nell’agio.
Dopo anni a sentirsi sempre inadeguato, la vita aveva deciso che una sua decisione comportasse l’uccisione dell’unica persona che l’avesse mai amato senza riserve. Quella notte, se non avesse insistito con James e Lily per far scegliere loro Peter come Custode Segreto della loro casa, tutto sarebbe stato diverso.
Lui si sarebbe fatto ammazzare, piuttosto che dire a Voldemort o chiunque altro dove si trovava la famiglia Potter; di certo l’opposto di quello che aveva fatto Peter, un uomo che consideravano amico e che li aveva venduti senza pensarci due volte.
Quando Sirius aveva scoperto cosa era successo, era corso con la sua moto a Godric’s Hollow ed era avanzato tra le macerie della casa dei Potter, trovando James e Lily riversi a terra e successivamente Harry, vivo.
L’aveva preso in braccio e cullato, cercando di calmarne il pianto disperato, mentre lui stesso tentava di non cadere in pezzi di fronte allo spettacolo raggelante dei suoi amici morti. Vedere James con gli occhi spalancati e vuoti, fissi nel nulla, lo aveva lacerato a tal punto da lasciarlo senza fiato.
Era stato in quel momento, circondato da tutta quella desolazione, che si era reso conto di cosa fosse davvero successo.
Aveva deciso all’istante di ricercare la sua vendetta, perché quanto è vero che era un Mago, avrebbe stanato quel ratto di Peter e l’avrebbe ammazzato con le sue mani.
Quando Hagrid era arrivato, pochi minuti dopo, aveva affidato Harry alle sue cure, gli aveva detto di prendere la moto e di portarlo da Dumbledore. Certo, se avesse saputo che il vecchio Preside avrebbe affidato Harry a quei mostri dei Dursley forse avrebbe preso una decisione diversa, ma... Non si poteva cambiare il passato.
Tuttavia, quante decisioni diverse avrebbe preso, se avesse potuto tornare indietro?
Di certo avrebbe evitato di cercare Peter e stanarlo in quella strada Babbana, dove il bastardo si era tagliato un dito e aveva ammazzato molte persone, facendo ricadere su di lui tutta la colpa.
Aveva riso, subito dopo. Per lo choc, ma anche per l’ironia infame di tutta quella situazione, che gli si era rivoltata contro così magistralmente, come ogni cosa della sua maledetta vita.
Avevano pensato fosse pazzo, ma la realtà è che aveva capito davvero cos’è la pazzia solo dopo aver varcato le porte di Azkaban – in cui era arrivato quella sera stessa, senza processo e con un tatuaggio nuovo fiammante sul collo col suo numero di riconoscimento – ed era stato circondato da Mangiamorte, assassini e ladri.
Tuttavia, niente era stato orribile come i Dissennatori, che ogni singolo giorno avevano cercato di risucchiargli l’anima e di strappargli via ogni singolo ricordo felice.
Ci si era aggrappato con tutte le sue forze, specialmente la notte, quando rimaneva sveglio a fissare il soffitto nero e sentiva i lamenti e i pianti degli altri condannati. In quei momenti, fermo immobile sul pavimento duro e freddo che gli premeva nelle ossa sempre di più sporgenti man mano che passavano i mesi, aveva cercato di richiamare alla mente le scorribande con James nei corridoi di Hogwarts, le nottate davanti al camino con Remus a parlare piano nella Sala Comune dei Grifondoro, l’esultanza durante le partite di Quidditch quando James prendeva il Boccino d’Oro, la quiete del Dormitorio durante la notte, la Sala Grande addobbata a festa per il Natale, la gioia di essere stato testimone dell’amore di James e Lily, di aver visto Harry venire al mondo.
A ogni anno i ricordi sembravano sempre più sfumati, labili, ma Sirius ci si aggrappava come un naufrago alla deriva si aggrappa alla sua zattera e stringeva i denti ancora e ancora, confidando che prima o poi sarebbe uscito di lì.
Sapersi trasformare era stato di sicuro il suo unico vantaggio, l’unica decisione giusta avesse mai preso. Non essendo registrato come Animago, nessuno sapeva che poteva acquisire le sembianze di un grosso cane nero, così era riuscito a eludere la sorveglianza dei Dissennatori e a sgattaiolare via, corridoio dopo corridoio, fino al mare agitato, che aveva attraversato a nuoto fin quasi a perdere le forze e a giungere finalmente sulla terra ferma, alla salvezza, lontano da quell’orrore inimmaginabile che l’aveva visto rinchiuso per dodici anni.
Certo, non che dopo fosse andato tutto rose e fiori.
Il mondo continuava a ritenerlo un criminale e aveva dovuto nascondersi mentre cercava di arrivare a Peter, rintanato a Hogwarts sottoforma di topo, così vicino a Harry che... Sirius sentiva un brivido gelato anche solo a ripensarci.
Quando infine era riuscito a spiegare la verità a Harry e Remus, seppure non aveva potuto uccidere Peter come aveva desiderato, si era sentito speranzoso e sollevato. Cos’altro poteva andare storto?
A quanto pare molte cose, perché invece dell’assoluzione che aveva tanto agoniato, Peter era scappato e lui si era ritrovato di nuovo a dover fuggire, a nascondersi, sempre in forma di cane, quasi dimenticando se stesso, mangiando topi e poco altro, con i crampi della fame che a volte diventavano insopportabili.
Con la rinascita dell’Ordine aveva sperato in qualcosa di meglio, ma... Sembrava che qualsiasi cosa toccasse, qualsiasi decisione prendesse, finisse per rivoltarglisi contro ancora e ancora, andando male quanto più potesse fare.
Sirius aveva sempre cercato di non autocommiserarsi, ma come faceva ad accettare la valanga di merda che gli era piovuta addosso da tutta una vita? Per quanto volesse cercare di essere positivo – pensando al fatto di essere vivo, per esempio, che non era scontato affatto in un’epoca come quella - era difficile non farsi schiacciare dalla consapevolezza che la sua vita si era fermata a poco più di vent’anni e che gli ultimi quattordici anni erano andati... Perduti. Aveva vissuto, ma senza vivere davvero. Respirava, ma non l’aria aperta. Non era più ad Azkaban, ma non era forse anche quella casa una prigione?
Avrebbe voluto fuggire.
Cancellare tutta la sua vita.
Dimenticare il malessere che l’aveva sempre accompagnato, la solitudine soverchiante, il dolore indicibile della perdita – di James, della sua vita.
Era solo da così tanto tempo... Nessun contatto umano significativo da quasi metà della sua vita. Nessun calore che potesse confortarlo. Puerile? Forse. Ma era un uomo, dopotutto. Avrebbe dovuto potersi godere la vita, e invece si ritrovava solo e depresso, a fissare un arazzo che mai più lo avrebbe visto ritratto, in una stanza che odorava di muffa e abbandono, mentre un fuoco scoppiettante non riusciva a scaldare abbastanza da lenire il suo cuore devastato.
Sirius non sapeva cosa gli riservasse il futuro, ma sperava che fosse migliore di quella vita-non vita che stava vivendo, perché solo la morte poteva esserne la fedele compagna.





Nota dell’autrice: Ho sempre pensato che Sirius fosse il personaggio più sfortunato della serie. Se ci riflettete, prima vive in una famiglia che non lo accetta; poi arriva a Hogwarts e incontra James, ma anche lui gli viene strappato via dal tradimento di un amico, tradimento che poi si riversa su di lui quando gli affibiano la colpa e lo spediscono ad Azkaban senza processo. Quando infine riesce a fuggire, vive nascosto e in completa solitudine; non riesce a uccidere Peter e deve continuare a fuggire. Poi lo obbligano a rimanere rinchiuso a Grimmauld Place e a non aiutare in concreto l’Ordine, facendolo sentire inutile, fino a quando arriva al Ministero e muore.
Penso davvero che Sirius non abbia avuto molta felicità, nella sua vita, e volevo spiegare qui perché nel quinto libro a volte sembri così rancoroso ed egoista. Ho provato a mettermi nei suoi panni e... Mi sono sentita davvero dispiaciuta per lui. È da sempre il mio personaggio preferito e sapere che ha sofferto così tanto, per poi non poter nemmeno più vivere, è un dolore che mi porto dietro da diciassette anni.
Spesso gli è stato criticato di non essere davvero un Padrino, per Harry, ma di comportarsi più come un amico, al contrario di quanto accade nei film. Tuttavia, l’aspetto maturo di Gary Oldman, ha fatto dimenticare che Sirius all’epoca ha circa trent’anni, con un’isolamento forzato in un ambiente orribile alle spalle, che suppongo gli abbia bloccato lo sviluppo emotivo più o meno ai vent’anni. Non ha contatti umani per oltre un decennio, sia ad Azkaban che poi fuori, nei due anni da fuggitivo. Solo lui e Fierobecco, e non è che con l’Ippogrifo si possano fare tutte queste conversazioni... Viene criticato molto, e a volte a ragione, ma davvero in alcune circostanze bisognerebbe metterci nei suoi panni e capire quanto dolore si porta dietro e quanta solitudine ha caratterizzato la sua vita.
Nel mio piccolo, spero davvero di essere riuscita a raccontarvi tutto questo. E se siete arrivate fin qui, grazie di avermi letto! Spero che vogliate farmi sapere cosa ve ne pare, che è sempre cosa graditissima da noi autori.
Alla prossima! :)
   
 
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