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Autore: anonimo_21    27/03/2022    0 recensioni
"Ancora frastornata si alzò per avvicinarsi e guardarsi allo specchio. Tutto il suo corpo era visibilmente provato: Vi si vide allo specchio e si accorse di essere colma di ferite e lividi anche sul volto, e che le sue guancie erano bagnate dal pianto. ...Vi riuscì a vedere lo stupore dato da quella presa di coscienza crescere nei suoi occhi e diventare qualcosa di peggiore, mentre raggiungeva quella consapevolezza terribile: non era stato un sogno."
La fanfiction CONTIENE SPOILER DEL PRIMO ATTO DI ARCANE (e solo di Arcane poiché non ho quasi mai giocato a League of Legends, dunque non ne conosco la lore), ma se siete alla ricerca di storie su questa serie dubito sia un vostro problema. Detto questo, vi auguro di cuore una buona lettura.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Vi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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​Ancora una volta Vi era stata capace di aprirsi la strada nella vita con i pugni, almeno in quello era sempre stata brava: a nessuno era passato inosservato il suono delle nocche sulla pietra che persisteva anche di notte, dunque ora molti detenuti la temevano. Vi non era mai stata coinvolta in una rissa da quando era in prigione, ma nessuno ci teneva a vederla in azione visto la fama che si era fatta. D’altro canto nella vita della ragazza, ancora una volta, nulla era cambiato. La sua routine era sempre la medesima. Nulla di ciò che accadeva in quel luogo le importava, e lo stesso valeva per gli altri prigionieri, dai quali voleva tenersi alla larga quanto più possibile, forse per disprezzo, forse per paura, forse per indifferenza: la verità era che non lo sapeva e non le interessava minimamente.
Poi, finalmente, un giorno accadde qualcosa che valesse la pena di essere ricordato. Durante un pasto, tutti i detenuti si erano recati nella mensa della prigione ed avevano preso posto ai tavoli. Vi era seduta ad un tavolo come gli altri quando vide entrare nella mensa quello che doveva essere un nuovo detenuto. Egli era di grande stazza, per gran parte coperto da degli strani tatuaggi ed aveva un pesante piercing al naso. Portava sul petto il numero riconoscitivo “2135”. Non c’era nulla di strano in tutto ciò: non era certo la prima volta che arrivava un nuovo prigioniero, inoltre a guardar l’aspetto in quella prigione ce n’erano di ben più minacciosi di lui, perciò chiaramente nessuno diede il minimo peso alla cosa. Ma a Vi invece si era gelato il sangue. Guardò incredula il nuovo arrivato andare a prendere qualcosa da mangiare per poi sedersi ad un tavolo. Non ci poteva credere. Era uno degli scagnozzi di Silco, ne era sicura. Lo riconobbe perché li ricordava tutti perfettamente, uno ad uno: lui era quello che lei aveva abbattuto per primo nel combattimento di quella fatidica notte. Vi sentì un odio viscerale crescerle in corpo. Si alzò e si diresse verso di lui, afferrando nel mentre un solido vassoio d’acciaio. Lui la vide arrivare, ma solo all’ultimo momento i suoi occhi ebbero un moto di stupore. Dentro di sé Vi gioì, cosciente e crudelmente contenta di essere stata riconosciuta da lui, ma comunque il tutto durò solo qualche momento. La rabbia era al culmine. Bastò un solo potentissimo colpo di Vi per abbattere il colosso ed un istante dopo la ragazza era sopra di lui e lo stava massacrando. La rabbia cieca di Vi uscì da lei e travolse tutto. Nel silenzio ovattato che percepiva nonostante il rumore confuso che si era generato attorno a lei, l’unico suono era quello delle ossa che si frantumavano sotto i suoi colpi. Qualcuno la afferrò per fermarla, probabilmente una guardia della prigione, che finì sbattuta malamente a terra. In un baleno le furono addosso in molti, e Vi, che aveva perso ogni controllo, continuò ad urlare e lottare con tutte le forze che aveva in corpo, finché non fu sopraffatta.
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Una sensazione di freddo pungente alla schiena estrasse Vi dal suo sonno. La ragazza, ancora inebetita, prese coscienza del suo corpo. Era seduta con la schiena contro una parete e ed era pesantemente ammanettata: ogni tentativo di liberare le mani era inutile. Vi cercava di capire dove si trovasse guardandosi attorno ma c’era solo il buio con lei. Dedusse che probabilmente si trovava in una di quelle famose celle per l’isolamento di cui aveva solo sentito parlare. Era ancora peggiore della sua. Più piccola, più opprimente, più chiusa, e totalmente buia. Ma ben presto si rese conto con immensa gioia che una differenza c’era. Una differenza fondamentale c’era: non si udiva alcun lamento. Finalmente, per la prima volta dopo un tempo indefinito finalmente Vi provò un’idilliaca sensazione di libertà e leggerezza, non avvertendo più il peso che l’aveva schiacciata chissà quanto a lungo. Dopo aver sfogato mesi e mesi di emozioni negative, represse, devastanti su un individuo simbolo della sua sofferenza si sentiva come rinata una seconda volta. Vi si godette questa sensazione felice come mai avrebbe pensato di poter tornare ad essere.
Passata una notte, una guardia dalla stazza enorme con un grosso mazzo di chiavi venne ad aprire la porta di cemento armato per ricondurre Vi alla sua solita cella. Il periodo di isolamento era finito a quanto pare. Vi ritrovò nella sua cella tutto come l’aveva lasciato, ma anche lì i lamenti non la tangevano più ora. Finalmente aveva ritrovato una sorta di equilibrio interiore: sfogarsi era stato fondamentale. Tutto ora le appariva in maniera diversa, come se avesse cambiato radicalmente punto di vista. Si mise davanti allo specchio rotto, dentro il quale le sembrò di vedere un’altra persona, una persona… migliore, in qualche modo. Per la prima volta guardò con interesse tutto ciò che era cambiato in lei da quando era finita in prigione. I suoi capelli era ciò che meno le sembrava di riconoscere: erano più lunghi e disordinati, trasandati addirittura. Cercò di dar loro un poco di ordine dando un colpo secco ma lento con la mano sinistra. Le piacque la forma che presero e decise che d’ora innanzi li avrebbe tenuti così. Poi si soffermò per guardarsi negli occhi come aveva fatto in passato grazie a quello stesso specchio, ed in quel momento la scritta “VI” sul suo volto le sembrò brillare di luce rossastra.


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…quello stesso giorno qualcuno venne da lei. Vi aveva già ripreso il suo allenamento: mentre colpiva e colpiva il muro sentì un passo diverso dal solito avvicinarsi alla cella.
“Chi diavolo sei?”



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Vi ringrazio molto per essere arrivati fin qui. Questa fanfiction è stata impegnativa da scrivere, quantomeno più di altre. Ne scrissi una prima versione ormai quasi un mesetto fa, ma non mi convinceva appieno, neanch'io riuscivo a capire perché, dunque mi sono anche fatto dare qualche consiglio da un amico fidato grazie al quale mi sono reso conto di avere uno stile di scrittura eccessivamente essenziale. Ho riscritto tutto quanto cercando di dare il giusto spazio ad ogni sezione del testo al fine di rendere il tutto un poco più concreto: forse ci sono riuscito, ma questo dovrete dirmelo voi. Come al solito, ogni vostro commento, parere, pensiero è bene accetto. Spero che questa fanfiction vi abbia fatto provare qualche emozione, che alla fine è il mio scopo principale quando scrivo. Vi ringrazio nuovamente e vi saluto. Ci vediamo al prossimo testo!

-Anonimo_21
   
 
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