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Autore: RoryJackson    27/03/2022    0 recensioni
"Chi sei?" Chiese una voce dietro di lei. Era una voce maschile, calda e profonda, stranamente umana. Rory si fermò impietrita. Possibile che fosse lui...? Girò il viso verso la voce la quale proveniva effettivamente dalla creatura, completamente sveglia e all'impiedi.
Questa volta, Rory, poté ben vedere gli occhi della creatura: dalla forma leggermente triangolare, confinavano con il muso beige. Le iridi rosse come il fuoco. - CAP 1
"Tu non sei in grado di spezzare un giuramento" constatò la giovane, placando in un momento l'animo di Shadow, [...] "Io mi fido di te" - CAP 10
Shadow: un essere tanto temibile eppure tanto umano. Un riccio dal cuore indurito per l'ingiustizia subita da parte degli uomini e che, per questo, odia con tutto se stesso. Riuscirà mai a cambiare idea?
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro Personaggio, Shadow the Hedgehog
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Quando Rory e Shadow tornarono in sala da pranzo, trovarono la tavola tutta imbandita, con gli altri che aspettavano seduti che i due arrivassero per cominciare a mangiare. La pasta era stata posta in una pirofila in ceramica dallo stile classico, bianco e senza decorazioni, mentre la carne era stata poggiata in un vassoio con tanto di cloche per mantenerla umida e calda.  

La ragazza si scusò per il ritardo, dopodiché prese posto al penultimo posto in fondo alla tavola, con il riccio che si accomodò alla sua sinistra — in quanto era l’unico posto disponibile. 

A questo punto, Jessica cominciò a fare le porzioni di pasta per tutti e quando Rory si ritrovò il piatto davanti, un dilemma che già la sera precedente si era insinuato nella sua mente ritornò a galla. 

“Christian, adesso è arrivato il momento di dirmi come hai conosciuto tutti loro”, evitò di rigirare il coltello nella piaga, per questo non sottolineò che era ancora contrariata per il fatto che non gliel’avesse detto prima. 

Il ragazzo annuì: “È giusto, hai ragione”, disse, mentre prese una forchettata di pasta. “È successo quasi tre mesi fa, a inizio febbraio stavo uscendo di casa perché dovevo discutere della tesi con il mio relatore, quando mi sono imbattuto in Tails. Anzi, per la verità me lo sono ritrovato addosso”. 

A quella affermazione, Rory era tutta orecchi, incuriosita più che mai. Fu la volpe, essendo stato chiamato in causa, a prendere la parola. 

“Sì, beh, noi proveniamo da un pianeta che si chiama Mobius, che si trova probabilmente in una dimensione dell’universo alternativa alla vostra. Ci siamo ritrovati in questo mondo dopo un Chaos Control. Gli smeraldi del caos hanno un grande potere, soprattutto quando sono riuniti tutti e set-” non ebbe modo di finire di parlare che Knuckles gli diede una leggera gomitata al fianco. “In parole povere”, si corresse Tails, “questo evento ha fatto sì che ci ritrovassimo tutti sparpagliati su questo pianeta. Abbiamo faticato un po’ per ritrovarci. Comunque sia, io sono apparso proprio sopra Christian: lo scontro è stato inevitabile”. 

“Diciamo che dopo un primo momento di smarrimento”, riprese Christian, “abbiamo iniziato la ricerca dei mobiani sulla terra, partendo proprio dagli amici di Tails. Noi crediamo che ce ne siano altri in giro, anche se non sappiamo dove: forse si nascondono per timore, o nella peggiore delle ipotesi…” 

“Dici che potrebbero essere rinchiusi da qualche parte?” chiese Rory, capendo al volo la situazione. In effetti, se le cose stavano come avevano detto, non si poteva di certo escludere quell’eventualità, anche se sperava davvero non fosse così. 

L’affermazione prese alla sprovvista i presenti. Il volpino e gli altri si guardarono all’unisono, incerti su cosa pensare, ma sicuri su cosa desiderare. Fu Sonic a prendere parola.

“Beh, potrebbe essere. Ed è quello che vogliamo scoprire!”

“Vero,” annuì l’inventore, “in fondo non sappiamo neanche quanto si fosse espanso e quanti di noi siano stati coinvolti”. 

Le ragazze ascoltavano tutto con grande interesse, essendo le uniche davvero all’oscuro di tutto. Rory doveva ammettere che nel sentir parlare di mondi paralleli e viaggi dimensionali trovava un che di assurdo. Anche se, considerati gli eventi delle ultime settimane, non c’era da meravigliarsi troppo. Creature dalla forza sovrumana, uno scienziato megalomane pronto alla distruzione, gemme che conferivano poteri inimmaginabili… Tutto ciò sembrava uscito da un film fantasy in piena regola. Ad ogni modo c’era un’altra questione che la premeva maggiormente. 

“E tu per tutto questo tempo me l’hai tenuto nascosto?” disse, più stupita che risentita, anche se non poteva evitare di sentirsi alquanto offesa. 

“Ro, ti chiedo scusa, ma avevo giurato di mantenere il segreto”, cercò di scagionarsi. “E comunque possiamo dirgli che gli smeraldi sono sette. Tanto prima o poi lo avrebbero scoperto” disse il ragazzo verso Knuckles, che non s’era lasciato sfuggire il gesto volto a silenziare la volpe. “Possiamo fidarci di loro”. 

“Sarà perché le conosci tu, ma noi no”. 

“Andiamo, Knuckles. Sono amiche di Chris, non vedo quale sia il problema!” 

“Per te mai niente è un problema, Sonic”.  

“Ah, tutto questo parlare mi ha messo un grande appetito. C’è altra carne da mangiare? Sto morendo di fame!” continuò il riccio blu, ignorando la stoccata dell’echidna. 

Rory emise un leggero risolino. Ovviamente non era per niente urtata, anzi comprendeva appieno la diffidenza del mobiano. Decise però di non rispondere alle sue insinuazioni: sarebbero state le sue azioni a parlare. 

“Puoi mangiare la mia parte”, intervenne Jessica, mentre prendeva il piatto del riccio blu per riporre sopra il controfiletto. 

“Ma come, non la mangi tu?” chiese Amy, preoccupata verso la ragazza. 

“Dai, ha detto che non la vuole!” protestò il blu.

“Sonic, non dovresti essere così ostinato!” lo rimproverò Tails, sebbene i richiami di colui che poteva essere considerato un fratellino minore non potevano sortire effetto sul maggiore, “Rory e Jess ne hanno cucinato una per tutti, non essere egoista!”

“Non preoccupatevi, non ho tutto questo appetito”, li rassicurò la ragazza sorridendo alquanto imbarazzata. 

Il riccio la ringraziò, dopodiché si rivolse all’inventore: “E poi, Tails, non vorrei fartelo notare, ma è tutta la mattinata che sono stato alla ricerca degli smeraldi del caos, proprio nella zona che mi hai indicato. Ho girato in lungo e in largo senza trovare nulla e ora ho una fame da lupi!” esclamò il blu, quasi indignato. “E poi il gusto è troppo simile a quello dei chili dogs!” 

“Mi fa piacere che tu abbia apprezzato” disse Rory, compiaciuta, “vorrà dire che mi farò aiutare di nuovo da Amy quando dovrò preparare dei chili dogs. I suoi consigli sono stati inestimabili alla riuscita di questo piatto!” 

La mobiana, appena udì il suo nome, sussultò e gettò uno sguardo sulla ragazza, arrossendo. Non avrebbe mai creduto che Rory avesse potuto metterla in luce così, soprattutto perché lei non aveva fatto niente di speciale se non suggerirle di aggiungere un pizzico di forte e assaggiare il manicaretto.

“Questo sì che è parlare!” esclamò lui, pressoché entusiasta, ignorando completamente l’affermazione che la ragazza aveva fatto sulla riccia rosa. No, decisamente non era un tipo romantico...

Primo e secondo vennero a dir poco divorati dalla compagnia al completo. Knuckles, che di solito era scontroso e scostante, in quel momento teneva piegate le labbra all’insù, in un mezzo sorriso di soddisfazione. Christian quasi era commosso nell’aver finalmente ingerito qualcosa che avesse un sapore decente mentre Tails, Amy, Cream e Cheese erano gli unici ad aver gradito in un modo che si poteva definire normale

Shadow non proferì nulla. Se ne stava zitto, ad un angolo della tavola, a mangiare in silenzio senza lasciar trasparire emozione alcuna. 

“Ehi, volpe” esordì quest’ultimo, appena ebbe finito. Il piccolo inventore trasalì non appena venne chiamato in causa dal riccio nero. “Come fai a sapere dove si trovano precisamente?”

Ancora non era riuscito a superare il trauma della notte precedente, tanto che ancora sentiva su di sé quella tremenda stretta attorno al collo, come una tenaglia. Non a caso, vicino alla forma di vita perfetta nessuno vi era seduto, se non Rory alla sua sinistra. 

“Io... ho inventato un radar cerca smeraldi”, balbettò, suscitando meraviglia da parte delle due ragazze, le quali esultarono complimenti ed espressioni di consenso nei confronti del volpino.

“La loro tecnologia è ben più progredita, rispetto alla nostra” spiegò Christian verso le due, ancora senza parole. 

“Beh, per la verità è in fase di sperimentazione...” disse lui, al culmine dell’imbarazzo. 

“Quindi tu e l’impostore avete fatto un buco nell’acqua” sentenziò il riccio striato, con beffarda arroganza. 

“Shadow, non essere cattivo!” lo redarguì Rory, stringendosi nelle spalle con diplomazia, per poi allungare la mano, prendere la brocca d’acqua e versarne un po’ nel proprio bicchiere, “in fondo è normale che un’invenzione necessiti di essere testata per capire se ci sono difetti, no?” 

Quest’ultimo sbuffò scontroso come al solito, ma non trovando nulla da obiettare rimase zitto. Nel frattempo Jessica si alzò di tavola per prendere tutti i piatti sporchi e portarli nel lavello per lavarli e ad aiutarla si proposero le due mobiane. Amy e Cream dovettero utilizzare delle sedie per poter essere all’altezza giusta, la prima a sciacquare e la seconda ad asciugare.

Quando Jessica si alzò leggermente i polsini, mostrando le profonde cicatrici sottostanti, la più piccola delle due notò quel particolare che prima non poté cogliere e per ingenuità chiese: “Jessica, ti sei fatta male?” 

La bionda sussultò — ed anche l’amica che riuscì a sentire nitidamente il quesito — mentre girava i polsi per nascondere quelle ferite del passato e fece un mezzo sorriso tirato, mormorando: “Un incidente, nulla di importante”. 

Rory si alzò dal tavolo in men che non si dica, avvicinandosi alle tre e proponendosi di dare il cambio a Jessica. Shadow assottigliò gli occhi impercettibilmente, notando chiaramente il modo in cui la ragazza nascondeva con un sorriso il velo di preoccupazione che le copriva il viso e il tremolio delle mani della compagna mentre si sistemava i polsini e si asciugava le mani. 

“Tranquilla, ci penso io qui”, le disse, rassicurante, dandole una pacca gentile dietro la schiena. Infine Jessica si congedò da tutti con un veloce e impacciato “Scusatemi”. 

Dopo qualche minuto passato a osservare ammutoliti e straniti quella scena, Cream chiese a Rory con aria dispiaciuta: “Ho detto qualcosa di sbagliato?” 

La giovane scosse il capo, asserendo: “No, piccola, va tutto bene. Non è colpa tua”. 

Si vedeva lontano un miglio che mentiva, osservò il riccio nero. 

Amy, benché leggermente indispettita, non poté non ammettere di essere curiosa di sapere cosa le fosse successo, ma supponendo che fosse qualcosa di serio — data l’eccessiva reazione — e per rispetto nei suoi confronti non disse nulla. 

“E di chi è?” chiese una voce bruscamente. Era Knuckles, che prese parola per tutti coloro che non avevano avuto il coraggio di porle la domanda. La ragazza si voltò verso di lui, sorpresa: non si aspettava una tale reazione da parte dell’echidna, ma non seppe come rispondere.

Lei e Christian la verità la conoscevano bene. Sapevano cosa subì Jessica qualche anno prima e a causa del quale trascorse qualche tempo in cura.

“Le sono successe varie cose, tempo fa”, sospirò Rory e con una meccanica incuranza continuò: “insomma, non c’entrate voi”.

“Poco fa ho letto una notizia al computer, nella quale eri presente anche tu, Ro” esclamò Christian, per cercare di cambiare argomento e di sciogliere il ghiaccio creatosi. La ragazza, dopo aver finito di strofinare con la spugna l’ultimo piatto e dopo averlo passato ad Amy, rispose sconcertata: “Che cosa stai dicendo?” 

Il biondo annuì, mentre andò a recuperare il computer lasciato nel salotto.

“Sì, qualcuno ti ha immortalato proprio mentre Shadow... ti teneva in braccio” affermò, cercando di essere indifferente — non volendo far intuire i suoi sentimenti ogni qualvolta li vedeva insieme — e, mentre lo accese, continuò: “tranquilla, fortunatamente non si vede il tuo viso”.

“Non mi interessa che si veda o non si veda il mio viso, Chris. Non dirmi che mi hanno ripreso mentre sono entrata nel dirigibile di Robotnik, perché mio padre non sa nulla!” ribatté Rory, con voce alterata: “e se lo venisse a sapere, avrò smesso di vivere. Tu lo sai, vero?” 

A Christian quasi non scappò una risata, ma si trattenne. Rory era praticamente incapace di tirarsi indietro in ogni occasione, sfidando la più terribile sorte che potesse mai accedere ad un essere umano, ma quando si trattava di suo padre tutta la sua fierezza crollava in un’istante.

“Tranquilla, te l’avrei detto subito… chissà se ne parleranno al notiziario delle tre, che tra l’altro inizia tra pochissimo!” esclamò, guardando l’orario dal dispositivo.

La giovane, senza neanche aspettare di ricevere il permesso, colse l’attimo e si precipitò nel salotto per accendere la tv posta su un mobiletto in legno e si sedette a terra poco distante, perché il divano per lei risultava troppo lontano nello stato psicologico in cui era. Poco dopo venne seguita a ruota dagli altri.

Infatti, come aveva dichiarato l’amico, era appena iniziato il telegiornale nazionale che stava presentando una serie di notizie, una tra le quali proprio quella riguardante l’attentato del giorno prima a Napoli, da parte del dottore. 

“Sono passate, ormai, alcune settimane dall’inizio degli attacchi di questo nuovo inarrestabile scienziato terrorista. Per quanto la controffensiva da parte del riccio blu e dei suoi compagni possa aiutare, il numero delle vittime non cessa. Cinque sono le persone, purtroppo, morte durante l’attacco e diciannove sono i feriti, di cui sei in gravi condizioni”, la giornalista spiegava con aria grave, per quanto durante le dirette bisognasse tenere un comportamento inflessibile e distaccato, dopodiché continuò: “Questa sera, il riccio nero ha salvato una ragazza che stava per essere uccisa da un laser appositamente lanciato da Ivo Robotnik”. Nel vedere quelle poche immagini che ritraevano lei e Shadow in lontananza, il quale, con una manovra scattante la issò e balzò via. Rory ringraziò il cielo, dacché i suoi capelli andarono a coprirle il viso, rendendolo irriconoscibile. Anche se, ripensando a tutta quell’assurda situazione, alle parole che aveva proferito in quel momento e alle persone — compresi Sonic e compagnia — che li stavano osservando interessati, non poté non provare un che di vergogna. Ad un tratto il volto della conduttrice si fece incerto e, sebbene provasse con tutta se stessa di darsi un tono pacato, un tremolio nella sua voce la tradì, mentre affermava: “Proprio quando a Napoli accadeva questo, un altro attentato ha sconquassato Manhattan. Questa volta è stato causato da un riccio nero, molto simile a colui che questa notte ha salvato la vita della ragazza durante l’assalto avvenuto nel napoletano, e sta continuando a causare vittime all’interno della città, tra soldati che cercano di fermarlo e civili che fuggono disperati. Guardiamo alcune immagini riprese”. Si fermò un secondo per riprendere fiato, quando sullo schermo apparve uno scenario a dir poco agghiacciante e lasciò sgomenti tutti i presenti. Sullo schermo vi era figurato una creatura così simile a Shadow, che Sonic, Tails e gli altri non poterono fare a meno di spostare la propria attenzione dalla televisione al riccio nero — che se ne stava acquattato ad un angolo del salotto, poggiato di spalle al muro a braccia conserte — e da quest’ultimo verso la televisione, per confutare la veridicità di quello che stavano vedendo. Mentre si avvicinava alla tv, i pugni della forma di vita perfetta vibrarono per la rabbia. La sua espressione passò da turbata a indurita, poi divenne tetra e infine indecifrabile.

Rory non aveva il coraggio di aprire bocca, nel constatare come il compagno stesse vivendo la cosa. Pur tuttavia, si costrinse a farlo. Deglutì a vuoto e si prese qualche secondo prima di chiedere con voce lieve: “Cosa sta succedendo?”

Shadow spostò il suo sguardo all’istante su di lei e notò che sul viso della compagna aleggiava una smorfia pressappoco atterrita e preoccupata. E si rese conto, persino quella volta, che la sua afflizione era rivolta a lui piuttosto che alla situazione di per sé ambigua. Nonostante il risentimento nei riguardi di Eggman non lo avesse abbandonato, trascinando il suo animo in una lugubre imperturbabilità, non poté non rabbonirsi almeno un po’. Quando Shadow stava per risponderle, la televisione richiamò la sua attenzione. La conduttrice con un flebile sorriso presentò: “Abbiamo qui come ospite il signor Abraham Tower, generale nonché comandante della forza militare Guardian Units of the Nations che ci spiegherà alcune dinamiche riguardanti ciò che sta accadendo e le manovre che verranno prese nell’immediato futuro”. 

Il signore che venne mostrato nello studio era un uomo caucasico sulla sessantina, vestito con una divisa verde scura e con i capelli bianchi pettinati all’indietro. Era seduto composto su una poltrona di pelle scura, spalle larghe e rigide mentre sulle spalline e sul colletto della giacca aveva degli stemmi d’oro con sopra intarsiate diverse stelle, segno della sua posizione all’interno dell’organigramma della forza militare. Sul viso era stampata un’espressione austera: aveva le sopracciglia perennemente contratte, rendendola ancora più greve di quanto non fosse. Inoltre, un particolare che lo differenziava, era l’eterocromia: l’occhio sinistro di un verde acqua intenso, il destro castano nocciola.

A Rory sembrò essere un uomo severo ma affidabile. L’unico dilemma in quel preciso istante era l’improvvisa alienazione di Shadow, che sembrava essere stato investito, a causa di quell’uomo, da qualche ricordo. Quando poi le vennero in mente le parole da lui pronunciate. E non poté non provare per il riccio nero un’intensa pena. 

“Era stata uccisa da un soldato umano… solo perché volle proteggermi”.

Il comandante aveva seduto affianco a sé un uomo molto più giovane, su per giù sulla trentina, dai capelli rossi e gli occhi grigi. E sebbene diversa, anch’egli era in divisa. Casacca e pantaloni blu scuro, con un gilet imbottito grigio piombo, sulla cui parte frontale erano cucite diverse tasche. Guanti e scarpe di pelle nera. 

Abraham Tower incominciò a parlare con un forte accento americano, balbettando qualche parola in italiano. Probabilmente, per orgoglio non aveva voluto ricevere l’ausilio di un qualche interprete. 

“Buonasera a tutti. È tutto vero, purtroppo. Shadow the Hedgehog è una fortissima creatura e non sappiamo se costui è davvero dalla nostra parte” esordì il militare, con voce fredda e decisa. Rory si rimangiò tutto quello che pensava poco prima di lui. 

“Certo, siamo a conoscenza di cosa è successo a Napoli, ieri. Shadow ha salvato una ragazza” disse, prendendo un’apposita pausa, per poi continuare “e a causa di questo la situazione attuale fa pensare che Ivo Robotnik ha progettato diverse copie del riccio. E per l’umanità rappresentano tutti una minaccia”. 

La presentatrice, dopo un attimo di esitazione, annuì e chiese: “Quindi cosa si dovrebbe fare nel caso qualcuno li incontrasse?” 

“Contattare immediatamente le autorità competenti o la Guardian Units of the Nations, così da debellare il pericolo”, rispose lui prontamente, mettendo le dita intrecciate poggiate sulle cosce. 

La compagnia al completo, a parte Shadow che sul quale viso continuava a persistere un’espressione estraniata, sobbalzò a quella dichiarazione. Le parole dell’uomo erano chiare: chiunque avesse avvistato Shadow, anche se si trattasse del riccio che aveva salvato la vita di Rory e Jessica, doveva contattare le forze militari affinché lo uccidessero.

La mora non poteva credere alle proprie orecchie, mentre nella sua mente scorrevano circa una dozzina di norme che proibivano la prevaricazione da parte di pubblici ufficiali sulle persone. Com’era possibile che venisse accettata una cosa del genere?! 

Non poteva negare che le copie di Shadow rappresentassero una vera minaccia, ma non poteva andarci di mezzo un innocente. 

“Ma… non è giusto!” protestò Cream con voce squillante verso lo schermo. Il suo tono fu talmente alto da riuscire a richiamare addirittura l’attenzione del riccio ebano, il quale si voltò guardandola con aria interrogativa. 

“Non è il massimo della simpatia, ma perfino per uno come Shadow questo mi sembra un po’ troppo!” fece eco Sonic, incrociando le braccia. Il suo tono era piuttosto serio, pur tuttavia destò l’irritazione della forma di vita perfetta. Ad ogni modo, prima che quest’ultimo potesse ribattere rifilandogli un pugno, il blu si rivolse a Rory e a Christian, gli unici esseri umani presenti in quel momento, dicendo: “È così che vengono risolte le questioni qui, sul pianeta Terra?” 

I ragazzi si scambiarono un’occhiata titubante, tuttavia, mentre Rory stava per rispondere, fu Knuckles a prendere parola.

“Tutto ciò non è importante!” esclamò con risolutezza, lasciando per qualche attimo ammutoliti tutti i presenti, “quell’idiota sta sterminando gente innocente. Non possiamo starcene qui come se niente fosse!” 

“Hai ragione, ma dobbiamo capire l’origine di quest’essere!” convenne infervorata la ragazza, incrociando le gambe e portandosi una mano al mento. “Questo tizio della Guardian Units of the Nations non esclude la possibilità che ve ne siano altri in giro, ma… possibile che possano esistere altri cloni oltre a questo?” si chiese Rory ad alta voce. Per qualche attimo rimuginò su quanto forti potevano veramente essere i poteri del compagno dalla pelliccia nera, in quanto copia in tutto e per tutto dell’essere che stava scatenando quel caos in America. 

Senza neanche quasi volerlo il suo sguardo incontrò quello di colui che era ormai preso di mira dall’esercito. Shadow era impassibile, come era sovente essere. Tuttavia, la ragazza percepì, dietro quell’alone di astio e rabbia, uno scorcio di costernazione e vergogna che gli opprimeva l’animo. Le sue mani erano strette in pugno, mascella irrigidita, le spalle contratte. Dopodiché, decise di uscire da quella stanza e dal rifugio, sotto gli occhi sbigottiti dei presenti.

“E se ne va, in un momento del genere!” imprecò Knuckles, inarcando un sopracciglio. E, benché non fosse suo costume parlare alle spalle degli altri, dati i disastrosi eventi finì per esclamare: “Possibile che non gliene importa di niente e di nessuno?” 

 

***

 

L’intervista in diretta televisiva era finalmente finita. 

Dopo aver salutato la conduttrice con una stretta di mano vigorosa, il comandante Abraham Tower, accompagnato dall’agente Freez, si avviò all’uscita dell’edificio alquanto soddisfatto. Il giovane agente non era sicuro della funzionalità di quelle rivelazioni, da lui ritenute pressoché azzardate da fare in un contesto mediatico come quello. La diretta era nazionale, per cui quelle dichiarazioni sarebbero state presto finite in mondo visione. 

Pur tuttavia, riteneva anche che non avesse avuto torto nel dare prova, in modo crudo e nudo, della pericolosità di quella creatura. Sarà stato per pregiudizio o per timore, ma ancora non riusciva a capacitarsi di come quella ragazza potesse stargli vicino dopo quello che era accaduto quella notte, fuori quel balcone. Quella scia di luce, che con un fulmineo gesto il riccio nero aveva lanciato e che in niente aveva distrutto un quarto di montagna... come si può non avere paura di un simile essere? Non sapeva quali parole si fossero scambiati, ma lei rimase lì, senza smettere di fissarlo. E questo era quanto bastava per far tentennare tutte le sue sicurezze. La notizia che riportava l’attentato a Napoli, durante il quale quella giovane per poco non fu uccisa dallo scienziato e venne tratta in salvo proprio da Shadow, era il punto focale di tutte le sue perplessità. Secondo il suo occhio critico, era convinto che la creatura, nonostante tutto, si fosse affezionata a questa straordinaria ragazza, tanto da tenerla d’occhio costantemente e intervenire nel caso in cui non avesse potuto mettersi al sicuro da sola. 

Non potevano esserci altrimenti.  Ma com'era possibile che riuscisse a provare una simile simpatia, quando su di lui giacevano accuse tanto infamanti, riguardanti il disastro alla Colonia Spaziale di cinquant'anni prima? E, soprattutto, perché provarla quando — dal momento che, a suo avviso, solo di questo si poteva trattare — il suo evidente desiderio era quello di spaventarla a morte? Che quella ragazza fosse a conoscenza di cose di cui la G.U.N. non poteva neanche immaginare?

Intanto che rifletteva su questi avvenimenti, mettendo insieme i pochi tasselli di cui disponeva, erano arrivati vicino all’auto parcheggiata proprio di fronte gli studi televisivi della Rai a Roma, in attesa che i due militari salissero al suo interno. Una volta dentro, il giovane Freez posò l’attenzione su Tower, studiandone l’espressione soddisfatta.

In quel momento avevano solo un’altra tappa da raggiungere. 

 

*** 

 

“Ehi… tutto bene?” 

Domanda banale, ma non sapeva in che altro modo catturare la sua attenzione. Rory uscì dal fatiscente stabile poco dopo la fine del servizio, in cerca del riccio nero. Fortunatamente non fu difficile trovarlo, dato che se ne stava appoggiato con le spalle su un tronco d’albero poco lontano. 

Shadow volse lo sguardo su di lei, con un inconsueto fare indagatore, di quelli che solitamente usava per carpire le informazioni tacite che le persone mostrano attraverso la propria postura e atteggiamenti. Anche se non era necessario: Rory era un libro aperto. E palesava la sua innocente preoccupazione proprio come nessun’altro all’infuori di Maria, forse aveva fatto nei suoi confronti. Decise di non rispondere. Non perché la ragazza non meritasse una risposta, benché fosse una domanda abbastanza scontata e di circostanza, piuttosto non riusciva ad esternare i suoi sentimenti a parole. Specie quando doveva affermare che, no, non stava affatto bene. Ad ogni modo non ce n’era stato bisogno. Rory aveva già capito tutto da come aveva sospirato. 

La giovane si sedette alla sua sinistra sull’erba, a due passi da lui: ormai conosceva anche le distanze da prendere quando voleva entrare in contatto con il riccio nero.  

“Mi dispiace tanto…” 

“Ti dispiaci per troppe cose” fu la secca risposta. Quella frase fece sorridere la ragazza. Era sempre il solito burbero. Si voltò verso di lui per osservarlo bene. 

“E che c’entra?” chiese lei, con una noncuranza che non riusciva mascherare la sua costernazione, “io mi preoccupo per te”. 

Con il filo dell’occhio, Shadow riuscì a distinguere la compassione ed anche una certa nota di imbarazzo per ciò che stava accadendo tra la forma di vita perfetta e la popolazione umana. Scosse lievemente il capo e spostò il viso a destra. 

“Non devi” sbottò lui, mettendosi a braccia conserte, “so badare a me stesso”. 

Rory aggrottò la fronte. Non perché non si aspettasse una reazione del genere, quanto la durezza della sua espressione. Decise di cambiare posizione e sedersi in modo da avere il viso puntato completamente sulla figura del riccio nero. 

“Il fatto che non devo non implica che non voglia farlo” ribatté con una certa nota di stizza soffusa nella voce, dopodiché continuò con più dolcezza, “tu sei mio amico!” 

A quelle parole, Shadow puntò di scatto l’attenzione verso di lei, fissandola in un misto tra lo scetticismo e la meraviglia. Quello sguardo scarlatto, attento e scrutatore, le fece provare una confusione tale da paralizzarla. Si schiarì la gola mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. 

“Sì, beh, voglio dire…” esordì lei, gesticolando in modo talmente impacciato che si sentì una cretina e, per questo, le gote si colorarono di una forte tonalità rosea, “non so se tu, insomma, mi consideri un’amica… ma io sì, ecco… quindi, mi piacerebbe se…” 

Rimasto immobile ad osservare, se fosse stato possibile, ancor più stupito e stranito di prima, Shadow dovette sbattere le palpebre più di una volta. Non poteva credere affatto allo spettacolo al quale stava assistendo. Tuttavia, dovette ammettere a se stesso di provare una certa sensazione di calore a quella richiesta. 

“Vuoi che ti consideri mia amica?” chiese, accigliato. 

Rory abbassò lo sguardo, messa a dir poco a disagio dall’espressione rivoltale dal riccio nero e, nascondendosi il viso con entrambe le mani, annuì col capo.

“Allora smettila di essere così formale” le intimò brusco, “non è da te. Non dopo avermi quasi mandato al diavolo”. 

Rory non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito mentre teneva ancora le mani pressate sul viso, dopodiché spostò l’indice dal medio creando uno spiraglio per l’occhio destro, affinché potesse vederlo. Shadow la guardava sottecchi. Era serio, ovviamente, ma rilassato e la giovane avrebbe potuto giurarlo con una sospetta lieve piega delle labbra rivolta verso l’alto. Decise di abbassare finalmente le mani, portandosene una dietro la nuca. 

“E dai! Ti ho chiesto scusa!” esclamò, con un sorriso incerto che lasciava trasparire tutta la sua contentezza, “è che... è strano! Insomma, non ho mai chiesto a nessuno di diventare mio amico”. 

“Non stento a crederlo” ribatté lui, a bassa voce, spostando nuovamente lo sguardo.
Quale idiota non vorrebbe esserlo?

“Che vuoi dire?” chiese lei, curiosa. Ma Shadow non rispose, troppo concentrato a guardare al cielo. Rory, dopo aver aspettato una risposta per qualche secondo, rivolse la sua attenzione presso il punto nel quale il riccio aveva posto la sua e comprese il perché del suo silenzio: in lontananza si poteva chiaramente distinguere una figura minuta volante in avvicinamento. La forma di vita perfetta la conosceva fin troppo bene mentre l’umana aveva avuto modo di incontrarla solo la sera prima. Era Rouge. 

Alla sua vista Rory si alzò in piedi, sistemandosi i jeans, e non poté che chiedersi per quale motivo lei si trovasse lì. La pipistrellina bianca atterrò leggera sul prato, lontana pochi metri dalla coppia. Infine, con un’espressione che si poteva definire crucciata e, dopo aver tirato su un sospiro, si avvicinò rivolgendosi ai due: “Rosa e io dobbiamo parlare”.

Rory, stranita dall’essere stata chiamata in causa e ancor più dal fatto che quella creatura conoscesse quale fosse il suo nome di battesimo, annuì. 

“Cosa è successo? E come fai a sapere come mi chiamo?” disse, rivolgendo fugacemente un’occhiata a Shadow, pensando solo in un secondo momento che, magari, avrebbe potuto essere stato lui a rivelarglielo. Tuttavia lo sguardo del riccio era stupito e totalmente focalizzato sulla donna pipistrello, con le braccia nuovamente strette al petto. No, di certo non era stato lui a dirglielo, dedusse, non dopo il suo repentino cambio d’espressione: da sconcertato a freddo e guardingo. Rouge non mancò di restituirgli l’occhiataccia, con un pizzico di indugio. 

“Te lo spiegherò poi”, disse, rivolgendosi alla ragazza. “La G.U.N. sta andando ad interrogare tuo padre”.







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Nota dell'autrice: Cioè, sono passati praticamente anni da quando ho aggiornato l'ultima volta questa storia. Mi vergogno un sacco. Non voglio stare qui a dilungarmi, sappiate solo che è più di un anno che sono diventata mamma. 
Leggendo i primi capitoli, mi stupisco di come la storia abbia cambiato registro: doveva essere una storia leggera, con qualche tocco di drammaticità dato dalla morte della madre della protagonista, e invece si sta trasformando un una cosa tipo associazioni segrete, stermini vari, robe sanguinolente, passati burrascosi... credo davvero che un giorno, semmai avrò la forza di farlo, modificherò i primi capitoli della fic per adattarla meglio a questi ultimi. 
Ad ogni modo, ora vi lascio: spero che chi leggerà questa cosa, la trovi di suo gradimento. Ovviamente le critiche sono più che accette (se avete errori da segnalare, fatelo, please!) 

Un bacio,
Ro

 
   
 
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