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Autore: rosy03    27/03/2022    6 recensioni
• || Storia Interattiva || Iscrizioni Chiuse || •
Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli astri. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.
È questo il destino? Come vostro Umile Narratore non posso rispondere a una tale domanda.
Finora non ho mai visto nessuno abbandonare la pista, non ho mai incontrato qualcuno che fosse stato in grado di cambiare disco. Il destino è davvero già scritto?
Se sapeste la verità, penso proprio che mi odiereste.
Ma nonostante questo sono qui: a raccontarvi di questa mitica impresa. Sono qui a parlarvi di come la Bestia dagli Occhi di Luna ululerà, di come questo porterà il caos nel continente di Ishgar, di come seguirà un’infinita notte, di come le stelle smetteranno di brillare, di come la luna scurirà il suo colore... e magari anche di come sorgerà una nuova aurora. Chissà.
Il vostro Umile Narratore.
J.C.
|| • «Ho perso tutto. Ho perso la mia umanità, il mio tempo, la mia famiglia. Lei è l'unica cosa buona che mi sia rimasta...»
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ancient Aurora'
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Nota: il capitolo si conclude con una scena hot. Sì, avete capito benissimo.
Ma essendo la storia a rating arancione ho voluto tagliare le scene più esplicite ma voi (sì, parlo con voi, piccoli pervertiti ^^) potrete comunque leggerla integralmente: infatti pubblicherò in un piccolo “spin off” a rating rosso – spero solo possa essere all’altezza di molte altre storie del genere perché, lo ammetto, è la primissima volta che mi cimento!





CAPITOLO 04. Appello

 
 




«Fa’ come se fossi a casa tua!» esclamò Killian, posando le buste della spesa su un ripiano della cucina.
Eve si guardò attorno con crescente curiosità. Non sembrava affatto un tugurio e, anzi, vigeva un ordine che mai avrebbe associato a nessuno dei due fratelli. La casa non era molto grande e i pochi mobili che la riempivano erano raccolti in modo da non affollarla ulteriormente.
Dall’ingresso seguì i due con lo sguardo. Il primo aveva abbandonato il suo trench su una sedia, si era arrotolato le mani che della camicia – svelando gli avambracci completamente avvolti dalle bende; Eve se ne chiese il motivo – e aveva cominciato ad armeggiare con pentole e padelle.
Gli si avvicinò quasi istintivamente. «Lascia che ti aiuti. Dopotutto mi state offrendo un tetto sulla testa e mi sembra il minimo.»
Il ragazzo alzò lo sguardo dalle verdure. «Non preoccuparti, qui ci penso io. Sei nostra ospite.»
«Oi!» esclamò Lily, a un certo punto. Voltandosi nella sua direzione, Eve la vide mentre si dondolava aggrappata allo stipite di una porta – completamente incurante di essere mezza nuda dinanzi a un’estranea. «Ho intenzione di andare a farmi un bagno caldo. Vuoi venire?»
Oh, è stata davvero gentile a chiedermelo, pensò esterrefatta.
Eppure, l’impressione che le aveva dato inizialmente era tutt’altra. Alla fine, Eve acconsentì e con un alzata di spalle si disse che per questa volta si sarebbe affidata alle abilità culinarie di Killian – pur non conoscendolo affatto. Ciò le diede da pensare.
Lily corse di sopra – probabilmente a prendere dei vestiti puliti – lasciando alla rossa il tempo di svestirsi e insaponarsi con tutta la calma del mondo. Le sembrava strano essere lì, specie perché non sapeva niente di quei due. Ricordava distintamente quella folle giornata: una donna dai folti capelli ricci e con uno strano accento nella voce l’aveva approcciata e le aveva consegnato la missiva – salvo poi sparire nel nulla così com’era arrivata.
Doveva ammetterlo: inizialmente aveva pensato a una trappola. Non era neanche la prima volta che qualcuno provava a ingannarla, dopotutto.
Ma poi, dopo averci riflettuto per bene, si era convinta a partire.
Nel ripensare al principale motivo per cui aveva scelto di partecipare a quell’avventura, sentì nascere un inconfondibile peso nel petto. Una volta immersasi nella vasca da cui era possibile vedere il candore di una luna calante attraverso una finestrella, Eve stese le gambe e poggiò la testa sul bordo.
Chiuse gli occhi, cercando di immaginare il momento in cui avrebbe finalmente ricevuto quella tanto agognata risposta. Stava quasi per addormentarsi, crogiolandosi nei vapori di quel bagno minuscolo, quando la porta si aprì di botto.
«Sei già entrata?» domandò Lily, richiudendo l’anta scorrevole.
L’altra annuì distrattamente. Portò, per la seconda volta quella sera, la mano dietro la nuca scoperta – aveva deciso di alzare i capelli in uno chignon per evitare di bagnarli – ma poi si tranquillizzò e abbassò la mano.
Dopotutto, dava le spalle al muro e la ragazza davanti a lei non avrebbe mai potuto sbirciare.
Poi parlò: «Allora, che mi dici? Emozionata per questo viaggetto?»
«Abbastanza, sì» mugugnò. «Non so cosa Killian si aspetti di trovare ma sono alquanto pessimista!»
Eve si sporse nella sua direzione, incrociando gli avambracci sul bordo della vasca e poggiandovi sopra il mento. «In che senso? Credi che siano davvero tutti morti?» domandò, con un tono di voce che non passò inosservato.
Lily alzò le spalle, dopodiché sciacquò via la schiuma. Solo in quell’istante la rossa notò qualcosa che le fece brillare gli occhi, accantonando per un attimo l’argomento della loro conversazione. «Ma quelle sono rune?!»
L’altra si voltò a guardarla. «Sì, perché?»
Senza preavviso e particolarmente euforica, Eve si sporse dalla vasca, agguantò Lily per un braccio e se la portò più vicino. A causa di quel movimento brusco, quest’ultima scivolò dallo sgabellino, finendo col sedere sul pavimento. «Ma che diavolo ti prende? Che stai facendo?!»
«Ne hai altre?» domandò e, incurante delle proteste dell’altra, cominciò a squadrarla centimetro per centimetro con l’obiettivo di scovare altre piccole lettere tatuate sulla sua pelle candida.
Intanto, Lily continuò a strillare: «Mollami!» E nel dirlo le afferrò la testa, spingendogliela sott’acqua senza troppi complimenti.
La lasciò andare soltanto quando Eve alzò le mani in segno di resa.
Una volta riemersa, quest’ultima tossicchiò prima di tornare a guardarla estasiata. «Allora? Ne hai altre?»
«Perché tutto questo interesse?» le chiese allora la più giovane, massaggiandosi il braccio che l’altra aveva stretto con troppa foga.
Questa è matta!, pensò con gli occhi sgranati.
«Io posso tradurre i testi runici. Pensavo che tuo fratello te l’avesse detto.»
«Figurati se quello smemorato si ricorda di dirmi qualcosa di tanto importante!» esclamò. Poi la sua espressione si fece seria e curiosa. «Davvero sai tradurre le rune?»
Eve annuì, sorridendole.
«Mh. E quindi se ti chiedessi...» cominciò a dire, fermandosi subito dopo mordendosi le labbra. Subito dopo si alzò in piedi e con un fluido movimento scostò i capelli dal fianco destro, mostrandole una piccola lettera nera posta sul costato, poco distante dal seno. «Cosa significa?»
«Aspetta, te la sei tatuata addosso e neanche sai cosa voglia dire?»
«Non ti ho chiesto il tuo parere! Traduci e basta!» sbottò, irritata.
Eve tornò a immergersi compostamente nella vasca, lasciando fuori soltanto le spalle. Poi tornò a guardare la runa. «È Berkana; simboleggia le forti emozioni legate alla famiglia» spiegò, ripensando per un attimo alla sua di famiglia.
Intanto, Lily si fece pensierosa. Per un attimo sembrò quasi estraniarsi, come se in quel momento la sua mente e la sua anima fossero altrove, in un ricordo passato; sull’orlo di un baratro.
Dopodiché sollevò un poco la gamba sinistra e mostrò una seconda runa sotto la pianta del piede. Non servirono parole; infatti, Eve cominciò subito a spiegare: «Questa è Laguz. È legata al mondo dell’inconscio ed è davvero paradossale che tu abbia scelto di tatuartela proprio lì, lontano dalla testa.»
La corvina annuì, in silenzio.
Dopodiché, scosse la testa – come a voler dimenticare per un attimo lo strano senso di nausea che l’aveva colta ripensando alla sua infanzia – e tornò a concentrarsi su Eve. Entrò nella vasca, sedendosi di fronte a lei.
«No» disse.
La rossa inarcò un sopracciglio. «No cosa?»
«Non credo che siano tutti morti, a Damocles» asserì. «Sei stata tu a farmi la domanda.»
Oh, siamo tornate all’argomento precedente?
Ma Lily non aspettò che l’altra ragazza dicesse qualcosa, perché prese la palla al balzo e le domandò: «Di’ un po’, che tipo di persona sei?»
«Mh?»
«Intendo, sei qui perché ti interessa veramente scoprire cosa rende le persone dei mostri incontrollabili o hai uno scopo diverso dal nostro?»
Quella domanda la prese un po’ alla sprovvista ma Eve non si fece intimidire dallo sguardo penetrante della mora. «Diciamo che i nostri obiettivi coincidono in senso lato. Voglio andare a Damocles e da sola mi sarebbe impossibile, per cui...»
«Per cui hai pensato che unendoti a noi avresti ovviato a molti problemi. Capisco. In pratica ci stai usando» disse, terminando lei il discorso al posto suo.
Al che Eve ridacchiò, sinceramente divertita. «Scusa, ma non riesco proprio a fidarmi. Infondo, vi ho appena conosciuti.»
«E come mai hai seguito Killian, uno sconosciuto, fino a qui?»
«Beh, avevo bisogno di un posto dove dormire... e semmai avesse avuto cattive intenzione, l’avrei sicuramente gestito in seguito» spiegò.
Ne seguì un lungo silenzio, interrotto infine dalla risata di Lily.
«Sai di essere simpatica, vero?!»
Non appena la mente di Eve registrò quel commento – che altro non era che un sincero complimento venuto dal cuore – arrossì di botto. Poi cominciò a ridacchiare quasi istericamente – davvero, Lily si chiese se non fosse di colpo impazzita; infine, le mollò una pedata in faccia.
Le rifilò un’occhiata indecifrabile prima di ribattere: «Non dirlo mai più!»
Oltraggiata, la corvina scostò violentemente il piede, pronta a darle addosso.
Ciò che però salvò Eve dall’essere presa per i capelli fu un leggero bussare alla porta; al che entrambe si zittirono, rimanendo immobili come statue di sale.
«La cena è quasi pronta! Avete dieci minuti di tempo. Spicciatevi!»
E Killian aveva una fame da lupi – non avrebbe aspettato un secondo di più.

 
 
§
 


Il giorno dopo, Eve si svegliò a causa di un botto proveniente dal piano terra. Accanto a lei Lily dormiva – finalmente – e la posizione che aveva assunto la fece ridere.
Così raggomitolata nelle lenzuola, sembrava un bruco; a eccezione di alcune ciocche di capelli e della gamba destra penzolante fuori dal letto, non v’era nulla che fuoriuscisse da quel bozzolo improvvisato.
E , si era fregata anche la coperta che la sera prima le aveva gentilmente prestato.
Eve si passò entrambe le mani sul viso, cercando di darsi una svegliata. Il grosso ciuffo di capelli le ricadde sull’occhio destro non appena le dita districarono alcuni nodi.
Si alzò cercando di non fare alcun rumore e indossò velocemente il poncho. Raggiunse la scala a pioli che le avrebbe permesso di scendere da quel soppalco adibito a camera da letto e con un piccolo balzo atterrò nello studio di Lily. Quando l’aveva visto la sera prima era rimasta a bocca aperta.
Lei ne aveva visti di libri nella sua vita, ovviamente, ma non immaginava che la corvina fosse il tipo di persona che amasse leggere. Tra l’altro aveva scoperto che anche lei era piuttosto brava nello studio delle lingue antiche, nonostante conoscesse poco o nulla delle rune.
Le piaceva quella stanza. Ma aveva un problema basilare.
È troppo incasinata!
Con uno sforzo immane, ignorò quel caos incontrollabile e andò in soggiorno. Sinceramente, si aspettava di trovare Killian dato che era stato proprio quest’ultimo a farla svegliare – probabilmente – facendo cadere qualcosa. Eppure, non lo vide.
In un primo momento pensò di essersi immaginata tutto ma poi la porta del bagno si aprì.
Killian era esattamente come l’aveva lasciato la sera prima, solo con la camicia ancora mezza sbottonata e i capelli leggermente umidi.
«Oh, buongiorno Eve! Dormito bene?»
«Abbastanza. Tua sorella parla nel sonno, lo sapevi?»
Il ragazzo alzò le spalle. «Ci si fa l’abitudine.»
«Che è successo? Ho sentito un tonfo» domandò.
Killian arricciò le labbra, come se si vergognasse di metterla al corrente di ciò che era successo. Alla fine, si arrese e vuotò il sacco: «Sono caduto mentre facevo la doccia e quasi mi spaccavo la noce del collo.»
Ovviamente, Eve scoppiò a ridere.
Lui ignorò la presa in giro e si avviò verso la cucina con passo lento e strascicato. Riempì un bicchiere di tè freddo, prese alcuni pancakes che aveva preparato quella stessa mattina e li portò al tavolo per la colazione; in tutto ciò Eve continuava a ridere, imperterrita.
«E io che credevo fossi una persona gentile» sentenziò il ragazzo, fingendo di essersela presa. «Vuoi qualcosa di particolare da mangiare?»
Ripresasi dalla ridarella, la rossa rispose quasi immediatamente: «Mi andrebbe bene un infuso. Di agrumi, se è possibile.»
Pochi minuti dopo Lily palesò la sua presenza a piedi nudi e con indosso un paio di pantaloncini di jeans e una canotta nera. Contrariamente al resto, però, la sua faccia era davvero improponibile: gli occhi grigi erano segnati da borse profonde, la pelle sembrava davvero troppo bianca per essere quella di un essere umano. E poi le zanne.
Eve le aveva notate subito ma vederla addentare con una certa voracità la carne speziata preparata da Killian l’aveva impensierita.
Questi due sono davvero fratelli?, si era chiesta, allibita.
Poi, poco prima di andare a dormire proprio il ragazzo l’aveva presa da parte per informarla che avrebbe dormito insieme a Lily. Lei, di tutta risposta gli aveva chiesto se lui fosse l’unico a conoscenza di quel suo piccolo segreto.
«Beh, sì» le aveva detto. «Ma non preoccuparti. Se non vuoi che si sappia terrò la bocca cucita!»
Alla fin fine era meglio così.
Eve si ridestò dai suoi pensieri quando tutti e tre terminarono di fare colazione. E mentre aiutava la corvina a sparecchiare, notò un piccolo particolare che fino ad allora le era sfuggito.
Anche Killian aveva un tatuaggio ma sul petto e contrariamente a quelli della sorella non era affatto una lettera runica. Era un semplice numero, il numero XIII.
Nonostante fosse estremamente curiosa di comprenderne il motivo, non si azzardò a chiedere nulla – più che altro, non fece neanche in tempo a farlo perché lui tornò in camera sua.
E non appena tornò, i tre uscirono di casa diretti alla sede della gilda.
Lungo la strada, Eve si appuntò mentalmente di annotare al più presto il particolare del tatuaggio sul suo inseparabile quadernino. Non tanto per paura di dimenticarlo, quanto più perché era una cosa che amava fare.
Tutto ciò che incontrava il suo interesse veniva segnato lì sopra.
Intanto che ci pensava, i due fratelli accanto a lei parlottavano di altro. Lily cominciò ad alterarsi non appena Killian le fece notare i nodi tra i capelli che si era dimenticata di districare, ma non fece in tempo a rispondergli per le rime che improvvisamente si zittì, avvertendo un odore parecchio forte bruciarle le narici. Dopodiché ci fu un esplosione poco distante da loro.
«Una fata?» domandò Killian, con una certa urgenza nella voce.
Lily scosse la testa. «No, ma è appena andato a fuoco qualcosa» spiegò con veemenza.
Allora si avviarono in fretta verso il luogo dell’esplosione e una volta raggiunto il posto, Eve commentò incredula: «È la locanda a cui avevo chiesto una stanza!»
Lily non si scompose più di tanto. «Che culo!»
«Oh beh, se si tratta di questo, voi andate pure avanti» disse. «Sistemo la situazione e vi raggiunto.»
La corvina non se lo fece ripetere due volte, al che Eve con un enorme sorriso sul volto le avvolse un braccio attorno alle spalle venendo prontamente allontanata in tempo zero.
No, a Lily non piaceva affatto il contatto fisico – specie quello non richiesto.
Intanto, Killian si avvicinò a quello che sapeva essere il proprietario per chiedere cosa fosse successo. Il vecchio signore dalla barba incolta, lo guardò con la furia negli occhi. «È stato quel ragazzo, quello a cui avevo fittato la stanza ieri pomeriggio! Se solo avessi saputo che avrebbe combinato questo macello, l’avrei sbattuto fuori senza troppi complimenti! Quel disgraziato!» gridò, rosso di rabbia.
Sua moglie – una donna in carne e con ancora indosso il grembiule da cucina sporco di olio e farina – gli si accostò carezzandogli le spalle. «Calmati, tesoro... altrimenti riavrai un attacco di panico...»
Quello continuò a sbraitare: «Ma io sono calmo!»
Killian sfoderò la sua poker face per evitare di scoppiare a ridere, si mostrò addirittura rammaricato e gli promise che avrebbe acciuffato l’idiota e che l’avrebbe costretto a ripagare i danni.
«Oh, in verità ha già detto che ci avrebbe ripagati in qualche modo» disse a un certo punto la Signora. «Ora è lì che si sta scusando con tutti...»
Il ragazzo non credette alle sue orecchie. E nemmeno ai suoi occhi quando lo vide mentre, effettivamente, stava chiedendo scusa alle persone che fino a pochi istanti prima alloggiavano in quella locanda.
Era alto, magro e aveva la pelle chiara. Ciò che subito spiccava della sua persona erano i capelli lunghi e fucsia, legati in una coda né alta né bassa, e i due piccoli nei posti esattamente sotto ogni occhio.
Ridacchiando, Killian gli si avvicinò fino a notare la forma appuntita delle orecchie. Indossava dei pantaloni marroni non troppo attillati infilati in un paio di stivali alti, ginocchiere di metallo dalla forma ovale e una maglia di lino bianca con maniche larghe – quest’ultima lasciava intravedere un fisico asciutto e non troppo muscoloso.
In vita era legata una fascia bordeaux; circa dello stesso colore era il cappotto smanicato che portava, lungo fino alle caviglie, bordato d’oro, che da un certo punto in poi si divideva in due punte. All’altezza delle scapole, il kanji di “scienza” era scritto in bianco.
Ora che lo vedeva meglio, Killian notò anche che le ciocche di capelli che gli incorniciavano il viso erano come inserite in due placchette triangolari, collegate tramite due catenelle alla fascia marrone che aveva sulla fronte – al centro della quale vi era un diadema argentato dalla forma triangolare e con la punta rivolta verso il basso.
Infine, indossava un paio di occhiali bizzarri color ocra. Il membro di Aurora non ne era un esperto ma supponeva fossero occhiali telescopici.
«Tu devi essere il “Disgraziato”» cominciò a dire Killian. «Che hai combinato per far esplodere tutto il palazzo?»
Nel chiederlo, indicò la locanda con un rapido movimento della testa. Fortunatamente l’incendio era già stato spento ma l’intera zona sarebbe stata chiusa per molto tempo a causa di quel piccolo incidente.
Lo sconosciuto, più grande di lui di almeno tre anni, lo guardò dispiaciuto da morire. «L’ho fatta grossa, me ne rendo conto. È che non sono riuscito a trattenermi... sono stato colto dall’ispirazione, ho voluto tentare di portare a termine l’esperimento fallito negli ultimi due mesi ma anche stavolta ho fatto un errore! Non ho tenuto conto dell’alto livello di infiammabilità dell’acido perclorico e alla fine... è esploso tutto.»
«Wow. Okay» fece. «Comunque, sono Killian, molto piacere!»
«Tu sei il mittente delle lettere?!» esclamò. Al che l’altro annuì. «Mi chiamo Rehagan Azeria, ma puoi chiamarmi Reha, piacere di conoscerti!»
I due si strinsero la mano, sotto lo sguardo allibito dei presenti. Sembravano essersi dimenticati tutt’un tratto del grande macello che era appena successo.
Ma non era affatto così. Infatti, fu proprio Killian a rivolgersi alle persone che li circondavano: «Per il rimborso contattate il nostro Master e lui troverà di certo una soluzione!»
Dopodiché parlò a Rehagan con un mesto sorriso: «Dopotutto sei qui perché ti ho chiamato io, quindi è anche una mia responsabilità...»
Royal farà sborsare direttamente al re i soldi per questa spesa imprevista, pensò divertito. E poi l’importante è che stiano tutti bene.
Killian gli propose allora di seguirlo, cosicché potessero parlare della missione a cui il nuovo arrivato avrebbe dovuto prendere parte. Rehagan si presentò come uno scienziato e rimase sorpreso nel constatare quanto gli enigmi e le leggende rientrassero tra le sue passioni.
È proprio perfetto per questa ricerca, pensò entusiasta.
«Insomma, mi pare di capire che sei qui per accettare» disse.
Quello annuì felicemente.
«Ma sappi che in squadra avremo diversi elementi problematici. Spero non sia un problema per te» continuò a dire, sogghignando.
«Nah, non preoccuparti!»
In effetti, per Rehagan non era mai stato un problema. Era assurdamente bravo a fare amicizia; c’era chi pensava ci riuscisse perfino con le cose inanimate!
Aveva sempre un sorriso gioviale stampato in faccia, era sempre disposto ad aiutare chiunque fosse in difficoltà e – contrariamente a ciò che ci si poteva immaginare – vantava un non tanto discreto successo con le donne. Seppur non fosse il tipo da autocelebrarsi per questo.
In più era un ottimo studioso. E proprio per quella sete di conoscenza, Rehagan aveva deciso di accettare sin da subito la proposta di Killian.
Quest’ultimo ne rimase estasiato – anche perché gli era sembrata fin da subito una persona con la quale poter scambiare quattro chiacchiere senza la paura di dover incappare nella sua ira a causa di un parola di troppo.
E poi aveva un sorriso contagioso. Sperò che la sua vicinanza potesse in qualche modo aiutare la sorella a relazionarsi meglio con le altre persone.
«Come mai hai accettato di guidare una spedizione del genere?» gli chiese a un certo punto.
Per tutto il tempo i due avevano chiacchierato del più e del meno, senza mai entrare in argomentazioni spinose ed eccessivamente serie; alla fine però il discorso ricadde sul motivo del loro incontro.
Killian non rispose subito alla domanda. Prima prese un grande respiro.
Dopotutto, il resto della domanda era implicita. Come mai hai accettato di guidare una spedizione del genere ben sapendo che qualsiasi altro mago si sarebbe tirato indietro proprio a causa della sua pericolosità?
«L’ho fatto per Lily» disse e per un attimo – un piccolissimo istante di debolezza – il suo sguardo si perse; la mente inghiottita dai ricordi.
Poi tornò lucido e con un sorriso si affrettò a spiegare. «Ah, Lily è mia sorella. È un’adolescente esagitata. Non le va mai bene niente, ha un mucchio di problemi e passa le giornate in preda agli sbalzi d’umore ma tutto sommato è una sorella fantastica.»
In tutta risposta, il sorriso di Rehagan si fece ancora più luminoso. «Da come ne parli sembra tu le voglia molto bene. A sentirti, quasi t’invidio!»
«Non credo ti convenga. L’adolescenza sa essere terrificante. E se l’adolescente in questione è Lily... diventa un inferno in terra.»
 

 
§
 

 
Si presentò alla sede dell’Ancient Aurora con un po’ di agitazione nel cuore.
Una volta varcata la soglia di quel posto ricco di cultura, Nypha si guardò attorno alla ricerca di un volto familiare. Purtroppo, e avrebbe dovuto saperlo, non c’era traccia di lui – questo stava a significare che avrebbe dovuto approcciarsi a qualche sconosciuto e chiedere di Killian.
La verità era che in condizioni normali avrebbe rifiutato la sua proposta.
Ma il fatto che centrasse quella gilda in particolare le aveva dato la speranza che forse avrebbe potuto incontrarlo.
Sarebbe stata un’ottima scusa per fare quattro chiacchiere.
A un certo punto, però, la sua riflessione venne interrotta da una voce mesta: «Posso aiutarti? Stai cercando qualcuno?»
Incrociò un paio di occhi verde muschio – anche Nypha aveva gli occhi verdi ma di una tonalità ben più brillante; i suoi sembravano due smeraldi incastonati in un amabile viso di porcellana.
«Sì, in effetti sto cercando Killian.»
La sconosciuta non cambiò minimamente espressione. «Oh, sei qui per la missione a Damocles. Io sono Nimue» asserì. «Lui sta arrivando. Intanto seguimi in biblioteca, è lì che discuteremo dell’intera faccenda.»
Finito di parlare, si voltò e cominciò a camminare verso le scale. Stranita ma al tempo stesso incuriosita dal suo atteggiamento freddo ma pacato, Nypha la seguì in religioso silenzio.
I membri della gilda lì presenti non riuscirono a non sbirciare nella sua direzione. La loro attenzione era stata catturato dal momento esatto in cui la ragazza aveva varcato la soglia dell’Aurora.
Era bella, Nypha. I lunghi capelli d’argento ondeggiavano a ogni passo.
Indossava dei semplici jeans, una maglietta bianca, delle scarpe dello stesso colore e una giacca nera. Ed era proprio quella sua semplicità a renderla ancora più bella.
Eppure, dietro quello sguardo gentile e aggraziato non c’era affatto la docile fanciulla che i più – quelli che non la conoscevano per via del suo lavoro – avrebbero potuto aspettarsi. Perché Nypha era anche una persona determinata; una giovane donna pronta anche a sporcarsi le mani pur di fare la cosa giusta.
Intanto, Nimue l’aveva condotta al terzo piano, nella stanza circolare adibita a biblioteca principale. Non c’era ancora nessuno.
«Gli altri arriveranno tra poco, suppongo» disse Nimue. «Puoi accomodarti intanto che aspetti. Gradisci del tè?»
L’argentea annuì, ringraziandola. Rimase da sola e allora si sentì una completa idiota.
Avrei dovuto provare a iniziare una conversazione con lei, pensò rammaricata. Nel mezzo delle sue elucubrazioni, occupò una delle sedie poste attorno al tavolo, poggiando a terra la valigetta che era solita portare con sé.
A un tratto udì delle voci e involontariamente trattenne il respiro.
«Tu non sai proprio cosa sia lo spazio vitale, vero?!» sbottò una ragazza dai lunghi capelli neri. «Stammi lontana!»
L’altra si limitò a ridacchiare divertita. Nypha le osservò salire gli ultimi gradini, dopodiché la più giovane delle due si voltò a guardarla senza che neanche avesse attirato la sua attenzione.
La vide inspirare profondamente, poi rilassare le spalle.
«E tu chi sei?» chiese, dannandosi per aver usato un tono troppo perentorio.
Allora Nypha si umettò le labbra prima di presentarsi.
«Molto piacere, io sono Eve Ikuko!» esclamò la ragazza dai capelli rossi, avvicinandosi per poterle stringere la mano; cosa che effettivamente fece. Dopodiché l’argentea riuscì a tirare un sospiro di sollievo.
«Non sei molto brava nei rapporti interpersonali» disse a un certo punto Nimue, spuntando fuori dal nulla con un vassoio tra le mani – facendo sobbalzare sia Eve che Nypha, non avendola sentita arrivare.
«Come? No- Io... beh, è vero. Ultimamente è così» si limitò a dire.
«Allora sei come Lily. Lei però, a differenza tua, fa proprio schifo a interagire con le altre persone» spiegò, con una spietatezza che fece rabbrividire tutte e quattro. Intanto che la corvina riprendeva colore – all’incirca – Nimue cominciò a servire il suo famosissimo tè nero all’aroma di limone che tanto adorava, incurante di ciò che aveva appena detto.
Eve soffiò sulla bevanda troppo calda e successivamente posò lo sguardo su Nypha. Ma prima che potesse anche solo pensare di aprire bocca, l’arrivo di un’altra persona la interruppe.
«Oh, ma quante belle signorine abbiamo oggi!»
La mora sbuffò un sorriso. «Piantala con le tue spiritosaggini, Royal» lo rimbeccò. «Perché sei alla gilda, comunque?»
«Ho delle carte da visionare» spiegò e, notando come le sue compagne lo guardavano – ovvero con un’espressione non del tutto convinta –, fece una faccia offesa. «Che c’è? Anch’io lavoro ogni tanto!»
Non passò molto tempo prima che il Master levò le tende. Era fiducioso che Killian se la sarebbe cavata, che avrebbe esposto il loro piano alla perfezione e che avrebbe saputo tenere insieme quello strano gruppetto di maghi.
Non glielo diceva spesso ma era molto fiero di ciò che era diventato. Ancora ricordava il giorno in cui l’aveva incontrato la prima volta e al solo ripensarci fu percosso dai brividi.
Riscese le scale per andare a chiudersi nel suo studio, lasciando nuovamente sole le quattro ragazze – era salito solo per assicurarsi che Lily fosse in vena di fare amicizia; nonostante tutto era costantemente preoccupato per lei.
Speriamo che non ci siano intoppi... pensò.

 
 
§
 

 
Quando arrivarono a destinazione, Killian adocchiò una testa familiare. Non riuscì a non sorridere.
«Sono così felice che tu abbia deciso di venire, Hydra!» esclamò.
Il moro lo guardò con il suo unico occhio scoperto e un’espressione rassegnata si fece strada sul suo volto. «Sono qui solo per sentire cos’hai in mente. Dev’esserci un motivo se hai deciso di fare questa cosa, no?»
«Oh, ma tu sei... Sea Recycle!» disse a un certo punto lo scienziato, allegro come al solito. «Piacere di conoscerti! Io sono Rehagan ma puoi chiamarmi Reha!»
Per un attimo, Hydra si stupì che un tipo del genere lo conoscesse.
Non sembrava avvezzo al genere di vita che conduceva – anzi, con il fisico che si ritrovava probabilmente non sarebbe riuscito neanche a tenere ben salda una cima – ragion per cui gli parve strano.
Di conseguenza... è un tipo che s’informa.
«Ehilà! Diana!» esclamò – o meglio gridò – a un certo punto proprio Killian, sbracciando in direzione della ragazza. Ma vedendo che quest’ultima non se lo filava di striscio, continuò a chiamarla. «Che c’è, non mi hai sentito
Poi rise.
Allora, Diana – che intanto si era fermata accanto al portone d’ingresso – si girò e mise su un’espressione imperturbabile. Lui arrossì lievemente a causa dell’imbarazzo. «In effetti è stata una pessima battuta, me ne rendo conto» borbottò tra sé.
Hydra e Rehagan osservarono con occhi critici la magra figura di Diana. E fu proprio lo scienziato a unire i puntini: dopo la triste battuta di Killian gli erano bastati una decina di secondi per capire di chi si trattasse.
Diana Fonì. E Rehagan non vedeva l’ora di scoprire cosa rendesse tanto speciale quella sua abilità innata – la sua sete di conoscenza era insaziabile, dopotutto. Non si aspettava di ritrovarsi faccia a faccia con l’ultimo componente di quella famiglia.
Dopodiché non perse tempo a presentarsi, con lo scopo di fare amicizia.
La ragazza lo guardò dal basso del suo scarso metro e sessanta, aggrottando le sopracciglia. Lo sa, pensò, a dispetto di quello che sembra è un uomo da cui è meglio stare alla larga. Più che altro per la mia sanità mentale!
«Bene. Che ne dite di entrare? Abbiamo parecchie cose di cui parlare!» disse a un certo punto Killian, avviandosi verso l’interno della gilda.
Mentre saliva le scale – seguito a ruota dagli altri tre – ripensò per un attimo al piano che aveva orchestrato. Era fiducioso, nonostante tutto.
Sapeva che a Damocles avrebbero trovato degli indizi, lui e sua sorella. Sapeva che a un certo punto avrebbero potuto risolvere il loro problema e finalmente – già, finalmente – Killian avrebbe potuto vederla davvero felice.
«Come mai hai accettato di guidare una spedizione del genere?» gli aveva chiesto Rehagan.
Il motivo era tanto semplice, ai suoi occhi. Lily, la sua sorellina... la sua sorellina che in quel momento era seduta sul grande tavolo della biblioteca a gambe incrociate e i gomiti appoggiati alle ginocchia.
Non appena lo vide lo rimbeccò: «Ce ne hai messo di tempo!»
Lui non si scusò neanche – non era davvero arrabbiata.
Killian salutò la sua compagna di gilda dai capelli verdi, si presentò a Nypha e intimò a tutti i presenti di scegliersi un angolino e accomodarsi. Intanto, proprio la ragazza dai lunghi capelli d’argento sollevò le sopracciglia e mise su un’espressione sollevata quando notò finalmente la figura di Hydra sbucare dalla rampa di scale.
Come fosse stata attratta dai suoi pensieri, Diana voltò appena gli occhi verso di lei. In una situazione normale avrebbe cercato di concentrarsi unicamente su Killian e su ciò che aveva da dire ma in quell’istante pensò che forse era il caso di capire con quali persone avesse a che fare.
Li osservò per bene, scandagliò le loro menti ma l’unica cosa che ottenne fu un gran mal di testa. Un dolore lancinante l’attraversò e Diana capì subito che quel tipo di malessere non era normale.
Chiuse gli occhi e si concentrò.
Quando li riaprì, cominciò a sentire tutto perfettamente.
Hydra Kravleton, un marinaio esperto e grande combattente.
Non sapeva se avrebbe accettato o meno la missione, avrebbe aspettato di sentire cosa Killian avesse da dire e poi avrebbe deciso. Non era una persona fastidiosa ma c’era qualcosa in lui che la irritava.
Il suo obiettivo nella vita non le interessava, quindi passò oltre.
Nimue Solar, una maga dell’Aurora che si era unita alla gilda quando aveva soli sedici anni.
Un’esperta botanica che grazie alla sua magia e alle sue conoscenze mediche avrebbe dato un grande supporto alla squadra, senza dubbio.
Ciò che la impensierì fu il suo grande spirito d’osservazione. Sembrava che tutto ciò che incrociasse i suoi occhi venisse analizzato. In sostanza: stavano entrambe studiando i maghi lì presenti anche se attraverso mezzi diversi.
Rehagan Azaria, lo “Sciamano”. Uno scienziato assetato di conoscenza.
Non che ci volesse molto a capirlo; da come si guardava attorno – entusiasta come un bambino in un negozio di caramelle – era evidente la sua spasmodica passione per il sapere.
Tra l’altro, anche lui non aveva perso tempo a raccogliere informazioni. O meglio, erano tutte reminiscenze di informazioni raccolte nel tempo e molte di queste riguardavano lei e altri membri della squadra.
Nypha... Vladamos?
Perché mai lei avrebbe dovuto accettare una missione del genere? Ma poi capì. Lo capì pochissimi istanti dopo, quando la sentì parlare in silenzio, indirizzando i suoi pensieri proprio a Hydra, che già conosceva.
Una ragazza del genere, con quelle abilità – avrebbe dovuto tenerla d’occhio.
Eve Ikuko, una maga proveniente dal Regno di Bosco. Lei-
«Merda» sibilò a mezza bocca, non udita da nessuno.
Diana percepì un dolore vividissimo all’altezza delle tempie, così com’era successo prima. Ma che cosa sta succedendo?!
Alzò gli occhi sulla straniera ma non sentì niente, nessun suono che potesse ricollegarsi al male lancinante che stava provando. Non era lei il problema.
«C’è qualcosa che non va?» domandò allora Killian, l’unico ad essersi accorto del suo repentino cambio d’espressione.
Diana lo guardò; il malessere stava cominciando a scemare fino a sparire quasi del tutto. Scosse la testa, con fare annoiato. «Invece di perdere tempo, perché non ci spieghi il tuo piano?»
Cercò di cambiare argomento e fortunatamente ci riuscì. Avvertì due paia d’occhi fissarla incuriositi ma li ignorò.
E mentre Killian spiegava che a breve si sarebbe presentato l’ultimo componente della squadra – e che stavano, di fatti, aspettando lui – Diana inspirò ed espirò profondamente senza farsi notare.
In quella stanza c’erano otto persone, lei inclusa. Eppure – tolto Killian, di cui non riusciva ad ascoltare i pensieri – c’era una voce di troppo lì dentro.
Ciò la impensierì. Cercare di trovare il bandolo della matassa era però impensabile al momento perché più cercava di isolare quel suono, più il dolore s’intensificava; ragion per cui vi rinunciò.
E decise di concentrarsi su Killian che prese nuovamente la parola: «Eccoti qui! Ti stavamo aspettando!»
Diana sospirò impercettibilmente. Ero così occupata a cercare di fare il punto della situazione che non mi sono nemmeno accorta dell’arrivo di un’altra persona, pensò accigliata.
«Mi scuso per averci messo tanto ma ero piuttosto lontano da Magnolia quando ho ricevuto la tua lettera» asserì il nuovo arrivato. «Il mio nome è Naevin Aori, molto piacere.»
Il mago in questione fece il suo ingresso in biblioteca. Esattamente come Hydra, poteva vantare un fisico allenato e gagliardo; le spalle larghe erano fasciate in una camicia bianca semi aperta e probabilmente di qualche taglia più grande. Portava poi un gilet azzurrino, più scuro della fusciacca indossata in vita; pantaloni scuri e sandali con lacci di cuoio.
Sulla pelle piacevolmente abbronzata spiccavano i suoi occhi dalla tonalità cerulea e i due pendenti d’argento a forma di goccia. I capelli erano neri, di media lunghezza e disordinati.
«Tranquillo, tranquillo» fece Killian.
Aveva capito bene che tipo di persona fosse Naevin – anche per questo motivo l’aveva scelto come membro della squadra; non solo per far loro da guida.
Sapeva come prendersi le sue responsabilità. Non per niente era stato scelto come capotribù.
Killian era bravo a capire le persone e grazie a una rapida occhiata aveva preso coscienza del fatto che avrebbe potuto contare su di lui più di quanto si sarebbe aspettato. Ciò lo fece sospirare di sollievo.
Ne approfittò per presentare velocemente tutti gli altri – in questo modo sarebbero passati alle cose interessanti quanto prima. «A questo punto direi che ci siamo proprio tutti. Non manca più nessuno all’appello!»
Il ghigno che ne seguì fu più che eloquente.
«Possiamo cominciare!»
 

 
§
 

 
Ancora ci pensava, Royal.
Una volta sedutosi sulla sua poltrona d’ufficio, si ritrovò a sospirare ripensando a ciò che era successo il giorno prima. Non riusciva a capacitarsene.
Vedersi negare ciò che amava di più era stato da un lato terribile; dall’altro pericolosamente eccitante. Qualcuno avrebbe potuto dargli del folle ma a lui non importava minimamente cosa pensasse la gente.
Erano tante – tantissime – le voci che giravano sul suo conto. Anche se lo avesse raccontato, dubitava fortemente che qualcuno gli avrebbe creduto.
Lui, uno dei maghi più forti e irresistibili di Fiore, messo all’angolo da una donna? Impossibile! Royal ne era consapevole: il lupo perde il pelo ma non il vizio e lui non era di certo l’eccezione che confermava la regola.
Almeno era quello che credevano loro.
E proprio un attimo prima di cominciare a dare un’occhiata a quei noiosissimi documenti, cominciò a ripensare a lei... e istintivamente le labbra si piegarono un sorriso.

 
 
Il giorno prima


Ci mancò quasi che mettesse le ali tanto stava correndo verso casa. Ogni volta che s’incontravano era come se fossero stati separati per anni e la voglia di stringerla a sé era sempre fortissima.
Quando chiuse la porta d’ingresso venne accolto dalla flebile luce delle candele e dall’aroma grumoso di fiori d’arancio. Lei era seduta sulla sua poltrona; i piedi dondolavano oltre il morbido bracciolo e la tempia appoggiata sullo schienale vellutato.
Era bellissima, come sempre. Indossava niente meno che una camicetta leggera color panna e non appena si accorse di lui un sorriso sardonico si fece strada sul suo volto.
«Sei in ritardo» lo rimproverò bonariamente e limitandosi a passare le dita tra i boccoli dei suoi capelli lunghi. Alle sue spalle, la finestra mostrava un sole rossastro in procinto di tramontare.
Royal abbandonò le scarpe e il gilet prima di avvicinarsi lentamente. «Sì, scusami. Sono stato trattenuto da una vecchia amica...» spiegò, piegandosi sui talloni per poterle sfiorare dolcemente le labbra con le proprie.
Dopo pochi secondi – troppo pochi, per i suoi gusti – lei si scostò.
Inarcò un sopracciglio e fece una smorfia. «Una vecchia “amica”?»
Accorgendosi con quanta poca attenzione aveva cercato di spiegarle il motivo del suo ritardo, Royal ebbe un sussulto. Oh, cavoli, pensò.
«E dimmi, chi è quest’amica?» domandò, portando le dita a sfiorargli il colletto della camicia. Il tono era mellifluo, curioso ma lui non si fece ingannare – dopotutto si trattava di lei.
«B-Beh, Eliza...» mugugnò.
La giovane donna sgranò gli occhi ma il suo stupore durò appena qualche istante, dopodiché si avventò sulle labbra di Royal che per non cadere si ritrovò a doversi aggrappare ai braccioli della poltrona.
Lei mosse prima una gamba e poi l’altra, alzandosi e cedendo il posto a lui per non costringerlo a rimanere in quella scomoda posizione. Quindi Royal venne spinto a sedersi e subito dopo, con una certa impazienza, strinse le dita attorno alle cosce nude della donna che si mise a cavalcioni.
Le mani risalirono senza esitazione alcuna verso il bordo della camicetta ma prima che potesse fare altro, la bionda gliele afferrò, allontanandole dal suo sedere.
Fu nuovamente lei a staccarsi ma allacciò lo stesso le braccia attorno al collo di Royal; entrambi cercarono di riprendere fiato. «Non si tocca» disse.
L’uomo sghignazzò. «Ah, no?»
Di tutta risposta e per rimarcare le sue parole, gli impedì perfino di sfiorarle il viso bloccandogli entrambe le mani contro i braccioli. «Insomma, Roy, fa’ il bravo una volta tanto...»
Non scostò il viso ma rimase a pochi centimetri dal suo. Royal si crogiolò nel profumo che la sua pelle emanava, nel calore del suo respiro e nell’eccitazione che poteva leggere nei suoi occhi. Fece per sporsi e baciarla ancora ma lei ridacchiò tirandosi indietro.
«Quindi sei stato con Eliza per tutto questo tempo, eh?»
«Mi ha riferito delle cose» sospirò. «E comunque non appena ho finito sono corso qui.»
Lei si morse il labbro, azione che non sfuggì a quegli occhi ambrati che tanto amava. «Mh. Sai che sono gelosa. Molto gelosa.»
Già, e non si vergognava ad ammetterlo.
Avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa ma sapere che avesse tardato a causa di una sua vecchia amica – che nella sua testa era sinonimo di “ex” – la irritava non poco. Non che non si fidasse di lui... era delle altre che non si fidava!
D’altra parte Royal non aveva paura che gli facesse una scenata. Non era nel suo stile, dopotutto. Ma era ugualmente terrorizzato; perché Clizia sapeva essere vendicativa quando si trovavano in certi contesti.
Pochi istanti dopo, lei cominciò a strusciarglisi contro. Royal si irrigidì all’istante e con sommo orrore capì dove volesse andare a parare non appena constatò che non avrebbe potuto toccare il suo bel corpo.
Volendo, avrebbe potuto ribaltare la situazione ma poi ci ripensò. Voleva farlo davvero? Tra l’altro, lei aveva cominciato a baciargli il collo ed era tutto troppo bello per poter anche solo pensare di fermarla.
Clizia lo guardò. «Le mani mi servono. Fai il bravo e non toccare, intesi?»
Col senno di poi, annuire come uno scolaretto ubbidiente era stato davvero imbarazzante. Gli sbottonò la camicia e man mano che sempre più pelle veniva scoperta, questa veniva baciata e leccata fino ad arrivare al bordo dei pantaloni, facendolo sospirare.
Intanto, Clizia era finita in ginocchio e lo guardava con occhi languidi mentre s’apprestava a liberarlo dalla cintura. Royal trattenne il respiro quando lei fece per scostare l’indumento, lasciandolo in boxer e con un evidentissima erezione. Lo sfiorò con i polpastrelli; al che gli sfuggì un verso.
Ma proprio quando si era ritrovato a dover chiudere gli occhi e a irrigidirsi contro lo schienale della poltrona, lei si allontanò bruscamente e in un attimo il freddo l’avvolse. Spalancò gli occhi solo per vederla dargli le spalle mentre si avvicinava alla finestra, sistemandosi l’orlo della camicetta come se niente fosse successo.
Dopodiché si voltò quel poco che bastava a rifilargli un’occhiata tagliente. «Così impari a essere in ritardo» asserì, tornando a volgere lo sguardo all’imbrunire del cielo.
E Royal capì di essersi infilato in una situazione alquanto spiacevole – sotto più punti di vista. Contò fino a dieci – mentre si malediceva; poi si alzò.
La raggiunse e le cinse la vita con entrambe le braccia, poggiando il mento sui suoi capelli color miele. Clizia non si mosse e non disse niente; si limitò a storcere vagamente la bocca cercando di nascondere un sorriso.
Il moro se la strinse addosso, sempre più vicina, come a volerle impedire di scappare. Cominciò a carezzarle dolcemente le braccia nude, dopodiché inclinò leggermente la testa.
«Mi dispiace» le sussurrò, a un millimetro dall’orecchio.
Avvertendo il suo fiato caldo da così vicino, a Clizia cominciarono a tremare le gambe. Prese un bel respiro e piegò il collo di lato, a mo’ di invito e Royal non se lo fece ripetere due volte.

[…]

Non c’era cosa più bella che averlo vicino, tutto per lei. Ogni volta che si separavano era terribile; un incubo. Ma poi, quando finalmente si incontravano, tutte le insicurezze riguardanti quella strana relazione venivano dimenticate – sparivano non appena incrociava i suoi occhi, non appena lui la sfiorava con le labbra mentre le diceva che fosse bellissima, non appena l’abbracciava e non appena facevano l’amore.
Clizia lo amava con tutta se stessa. E per Royal era lo stesso – nonostante il suo passato da scavezzacollo dongiovanni. Ed era proprio in quei momenti, quelli in cui diventavano una cosa sola, che riuscivano a dirsi tutto solo con lo sguardo. Riuscivano a dirsi «Ti amo» tante di quelle volte che ne avevano perso il conto. Proprio come in quell’istante.

[…]

«Sei bellissima» disse, cercando di riprendere fiato.
Con le dita sfiorò dolcemente i contorni del suo viso, facendola sorridere. Clizia era sdraiata su un fianco proprio come lui; si guardavano negli occhi da quando si erano detti troppo stanchi per ricominciare.
«Anche tu sei bellissimo ma questo già lo sai» sentenziò.
Lui ridacchiò. «È sempre piacevole sentirtelo dire.»
«Nah. Non voglio nutrire il tuo ego già fin troppo smisurato» spiegò, divertita. Si umettò le labbra e subito dopo Royal decise di lambirle con le proprie in un casto bacio, diverso da quelli che si erano dati fino a pochi istanti prima.
Quando si allontanò, gli tornò in mente un fatto che lo irritò non poco. Le prese il viso tra le mani; il suo sguardo si fece preoccupato. «Quelle lettere che hai ricevuto... ti hanno offesa? Non mi hai voluto dire cosa c’era scritto.»
Intenerita, Clizia distese le labbra in un sorriso. «Nient’affatto. Le sue parole non mi hanno toccata. E neanche lui, a dire il vero. Me la sono cavata anche questa volta...»
«Oh, so perfettamente che sai cavartela in qualsiasi situazione» sussurrò dolcemente. «Ma avrei voluto esserci. Gli avrei dato una lezione che difficilmente-»
«Dai» ribatté, interrompendolo. «Alla fine è intervenuto Killian ed è andato tutto bene. Però mi è dispiaciuto per quel vaso, sa? Era carino.»
Allora Royal sospirò, abbandonando la testa sul cuscino e fissando il soffitto con la testa immersa in mille pensieri. Fosse stato per lui, l’avrebbe ammazzato. Chiunque avesse anche solo pensato di sfiorare la sua donna avrebbe fatto prima a scegliersi un posto dove essere seppellito.
Intanto, Clizia ridacchiò in silenzio. Vederlo così geloso la divertiva e ciò le fece tornare alla mente la questione della vecchia amica.
Royal, ignaro di ciò che la bionda stesse architettando, ricominciò a parlare. «Devo dedurre quindi che ti sei trovata bene con la squadra che ti ho inviato.»
«Oh, benissimo» cinguettò. «Ma devo anche ammettere che quel vaso non era l’unica cosa a essere carina...»
Non capendo a cosa si stesse riferendo, l’uomo corrucciò la fronte e si girò a guardarla. Fece per chiedere delucidazioni quando Clizia con aria sognante e le mani giunte al petto parlò: «Parlo di Killian. È davvero carino!»
Sentendo le sue parole, Royal si pietrificò sul posto.
«È stato tanto gentile, sai? È educato, divertente... dovrei invitarlo a cena una di queste sere, quando non sono occupata in teatro!»
«Tu-»
«Scommetto anche di piacergli. Non mi ha mai tolto gli occhi di dosso» asserì.
A quel punto Royal sbottò: «Spero tu stia scherzando! E perché diamine sei così contenta nel sapere che ti ha guardata?»
«Non lo immagini?» domandò, mostrando un sorriso sardonico.
Quelli che seguirono furono attimi di puro silenzio. Nel senso che anche il cervello di Royal si spense per alcuni secondi e la sua mente restò vuota.
Poi, un’immagina orribile lo colpì violentemente – più forte di un calcio sui denti o di una ginocchiata all’inguine.
Io lo uccido, pensò infuriato. A un certo punto, cominciò anche a borbottare tra sé e sé frasi sconnesse del tipo: «Col cazzo che la prossima volta gli chiedo di aiutarti». Oppure: «Stronzo doppiogiochista». O ancora «Se si azzarda a metterle le mani addosso, lo ammazzo con le mie stesse mani».
Al che Clizia rise.
«Tu- Tu mi stai prendendo in giro, vero?» domandò, sperando in una risposta affermativa.
Lei però scosse la testa. «No, io sono super seria!»
Detto ciò gli diede le spalle, sperando di riuscire a farlo dannare ancora un po'. Peccato però che Royal si distrasse non appena posò gli occhi sul suo sedere sodo e... nudo.
Allora gli venne un'idea.
In uno scatto l'abbracciò da dietro e Clizia non riuscì a resistere all’impulso di girare la testa e baciarlo.
«Tu sei mia, non dimenticarlo» soffiò sulla sua bocca. Al che lei sorrise e fece per ribattere con una delle sue provocazioni ma ciò che scivolò fuori dalle sue labbra fu un gemito sommesso.

[…]

Clizia sospirò, quando lui cominciò a muovere la mano.
«E tu sei-»
«Tuo» la interruppe, serio.
Si guardarono, gli occhi bronzei di Clizia erano fissi in quelli dorati di Royal e tutto sembrò amplificarsi. Il respiro affannoso di lei, le mani esperte di lui... al punto che Clizia si lasciò sfuggire un verso.
«Esatto...» esalò.
 
 
 
 
 
 










 

 
TA-DAN!!
Sono riuscita a sorprendervi? Anzi, siamo riuscite a sorprendervi – io e Sissi – con questa storia d’ammore tra Royal e Clizia?!
Ve l’aspettavate? Eh eh >.< spero di no – sarebbe dovuta essere una sorpresa!

Detto ciò. Abbiamo nuovi personaggi: Nypha Vladamos, OC di OphionTheHunter; Rehagan Azeria, OC di runami_lu99Naevin Aori, OC di Always_Merthur.
Sono personaggi meravigliosi che non vedo l’ora di approfondire – ancora una volta, vi ringrazio da più profondo del cuore per avermeli affidati. Prometto che li tratterò bene... più o meno... forse... chissà! XD

In questo capitolo ho voluto dare un po’ più di spazio a Eve per due motivi: dovevo renderle giustizia dopo la sua breve introduzione nello scorso capitolo (spero di esserci riuscita ^^ – farò lo stesso con Naevin, Reha e Nypha, tranquilli) e poi perché doveva essere lei a notare i tatuaggi di Lily e, visto che c’ero già, anche quello di Killian.
Prima della partenza effettiva ci sarà un ultimo capitolo. Eheh ^^

Passiamo alle curiosità. Questa volta una di queste piccole chicche riguarda un OC:

Curiosità n.6 ► Il primo prologo che ho scritto era molto diverso da quello che ho pubblicato. È ancora salvato in cartella e prevedeva la presentazione di Killian e Lily mentre erano a casa, di mattina.  Lily avrebbe dovuto svegliare suo fratello in una maniera davvero molto poco elegante... avrebbe dovuto gettarglisi addosso e fargli male a un fianco, minacciandolo di ribaltare il letto in giardino XD L’unica cosa che è rimasta uguale al prologo definitivo è il fatto che Alastor sia fuori dalla Biblioteca – poveretto.

Curiosità n.7 ► Il cognome di Clizia, il suo aspetto e il suo lavoro sono un riferimento alla famosissima attrice Brigitte Bardot.

Per quanto riguarda la versione integrale della scena di sesso, la pubblicherò tra poco
Ma non vi immaginate chissà quale roba poetica. Ripeto: è la prima volta che mi cimento in un cosa del genere. In ogni caso, saranno ben accette le critiche – basta che siano costruttive.

Poi. Siccome tendo a dimenticarmi le cose... mi stavo dimenticando di pubblicare i prestavolto che alcuni di voi hanno scelto per i propri OC. E niente... eccoli:

EVE ► https://ami.animecharactersdatabase.com/uploads/chars/5688-991410074.jpg
 (Rindō Kobayashi; Food Wars)
Non dovete immaginarvela proprio uguale: infatti Eve ha una ciocca di capelli bianchi sul lato sinistro del viso e ha le lentiggini – oltre a un vestiario totalmente diverso. Lo capirete meglio quando terminerò il disegno.

NAEVIN ► https://www.pinterest.it/pin/588001295109919231/


REHAGAN ► https://www.deviantart.com/pangolino99/art/Rehagan-Azeria-909160852 (Disegno super-iper-bellissimo di runami_lu99)

Per i disegni... T______________________T abbiate pazienza.

Ebbene, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e che vi abbia divertito. Io non sono molto convinta di alcune cosucce, ditemi voi ^^
Alla prossima!

Rosy


P.S. In questo capitolo 04 sono presenti tutti gli OC! *^* Chissà quando capiterà di nuovo! XD



 
  
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