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Autore: lmpaoli94    28/03/2022    0 recensioni
Un sogno.
Un sogno ma che nel mondo è tutto vero.
Un fratello e una sorella di appena cinque anni che si tengono per mano nelle vie fredde dove sopra le loro teste suonano i rumori di disgrazie che non potranno mai dimenticare.
Quei rumori che li fa fuggire senza i propri genitori e che io ho visto con i miei stessi occhi una mattina come tante.
Parlavano a malapena l'italiano, ma ciò non gli impediva di capire. Di riuscire a sentirsi protetti in una terra che non era la loro.
Io pensavo che tutto questo potesse essere un terribile incubo vedere quei bambini assetati e affamati che scappavano con le loro residue forze lontano dalla follia della guerra.
Eppure loro due erano lì, in una notte d'inverno come tante...
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il mattino dopo fu un risveglio davvero inusuale.
Ma non per me, che non avevo dormito quasi niente, ma che incredibilmente, mi sentivo appagato e riposato.
Tutto ciò non si poteva dire lo stesso di quei bambini.
I due pargoli di cui ancora ignoravo il nome, si erano svegliati molto prima di me e si stavano rivestendo dei loro stracci.
< Aspettate. Fermi. >
Non so perchè l'avevo detto a tal punto di spaventarli, ma ciò dovevano ascoltarmi.
In pochi minuti, tornai con alcuni vestiti comodi per casa, ma sicuramente puliti dei loro stracci.
E quando cercai di prenderli cercando anche di convincerli che li avrei lavati, il bambini me li strappò di mano fissandomi con sguardo truce e irrisorio.
Non capivo perchè si comportava così, ma le mie convinzioni non sortirono alcun effetto.
La bambina redarguì subito il fratello maggiore con parole incomprensibili ma che probabilmente, gli aveva detto di non fare mai più una cosa del genere perchè subito dopo, il bambino mi chiese scusa baciandomi la mano.
Perchè quel gesto? Non doveva farlo.
Va bene l'educazione, ma così per me era troppo.
Fu in quel momento che feci finta di nulla e lì portai di sotto per preparargli la colazione.
Biscotti, latte, nutella, succo di frutta e altre cose per cominciare al meglio una giornata che per me non sarebbe mai stata come le altre.
Sinceramente non sapevo nemmeno cosa fare nel resto della giornata, ma la compagnia di quei bambini era assolutamente rincuorante e rassicurante per me-.
Volevano essere protetti e ciò me lo fece capire ancora quella bambina che non la smetteva di guardarmi sorridendomi.
Tutto ciò rincuorò il mio umore e mi spingeva sempre di più a fare di tutto per lei e per il suo burbero fratello, ancora scosso per quello che gli era accaduto.
Ma non volevo concentrarmi sul suo recente passato, ma volevo farlo sentire a suo agio, fin quando dopo la colazione la bambina non mi diede le risposte necessarie affinché potessi capire i sentimenti irreversibili di un bambino che non accennava a sorridere.


Tutto ciò sembrava un muro d'oscurità per i suoi occhi.
Non riusciva ad essere più spensierato come un tempo e il suo umore non avrebbe mai visto più quella tenerezza che sotto il suo animo forte e rude, custodiva.
Io cercavo di immaginarlo. Immaginarlo in una vita felice e spensierata con tutta la sua famiglia.
Ma quando sua sorella mi portò nell'altra stanza mentre il bambino era occupato a guardare i cartoni animati che gli avevo presentato dinanzi alla tv, sembrava quasi rapito da tali immagini, come se non avesse mai visto niente di simile durante la sua breve vita.
Ma la mia attenzione fu ancora portata lontano da quelle immagini, spostandomi verso l'insistenza di quella ragazzina che non accennava a placarsi.
Prese il suo zaino malconcio senza farsi vedere da suo fratello, e quello che mi porse, mi fermò il cuore in gola.
Una foto.
Una foto di una famiglia felice e spensierata che sorride verso l'obiettivo.
Quella vita era stata scaraventata via dal suono delle bombe e da un presente troppo doloroso per venir descritto dalle mie parole o dagli sguardi di quella bambina.
Tutto ciò sembrava essere spazzato via da troppo tempo e quei momenti felici non potevano mai più tornare.
Ma tutto ciò mi faceva capire che dovevamo avere la forza nell'andare avanti e che il mio interesse si sarebbe spostato verso un futuro migliore da dare a quei bambini.
< Questa è la tua famiglia? > domandai alla piccola sapendo già la risposta.
La piccolina non parlava, ma faceva segni con la testa e con i gesti che mi facevano capire abbastanza.
Gli avrei voluto domandare dove fossero adesso i suoi genitori, ma vederli qui nella mia terra mi spingeva a credere che loro fossero rimasti nella loro terra a combattere, senza che il pensiero della loro morte si potesse avvicinare al mio cervello.
Perchè io, insieme a loro, dovevo e volevo credere che tutto ciò non sarebbe mai accaduto e che il loro futuro sarebbe stato contornato dalla loro riunione.
Un unione che non li avrebbe mai più divisi.
E subito dopo, mentre continuavo a fissare quella foto, la bambina si stringe a me con un abbraccio consolatorio.
Non so perchè si comportava così, ma dovevo assaporarmi ogni singolo secondo di quel tocco.
Quel tocco che ormai faceva parte della mia vita e che non avrei mai dimenticato per nessun motivo.
Volevo credere che tutto sarebbe andato bene e che non avrei più pianto per non farmi vedere triste, anche se i loro cuori piangevano dalla disperazione.
Per assaporarmi tale abbraccio, mi volgevo verso la figura di quel bambino che attratto dalla televisione, non spostava lo sguardo fino a quando non si fosse sentito attratto dai miei occhi.
Subito gli domandai se andava tutto bene e il bambino fece finta di nulla, fino a quando non cercò la sua stessa sorella.
Appena la vide in quell'abbraccio, l'istinto del bambino fu come domandargli: “Perchè stai abbracciando quello sconosciuto? Non è nostro padre.”
In fondo ormai mi sentivo un genitore per loro, anche se li avevo visti da appena dodici ore e non sapevo nemmeno come si chiamassero.
Volevo essere il loro protettore, genitore o non genitore che fossi.
La mia sincerità sarebbe stata presto ripagata da quell'amore.
Dovevo solamente aspettare.
Aspettare e attendere pochi minuti, prima che lo sguardo della bambina andò ad incrociarsi verso quello di suo fratello.
Alla fine, anche il bambino si unì a quell'abbraccio perchè aveva capito che avrebbe fatto la cosa giusta.
La bambina, anche se era la più piccola, era sicuramente la più intelligente tra i due.
Il modo in cui si rivolgeva a me mi faceva credere che era davvero la mamma che non era presente per lei e che ciò sarebbe stato di buon cuore sapere che la nostra unione ci avrebbe portato avanti senza pensare momentaneamente all'orrore della guerra.
Anch'io volevo parlargli.
Anch'io volevo dirgli un sacco di cose: ma anche se credevo non mi comprendessero perchè parlavo una lingua diversa, i modi di fare di quella bambina mi facevano capire che il suo sorriso era la risposta di cui avevo bisogno. E ciò a me bastava.
Mi bastava averli vicino a me mentre loro con i loro modi mi facevano capire che erano al sicuro.
E dopo aver guardato quella foto che dopo l'arrivo di suo fratello la bambina nascondeva, non volevo perdermi quel tocco con pensieri sbagliati.
Io e loro eravamo diventati una cosa sola, senza aver bisogno di parlare.
Dovevamo solo agire e volerci bene in comune accordo.
Solo così potevamo davvero essere felici insieme fino al momento della verità.

   
 
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