Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Isobel Connis    28/03/2022    2 recensioni
Quello che doveva essere un normale weekend padre-figlio si trasforma in un incubo.
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Into the Wood
Autore: IsobelConnis.
Fandom: Original.
Tipologia: One Shot.
Personaggi: Drew Maxwell (figlio), Thomas Maxwell (padre)
PromptInOmaggio: X è diabetico di Rossella Mnemosyne del Gruppo Facebook Hurt/Confort Gruppo Nuovo
Genere: Suspance, Drammatico, Triste, Angst, Warm and fuzzy feelings, Hurt/Comfort
Rating: Giallo-Arancione.
Parole: 6086
Banner: IsobelConnis
Riassunto: Quello che doveva essere un normale weekend padre-figlio si trasforma in un incubo.
Note:Un ringraziamento speciale va a @Zomi per i suoi consigli specifici al caso e la santa pazienza di rispondermi XD 

 
 
 
 
 
 
«Dico solo, Drew, che potresti prendere in considerazione l’opzione, sarebbe più facile»
Drew roteò gli occhi, sprofondando maggiormente nel suo sedile, osservando l’astuccio termico tra le sue mani.
Il ragazzo era rimasto scioccato dalla diagnosi avuta qualche tempo prima, in tutti quegli anni non aveva mai accusato alcun sintomo, attribuendo invece la stanchezza e le vertigini degli ultimi mesi ad un semplice sovraccarico di lavoro.
Quale capitano della squadra di basket ci si aspettava grandi cose da lui, gli allenamenti di quella stagione erano stati davvero tosti per tener testa alle altre squadre, mentre la mole di studio era raddoppiata a causa dei corsi extra per le domande della borsa di studio.
Non era mai stato un ragazzo pigro, al contrario, per diverso tempo, i medici, avevano sospettato che fosse affetto da Deficit dell’Attenzione ed iperattività, smentito subito con il suo ingresso alla scuola primaria dove non solo aveva dimostrato di poter stare fermo e attento in classe, ma aveva anche una mente brillante ed analitica, precoce per la sua età.
Mangiando molto non era mai accaduto che si sentisse male durante una partita, ma i segnali avuti qualche settimana prima, erano stati troppo evidenti per non sospettare che ci fosse altro oltre la sua incapacità di starsene fermo e buono.
Era stato durante la partita contro il liceo di New Lake. Non aveva mangiato molto prima della partita, poiché aveva passato il pomeriggio ad aiutare il suo migliore amico a sistemare le ultime cose per il suo trasferimento e subito dopo era letteralmente corso a scuola per prepararsi alla partita.
Durante il primo set aveva ignorato i forti giramenti di testa, prendendoli come una semplice disidratazione -considerando che non aveva toccato acqua dall’ora di pranzo- aveva dunque svuotato una bottiglietta d’acqua prima di tornare in campo per guadagnare il secondo set.
Aveva mancato diversi passaggi relativamente semplici a causa del tremore alle mani e al senso di vertigine e ansia che lo aveva colto senza un motivo. Dagli spalti, suo padre si era reso conto che qualcosa non andava ed aveva raggiunto il coach Michael per chiedere il rientro del figlio.
Il cambio però non era arrivato in tempo.
Confuso e barcollante, Drew non aveva prestato attenzione al gioco, finendo per l’andare contro l’ala grande della propria squadra, -un ragazzo dell’ultimo anno che lo superava di trenta chilogrammi abbondanti e quasi venti centimetri- l’impatto era stato violento, tanto da avergli lussato la spalla, fratturando anche un quarto della superficie dell’omero.
Accorso in campo, il coach e suo padre lo avevano aiutato a sollevarsi ma, una volta in piedi, era svenuto, senza un apparente motivo: o almeno era quello di cui erano stati convinti fino all’arrivo in ospedale, dove era di turno il Dottor Gunter - medico dei Maxwell-.
Dopo aver ascoltato i fatti, si era apprestato a fargli un’iniezione d’emergenza di glucagone, spiegando a suo padre Thomas, nel mentre, che data la risposta immediata di suo figlio sospettava che avesse rischiato di entrare in coma diabetico.
I continui cali di pressione -divenuti più frequenti nelle ultime settimane- e il fallimento della terapia a base di vitamine B12 e D prescrittagli, avevano trovato la loro causa, accertata con esami più approfonditi durante il suo breve ricovero.
Come già sospettato, Duo era affetto da diabete di tipo 1.
«Non mi piace l’idea» soffiò sollevando gli occhi al cielo, posando l’astuccio contenente il suo kit completo per la cura del diabete all’interno del cruscotto. «Non mi va di avere delle sonde nella pancia, un pezzo di plastica attaccato all’addome e un telecomando alla cintura che inizi a suonare come se fossi una slot machine» sollevò l’orologio per la misurazione della glicemia «Questo mi basta»
Thomas ridacchiò appena, scuotendo la testa al paragone «Se presti attenzione a quello che mangi e allo sport che fai il microinfusore non suonerà mai, sarà come non averlo»
Inarcando un sopracciglio Drew si voltò verso suo padre «Un telecomando attaccato alla mia pancia con un filo inserito nella tasca dei pantaloni o in una fascia.» sbuffò una risata «Quando corro in campo me ne accorgo eccome che c’è»
«Ma hai sentito il medico, potresti sempre sfilarlo» osservò Thomas svoltando per un sentiero sterrato, osservando con la coda dell’occhio suo figlio storcere il naso
Per distrarre un po’ suo figlio dall’assenza del suo migliore amico e dalle novità degli ultimi controlli medici, aveva chiesto al suo ex datore di lavoro, nonché amico, di usare per il fine settimana la sua baita in montagna così da trascorrere un po’ di tempo lontani dal caos di Hendersen e dai pensieri.
Tre giorni di pesca e natura padre-figlio.
«E bucarmi di nuovo per rimettere poi la cannula.» sospirò tornando a sedere «Andiamo papà, sii ragionevole. Ogni volta che mangio, faccio sport, sono a riposo, o altro devo renderne conto a quell’apparecchio, quando posso benissimo continuare come ho fatto finora. Ovvero, regolandomi semplicemente quando faccio sport?»
Thomas sollevò le mani sbuffando una leggera risata arreso alla testardaggine del figlio «D’accordo, campione, hai tutto il diritto di decidere quello che è meglio per te, hai il mio appoggio»
«Ti ringrazio» ridacchiò in risposta suo figlio osservando il paesaggio cambiare.
La strada battuta era ormai alle spalle, così come gli alberi che la costeggiavano; al suo posto vi era una strada molto più stretta e dismessa ma che per il vecchio pick-up rosso di suo padre non era un problema. Si stavano inoltrando all’interno del bosco Drummond ai margini della città, conosceva piuttosto bene la zona ovest della macchia, poiché era quella dove erano soliti campeggiare, ma approfittando del ponte suo padre, questa volta, aveva optato per una baita.
«Sei sicuro che si trovi qui? La vegetazione sembra troppo fitta per una costruzione»
«Zacharya mi ha mandato le coordinate ieri sera, la strada dovrebbe essere quella giusta. Sto seguendo le indicazioni del navigatore.»
Abbassando lo sguardo confuso Drew lanciò un’occhiata allo schermo del telefono, riportando poi l’attenzione a suo padre «Non c’è campo, il navigatore è fermo»
«Cosa significa che è fermo?» chiese prendendo il telefono, aggiornando la pagina e trovando solo il suo schermo bianco con la scritta “Nessun Segnale”.
«Beh, ci sono alberi molto alti, ma la strada è giusta, e poi da qualche parte dovrà pur sbucare, no?»
«E se così non fosse?»
«Se così non fosse, ragazzo di poca fede, torneremo sui nostri passi» ridacchiò accendendo la radio, facendo partire Wellerman.
Drew scoppiò a ridere reclinando la testa indietro «Seriamente? Una canzone sui marinai?»
«Era appropriata per l’intento del fine settimana, non trovi?»
«Questa fa molto lupi di mare, avresti dovuto mettere qualcosa come “Catch all the fish” “Fishin’ in the dark” “Five pound bass” “Gone fishing” “Pra For-»
«Ok ok Spoty, ho capito, ne sai più di me» ridacchiò Tom cedendo alla conoscenza musicale di suo figlio, «Volevo fare una cosa divertente, brontolone»
Drew rise di nuovo addolcendo lo sguardo, «Ehi, ma io apprezzo moltissimo» ammise sollevando il braccio sinistro con ancora il tutore «Mi stai dando davvero un grosso aiuto per non morire di noia!»
Thomas sorrise dolcemente scompigliandogli i capelli, spostando poi la mano a sfiorare la sua nuca rasata, sfiorandone leggero la cicatrice.
«Non devi dirlo neanche per scherzo» sorrise dolcemente «Sei segregato in casa da diverso tempo, un po’ d’aria ti fa bene, lo ha detto anche il dottor Gunter»
Drew annuì, sorridendo leggero a suo padre prima di tornare con lo sguardo alla vegetazione «L’ho vista!» esultò dopo un po’ indicando un punto alla sua destra dalla quale, con un po’ di sforzi, si poteva vedere un tetto a spiovente.
«Che al signor Waller piacessero i posti isolati era risaputo, ma addirittura seppelliti dalla natura!»
«È un uomo importante, lo sai» minimizzò Tom parcheggiando «Zac ha detto di aver lasciato le chiavi nella cassetta accanto alla porta»
Precipitandosi fuori dall’auto, Drew raggiunse il portico, sentendo gli occhi di suo padre puntati sulla schiena.
Osservando critico la struttura in legno, Drew si mosse lungo la parete, cercando qualcosa che potesse contenere una chiave, dato che la fantomatica “cassetta accanto alla porta” sembrava essersi volatilizzata nel nulla «Sei sicuro di aver capito bene, papà?»
«Metti in dubbio la parola del tuo vecchio?»
Scrollando le spalle Drew si chinò sullo zerbino, spostandolo un po’ per cercare le chiavi, trovando un’asse smossa «Forse l’ho trovata» disse spostandola, trovando al suo interno un mazzo di chiavi.
«Te lo avevo detto che erano qui» disse trionfale Tom aprendo la porta.
A telefono Zacharya gli aveva detto che la casa era in disuso da tempo, e che avrebbe mandato qualcuno per dare una ripulita, ma nessuno dei due si era aspettato di trovare addirittura il camino acceso e la dispenda piena.
«Deve essere opera di Qerim» disse Drew osservando alcuni degli scatolami, facendo cadere lo sguardo sul barattolo di bustine con il miele e lo zucchero.
«Già» annuì controllando l’ora «Dovresti mangiare qualcosa.»
«Papà ti prego, siamo arrivati adesso, non ho fatto nulla dal pranzo che potrebbe avermi messo in riserva, sto bene, il mondo è ancora dritto» scrollò le spalle osservando il camino scoppiettare. Un gesto più che gradito, considerando la media stagionale e quanto, a quell’altitudine, le temperature serali tendessero a scendere di parecchi gradi. «Dovremo ringraziarli per esser stati così veloci» osservò Drew estraendo il cellulare «O lo faremo al nostro ritorno, non c’è copertura»
«Dovrebbe esserci una radio, in genere rifugi di questo tipo ne hanno» avanzando all’interno della struttura Thomas iniziò a guardarsi intorno in cerca dell’apparecchio, notando, con un sopracciglio inarcato, la presenza di alcune munizioni sul tavolinetto da caffè.
«Munizioni?» chiese Drew inclinando la testa «Credevo che il signor Waller fosse uno di quegli animalisti convinti»
«Forse ha capito che andavamo a caccia»
«Non cacci dalla morte della mamma»
Thomas gli avvolse le spalle posandogli un bacio sulla tempia «Guastafeste. Andiamo, scarichiamo la macchina, mangiamo un boccone e poi andiamo a pesca, ok?»
Drew annuì con un sorriso, sottraendosi dall’abbraccio del genitore per anticiparlo al pick-up.
Il cielo si stava scurendo rapidamente, segno inconfutabile che sarebbe arrivato un temporale a momenti «Ora sarebbe perfetto per pescare»
«Vero, ma abbiamo fatto un accordo a casa, lo hai già dimenticato?»
«No», sbuffò sollevando gli occhi nei suoi «Rispettiamo i tempi di ripresa, non ci affatichiamo, niente pesca sotto la pioggia e ci godiamo il weekend»
Visibilmente soddisfatto Thomas annuì prendendo i loro borsoni e lasciando le cose più leggere a Drew. «Abbiamo tutto?»
«Mi sembra di sì» commentò distrattamente suo padre richiudendo il pick-up nel sentire le prime gocce di pioggia «Meglio entrare»
Posando le loro la roba da pesca in un angolo della piccola baita Drew si stiracchiò pigramente, massaggiandosi la nuca.
Nonostante fossero passate diverse settimane dal suo intervento la cicatrice tendeva fargli male. Dopo quelle che erano state ore drammatiche colme di paura per un esito che avrebbe potuto suonare come una condanna a morte, il dottor Cheng era uscito dalla sala operatoria visibilmente sollevato, annunciando che non si era trattato di un tumore ma di una ciste aracnoidea.
Sentendo lo sguardo di suo padre si voltò sorridendo allegramente, Thomas aveva chiesto un permesso per passare ogni istante possibile con lui in ospedale, e non si era né allontanato né rilassato fino a quando non lo aveva visto andarsene sulle sue gambe.
«Mi chiedo quanto impiegheranno a ricrescere» disse in tono causale facendogli sbuffare una leggera risata.
«Per raggiungere gli altri? Qualche anno, immagino, ma a me non dispiacciono sai?»
Questa volta Drew scoppiò in una fragorosa risata, chinandosi davanti al camino per ravvivare il fuoco «Lo avevo capito dalle foto della tua “gioventù perduta”!»
«D’accordo, piccolo insolente, ma devo ricordarti che-»
Delle voci dal portico attirarono la loro attenzione.
Non aspettavano nessuno e questo pensiero si fece largo sul viso di Drew, tanto che suo padre ridacchiò appena «Sicuramente sono gli addetti delle pulizie» minimizzò indicando con il mento alcuni sacchi della spazzatura che si intravedevano dalla porta socchiusa del seminterrato. «Dopotutto siamo in anticipo di un girono, forse non hanno calcolato che avremmo approfittato del ponte» sorrise dolcemente dirigendosi verso la porta del seminterrato per prendere uno dei sacchi.
«Ti do una mano»
Avvicinandosi Drew si mosse per prendere uno dei sacchi, trovandolo estremamente pesante «Ma cosa ci hanno messo dentro? Un morto?»
Ridacchiando Thomas lo scostò di poco «Lascia, lo sollevo io» mormorò, rimanendo sorpreso dell’effettivo peso del sacco.
«Dovremmo provare insieme?»
«Con quel braccio?» rise «E poi non puoi sollevare pesi ancora, ricordi? Faccio entrare i ragazzi delle pulizie, li porto fuori con loro»
Drew scrollò le spalle, chinando lo sguardo al pavimento, notando del bagnato sotto il sacco «Che schifo. Papà? Credo che uno dei sacchi sia bucato» disse cercando l’interruttore «C’è tut-» sgranando gli occhi Drew trattenne il fiato, muovendo un passo malfermo indietro «Papà…?»
«Cosa?» chiese l’uomo con la mano ferma sulla maniglia.
«Non credo che siano gli uomini delle pulizie» ansimò indicando a terra il sangue «Dobbiamo andarcene»
«Di cosa stai…»
La porta si spalancò.
Due uomini armati e una donna fecero irruzione nella stanza, colpendo Thomas alla testa con il calcio della pistola.
«Papà!»
«Fermo lì, ragazzo» ringhiò uno dei due uomini puntando la sua glock in direzione di Drew. «O ti faccio saltare la testa»
«No»
«Sta zitto, tu» inveì l’altro dando un calcio a Thomas sul fianco.
«Papà!»
«Avevi detto che questo posto ormai era sicuro!» sbraitò la donna passandosi una mano tra i folti capelli rossi, facendo risplendere la fede che portava al dito «Non doveva esserci nessuno!»
«Non agitarti, Cara» ordinò il primo uomo, quello che aveva l’arma puntata contro di lui e aveva atterrato suo padre.
«Non fate del male a mio figlio» gemette Thomas «Lasciatelo andare»
«Non fate del male a mio figlio» gli fece il verso irritato il secondo uomo, un energumeno di due metri per centocinquanta chili di muscoli «Cosa ne facciamo di loro?»
«Ci hanno visto» commentò la donna, Cara, guardando in direzione di Drew, soffermando l’attenzione sui due grossi sacchi alle sue spalle «E sanno cosa abbiamo fatto»
«Non sappiamo nulla» intervenne Drew cercando di mantenere un tono di voce normale «C’è stato un malinteso»
«Puoi giurarci, ragazzo» disse il primo uomo facendo un cenno in direzione dell’amico «Legateli Karl, ci occuperemo di loro al nostro ritorno»
Con un ghigno feroce l’uomo identificato come Karl si avvicinò a Drew con una corda «Tu non fai scherzi e io non ti spezzo l’altro braccio, siamo intesi?»
Thomas tentò di alzarsi per andare incontro al figlio, ma lo scarpone del capo banda lo costrinse nuovamente a terra, mentre la donna, che si era inginocchiata al fianco dell’uomo, iniziò a legarlo. «Se non vuoi che facciamo del male a tuo figlio ti conviene startene buono» ringhiò la donna «Karl non è esattamente famoso per la sua “grazia”»
Digrignando i denti Thomas si voltò in direzione di Drew, «Non fargli del male, ti prego»
«Sei un uomo ripetitivo» sbuffò l’energumeno fissando il polso sano di Drew a quello con il tutore, facendolo gemere «Ops» sogghignò l’uomo afferrandolo per la doda, facendolo mugolare di dolore.
«Drew!»
«Sto bene» si affrettò a dire osservando come l’arma del capo si fosse spostata immediatamente nella direzione del padre «Sto bene» ripeté inghiottendo a vuoto.
«Toccante» sghignazzò Karl voltandosi verso il capo «Che ne faccio di lui, Frank?»
Con uno sguardo sprezzante mosse la pistola in direzione del seminterrato, sparando un colpo a pochi centimetri dal viso di Tom, facendo sussultare lui e urlare Drew.
«È un avvertimento, fai qualcosa di azzardato e sparo a te e al moccioso, intesi?»
Annuendo Thomas si sollevò raggiungendo il figlio «Ci sono io, ok?»
Con un cenno di assenso Drew lanciò un’occhiata alle sue spalle. «Ok»
«Camminate, voi due.» intimò l’uomo grosso spintonando Drew, invitandolo a scendere i gradini che portavano in seminterrato.
Con un’ultima spinta l’uomo li costrinse a muovere gli ultimi passi chiudendo poi la porta dietro di sé.
«Stai bene?» chiese subito Thomas chinandosi per incontrare lo sguardo di suo figlio.
«Sì, sì sto bene. Tu? Stai sanguinando» strepitò sollevando le braccia con una smorfia per sfiorare la tempia del padre.
«La tua spalla non è ancora guarita, non sforzarla» sospirò l’uomo guardandosi intorno.
Il seminterrato, a differenza della parte superiore della baita, non era stata minimamente toccata, vecchi scatoloni, una cassa d’acqua, coperte e cassepanche erano disposte un po’ a caso in tutta la superficie, una vecchia caldaia spiccava inquietante dall’angolo più scuro della stanza, illuminata debolmente dalle piccole finestre poste in alto e protette da alcune grate.
«Cosa ci faranno?»
Thomas scosse la testa tornando a guardare Drew «Non lo so, figliolo, ma non permetterò che ti facciano del male!» disse risoluto dandogli le spalle «Riesci a sciogliermi le mani?»
«Credo di sì» mettendosi all’opera Drew riuscì a liberare suo padre dalla corda, ringraziando mentalmente gli anni degli scout per quelle piccole informazioni. Liberate le mani, fu il turno di Thomas di sciogliere i nodi che costringevano i polsi di Drew, ispezionandolo con attenzione.
«Non è di me che devi preoccuparti» sospirò massaggiandosi la zona lesa «Sei tu ad aver avuto un incontro ravvicinato con il calcio di una pistola e uno stivale dall’aspetto piuttosto pesante…»
Ridacchiando appena, per quanto concesso dalla situazione, Thomas annuì, sfiorandosi il lato sinistro dell’addome «Giocavo a football, ricordi? Un calcio non mi ucciderà» disse sollevandosi, dando un’occhiata in giro, notando, sotto la scala di legno che portava al piano superiore, una pozza di sangue piuttosto considerevole.
Dunque, l’omicidio si era consumato lì sotto.
Voltandosi osservò Drew con la coda dell’occhio, suo figlio si stava strofinando il braccio sinistro, sfiatando, di tanto in tanto, leggere nuvole di condensa. Spostando lo sguardo poté notare come una delle finestrelle fosse rotta e come quella, assorbisse gran parte del calore che la vecchia caldaia emanava.
«Ehi, campione, tutto bene?»
Sussultando appena Drew si voltò annuendo leggermente «Sì, è solo il tempo, il braccio mi dà qualche noia, ma sto bene» assicurò con un leggero sorriso.
«Vieni qui che è più caldo, allontanati dalle finestre»
Lanciando una breve occhiata alle scale, Drew raggiunse suo padre, sussultando alla vista del sangue.
«Credi che ci uccideranno?»
«Non lo permetterò»
«E se lo facessero?»
Sospirando Thomas lo invitò a sedersi contro la parete, seguendolo subito dopo «Non ti toccheranno, ok? Dobbiamo solo aspettare l’occasione giusta per muoverci»
Annuendo debolmente Drew raccolse le gambe al petto fissandosi i piedi. «Qualche idea sul quando?»
«Forse» posando la testa contro la parete Thomas fissò il soffitto, seguendo i passi dei tre assassini «Credo che debbano sbarazzarsi del corpo» soffiò.
«Approfittiamo della loro assenza?»
«Correremo meno rischi» disse sollevandosi «Controllo quelle scatole»
«Ti do una mano»
La luce all’esterno aveva iniziato ad abbassarsi, e con essa la temperatura. Gli scatoloni, così come le cassepanche erano piene di vecchie rivisti, abiti di bambini e trofei di caccia colmi di polvere, nulla di davvero utile per una fuga. Calciando l’ultima scatola Thomas si passò una mano tra i capelli castani, ispirando pesantemente dal naso.
«Non c’è niente»
Drew si morse le labbra a disagio chinando lo sguardo «Mi dispiace…» sussurrò.
«Per cosa?» chiese l’uomo voltandosi «Alla fine sono io quello che ha insistito per questo weekend fuori, è a me che dovrebbe dispiacere di-»
«No… mi dispiace perché non vorrei dirtelo, papà…» gemette chiudendo gli occhi, sollevando appena la manica della propria felpa per mostrare l’orologio Track Glucose che aveva al poso lampeggiare appena «Credo di dover mangiare…  inizio ad avere le vertigini…»
Lo schermo dell’orologio segnava che i livelli di glucosio si stava abbassando pericolosamente e che aveva raggiunto i 56 mg.
«Cazzo» sfiatò l’uomo prendendo il viso pallido di suo figlio tra le mani, osservandolo con apprensione «Da quanto, Drew?»
Scuotendo la testa il ragazzo chiuse brevemente gli occhi «Dieci… quindici minuti…»
«D’accordo» soffiò suo padre conducendolo accanto alla caldaia per farlo sedere. «Cerca di muoverti il meno possibile» mormorò raggiungendo la cassa d’acqua, portandola accanto al figlio e passandogli una bottiglia «Bevi. Come erano i valori stamattina?»
Drew annuì bevendo avidamente, facendo un lungo respiro per riprendere fiato «Andavano bene e prima che tu me lo chieda sì, ho pranzato…»
Thomas osservò l’ora imprecando silenziosamente. Erano quasi le otto di sera, e Drew aveva già saltato un pasto. Avevano scoperto da poco quella nuova situazione, non erano ancora ben ferrati su quello da evitare e come comportarsi. Quello che sapeva con certezza era che i valori di suo figlio non dovevano scendere più, o sarebbero subentrati i problemi. La città era a mezz’ora e con la loro situazione attuale non potevano permettersi di correre rischi.
«Dobbiamo alzare i livelli di zucchero» mormorò nervosamente suo padre frugandosi le tasche della giacca che ancora indossava «Non agitarti ok? Andrà tutto bene»
«Sei tu ad essere agitato» rispose pigramente Drew chiudendo gli occhi «Sto bene ora…»
«Non stai bene, Drew… cazzo, sei pallido come un lenzuolo» disse osservando l’orologio segnare ora un tetro 54 mg sullo schermo del suo orologio.
«Non che… di solito sia più abbronzato…» abbozzò un ghigno per sollevargli l’umore, mentre suo padre estraeva trionfante un pacchetto di caramelle semivuoto dalla tasca interna della giacca «Non sono molte, ma per il momento è meglio di niente» disse aprendole con mani tremanti, avvicinandole «Mangiale»
Ubbidendo Drew le prese chiudendo appena gli occhi. Non si sentiva meglio, lo zucchero contenuto in quelle caramelle era troppo basso per migliorare la sua situazione. Ma annuì a suo padre per rassicurarlo, Thomas gli avvolse le spalle con la propria giacca per donargli maggiore calore.
Il ragazzo tremava come una foglia, e la sua pelle era terribilmente fredda e sudata, gli istanti in cui teneva gli occhi aperti, sempre più radi.
«Devi cercare di restare vigile, Drew, so che è difficile» disse suo padre risvegliandolo dal suo torpore «Cerca di parlare, prova a distrarti» disse sollevandosi, girando in cerchio, e controllando una seconda volta ogni singola scatola nella speranza di trovare anche una sola, singola, bustina di miele o zucchero, maledicendosi per non averla presa quando ne aveva avuto la possibilità ore prima.
«Sono stanco…»
«Lo so, lo so, ma provaci ok?» sussurrò avvicinandosi al figlio, prendendogli il viso tra le mani «Provaci per me… pensa a qualsiasi cosa ti possa distrarre… dimmi… dimmi i vincitori degli ultimi anni del campionato NBA, vediamo fin dove li ricordi»
Drew ridacchiò appena.
Una risata stremata e dal suono terribilmente rauco.
 Schiarendosi la voce, però, Drew assecondò suo padre. Sentirlo parlare avrebbe calmato lui e permesso a sé stesso di concentrarsi su qualcosa che non fosse il tremore o il vorticare furioso della stanza «Milwaukee Bucks… Los Angeles Lakers… Toronto Raptor…»
Annuendo suo padre gli lasciò un bacio tra i capelli sollevandosi, salendo le scale per cercare di captare qualche rumore. Un paio di ore prima aveva sentito una macchina allontanarsi. Non aveva sentito parlare, ma dei passi occasionali sopra le loro teste gli suggeriva che almeno uno dei tre fosse rimasto di guardia.
«Non… ti sento» rabbrividì Thomas affacciandosi dalle scale.
Stringendosi maggiormente nella giacca di suo padre Drew riaprì gli occhi con un leggero sussulto, facendo mente locale, cercando di ricordare dove fosse rimasto.
«Drew!?»
«Ti sento» disse alzando appena il tono di voce, riprendendo ad elencare i risultati sportivi da dove si era interrotto «Golden State Warriors… Clevelance Cavalier…»
Scendendo le scale Thomas lanciò una breve occhiata al figlio rimettendosi a cercare una qualsiasi cosa utile per farli uscire di lì.
«Dove hai il kit?»
Aprendo gli occhi Drew seguì i movimenti di suo padre, massaggiandosi la testa che minacciava di scoppiare «Io… non ricordo…» sussultò appena «In auto... È in auto, nel cruscotto»
«In auto?» chiese voltandosi «Ne sei certo?»
«Non l’ho portato in casa… sì»
«Devi averlo sempre a portata di mano, Drew…» sospirò riprendendo a cercare «Ma sono felice che sia in auto… sarà più facile recuperarlo»
«Vuoi uscire?» chiese sollevandosi, venendo colto da un improvviso senso di nausea e malessere che lo fece inciampare nei propri piedi.
Il suo intero corpo sembrava essere incapace di muoversi, le dita dei piedi si contrassero al punto da fare male, e ogni singolo muscolo del suo corpo si tese come una corda di violino.
Con un gemito soffocato, Drew digrignò i denti, inarcando la schiena in modo quasi innaturale tanto da farlo temere che, da un momento all’altro, si sarebbe potuta spezzare.
Notandolo Thomas interruppe immediatamente le sue ricerche, inginocchiandosi a fianco a suo figlio, sollevandolo contro il proprio torace.
«Drew, Drew figliolo, calmo, resta calmo, ti prego»
Le parole di suo padre gli giungevano lontane ed ovattate, quasi si trovasse dall’altra parte di un aquario. Ogni muscolo del suo corpo gli doleva, costretto in una posizione innaturale che non apparteneva loro.
La mascella testa rischiava di rompersi, e la tensione al collo gli mandava fastidiosissime fitte dritte al cervello, minacciando di farlo impazzire.
«Shh shh rilassati, ora passa, ora passa, cerca di respirare, Drew. Sei forte, lo supererai ok? Respira, campione…»
Sgranando gli occhi Drew cercò di ritrovare un appiglio, una cosa qualsiasi che lo aiutasse a non pensare alla crisi che stava avendo. Spostò lo sguardo dal soffitto al viso di suo padre.
Nonostante la preoccupazione e la paura per le sue condizioni, si stava impegnando in ogni modo di restare calmo, strofinando con forza il suo corpo per scaldare e rilassare i suoi muscoli.
«Pa- papà» gemette attanagliando la sua camicia.
«Shh sono qui… rilassati, campione, stai andando bene…respira con me»
Guidato dal movimento del petto contro la sua mano, Drew cercò di calmarsi, di seguire le parole di suo padre, di rilassare i suoi muscoli tesi e dolenti per lo sforzo, riuscendovi solo dopo diversi minuti che parvero ore.
«Bravo…» sussurrò Thomas scivolando a sedere, stringendo Drew al suo petto, avvolgendolo meglio nel suo giaccone e tirando via una delle pesanti coperte usate per coprire gli scatoloni. «Ecco… continua così» si sforzò di sorridere suo padre passandogli una mano tra i capelli ormai completamente sciolti.
«... Mi… mi dispiace...» mormorò sfinito accoccolandosi meglio nel tepore di quella trapunta che puzzava di polvere e muffa.
«No, no non devi, non è colpa tua»
«Ma… se ti avessi… dato ascolto… con il… micro… ora non-»
«Non mi preoccuperei per te?» concluse per lui premendogli le labbra tra i capelli mediti di sudore «Lo farei lo stesso, figliolo. Che tu stessi bene o meno continuerei a preoccuparmi per te» sospirò guardando l’oggetto che aveva lasciato cadere a terra «Ora più che mai» ammise allentando la presa e sistemandolo su un fianco. «Forse ho trovato qualcosa per togliere le grate e andare in auto. Tu cerca di non addormentarti… devi restare vigile ok?»
Annuendo debolmente Drew seguì suo padre con lo sguardo fino ad una delle finestrelle.
Salendo su una sedia dall’aspetto precario, Thomas iniziò ad armeggiare con le viti della protezione. Infondo ad uno degli scatoloni aveva trovato un vecchio coltellino svizzero mangiato dalla ruggine ed usurato dal tempo, ma la punta spezzata del coltello faceva esattamente al caso suo. Grazie alla sua conoscenza nel settore metallurgico e alla leva applicata nei punti giusti dopo la rimozione delle viti, liberò la finestra dalla grata, appoggiandola a terra attento a non fare rumore.
«Drew, Drew ascolta, mi senti?»
«Sono… solo stordito…» sussurrò spostando lo sguardo al padre.
«Scusa…» abbozzò un sorriso «Ora esco, prendo le tue medicine e torno qui.»
«Ok…»
«Non addormentarti, Drew, papà torna subito?»
Seppur debolmente il ragazzo annuì con un sorriso tenue «Non ho… sei anni…»
«Lo so»
Dopo un’ultima occhiata ed un sospiro tremulo Thomas si costrinse ad allontanarsi, arrampicandosi fino alla finestra, ferendosi alle spalle nell’attraversare la piccola apertura.
Drew sarebbe passato senza problemi con il suo metro e settanta per sessanta chilogrammi scarsi, ma per un saldatore ex giocatore di football quella beh, era tutta un’altra storia.
Dal seminterrato non se ne era reso conto -troppo impegnato a preoccuparsi per suo figlio- ma fuori aveva iniziato a piovere e la temperatura era scesa di diversi gradi.
Strisciando nel fango si spostò velocemente dalla vetrata vicina, accucciandosi poi per evitare le finestre fino a quando non raggiunse la macchina.
Le chiavi erano ancora nel quadro e se Drew non fosse stato così debole sarebbero potuti andar via di lì immediatamente.
Scuotendo la testa Thomas aprì la portiera scivolando sul sedile del passeggero per prendere il kit di suo figlio, mettendo l’astuccio all’interno della sua camicia si disse che sì, se ne sarebbero andati appena fatta l’iniezione a Drew.
Doveva solo avere fede.
Il rombo potente di uno sparo si alzò nell’aria e un dolore terribile al braccio lo fece gridare.
«Dove pensi di scappare eh?» ringhiò uno degli uomini scendendo dall’auto appena arrivata, mantenendo l’arma puntata nella sua direzione.
«Da. Da nessuna parte, lo giuro!» gemette Thomas stringendosi il braccio ferito «Mio figlio… sta male, sono-»
«Balle!» sogghignò il più grosso trascinandolo fuori dall’auto, facendolo cadere a terra «Muoviti o ti faccio saltare il cervello!»
«Ci stai già lasciando eh? Cosa? Non siamo abbastanza ospitali?» sorrise mellifluo il capo banda, Frank, se la memoria non lo ingannava «Puoi dirmelo»
Scuotendo la testa Thomas si sollevò sulle ginocchia stringendosi il braccio con un gemito, sfiorando con la tempia la canna calda della pistola dell’altro uomo «Sono venuto solo… a prendere le medicine per mio figlio. Gh» sfiatò «Sta male… sta… sta molto male»
Annuendo distrattamente Frank lo osservò per un breve istante, sollevandosi per fronteggiare il suo complice «Riportalo nel seminterrato, Karl, ma legalo questa volta. È scappato una volta, nulla gli impedirà di farlo di nuovo»
Con un ghigno sinistro l’energumeno afferrò Thomas per il braccio ferito, facendolo gemere di dolore «Cammina, non abbiamo tutta la sera» lo incitò riportandolo all’interno della piccola baita.
«Dovevi badare a loro, donna!» grugnì Karl spingendo l’uomo all’interno.
«Da dove è uscito?»
«Dovresti dirlo tu a noi, dolcezza» sussurrò lascivo Frank accarezzandole il volto per un breve istante, prima di afferrarla per i capelli «Stava per partire!»
Gemendo la donna si portò le mani ai capelli, socchiudendo gli occhi «Fanculo, stronzo. Non sono la sua babysitter. Ci avete messo una vita a tornare! Quanto ci vuole per nascondere un corpo!»
Spintonando Thomas verso la porta del seminterrato, Karl le si accostò lascivo, sussurrando un macabro “Lo abbiamo fatto a pezzi e gettato nell’Tombstorn” che fece rabbrividire Thomas.
«Karl, stai spaventando il nostro ospite, non è cortese» ridacchiò Frank osservandolo, lasciando la presa ai capelli della donna «Scendi con il nostro fuggitivo e lega entrambi» disse spostando lo sguardo alla donna, lasciandogli una pistola nel palmo della mano «Ben distanti»
«No, no mio figlio, lui-»
Karl gli puntò una pistola alla nuca, facendo scattare la sicura «Oh forse preferisci non scendere affatto, eh stronzo?»
Inghiottendo Thomas si lasciò condurre lungo le scale dalla donna, lanciando un’occhiata a suo figlio, steso immobile esattamente come lo aveva lasciato qualche minuto prima.
«Drew!»
«Non una mossa, dolcezza» avvertì la donna spingendolo con la pistola all’angolo opposto della stanza, armeggiando con una vecchia corda per legarlo come meglio poteva.
«Mio figlio, ti prego, sta male, fammi andare da mio figlio!»
«Bella mossa. Spero solo che tu ora non ti aspetti che ci caschi, vero?» chiese stringendo con forza il nodo, sollevandogli il viso per poterlo guardare negli occhi «Gli eroi, dolcezza, non piacciono ai cattivi» disse lasciandogli il viso per raggiungere Drew, ancora immobile.
La donna lo osservò per un momento, facendolo rotolare sulla schiena.
Il suo viso aveva raggiunto una tonalità quasi spettrale.
«Drew! Drew! Apri gli occhi!»
Dopo aver dato una breve occhiata all’uomo, Cara si chinò sul ragazzo, portandogli due dita alla carotide per sentire il polso, trovandola estremamente freddo.
«Cos’ha?»
«Ha avuto una crisi ipoglicemica! Morirà se non gli faccio immediatamente un’iniezione» gridò disperato sporgendosi «Riesci a svegliarlo? Non deve dormire!»
La donna lo fissò per un breve istante, prima di osservare il viso del ragazzo e il suo volto affaticato.
«Ti prego. Ti prego puoi farlo anche tu, ho, ho il suo kit qui con me. Per favore, per favore… non importa cosa farai a me… aiuta mio figlio…»
«Devo andare»
«Hai figli?»
Dopo un leggero sussulto la donna si ricompose, sollevandosi lentamente prima di oltrepassare entrambi, salendo le scale per tornare al piano principale.
«No, no no no no ti prego non andare. Ti prego! Ho solo lui… Ti prego!»
Ignorando completamente le grida di Thomas, la porta dello scantinato si chiuse con un suono secco, facendo piombare nuovamente la stanza nella penombra.
«Drew? Ehi… Drew svegliati!» imprecando Thomas strattonò con forza le braccia, gemendo di dolore. Il braccio destro pulsava dolorosamente, la sua vista si stava offuscando a causa della fuoriuscita di sangue, ma quel dolore fisico era nulla se confrontato con ciò che aveva davanti agli occhi.
«Drew?»
Un rantolo appena udibile lo fece tremare e ringraziare il cielo. Non significava certo che suo figlio fosse fuori pericolo, ma era un segno chiaro che, in parte, fosse almeno cosciente.
«Dimmi qualcosa, campione, qualsiasi cosa»
«Pa…pà…»
«Grazie al cielo…» espirò sentendo le lacrime premere agli angoli degli occhi, «Ho le tue cose, campione… le ho con me…» singhiozzò «Ma non so come somministrartele»
Thomas non era certo di quanto tempo avesse trascorso con la testa premuta contro l’asse di legno e i polsi feriti e sanguinanti per i continui strattoni dati nel tentativo di liberarsi.
Un fascio di luce lo colpì in pieno viso, e una sagoma scese veloce ma silenziosa le scale, chinandosi di fronte a Thomas.
«Dove hai il kit»
La voce della donna lo riscosse sorpreso, il suo tono era diverso da quello usato pochi istanti prima -o doveva dire ore? – non era sicuro di quanto tempo fosse trascorso.
«Come?»
«Il kit di tuo figlio, presto, prima che si accorgano della mia assenza»
«Nella mia camicia» mormorò indicando lo spazio di tessuto tra la pesante camicia di flanella e la maglia termica.
Senza alcuna esitazione la donna prese tutto l’astuccio azzurro, avvicinandosi a Drew.
«C’è una custodia arancione, gli occorre quello!»
«Da quanto è così?» chiese la donna prendendo la piccola siringa per prepararla.
«Non ne sono sicuro… poco dopo le otto…»
Con movimenti sicuri la donna -Cara- sollevò la pesante felpa di suo figlio, somministrandogli il glucagone «Ecco fatto, dovrebbe sentirsi meglio tra poco»
Visibilmente sollevato Thomas si accasciò contro il supporto di legno, «Grazie… grazie davvero…»
«Aspetta a ringraziarmi» borbottò la donna chinandosi davanti a lui, armeggiando con una benda per fasciargli stretto il braccio ferito «Non doveva andare così, doveva essere un lavoro pulito. Tu e tuo figlio non saresti dovuti essere qui»
«Chi sei?»
«Domanda sciocca, non credi?» sogghignò la donna liberandogli le mani «Sappi solo che ho chiamato i soccorsi, un’ambulanza ed una pattuglia dovrebbero arrivare a momenti»
«Come?»
«Cerca di non fare idiozie, nel frattempo, ok?»
«Perché mi stai aiutando?»
La donna non rispose subito limitandosi a sollevarsi ed indicare Drew con il mento «Diciamo solo che non sono con loro, d’accordo? Ora vai da tuo figlio» disse posandogli tra le mani una manciata di bustine di miele ed un pacchetto di crackers «Ho salvato la vita di tuo figlio. Vedi di ricordartelo»
Thomas sgranò gli occhi, sollevandoli in direzione della donna. «Mi stai dicendo che tu…»
Cara si posò un dito sulle labbra, salendo nuovamente le scale e inchiavando la porta. Dopo un attimo di stupore l’uomo si riprese, barcollando accanto a suo figlio.
Aveva smesso di sudare, ed il suo respiro sembrava notevolmente migliorato, «Ehi…»
A fatica Drew sollevò le palpebre, abbozzando un sorriso «Ehi…»
«Tra poco starai meglio, campione, è tutto finito» sussurrò spostandogli i capelli dal viso, sentendo il suo cuore sollevato al suono delle sirene dell’ambulanza.
«Sei ferito?» chiese Drew provando a sollevarsi, venendo prontamente fermato da suo padre.
«Non preoccuparti per me, i soccorsi stanno arrivando, tra poco ce ne andiamo a casa, ok?»
Sbuffando appena una risata esausta il ragazzo annuì socchiudendo gli occhi. «Papà?»
«Dimmi tutto»
«La prossima volta… campeggio?»
Non molto tempo dopo, dal piano superiore si avvertirono forti rumori di colluttazione e grida da parte delle forze dell’ordine giunte in loro soccorso. Suoni che avrebbero dovuto farlo esultare, ma che al momento erano solo un lontano sottofondo.
Con una breve risata Thomas annuì, beandosi del colorito che stava tornando sul volto di Drew «Certo, ovunque tu voglia»
 
 
 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Isobel Connis