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Autore: Alexis Cage    31/03/2022    1 recensioni
Un'uscita tra colleghi, conoscenti, amici. Vecchie storie dimenticate, nuove che danno speranza, rapporti appena chiusi che generano angoscia: una normale uscita in un bar, dunque.
Il giorno dopo uno di loro è morto.
Di chi ti puoi fidare?
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno l'aria era tiepida e riscaldata dal sole. Mia si sentiva bene come capitava sempre in quelle giornate primaverili, e per la prima volta dal lunedì precedente riusciva a non sentirsi troppo in colpa.
Lei e Josie erano sedute a uno dei tavolini esterni di un bar che entrambe conoscevano, nel centro storico della città: molte persone avevano approfittato del clima mite e del tempo libero del venerdì pomeriggio per invadere quelle strade esenti dal traffico urbano, dando all'ambiente un guizzo di vita che contribuiva a far crescere quella sensazione pacifica di Mia.
La voce di Josie riportò al loro tavolo la sua mente, distratta a seguire i passanti affaccendati:
"Mi chiedo se passerà mai il senso di colpa."
Mia si voltò verso l'altra ragazza, sorpresa da quanto i loro pensieri fossero simili. Riflettè un attimo, poiché anche lei si era soltanto posta la domanda senza trovare risposta, prima di dire:
"Non credo passerà mai, soprattutto perché era... Andy. Però non possiamo nemmeno restare in lutto per sempre, non vivendo più: lui non l'avrebbe voluto."
"E di certo non l'avrebbe fatto, se fosse toccato a qualcun altro" notò Josie, ridendo pacatamente. Mia sorrise di rimando:
"Di certo. Però, dai, non siamo andate a fare una vacanza ai Caraibi appena l'abbiamo saputo. Ci stiamo solo godendo un paio di drink al sole."
"Vero."
Josie si concesse qualche sorso dalla sua birra, prima di continuare:
"E non siamo solo qua a goderci i nostri drink. Hai più sentito Lily?"
Mia fece un misto tra un sospiro e uno sbuffo; ormai le importava poco nascondere cosa pensava degli altri coinvolti in quella storia, e soprattutto di Lily.
"Ci ho provato. Non mi risponde al telefono, ai messaggi solo con monosillabi. Dice che non le importa più niente di tutto questo, vuole solo che gli altri e che la polizia non se la prendano con lei."
"Ma ha trattato Martha davvero male. Anche quello è stato perché non vuole che ce la prendiamo con lei?"
"Secondo me sì" rispose Mia, convinta. "Dio, se mi ha fatto incazzare. Martha non ha mai avuto problemi con la sua malattia, ma aveva paura di parlarne per la cattiva fama che gira attorno a chi ha disturbi. Lily non doveva permettersi di dirlo agli altri, e non così."
"Sì, in pratica ha fatto in modo che tutti iniziassimo a sospettare di Martha" mormorò Josie, sovrappensiero; riportò gli occhi su Mia e l'altra seppe in anticipo cosa stava per dire. "Questa è una cosa davvero sospetta, se si guarda dall'esterno."
"Lo so" replicò Mia, ben consapevole della cosa. "E capisco assolutamente se dubiti di lei. Ma la conosco da anni e ha sempre avuto questo comportamento di merda. Farebbe di tutto per risolvere una situazione a lei scomoda, anche se significherebbe fare un torto a qualcun altro. Io resto convinta che abbia voluto sviare l'attenzione da sé per evitare problemi, non perché sia lei la colpevole."
"Dubito di lei, ma mi fido di te. Del resto la conosci da anni" riconobbe Josie; Mia fu felice di sentire quelle parole.
Josie aprì la bocca per dire qualcos'altro, ma si interruppe sul nascere quando accanto a loro passò un cameriere. Avvicinò leggermente la sedia al tavolo, guardandosi attorno, prima di tornare a rivolgersi a Mia e chiedere:
"Quindi? Secondo te chi è stato?"
"Tu pensi sia uno di noi, quindi?" rilanciò Mia. Josie strinse le labbra in una piccola smorfia:
"Sarebbe strano altrimenti. Questa è una zona tranquilla, mi sembra assurdo sia stato un tizio a caso che l'ha assalito per chissà quale motivo."
"C'era il suo ex coinquilino, Mike. Magari qualche suo conoscente l'ha scambiato per lui..."
"Ma perché colpire dopo così tanto tempo? È un'ipotesi troppo forzata" notò Josie. Dalla strada giunse la risata di un bambino e per un istante entrambe si distrassero, realizzando l'assurdità dei loro discorsi in quel tenue pomeriggio primaverile. Mia non riuscì a trattenere una risatina:
"Assurdo."
"Già."
Bevvero ancora dai loro bicchieri, rimettendo in ordine i pensieri. Poi Mia riprese:
"Uno di noi, quindi. Io andrei per esclusione, stavolta, piuttosto che usare la logica dell'altra volta. Escluderei sicuramente Anita e Jason."
"Loro non c'entrano niente, sì" concordò Josie, e sorrise continuando "Anita sarebbe molto felice di sentirtelo dire."
"Lo immagino" disse Mia ridendo leggermente. Dopo un sorso veloce dal suo drink, continuò:
"Non lo dico perché sono io, però mi escluderei dai sospettati. Tu che ne pensi?"
"Alla fine non lo vedevi da tanto tempo, e sarebbe forzato vedere un movente in quello che ha fatto Lily" concordò Josie, prima di sorridere. "E non ti ci vedo proprio ad ammazzare qualcuno, scusa."
"Sono cintura gialla di karate, potrei sorprenderti."
"Non vedo l'ora."
Risero assieme per qualche istante, prima di tornare al discorso principale. Mia non riuscì a non soffermarsi di nuovo su come il volto dell'altra si illuminasse quando rideva, ma fu solo un istante.
"Quindi. Diciamo che tu sei poco sopra Jason: anche il suo unico movente sarebbe odiare Andy per come ha trattato Lily, però tu lo conosci da più tempo" notò Josie. Mia annuì leggermente:
"Sì, infatti. Poi ci sono Alan e Martha, e non so come metterli tra di loro. Martha ha più trascorsi, ma è passato molto tempo, e non hanno mai avuto problemi gravi."
"Però è ricomparsa proprio quella sera" fece Josie. Mia strinse leggermente il suo bicchiere, non sapendo se dire cosa le stava frullando nella testa; alla fine si decise:
"Ci ho pensato un po', i giorni scorsi, e mi è venuto in mente che a volte in terapia consigliano di tornare in contatto con le persone del passato, no? Per chiudere questioni irrisolte, o per scoprire che cose a cui si ripensava continuamente in realtà non erano state importanti per le altre persone. Magari chi segue Martha le ha consigliato una cosa del genere, in una situazione protetta come l'uscire in gruppo con persone che già conosceva."
"Quindi dici che è stata una coincidenza molto sfortunata" concluse Josie, riflettendo. Mia sorrise leggermente:
"So che è un po' forzato. Però non vedo alcun motivo per cui avrebbe voluto ammazzarlo, davvero."
"Allora proviamo a classificare Alan" disse Josie. "Erano colleghi. Andy ci è uscito qualche volta dopo il lavoro, e a volte si è lamentato di lui. Diceva che era un po' leccaculo e che sembrava cercasse di competere con Andy a lavoro, anche se lui non gli dava corda."
"Questo è importante" notò Mia, seguendo distrattamente con gli occhi un barboncino che passava a qualche metro da loro tra i passanti. "Alan è l'ultimo ad averlo visto. Andy l'ha accompagnato a casa, ha detto che si sono fermati a bere ancora: più alcol, più azioni sconsiderate. E non mi fido molto dell'alibi della fidanzata."
"L'ha ripetuto giusto un centinaio di volte, l'altra sera" notò Josie, facendosi scappare una risata.
"In realtà questa situazione potrebbe far schizzare Alan in cima alla classifica, accanto a Lily."
"Non penso, sai?" fece Josie. "Dovrebbero aver bevuto ancora: Alan ubriaco sarebbe riuscito a spostare il corpo con tanta facilità? Portandolo dove l'hanno trovato, lasciando la macchina nel parcheggio e tornando a casa a piedi?"
Mia dovette darle ragione.
Furono interrotte dall'arrivo di un cameriere, che chiese se volessero altro; Josie ordinò una seconda birra. In quella breve pausa Mia si ritrovò a pensare a come si sentisse a suo agio con lei, come se non stessero discutendo dell'omicidio di un loro caro amico; come se non la conoscesse da meno di una settimana. Eppure non credeva che Josie potesse essere una dei sospettati, anche se effettivamente era quella più vicina alla zona dove Andy era stato ritrovato, a dove aveva lasciato la sua macchina.
"Non abbiamo ancora classificato te" notò Mia all'improvviso; non tanto perché trovasse sospetto che Josie non avesse affrontato la questione, ma più perché la riteneva ben al di sotto di Alan nella lista immaginaria che stavano creando.
"Sì, è vero" replicò Josie. "Ci conoscevamo ed eravamo coinquilini, ma non abbiamo mai avuto litigi seri e non c'era motivo per me di scegliere proprio quella sera per farlo."
"Quindi direi sopra Anita e Jason, sotto di me, giusto?"
"Più noi due a parimerito" corresse Josie, "e Martha sopra di noi, ma soltanto perché non aveva motivi per venire quella sera dopo così tanto tempo; possiamo solo fare ipotesi. Poi Alan, non mi è sembrata una persona così tranquilla e c'erano dei trascorsi a lavoro... l'unico dubbio è come abbia fatto, ma ha più motivi di noi."
Restò in silenzio per qualche secondo, così fu Mia a completare la lista:
"E in cima c'è Lily."
In quel momento arrivò la birra di Josie, che ringraziò distrattamente il cameriere prima di ripetere, dopo che lui se ne fu andato:
"E in cima c'è Lily."
"Non l'ha ucciso lei" disse Mia, con voce pacata. "Non lo dico perché è mia amica, ma perché la conosco. Si è comportata in modo sospetto, come se volesse sviare le nostre accuse, ma lo fa per difendersi. Non per nascondere la verità."
"E non avrebbe avuto senso per lei ucciderlo quella sera" notò Josie, "in un modo così palese, dopo averlo guardato male tutto il tempo. Si può anche ipotizzare che abbia perso la testa e l'abbia fatto senza pensarci, ma da ubriaca e dopo aver fumato non credo proprio che sarebbe riuscita a raggiungerlo e ucciderlo senza alcun problema. No, non regge, e anche la polizia dovrebbe pensarlo."
"Quindi ci resta solo Alan?" domandò Mia. Josie fece spallucce e bevve qualche sorso dal suo bicchiere, cercando di riorganizzare i pensieri. Poi sospirò, scuotendo leggermente la testa:
"Non ha senso fare tutto questo. Non conosciamo così bene gli altri che sono coinvolti, non sappiamo se nascondano qualcosa o no. Possiamo solo ragionare su quello che abbiamo, ed è nulla."
Mia si mise a ridere leggermente. Vedendo la sorpresa sul volto di Josie, spiegò:
"Lo diceva anche mio fratello Phil. Continuiamo a incontrarci per discutere e cercare di capire chi sia il colpevole, ma alla fine è quello che deve fare la polizia. Mi sono messa in testa di risolvere il caso per trovare una qualche pace interiore e se continua così finirò soltanto per morire sola sospettando di tutti."
Josie rimase in silenzio per un tempo prolungato. Mia sorseggiò la sua bevanda, provando un tenue senso di sollievo per quello che aveva appena detto: sentiva di aver confessato quello che non voleva confessare nemmeno a se stessa, ovvero il sapere che non avrebbero trovato risposta a quella faccenda ma la convinzione che il capire cos'era successo, chi era il colpevole, avrebbe risolto tutto. Come se fosse stata una caccia al tesoro il cui premio sarebbe stato ritrovare Andy lì, alla fine del percorso, con un'espressione come a dire "ce ne avete messo di tempo".
"Io mi sento in colpa" disse, infine, Josie. "Perché mi sono addormentata. Ho scoperto che è stato pugnalato con un coltello, è morto dissanguato. Non mi sono accorta che non era rientrato, se non mi fossi addormentata magari sarei uscita a cercarlo e l'avrei trovato ancora vivo. Era così vicino..."
"Ragionare con i magari non porterà a niente se non sensi di colpa insensati" la interruppe subito Mia, allungandosi per stringerle una mano; la pelle pallida era assurdamente fredda sotto il sole primaverile che le abbracciava. "E tu non devi provare colpa, assolutamente. L'unico che deve provarla è chi l'ha ammazzato, non noi."
Josie sorrise leggermente, lo sguardo ancora turbato. Mia si chiese in che quantità tutta quella faccenda le aveva colpite davvero, in un modo di cui non si rendevano ancora conto; quanto le avrebbe influenzate in futuro, per tutta la loro vita.
Andy era morto, era davvero morto. Ucciso da qualcuno, forse da uno di loro. A volte Mia riusciva a realizzarlo, a volte sentiva che la sua mente rifiutava quei pensieri e li chiudeva fuori.
"Ti squilla il telefono" notò Josie. Mia abbassò lo sguardo sullo schermo del cellulare, posato sul tavolino da quando si erano sedute: era un numero sconosciuto e non aveva minimamente voglia di affrontare una chiaccherata con qualche sconosciuto convinto di poterle vendere qualcosa.
Lo schermo si spense dopo pochi secondi; quasi immediatamente, dall'altra parte del tavolo quello di Josie iniziò a squillare. Lei scambiò un'occhiata con l'altra ragazza prima di prendere in mano il cellulare per rispondere, perché entrambe avevano riconosciuto il numero: era lo stesso che aveva appena cercato di contattare Mia.
"Sì?" rispose Josie, irrigidendo il volto quasi subito ascoltando cosa le veniva detto. "Sì, sono io."
Restò in silenzio per qualche istante e Mia assistette a ogni cambiamento che attraversò il suo viso in quel breve tempo, mentre l'altra realizzava cosa le stava venendo detto. Poi Josie puntò gli occhi su di lei e disse, ripetendo quello che aveva sentito:
"Martha è... morta?"
  
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