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Autore: Little_Lotte    31/03/2022    1 recensioni
La stanza era grande e buia, illuminata solo da un fascio di luce lunare che penetrava dalle finestre, illuminando un ampio tavolo sul quale troneggiava un’imponente cesta di frutta fresca e colorata. Geralt non se ne accorse subito, troppo impegnato a immaginare quella perfetta silouette femminile che a breve avrebbe stretto fra le mani, e probabilmente avrebbe continuato a ignorarne la presenza se non fosse stato per…
Quel profumo.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Geralt di Rivia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando si trattava di bordelli, Geralt di Rivia era un uomo di poche pretese.

Si accontentava di qualsiasi luogo al di sopra del livello minimo di decenza, purché il vino fosse accettabile e le donne silenziose – detestava quando qualcuno provava a fare conversazione fra le coperte. Era una scelta parsimoniosa, i bordelli di lusso costavano e non vi era puttana nel continente, per quanto abile o discinta che fosse, che meritasse tutto quel denaro.

Di tutt’altro avviso, invece, era il suo amico Ranuncolo, bardo di professione e massimo conoscitore di bordelli cittadini.

“Non vi è niente di meglio dell’investire il proprio denaro in una donna” era solito dire il menestrello “Tanto più se la donna in questione non si aspetta in aggiunta anche fiori, attenzioni e promesse da mantenere”.

Di norma lo strigo si limitava ad ascoltare Ranuncolo senza dar troppo peso alle sue parole, ma dopo l’ennesimo estenuante combattimento e la più lauta ricompensa che avesse ricevuto negli ultimi decenni, decise che per una volta avrebbe potuto fare un’eccezione. I bordelli di Novigrad erano sempre pieni zeppi, a eccezione del “Passiflora” i cui prezzi proibitivi lo rendevano uno dei locali meno chiassosi e affollati della zona.

Geralt si diresse lì quella sera.

Da troppo tempo sentiva la mancanza del calore di una donna e quell’improvvisa urgenza, oltre ai soldi guadagnati e l’improbabile influenza che le parole di Ranuncolo avevano avuto su di lui, lo avevano spinto a destinazione quasi senza che lui se ne rendesse conto, come se le sue gambe fossero in grado di muoversi senza che la mente avesse pienamente il controllo su di esse.

Si era accomodato a un tavolo da solo, aveva bevuto dell’ottimo vino servitogli in un’elegante coppa e quando la tenutaria gli aveva presentato la fanciulla che si sarebbe occupata di lui quella sera, l’aveva seguita in camera senza troppe cerimonie.

Era davvero giovane, non poteva avere più di diciotto anni; i capelli color del grano le ricadevano morbidamente lungo le spalle, le labbra erano rosee come le guance e un paio di piccoli seni sodi sbucava audacemente da un corpino talmente stretto che sembrava sul punto di esplodere.

Geralt si morse il labbro e la fissò con bramosia.

Per il tempo trascorso senza una donna nel proprio letto, era molto di più di quanto potesse desiderare.

La stanza era grande e buia, illuminata solo da un fascio di luce lunare che penetrava dalle finestre, illuminando un ampio tavolo sul quale troneggiava un’imponente cesta di frutta fresca e colorata. Geralt non se ne accorse subito, troppo impegnato a immaginare quella perfetta silouette femminile che a breve avrebbe stretto fra le mani, e probabilmente avrebbe continuato a ignorarne la presenza se non fosse stato per…

Quel profumo.

Lo avrebbe riconosciuto ovunque, lo conosceva fin troppo bene.

Dimenticò della sua compagnia e come ipnotizzato si avvicinò alla cesta di frutta, osservandone il contenuto. La fanciulla osservò curiosamente lo strigo, sembrava non capire: l’uomo pareva essere piombato in uno stato di trance e lei non aveva idea di cosa potesse averlo indotto così, improvvisamente.

“Geralt? Tutto bene?”

Geralt la ignorò.

Le sue mani tremanti avevano già raggiunto il cesto e cautamente si erano strette attorno a un grosso grappolo di frutti rossi. Lo strigo si portò il grappolo alla bocca e a occhi chiusi ne ispirò profondamente il profumo.

Quel profumo, di nuovo.

Una lacrima scivolò lungo le sue guance, i ricordi colmarono il suo cuore.

Quel profumo.

Il suo profumo.

“Geralt” la voce alle sue spalle si fece più impaziente “Sto aspettando”.

Lo strigo non fece una piega, come se quelle parole lo avessero a malapena sfiorato.

Il profumo di uvaspina era talmente intenso da inebriargli il cervello, nessuno avrebbe tollerato un simile effluvio tanto a lungo eppure Geralt sembrava volerci annegare dentro. Cercava di imprimerlo a forza nella propria mente, non riusciva a staccarsi da esso.

Semplicemente, non voleva.

“Scusami” mormorò senza alcuna enfasi “Non ne ho più molta voglia, perdonami”.

“Cosa? Come sarebbe a dire?”

“Ti pagherò ugualmente, non preoccuparti”.

La ragazza sembrò accogliere di buon grado quella proposta, anzi, ne fu piuttosto soddisfatta; quel tale non le piaceva un granché e non le dispiaceva affatto poter guadagnare una simile cifra senza dover sentire quelle sue dita ruvide e callose scorrere lungo la sua pelle di seta.

“Benissimo, allora vado a farmi un bagno. Vuoi che ti lasci qui da solo per un po’?”

Geralt assentì in silenzio e quella si allontanò senza aggiungere altro, fischiettando un motivetto allegro che malamente si accordava all’umore dello strigo. L’uomo teneva ancora il grappolo di uvaspina fra le mani, lo stringeva a sufficienza da accertarsi che non potesse sfuggirgli dalle dita ma non troppo, per evitare di schiacciare anche uno solo dei suoi grappoli.

Si lasciò scivolare a terra, atterrò sulle ginocchia e chinò il capo, mordendosi il labbro duramente.

Non provò neanche a trattenere le lacrime, sarebbe stato inutile.

Il profumo dell’uvaspina sembrava pian piano perdere la sua intensità ma Geralt lo aveva ormai memorizzato, non avrebbe potuto dimenticarlo tanto in fretta. Provò a immaginarlo in combinazione con altri profumi, odori a lui altrettanto graditi e familiari.

Profumo di lillà.

Iniziò a piangere più forte, ma non osò darlo a vedere neanche a se stesso.

Uvaspina… Lillà…

Boccoli di capelli neri, occhi intensi di colore viola.

Profumo di uvaspina e lillà.

Ricordi di notti insonni trascorse a parlare e a fare l’amore, di litigi furiosi, di baci appassionati, lacrime e sorrisi.

Yennefer.

La sua Yen.

Scrollò il capo e si scostò dai suoi pensieri.

No, Yennefer non era più sua; forse non lo era mai stata, forse era stata proprio la sua libertà a farla fuggire via ancora una volta, come faceva sempre.

Come aveva fatto anche lui, in molte altre occasioni.

Sospirò profondamente e riaprì gli occhi, il suo sguardo cadde di nuovo sugli acini di uvaspina adesso sparsi per terra; allungò le mani febbrilmente, afferrò i frutti e ancora si tuffò nel loro profumo, inspirò profondamente, come un drogato nel bel mezzo di una crisi di astinenza.

Sorrise malinconico.

Yennefer non c’era e forse non ci sarebbe stata mai più, ma Geralt sapeva che una parte di lui avrebbe potuto continuare a illudersi della sua presenza, a sognarla accanto a sé.

In qualche modo, lei sarebbe sempre stata lì.

Almeno fino a quando avrebbe continuato a sentire quel profumo.
 
 
You flee, my dream come to morning
Your scent, berries tart liliac sweet…
To dream of raven lock and twister stormy
Of violet eyes glistening as you weep.
  
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