Anime & Manga > Zatch Bell!
Ricorda la storia  |      
Autore: MadLucy    02/04/2022    0 recensioni
[Zatch/Zeno | twisted fluff | post-canon | king!Zatch | grown-up characters | H/C | bonding | slightly twincest]
«Perché non ci hanno mai fatti nemmeno incontrare?» Non sembra una vera domanda, o almeno una domanda che attenda una risposta.
Zeno risponde lo stesso. «Perché l'esito era troppo imprevedibile.»
Genere: Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Zatch, Zeno
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La tregua finisce un giorno come tutti gli altri, quando Zatch solleva la testa, guarda sempre la stessa finestra e invece di trovarla ostruita dalle tende la trova aperta. Non riesce a distogliere lo sguardo fino a che non vi si affaccia un viso identico al suo. Non importa quanto a lungo stiamo separati, i nostri volti non smettono di riflettersi. Infine, Zeno muoveuna mano in segno di saluto. Si vedono ad ogni cerimonia, ma non parlano da tempo, dalla volta del lungo discorso. Zatch ricambia il saluto, a scoppio ritardato.
«Scusate» ascolta se stesso pronunciare, lasciando il gruppo di guardie reali con cui si sta allenando. «Datemi un minuto.» Un istante più tardi sta salendo le scale. 
«Posso entrare?» Di colpo si sente addosso un'incertezza e un'agitazione che non appartengono al suo modo di fare.
Zeno apre la porta della biblioteca annessa alla propria camera. «Questo è il tuo castello.» Non lo dice con sarcasmo, ma la disinvoltura con cui gli cede il potere di decidere dei loro incontri è alquanto simulata. 
«Ti ho mandato a chiamare diverse volte, sai? Non hai mai risposto.» 
«Ma davvero? Si vede che ero distratto.»
«Diverse volte.» Abbastanza da cambiare l'altezza di entrambi –nello stesso esatto modo. Zatch concentra l'attenzione sulle pile diseguali di libri che dimostrano un'accurata ispezione degli scaffali a parete. Gli sembra di non aver mai fatto altro che aspettarlo –aspettare che venisse a distruggerlo, o che tornasse da lui. «Cosa è cambiato?»
«Durante la guerra sono rimasto indietro con lo studio, e qualche altra faccenda.» Non è una risposta. È come se cercasse sempre di fuggire. Quando mi sembra di afferrare qualcosa, di lui, si dissolve.
Zatch si chiede cosa farebbe se lo abbracciasse. «Ho pensato a te in continuazione.»
«Che cosa tenera.» Zeno sorride senza calore, ma senza sarcasmo –più come se vedesse le sue aspettative e la realtà combaciare. «Pensavo che fosse toccato a te perchè eri il figlio tenero –troppo per una guerra. È andata a finire che hai vinto... Si sbagliavano. Nessuno che prenda in considerazione di vincerla è troppo tenero per la guerra. Ma mi sbagliavo anch'io.» Smorza quelle parole sinistre indicandogli di mettersi a sedere, e appoggiandosi alla scrivania. «Come sta andando l'amministrazione?»
«Per la verità, non ne ho idea. Ho la netta impressione che tutti vogliano compiacermi a scapito della sincerità.»
«Benvenuto nella famiglia reale.»
Zatch si rende conto di stare dicendo quelle parole a qualcuno per la prima volta. «Sono grato della loro opinione di me, ma, beh... È come se, comportandosi da mentori, avessero timore di offendermi. In questo modo non imparo mai nulla di nuovo. Ma se c'è qualcuno che sa fare cose al di là della mia comprensione e immaginazione, quello sei tu.» Lo fissa negli occhi, scoprendo, a sorpresa, che è ancora difficile. È un tipo di luce che associava all'oblio da prima di conoscerlo. «Insegnami quello che non so.»
Ancora più sorprendentemente, realizza, Zeno non l'aveva previsto. «È impossibile. Non sai niente.»
«Quindi ti arrendi così?»
«Non ho detto questo.» Valuta qualcosa che lui non riesce a immaginare, in silenzio, mentre il suo sorriso si allarga, svelando del compiacimento. «Forse possiamo farci un favore a vicenda» calca sulle parole, «fratello.»
Zatch la lascia scivolare nel corpo come una sensazione fisica. «Non hai bisogno dei miei favori. Ciò che vuoi è già tuo.»
«Non sai nemmeno cos'è.» Zeno rivolge un'occhiata ampia e onnicomprensiva alla libreria, e Zatch si augura non stia facendo un riepilogo per le lezioni. «Quando vuoi iniziare?»
«Oggi.» Zatch reprime nuovamente l'impulso di toccarlo. Vede una vecchia fotografia incorniciata al muro: il suo gemello molto, molto più piccolo, che non sorride, guarda l'obiettivo con una brutta intenzione d'acciaio. «Perchè non ci hanno mai fatti nemmeno incontrare?» Non sembra una vera domanda, o almeno una domanda che attenda una risposta. 
Zeno risponde lo stesso. «Perchè l'esito era troppo imprevedibile.»

***


«E lui che ha fatto? Gli ha semplicemente dato ciò che voleva.»
«E cioè?»
«Un ruolo che gli permetta di mettergli i piedi in testa.»

Zatch non poteva fare a meno di immaginare che Zeno si sarebbe divertito ad accanirsi su di lui, ma il loro addestramento non è questo. Ciò non significa che non faccia male. Forze coercitive, nemici invisibili, senza volto, concreti come pavimenti e pareti. Se immagina che quello avrebbe potuto essere il ritmo a cui Zeno aveva appreso ciò che sapeva prima della guerra– 
«Non opporre resistenza.» La voce vibra, suadente e minacciosa allo stesso livello, mentre la pressione aumenta. «È uno spreco di energia.»
«Allora qual è... lo scopo... del–?»
«Restare cosciente.»
Non ha niente a che vedere con le ufficiali lezioni a cui deve presenziare; sono oscure, sotterranee, illecite, in un certo senso –ma funzionano. Zatch smette di svenire, poi inizia a opporre resistenza, poi riesce a fermare i muri –anche se attraverso il velo del sudore, del sangue. Zeno glie lo deterge con pragmatismo. «Debolezza che se ne va.» Non capisce se è un incoraggiamento o una constatazione. 
Resistere è il primo gradino, ma ce ne sono molti altri. Una scala della cui esistenza Zatch non sapeva niente. Durante le pause, mentre i muscoli infiammati formicolano, si concede di parlare, come non parla con le altre persone –quelle che non vuole impensierire, che non vuole appesantire, che vuole proteggere dai propri dubbi che sembra così sbagliato nutrire. 
«Appariva diverso, governare, allora. Pensavo che sarebbe bastato lasciare le persone libere affinchè venisse la pace. Che non esistesse motivazione che renda necessario soffrire. Pensavo... che a tutto ci fosse un unico rimedio, e che io ne sarei stato capace.» 
Zeno no, non ha paura della sua inettitudine o del suo fallimento. Ascolta e basta. «Un popolo non è un gruppo di amici, e nemmeno un gruppo di cento mamodo, e la pace non è la spontanea condizione di un popolo. Ma non è colpa tua. Nulla avrebbe potuto prepararti, perché nulla ci va vicino.»
«Devo trovare una strada di compromesso tra i sogni di un bambino e i doveri di un re.»
«Quello, nessuno può farlo al posto tuo.»
«Però tu lo hai sempre saputo, vero? Quanto sarebbe stato difficile dopo.»
Zeno lo guarda di sottecchi. «Lo sapevi anche tu, in fondo. Sei meno stupido di quanto credi.»
Zatch lascia che quel mezzo riconoscimento lo scaldi. Rimane a fissarlo, per trovare anche quello che suo fratello ancora non sa dire. «Ogni tanto mi chiedo cosa sarebbe successo se non avessero deciso di tenerci lontani.» Forse saprebbe raccogliere quei pensieri come fossero i propri, forse ora il re non sarebbe nemmeno lui. Non sa se sentire la mancanza di quella possibilità sfumata. 
E, di colpo, Zeno parla. «O se io non avessi scelto di tenerti lontano. Lontano eri così facile da odiare.» Zatch sa, e annuisce. Averlo vicino portava la rabbia, e la rabbia portava la debolezza. «Non è mai esistita una distanza sicura da te.»
Zatch prova una sensazione dolorosissima di identità tra quelle parole e la propria paura –una paura così antica che è ancora lì, da qualche parte. «Eppure è come se non te ne fossi mai andato.»
Anche Zeno lo fissa.

***

Parlare di Zeno agli altri è tutt'ora strano, come usare un arto di cui si è appena acquisito la funzione –anche se deve farlo, perchè tutti vogliono sapere. «Stiamo cercando di recuperare il tempo perso.»
«La gente sta chiacchierando moltissimo del vostro tempo insieme» commenta Kolulu. «Dicono che il principe sia diventato protettivo con te, anche se è buffo da immaginare.»
«Oh, sì» si affretta a confermare Zatch, «e io con lui. No, io di più.»
«Non credevo ne avesse bisogno.»
«Ho il compito più difficile. Lo proteggo da se stesso.» Potrebbe far quei discorsi per ore. «I suoi sentimenti sono un disastro. C'è ancora così tanta rabbia. Lo aiuto a scavare.»
«Sei anche molto permissivo.» Sono discorsi, quelli, che a Tia piace interrompere. «Tenendo conto dei pregressi.»
Ma Zatch si scherma da quei pregressi con un sorriso radioso e incurante. «Questioni di famiglia, immagino.» Lo sguardo di Tia lo tiene in ostaggio di ciò da cui cerca di scappare. «So perchè sei preoccupata, ma non serve. Pensa a questo. Zeno è sempre stato ad un passo dal distruggermi. Ma non l'ha mai fatto.»
«Non prova niente –che non lo desiderasse, almeno.»
Kolulu sfiora il braccio di Tia, che non la guarda neanche, decisa ad andare fino in fondo di ciò che intende precisamente. 
«Lo desiderava» risponde Zatch, pacatamente, «e non l'ha fatto.»
«Tu speri davvero che significhi qualcosa? Speri che fosse combattuto nei tuoi confronti almeno una infinitesima parte di quanto probabilmente lo sei tu ora?» 
Kolulu sussulta. «Tia, basta...»
Tia conclude irreparabile. «... che dia senso a tutto quello che invece ha fatto?»
Zatch è turbato –deluso, come una divinità leggiadra schiaffeggiata. «Posso finalmente parlargli. Di ciò che mi fa paura. Dei miei incubi peggiori.»
In quel leggero distacco tra i rimproveri e la felicità, Tia vede solo una tenace, smaniosa illusione. «E glie l'hai detto, che lui era parte integrante di quegli incubi?»
I tempi in cui Zeno era nel buio, dietro le palpebre, l'odore del terriccio, il suo piede sulla testa. 
«Voleva rendermi simile a lui. Ferito.» Zatch si schiarisce la voce. «Perchè non ci conoscevamo. Adesso ogni cosa è diversa.»
Guarda Kolulu, come per intercettare un segno di approvazione, e lei sorride –ma è un sorriso triste, senza forza da infondere.
Tia è fredda. «Credo che tu veda ciò che vuoi vedere, e non veda ciò che è ovvio per chiunque altro.»
Zatch le sorride dolcemente. «Vederlo è il primo passo per renderlo possibile, Tia. Come noi. Ti ricordi?»
Tia si ricorda, ma scuote la testa. «Cosa bisogna fare, con te...» Lo dice senza allegria. Vorrebbe dire andrà a finire male, ma Kolulu ora le affonda le dita nel braccio, per fermare quella maledizione. 
Zatch è lì, ma non è lì– ascolta, ma non ascolta. «Un fratello è quello che ho sempre desiderato.» 
Tia lo compatisce con lo sguardo. «E lui sa anche questo.»

***

La prima lezione consistente, che non preveda la scoperta di un'energia sorda e ottusa nei meandri del proprio spirito, sono le arti marziali. Zatch non può impedirsi di pensare come Kiyo sarebbe stato bravo in queste discipline –anticipare i colpi, leggere il linguaggio del corpo, trovare aperture– ma questo attribuisce un significato ancora più importante all'addestramento. Lo sta facendo per entrambi, in un certo senso, per non vanificare gli sforzi che tutti e due hanno compiuto per portarlo fin lì, ed è giunto il momento di dimostrare quello che allora prometteva e basta. Lo sta facendo perchè Kiyo ci credeva. Era così bello crederci insieme. Da solo, gli sembra che gli manchino dei pezzi. Kiyo completava una parte della sua forza e della sua convinzione; senza, capita che Zatch si senta, sì, solo un bambino –quando inizia a temere di non poterlo essere più.
Zeno schiva il suo attacco, gli piega il braccio e blocca il suo piede con il proprio– poi sospira. «Dimmi quello che vorresti dire, ma ti trattieni dal dire come se avessi davanti un'anima troppo sensibile.»
Zatch si rende conto di essersi mordicchiato il labbro finora. Non se n'era accorto, ma Zeno sì. «Non pensare che io sia fermo al passato. Ho bisogno di capirti... Ho bisogno di provare tutti i tuoi stessi sentimenti.» 
«Chiedi.»
«L'odio causato da me ha rovinato la tua intera vita? Odiavi il mondo perchè mi odiavi?»
Zeno cede e gli fa cenno di sedersi sul bordo del letto. «Mi reputi mosso da ragioni troppo semplici.»
«Infliggere... quel dolore agli altri...» Zatch annaspa per spiegarsi, le emozioni si affastellano rallentando la lingua. «Come poteva non farti soffrire?»
Zeno acconsente a tornare indietro, per lui. 
«Cambiare lo stato delle cose» sceglie infine di dire «è il pensiero che non mi abbandonava mai. Il mio partner era come me in questo. Ciò che avrebbe dovuto ripagare tutto il resto era andato storto. Mentre cancellavo i tuoi ricordi, una parte di me desiderava cancellare i miei.» Le dita di Zatch fremono in un pugno chiuso, ma frena ancora una volta il contatto. «Non ce n'erano di buoni. Non era il dolore, era l'umiliazione –e la mancanza di senso. Fino ad allora credevo di essere destinato a un futuro già pronto, e che la mia vita fosse stata quella che era per meritare quel futuro. E poi ho scoperto che anche tu eri stato selezionato per la battaglia. Prima che me ne accorgessi, ero senza uno scopo, e subito dopo ero solo il tuo nemico.»
Zatch lascia colare le lacrime sulle guance. «Pensavo che non mi avresti mai guardato in un modo diverso dalla prima volta.»
Zeno socchiude le palpebre, e di colpo Zatch sa cosa sta pensando –che non sa come lo sta guardando in quel momento. «Dovresti conoscermi meglio, ormai.»
«Se io non esistessi, ogni cosa ti sarebbe stata risparmiata.»
«Se tu non esistessi, probabilmente io sarei già morto.» Zeno lo dice senza enfasi, come se non fosse una cosa così sconvolgente, così incredibile, come se il cuore di Zatch non stesse scoppiando. Invece di abbracciarlo –di nuovo– parla. 
«Ogni tanto ho ancora degli incubi.» La parola si distorce sulle sue labbra. «Quel male che non mi apparteneva, così antico... L'idea che qualcosa di così tremendo sia una parte di me come un pezzo di pelle. Che quell'orrore esista attraverso me e che possa uscire e togliermi tutto quanto.» Non è mai stato altrettanto liberatorio esporre la propria vulnerabilità a qualcuno da quando... dall'ultima volta che l'ha fatto. «Altre volte sogno soltanto la solitudine, che è così grande, senza confini.»
«Qualsiasi cosa ci sia dentro di te, non sei solo ad affrontarlo.» Zeno non esita nel prometterlo. Zeno che era materia degli incubi e anche dei sogni. E adesso cos'è? Zatch trova la sua mano sopra la propria, e le parole escono. «Mi manca lì. Mi manca allora.» Tempi più semplici, e qualcuno che gli curasse anche le ferite più piccole, quelle che non facevano nemmeno male. «Mi manca lui.»
E Zeno risponde semplicemente «lo so.»
Quando parlano sottovoce, la loro voce è quasi la stessa. Ma non parlano più. 


***

La corte cambia, e ora è raro vedere il re angosciato, o tentennante –o da solo. Si applica con una rinnovata ostinazione, sviscerando il cavillo di ogni editto e controllando i risultati dei contabili, e poi voltandosi alla propria destra per incontrare uno sguardo.
«Si teletrasporta persino, adesso» sentenzia Tia con astio. «L'ho visto con i miei occhi.»
Wonrei si sente a disagio nel prendere parte a quella conversazione, perchè ha il vago, inconfutabile sapore della cospirazione. «Qual è il problema? Di cosa stiamo parlando davvero? Non di teletrasporto, mi auguro.»
Tia si sporge sul tavolo. «Volevamo sul trono Zatch, non Zatch e Zeno. Di questo stiamo parlando. Non riesco più a sopportarli. Sempre lì a... sussurrare.»
Kanchome dice quello nessuno dice e tutti temono. «Vuoi sapere una cosa? Io credo che tu sia gelosa.» 
Tia sbatte le mani sul tavolo. «Gelosa? Per voi è tutto uno scherzo, vero? Il fatto che, da quando suo fratello si è degnato di concedergli udienza, d'un tratto il re del vostro mondo non abbia più un senso critico?»
«Sì, insomma... Prima Zatch aveva solo noi, e più tempo da dedicarci. Avevamo uno spazio diverso nella sua vita. Adesso ha una famiglia, un fratello, e un regno.»
«Una famiglia che lo ha abbandonato? Un fratello che gli ha fatto passare l'inferno?» Tia si volta verso Ted. «E tu, almeno? Sei con Zeno o contro Zeno?»
Ted viene preso alla sprovvista. «... pensavo che fossimo con Zatch.»
«Le cose stanno cambiando» ribatte Tia «molto rapidamente. E non si potrà fare finta di niente per sempre.»
«Dovresti parlare di tutto ciò direttamente con lui» la ammonisce velatamente Wonrei. Ma Tia conosce già l'esito di quella conversazione.
«Ormai si fatica a distinguere te e Zeno, come veri gemelli.»
Zatch non coglie il sarcasmo nella sua voce. «È vero. Credo che non siamo più così diversi.»
«Fidati, lo siete. Io lo so.» Tia cerca disperatamente un modo per svegliare la sua coscienza da dietro l'espressione afflitta che sta già facendo. «Zeno ha un debole per il potere che tu non hai mai avuto, e se non credi a me, credi a tuo padre.»
Zatch risponde con dolcezza, quasi che volesse sanare la venatura di frustrazione nella sua voce. «Io credo sempre a te, ma quello era ieri.»
«Anche la vendetta era ieri. Anche il calpestare chiunque si mettesse sulla sua strada, come se fosse privo di valore.»
Zatch respinge la sua durezza scuotendo la testa. «Niente è più così. Ti sembrerà senza senso» Tia rotea gli occhi al soffitto e Zatch tenta di farsi ascoltare lo stesso, «ma ormai, a volte, mi sembra di essere nella sua testa.»
«O è lui ad essere nella tua.»
Zatch si fa quasi implorante. «Aveva solo bisogno di qualcuno, Tia. Puoi capire una cosa del genere, vero? Ci sei passata anche tu come me.»
«Abbiamo entrambi reagito in modo un po' diverso da lui, non trovi?»
«Ti garantisco... che abbiamo affrontato tutto ciò che non andava nel nostro passato, e stiamo andando oltre.»
Tia sorregge stancamente il suo sguardo pieno di luce. «Forse, sì. O forse ti sta manipolando, perchè è ciò che ha già fatto.» Riprende a parlare prima che Zatch possa interromperla. «Non odiava semplicemente te. Odiava ogni cosa. Era disposto a fare cose terribili per raggiungere i suoi scopi. Era quel tipo di persona, e quel tipo di persona non cambia, Zatch, mai.»
Zatch si irrigidisce. «Tutti possono cambiare,» replica, «e a te non è mai piaciuto.»
«Non stiamo parlando di me!» Tia fa un passo avanti, e Zatch fa uno sforzo per non arretrare. «Noi eravamo pronti a sacrificarci per te, a metterci tra te e il pericolo, e Zeno era quel pericolo. Questa è semplicemente la differenza tra i tuoi amici e lui.»
Il colpo è andato a segno. Zatch ci mette un po' prima di rispondere. «Non potrei mai smettere di provare ciò che provo, qualsiasi cosa mio fratello faccia o non faccia.»
«Non è quello che sto dicendo. Perdonare Zeno è sentimento, fidarsi di Zeno è sentimentalismo.»
Zatch è scottato. «Quindi tutti quei discorsi non valevano niente?! Avrei dovuto allestire un ricongiungimento di facciata che mi facesse apparire bello e poi voltargli le spalle?! La speranza esiste solo per alcuni? Puoi essere felice solo se non sbagli mai? L'amore era una retorica?!»
«L'amore è altrove» risponde Tia, e poi tace. 
Zatch le dà le spalle per strofinarsi il viso con una mano. «Non voglio escludervi. Davvero. Nè te, nè gli altri.» Tia si prepara ad assorbirlo, fa male lo stesso. «Ma ci sono cose che non potete capire.»
Tia sferra il colpo più basso senza nemmeno volerlo pienamente. «Ha cercato di ferire Kiyo. Speravo non ti saresti dimenticato almeno questo.» È un nome di cui non è orgogliosa di essersi servita, come non vorrebbe che un altro nome venisse usato contro di lei. «La fiducia va guadagnata. L'amore no, e Zeno sta sfruttando qualcosa che non puoi controllare.»
Zatch solleva il volto e la guarda. «Ti fidi di me?»
Tia sa perlomeno di averci provato, di avercela messa tutta. «È inutile, vero?» Emette un sospiro profondissimo.
Zatch le dà le spalle di nuovo. «La guerra è finita, Tia» mormora «e non credo che avrò più voglia di parlarne, da qui in avanti.»
La risposta è tagliente. «Se lo dice il re, dev'essere vero.» La porta sbatte dietro di lei. 
Zatch si permette di sospirare nello stesso, esausto modo. «Adesso litigo con Tia... Magnifico.» Kiyo, perchè non sei qui?Gli bruciano gli occhi, ma non può piangere. «Non so più cosa sto facendo.»
Alla scrivania in fondo alla stanza, Arth gli rivolge un'occhiata circospetta. «È possibile che la tua amica si lasci trasportare dai propri sentimenti» ammette, «ma ti prego di considerare che la cautela non è mai troppa per un re.»
«Anche tu la pensi come lei?» geme Zatch esasperato. Un brivido gli corre lungo la schiena. 
Arth pondera le parole. «Penso che non dovresti dipendere da nessuno» osserva «nemmeno da lui.»
Ci sono cose che nessuno può capire, si dice Zatch. Tranne.


***

Non rimane che una persona con cui parlare. Tia gli tende un agguato al termine di una cerimonia, aspettando al varco dell'ingresso laterale del castello, che grazie a Zatch sa essere quello utilizzato dai reali– e interpone un braccio tra lui e la porta. 
Zeno inarca le sopracciglia, più annoiato che infastidito. «Hai qualcosa da dire, presumo?» 
«Sì, ho qualcosa da dire.» Tia appoggia la schiena alla porta per chiarire il concetto. «A che gioco stai giocando?»
«Stavo per farti la stessa domanda» ribatte Zeno, serafico. «Incidentalmente, sono stato messo al corrente della tua chiacchierata con Zofis. Adesso è questa la gente che frequenti? Zatch rimarrebbe perplesso se lo scoprisse, non credi?»
«Non c'entra nulla con–»
«Corretto» lo sguardo di Zeno non è affatto quello del saggio consigliere, in quel preciso istante, «oppure no?»
«Sì» sibila Tia tra i denti «ma volevo solamente sapere se potesse essere soggetto a qualche forma di controllo mentale.»
Zeno schiocca la lingua con sprezzo. «Tsk! Controllo mentale. Solo degli idioti come te e Zofis potrebbero ricorrere a un mezzuccio di così infimo livello per ottenere quello che vogliono.» Per quanto internamente atterrita, Tia è sollevata che quello che sta parlando sia, senza sotterfugi e recitazione, il nemico che ha affrontato anni prima. «E che cosa ti ha risposto, il tuo amico Zofis?» la sbeffeggia. 
Tia fa una smorfia di disappunto. «Che non crede che sia ciò che sta accadendo.»
«Ma guarda un po'. Forse mi spettano delle scuse,» non perde di vista il gesto apparentemente disinvolto della sua mano che sgranchisce le dita, «considerando anche gli spiacevoli pettegolezzi che hai diffuso su di me.»
«Delle scuse?» Tia sente l'ira montare. «La fiducia di Zatch ti ha dato alla testa, temo. Ma io non sono Zatch» l'adrenalina le offre la spregiudicatezza di aggiungere con voce ferma e affilata, a muso duro, «e non mi fido di te.» 
«Questo dovrebbe allarmarmi?» Zeno sogghigna beffardo. «Stiamo dalla stessa parte, ora. Cosa ci guadagnerei a fare qualche passo falso?»
«Ci stai già guadagnando. La tua influenza a corte. Il peso della tua parola al consiglio. È sotto gli occhi di tutti.»
«Certo che lo è. Non è mica un segreto.» Zeno risponde al suo sguardo furioso con tranquillità. «Avere un re gentile non fa scomparire la brutalità dal mondo. Gestire questa brutalità... Dev'esserci qualcuno a farlo. Un regno in pace necessita di un apparato di difesa –robusto. Affinchè quella gentilezza e quella pace non vengano sciupate.» Si posa una mano sul petto. «È un compito che mio fratello il re ha affidato a me.»
«Che conveniente» commenta Tia al vetriolo. «Una bella posizione per un perdente e traditore.»
«Non farei la voce grossa. Siamo tutti perdenti qui.»
«Ma non tutti traditori.»
«Oh, no, tu no, vero?» Zeno solleva un angolo della bocca, deliziato. «Cosa mi dici di te? Qual è il posto che tu vorresti a corte?» Si sta prendendo il suo divertimento, e Tia lo percepisce nitidamente, come un bisturi contro un nervo. 
Parla con calma, scandendo bene. «Cerco solo di proteggerlo, e così dovrebbero fare tutti quelli che gli vogliono bene in modo sincero. Ma tu non ami tuo fratello –non l'hai mai amato– sei salito sul carro dei vincitori e io questo lo so con certezza.»
«E Zatch ci crederà?» si chiede Zeno, sfuggente. 
Tia stringe gli occhi. «Farò tutto il possibile perchè lo capisca.»
«Già. Sei lo scudo. Degno di plauso, assolutamente banale, e a conti fatti irrilevante.» Zeno si compiace del suo astio. «Ti credi molto più furba degli altri, e invece sei una sciocca. Non l'hai neanche capito? A Zatch non serve uno scudo. Mio fratello è detentore di un potere che non può controllare una volta per tutte, nè per sempre. Il pericolo non viene dall'esterno, ma dall'interno. Devo stargli accanto per impedire che abbia la meglio, ed è qualcosa che spetta a chi comprende la natura di quel potere. Quindi, se c'è una persona che può difendere Zatch, qui,» la voce è diventata velluto, «non sei tu.»
Tia dissimula le emozioni con un sorriso aspro. «Era proprio come immaginavo» dichiara. «Non sei cambiato.»
«Suvvia, non perdere le speranze. Magari riuscirai addirittura a farti sposare.»
Tia perde coscienza per una manciata di secondi –solo per realizzare che la mano che voleva usare per colpirlo in piena faccia non si è nemmeno mossa, e continua a non muoversi. Senza comandarlo al proprio corpo, si sposta dalla porta. 
Zeno sorride e scompare oltre la soglia. 


***

Non parlano così tanto come facevano all'inizio. Non ne hanno più bisogno. Si guardano e sanno le cose. Non è nemmeno come con Kiyo –è più viscerale, in qualche modo, non è nemmeno una relazione, è un'identità. Se Zatch si concentra un attimo, può scoprire in ogni istante dove Zeno si trovi; inoltre, è certo di essersi svegliato una mattina toccando denti appuntiti con la lingua, e ricorda distintamente di aver visto l'alba con Dufort su un'isola di Capo Verde. Ora ricorda anche quella notte nel bosco dall'altra parte. Può sentire il sangue sfrigolare di gloria nelle vene mentre preme il piede sulla testa di un ragazzino accasciato al suolo. Capisce quanto sia insieme vertiginoso, e precario, essere Zeno. Le sensazioni del gemello gli scoppiano nel corpo come se le avesse richiamate lui stesso, ma allo stesso tempo con quell'irruenza ruvida che ormai riconosce come un profumo, come un sapore, come qualcosa di inarticolato e avvolgente che ti entra dentro e ti obnubila. 
La prima volta che evocano il Baou insieme, Zatch teme che sia terribilmente pericoloso, per quanto sembri paradossale preoccuparsi per l'incolumità di qualcuno di così potente –e la sua apprensione non umilia Zeno, forse il primo, vero passo che tutto è diverso fino a un punto di non ritorno. Per lo sconcerto di entrambi, funziona con una fluidità e una potenza impressionanti, togliendo loro minime energie. Zeno spiega che è ragionevole, dal momento che sono il risultato della scissione di un insieme, l'eredità paterna. «È così che sarebbe sempre dovuto essere» conclude sgomento, quasi parlando a se stesso, «insieme.»
Insieme 
ha un bel suono. Zatch è così felice da sentirsi sciogliere in quell'abbattimento radicale di confini, limiti, distinzioni. 
«Nostro padre» dice Zeno «è diventato gentile con noi quando ormai potevamo farcela da soli. Mi ha trattato come il più trascurabile dei suoi servi, e ha mandato te nella miseria come schiavo. Siamo solo tu e io, Zatch.»
E, per quanto Zatch voglia perdonare i suoi genitori, sa che ha ragione. 
Una notte, anche l'ultima barriera cade. Cammina fino al suo letto nel buio, incarnando la proiezione dell'unica cosa che vuole davvero fare. 
«Zeno...»
La voce è limpida, vigile. «Sono sveglio. Ti stavo aspettando.» Le coperte frusciano mentre ci scivola dentro. 
Esita per un ultimo istante, fino a che la mano di Zeno non sfiora appena la linea della sua schiena. «Vieni qui.»
Zatch affonda contro il suo corpo con sollievo. La sensazione è piena, appagante, di come avrebbe sempre dovuto essere, ma è anche talmente intensa da mozzare il respiro. Ci preme il viso per non affrontare nient'altro che quella sensazione. Non deve più cercare nulla. Ecco la pace, pensa confusamente, chiaramente. 
«Non lasciarmi.»
«Non lo farò.»
Zeno gli accarezza i capelli lentamente, gli occhi aperti nel buio, e gli dà ciò che vuole. Lui, da parte sua, non lo sa. 
Che le cose sono cambiate, non è una bugia. Ha capito molto di ciò che gli sfuggiva. Che quel potere la cui mancanza gli squarciava la vita in due è, di fatto, una debolezza, e possederlo significa essere una fragile incubatrice, come il portavoce di un dio cattivo. Fin dall'inizio, l'arma non era il Baou; l'arma è Zatch. E non c'è limite che Zatch non possa superare, per amore. Zeno lo sa, perchè sarebbe un ingenuo a non saperlo, e lui non è un ingenuo. Ma quanto può essere sbagliatosaperlo, quando Zatch entra ed esce dalla sua mente come gli altri si frugano in tasca? 
Ma ciò che Zeno sa altrettanto bene è di non stare recitando, nè seguendo qualsiasi dei piani malevoli che gli si attribuisce –sarebbe quasi più semplice se fosse così. Sarebbe logico. Ma non è logico. È forte e prevale su tutto. La sensazione del corpo caldo di Zatch che dorme e respira contro di lui è piacevole, Zeno constata. Il contatto scorteccia via le parole e la linearità del tempo, presente e vivo come una ferita.
Vuole usare suo fratello e lo ama allo stesso tempo, senza contraddizione. Qualsiasi sarà il futuro, Zatch verrà con lui, che la destinazione gli piaccia oppure no. Divisi non è più un'opzione. Ora ha bisogno di quel peso contro il petto come l'incantesimo ha bisogno di Zatch per annidarsi e inchiostrargli l'anima.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Zatch Bell! / Vai alla pagina dell'autore: MadLucy