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Autore: Lis4_88    03/04/2022    1 recensioni
"Pensi che sia normale se una persona ama un'altra persona dello stesso sesso?"
Niente sguardi. Solo verso il piccione.
"Chi decide che cos'è normale?" arrivò di tutta risposta "Perché è normale amare una persona del sesso opposto ma del proprio no? Non me lo spiego. O entrambe le cose sono normali o nessuna delle due lo è."
"Penso che nessuna delle due lo sia." dissi restando immobile, mentre la sigaretta si consumava nella mia mano destra.
"L'amore non é normale."
"Concordo."
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Matt, Mello, Misa Amane, Near | Coppie: Matt/Mello
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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•23 marzo 2007•
Winchester, Inghilterra

"È arrivato, è arrivato!"
Linda spalancò la porta della camerata, all'epoca molto più spaziosa e con solo sei letti al suo interno.
"Il bambino nuovo è arrivato!"
Io e Mikami ci guardammo per un istante e dopo lanciammo all'aria le riviste che stavamo leggendo, e con una corsa sfrenata ci precipitammo fuori dalla stanza. Dietro di noi seguivano a ruota L e Light, quest'ultimo saltellante su un piede intento a mettersi un calzino.
Ci spiaccicammo tutti quanti sulla finestra del corridoio, che dava sul viale davanti l'ingresso.
Eravamo stati avvisati la settimana prima, che un nuovo bambino proveniente dalla Germania stava per entrare a far parte della nostra famiglia. Ci elettrizzava da morire la cosa, e non vedevamo l'ora di avere un nuovo compagno di giochi provenienti da un'altro Paese del mondo.
Fino a quel momento io ed L eravamo gli unici stranieri, e la cosa ci faceva sentire le pecore nere del gruppo.
"Secondo voi come sarà?" chiese Light, con il naso appiccicato alla finestra.
"Spostati L non vedo!" sbraitai io, tirando una gomitata al corvino in modo che mi lasciasse qualche centimetro di spazio.
"Speriamo non sia un cafone".
Mi dispiace Linda, lo speravamo tutti.
Una macchina nera si fermò davanti il vialetto e volarono altri spintoni e gomitate, perché ognuno di noi voleva essere il primo a vedere l'aspetto del nuovo arrivato.
Un uomo con degli enormi baffi scese dall'auto, e andò a stringere la mano a Watari e Roger.
"Sono tutti così in Germania?" disse Mikami, provocando varie risate.
"Saprà parlare inglese quello nuovo?"
"Io l'ho imparato in poco tempo"
"Lo sappiamo cervellone"
"Zitti! Eccolo che scende!"
L'uomo tedesco aprí la portiera della volante e ne uscì un bambinetto che da lassù ci sembrava microscopico. Aveva una matassa di capelli biondi, che arrivavano quasi alle spalle. Aveva la testa china e reggeva uno zainetto azzurro che teneva stretto al petto, circondandolo con le sue esili braccia.
Watari si chinò su di lui e gli accarezzò il cuoio dorato, ma la sua mano venne scostata da uno schiaffo che il bambino vi tirò sopra.
Tutti noi facemmo un verso di stupore e aprimmo la bocca a forma di O.
"Che caratterino!" esclamò Light ridendo.
"Questo ci darà filo da torcere me lo sento." constatò L sconsolato, affermazione che in futuro si rivelò veritiera.
"Stanno entrando!" urlò Linda quando vide i tre uomini e il diavoletto dai capelli biondi incamminarsi verso la porta.
Tutti ci voltammo subito a sinistra e iniziammo a correre per raggiungere il piano di sotto. Io (che ero il secondo in fila) non frenai in tempo e andai a sbattere contro la schiena di L, che si era fermato all'improvviso a metà scala.
"Ma che diavolo-?!" sbraitò Mikami venendomi addosso, innescando una reazione a catena di scontri.
"Shhhh!" ci fece eco L mettendosi l'indice sulla bocca.
Davanti la porta d'ingresso c'erano gli uomini che parlavano, e dietro quello con i baffi c'era il bambinetto che teneva stretto lo zaino.
Nessuno sembrava essersi accorto della nostra presenza, e l'uomo sconosciuto stava parlando in tedesco con Roger.
"Da quando Roger sa il tedesco?" bisbigliò Linda dal fondo della fila. Come risposta le giunse un coro di "shhh".
Volevamo stare tutti in ascolto, anche se in realtà nessuno di noi stava capendo una parola.
In quel momento Watari si voltò e notò una mandria di cinque ragazzini acquattati sulle scale.
"Oh ragazzi siete già scesi vedo! Forza venite a conoscere il nuovo arrivato."
Tutti ci guardammo in silenzio, cercando conferma negli sguardi degli altri, e dopo esserci annuiti a vicenda scendemmo le scale tutti insieme.
"Ma quanti siete! Sembrate tutti molto simpatici!" esclamò il terzo uomo, parlando un inglese quasi perfetto se non fosse per la pronuncia terribilmente marcata.
"Lui è Mihael Keehl, e starà con voi d'ora in poi" continuò indicando il ragazzino che si cercava di nascondere dietro le sue gambe.
Calò un silenzio imbarazzante, e sembrava che nessuno di noi volesse dire qualcosa per romperlo.
"Mello, saluta i tuoi nuovi amici." disse l'uomo baffuto, palesemente a disagio.
"Ich will nicht mit diesen Schwachköpfen leben"
Finalmente sentimmo la voce di Mihael, che era piuttosto bassa per essere quella di un ragazzino di 10 anni, e dal suo tono sembrò essere molto arrogante.
Ricordo che tutti noi lo guardammo confusi, mentre Roger fece una faccia sconvolta e guardò il tutore di Mello come se lo stesse rimproverando.
"Che cos'ha detto?" chiese Linda.
"Cose molto brutte piccola." rispose Roger, facendosi il segno della croce sul petto. Anche lui aveva compreso che la Germania ci aveva spedito una bella gatta da pelare.
Comunque scoprimmo tempo dopo che la frase di Mihael significava: "Non voglio vivere con queste teste di cazzo". Che carino.
Watari fece uno dei suoi sorrisi che ti sciolgono il cuore e accompagnò tutti gli adulti in cucina per offrire una tazza di the al nostro ospite. Erano le cinque di pomeriggio, bisognava rispettare le tradizioni. Disse a tutti noi di mostrare a Mihael la camera mentre loro dovevano compilare alcuni moduli.
"Da questa parte" disse Light piuttosto diffidente nel portare quel diavolo della Tasmania nel nostro piccolo regno.
Mello ci seguì al piano di sopra e posò il suo zainetto sul letto che gli era stato predisposto.
Tutti noi lo fissavamo in semicerchio, aspettando un qualche gesto o una frase da parte sua. Ammetto che io mi sarei sentito in soggezione, e forse lo era anche Mihael.
"Così vieni dalla Germania eh?" chiese L, facendo una delle tipiche domande da copione con il solo scopo di rompere il silenzio. Ma il silenzio rimase, perché Mello sembrava intenzionato a voler solo svuotare il suo zaino da magliette e pantaloni.
"Sei cresciuto in orfanotrofio?" provò Linda, ma anche lei non ottenne nessuna risposta.
"Io sono Matt comunque!" tentai allora io, e tutti colsero la mia idea come la migliore, dato che uno ad uno iniziarono a presentarsi.
"Es ist mir egal, wie du heißt" Fu la risposta di Mihael. Che per la cronaca, significa: "Non mi interessa sapere come vi chiamate".
Noi ci guardammo attoniti e la pazienza di Mikami aveva già superato il suo limite piuttosto basso.
"Questo qui mi ha già rotto." E andò a buttarsi sul suo letto, riprendendo la rivista che stavamo leggendo insieme mezzora prima.
Ma io non volevo demordere, sono sempre stato un tipo estroverso e volevo davvero fare amicizia con quel ragazzino.
"Ascolta, non so se tu non capisci quello che ti diciamo o ci prendi per i fondelli, ma fatto sta che se hai bisogno di lezioni d'inglese posso aiutarti io. Vengo anch'io da un'altro paese sai? Hai presente dov'è la Romania?"
A quella parola finalmente Mihael si girò e mi fissò incuriosito.
"Capisco poco l'inglese" disse dopo un po' "Lo so un po' parlare perché ce lo insegnavano all'orfanotrofio dove vivevo."
Gli sorrisi soddisfatto e anche tutti gli altri erano di nuovo interessati a sostenere una conversazione. Ma tutto si rovinò con la frase che pronunciò dopo.
"Quindi non mi serve prendere lezioni da uno stupido come te!"
Se ci fosse stato Beyond di sicuro avrebbe riso a una cattiveria del genere, ma dato che nessuno dei presenti era così sadico, tutti rimasero a bocca aperta. Perfino quella di Mikami sbucava dalla rivista che fingeva di leggere, perché in realtà voleva ascoltare ogni singola parola del discorso.
Non mi offese quel commento anzi. Non so perché mi fece provare ancora più curiosità nei suoi confronti e senza accorgermene, un ghigno apparì sul mio viso.
"Va bene allora, fa come vuoi." dissi a mani alzate, raggiungendo Mikami nel letto.
Per una settimana, il biondo non parlò con nessuno e ogni giorno scappava di casa andando a intrufolarsi nei buchi più luridi del nostro quartiere, già abbastanza malfamato.
La svolta avvenne un lunedì pomeriggio, mentre io ero in camera che leggevo uno di quei libricini che ti davano le insegnanti alle elementari per esercitarti nella lettura. La storia era più o meno sempre quella, una famiglia che andava in vacanza o un gruppo di amici che viveva un'avventura. Però mi piacevano quei libri.
A un certo punto entrò il nostro amato tedesco e mi fece piombare sul materasso una decina di libri di antologia pieni di storielle. Lo guardai accigliato e lui si sedette davanti a me emettendo un grugnito.
"Ci sono parole che non capisco."
Un sorriso molto simile a quello dello Stregatto mi tagliò il volto in due.
"Chiudi il becco." disse Mihael iniziando a sfogliare uno dei libri.
Gongolai per la mia vittoria e lo aiutai con i verbi e gli aggettivi che non riusciva proprio ad assimilare, e dopo di quella ci furono numerose altre volte in cui lo aiutai a studiare, che diedero il via alla nostra amicizia.

 

   
 
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