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Autore: Serpentina    03/04/2022    2 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bentrovati!
Chiedo scusa per la lunga attesa, spero che il capitolo basti a farmi perdonare. ;-)
Quelli di voi che hanno seguito le (dis)avventure di Faith potranno fare un viaggio lungo il viale dei ricordi, gli altri invece potranno conoscere un po’ meglio la nostra Frida e la sua Mutti. Enjoy!
Sottofondo musicale consigliato: “Man! I feel like a woman” di Shania Twain e “Confident” di Demi Lovato.

 
Flashback
 
 “Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo.”
Virginia Woolf

 
“–Weil, mi stai ascoltando? WEIL!
Frida, che effettivamente non stava prestando attenzione alcuna alle interminabili ciance della preside, le rivolse uno sguardo annoiato, e sospirò –Mi stava esortando a comprendere la gravità delle mie azioni e pentirmi di conseguenza. Ah, il mio cognome è tedesco, si pronuncia “Vail”.
La donna, sconcertata dalla freddezza nella voce della bambina, rimase a bocca aperta per una manciata di secondi, prima di riacquistare il controllo di se stessa e ribadire  –Ehm… esatto! Ti assicuro che Martin è estremamente pentito per le brutte cose che ha detto a te e Nathaniel; è di là che piange, non desidera altro che scusarsi. Sei pronta a fare altrettanto?
La bambina spostò lo sguardo dalla preside alle nocche escoriate; se avesse potuto, avrebbe tappato la bocca di quella barbagianni impagliata con un pugno, come aveva fatto con quel verwöhnter Bastard1 di Martin, anche a costo di fratturarsi ogni singola falange.
–Non credo proprio- rispose. –Martin non è pentito delle sue azioni… e io neppure. Piange perché una femmina l’ha pestato a sangue davanti a tutti, e non ho intenzione di scusarmi per questo. È un bullo, e i bulli comprendono un solo linguaggio- aggiunse, alzando entrambe le mani strette a pugno.
Ne era derivato un braccio di ferro verbale, conclusosi con la sospensione di Frida, salvata da un destino ben peggiore - l’espulsione -  dai suoi voti eccellenti. Come previsto, i suoi genitori, oberati di lavoro, avevano delegato ad Hans - il maggiore dei suoi cugini, nonché suo idolo personale - il compito di andarla a raccattare.
–Frida! Meine Kriegerprinzessin! Was hast du jetzt wieder angestellt?2
–Nichts Besonderes. Ich habe diesem idiotischen Martin nur eine praktische Demonstration gegeben, was passiert, wenn man mich und meine Freunde schikaniert.3
Il ragazzo, che la superava in età di dieci anni, ridacchiò –Beh, a giudicare da come sei conciata, deduco che anche lui abbia voluto darti una dimostrazione pratica… di lotta libera- disinfettò le zone escoriate e chiese –È più grande di te?- per poi annuire alla risposta affermativa della cugina e aggiungere –Ricordami di insegnarti un paio di tecniche di leva articolare, sono utilissime contro avversari di una certa stazza.
–Wirklich?- trillò Frida, illuminandosi di colpo. –Ich kann's kaum erwarten!4
Hans ricambiò il sorriso e prese nuovamente a ridacchiare.
–Sai, hai l’aria fin troppo felice per una che le ha prese… ed è stata appena sospesa. È un po’ inquietante.
–Le ho prese, sì- mormorò lei, più a se stessa che al cugino, mentre il sorriso si allargava al punto da rivaleggiare con quello del Joker. –Ma ne ho date molte di più, e più forte di quel Dummkopf.
Hans, orgoglioso come non mai della piccola Frida, le scompigliò affettuosamente i lunghi capelli neri come l’inchiostro, e chiocciò –Questo è parlare da Weil! Ich bin stolz auf dich, Cousinchen!5 Come dice sempre mein gleichnamiger Opa6: discendiamo da un’ingloriosa stirpe di tagliagole mercenari, non dobbiamo dimenticarlo. Ah, Onkel und Tante non devono saperne niente, ok? Non oso immaginare come la prenderebbero, se sapessero che ti sto insegnando a picchiare duro!
–Keine Sorge- gli assicurò Frida, serissima. –Das ist unser kleines Geheimnis.7
Hans le rivolse un cenno di approvazione e le sussurrò in un orecchio, per la sua gioia –Brava. Continua così, e appena sarai abbastanza grande ti insegnerò a sparare.”
 
–Frida, mi stai ascoltando? FRIDA!
Frida, che effettivamente non stava prestando attenzione alcuna al predicozzo di Hans - pardon, agente Weil - gli rivolse uno sguardo annoiato, e sospirò –Mi stavi esortando a comprendere la gravità delle mie azioni e pentirmi di conseguenza.
William, seduto al suo fianco, incredulo di cotanta sfrontatezza stralunò gli occhi: nonostante la statura non proprio da gigante (gli arrivava a malapena alla spalla), Hans Weil - col suo fisico muscoloso e gli occhi, cerchiati da occhiaie violacee e parzialmente coperti da alcune ciocche bionde ribelli, socchiusi in un’espressione di perenne ribrezzo - era l’essere più intimidatorio che avesse mai incontrato (secondo forse soltanto a Franz, il padre di Frida). Sin dal primo istante, gli era sembrato uno da non contrariare, a meno di non avere desideri suicidi. Come diavolo faceva allora lei a conservare il sangue freddo? Lui era terrorizzato!
Il terrore raggiunse l’acme quando Frida, con il consueto sorriso da Stregatto, aggiunse, sprezzante –Shäm dich8, Hans: sei diventato ciò che avevi giurato di distruggere. Il teppistello che mi ha insegnato a battermi e a sparare… uno sbirro. Dove andremo a finire?
–Si chiama crescere, Counsinchen. Dovresti provare anche tu- replicò Hans senza degnarla di uno sguardo. –In questo, ti aiuterà affrontare le conseguenze delle tue azioni.
–I-In c-che s-senso?- balbettò William, sull’orlo di un attacco di panico.
–Guida senza patente di un veicolo rubato. Qui si va sul penale, ragazzi- soffiò l’agente quasi ridacchiando, e William, colto da un improvviso groppo in gola, fu tentato di schiaffeggiare la sua socia, quando la sentì ribattere –Meines Vaters Auto? Non lo definirei “rubare”!
Hans, però, che l’aveva vista nascere e la conosceva bene, forse persino meglio dei suoi genitori, non si fece ingannare, e replicò, sogghignando –Na ja? Immagino, dunque, non sia un problema per te se chiamo Onkel Franz per chiedergli conferma. Se non hai nulla da nascondere, non hai nulla da temere.
–Fai pure- concesse lei, sforzandosi di mascherare il nervosismo. –Disturba mio padre - che considera il sonno sacro - in piena notte. Avanti, su, chiamalo!
–Piena notte? Strano, credevo che il fuso orario di San Francisco fosse otto ore avanti al nostro; perciò, al massimo disturberei Onkel Franz a ora di pranzo. Che poi, quale disturbo? Sarà contentissimo di sentirmi: sono sein Lieblingsneffe9!
Messa alle strette, Frida perse ogni traccia di compostezza: incurante di stare, di fatto, aggredendo un pubblico ufficiale, si avventò su Hans come una tigre, tentando di strappargli di mano il telefono; ma il cugino, con uno scatto fulmineo, scartò di lato, la afferrò per un braccio e, facendo leva sulla spalla, la fece roteare su se stessa, mandandola a sbattere di schiena contro il duro pavimento dell’ufficio (opportunamente deserto).
Ignorò William, che lo stava fissando con gli occhi sbarrati, pallido come un fantasma, recuperò una salvietta disinfettante e si nettò le mani, mentre osservava sdegnoso Frida rimettersi in piedi.
–Ne hai di strada da fare prima di superare il maestro… Counsinchen. Ora, se avete finito di farmi perdere tempo, devo contattare i vostri genitori per formalizzare le accuse.
La prospettiva di macchiarsi la fedina penale scosse William, dandogli la forza di scattare in piedi e ruggire –Ehi! Non siamo dei criminali minorili: avevamo una buona ragione per violare le regole!
–Tutti credono di avere una buona ragione per violare le regole- rispose Hans. –Salvo poi scoprire che avrebbero potuto ottenere lo stesso risultato seguendole.
–Non è sempre vero.
Hans emise un gemito di esasperazione e chiuse gli occhi.
–La pensavo come te, alla tua età. Poi, come ho già detto, sono cresciuto.
“Mica tanto!” pensò Frida, faticando a trattenere un risolino. Scoccò un’occhiata complice a William, e capì che doveva aver pensato la stessa cosa.
Decise infine di giocare a carte scoperte, e sbottò –Vuoi sapere perché ho preso la macchina, Hans? Per indagare sulla morte di Aisling Carter, visto che chi dovrebbe farlo se ne sbatte!
–Ancora questa storia? È stato suicidio. Caso chiuso!
–Aisling Carter era drogata, quando è morta. Una persona sedata non si alza dal letto di notte per gettarsi dalla finestra. È omicidio! E il movente si trova qui dentro- obiettò lei, infiammata di ardente determinazione, parandosi davanti la chiavetta USB scovata in camera di Aurora Carter.
–Che diavolo è quella?
–Ah, adesso sei curioso?- celiò Frida, al settimo cielo per aver catturato l’attenzione del cugino, notoriamente un osso duro. –Sii clemente, e ti dirò tutto.
Hans rimase impassibile; poi, dopo quella che agli altri due sembrò un’eternità, si avviò fuori dalla stanza senza proferire parola.
In preda ad un terrore cieco (ed egoistico), William gli urlò dietro –Non subirò la sua stessa pena, vero? Insomma, ero trasportato! Un passeggero! Non è giusto venga punito anch’io!
La reazione di Hans lo lasciò esterrefatto: si fermò di colpo, si voltò e, con aria estremamente divertita, esclamò, con voce grondante sarcasmo –Il tuo ragazzo ha le palle, Cousinchen, non c’è che dire!
Frida avrebbe voluto rispondergli che era un kantiano del cazzo, cos’altro poteva aspettarsi, ma William la precedette con un secco –Non sono il suo ragazzo!
Sforzandosi di mantenere un contegno dignitoso, Frida si impose di tenere lo sguardo fisso sul cugino, intravedendo nei suoi occhi un lampo di consapevolezza, seguito da sadico divertimento.
Il timore che Hans avesse colto la sua cocente delusione, indovinando di conseguenza i suoi sentimenti per William, ebbe conferma quando lo sentì sibilare –Interessante. Lei lo sa?- per poi aggiungere, di fronte all’imbarazzo dell’australiano –Vi lascio soli, avete parecchio di cui discutere. Lara- latrò all’indirizzo di una rossa esile dai tratti infantili, che scattò subito sull’attenti –Tienili d’occhio per me.
 
***
 
Negli anni, Faith aveva sviluppato un’efficace tecnica per dare il meglio di sé durante le performance importanti: si ritirava nel suo palazzo mentale e riportava alla mente uno dei ricordi più belli depositati in memoria.
“La doccia fredda era un vero toccasana, dopo una notte trascorsa a fare di tutto, meno che dormire, in compagnia del suo nuovo ragazzo.
Peccato che uno dei suoi coinquilini avesse deciso di invadere la sua oasi di pace.
La porta del bagno non si chiudeva a chiave, per cui bussare prima di entrare era più di un mero atto di educazione: era un obbligo.
–È libero?- domandò una voce irritantemente familiare.
“Merda!” pensò Faith, per nulla felice all’idea che Cyril, l’essere che più detestava nell’intero universo, potesse vederla nuda. “Ti prego, ti prego, ti prego, fa’ che non entri! Non voglio che quel muso odioso derida i miei rotolini di prima mattina!”
Nella sua testa si susseguirono altre imprecazioni quando sentì il rumore della porta che si apriva e di passi nella stanza. Per il bene della sua sanità mentale - e della sua dignità - decise di non palesare la propria presenza: con un po’ di fortuna, Cyril avrebbe fatto quel che doveva fare (non una doccia, sperava) e sarebbe uscito.
Sfortunatamente per lei, si accorse della camicia appesa accanto all’accappatoio.
–Ho chiesto se c’era qualcuno- sbuffò con evidente fastidio. –Avresti potuto rispondermi, stronzo. Oh, beh, chissene: lavati pure, io devo pisciare!
Chiaramente era giunto alla conclusione che sotto la doccia ci fosse Kyle (la camicia apparteneva a lui), o non avrebbe avuto l’ardire di vuotare la vescica con tanta disinvoltura.
Cercò, con scarso successo, di estraniarsi dal mondo e dal riflettere su quanto fosse surreale essere bloccata sotto lo scroscio d’acqua della doccia, nascosta da un telo di plastica, mentre a due passi da lei la sua nemesi faceva allegramente pipì. A un tratto, però, si fece strada in lei una sensazione inedita: l’ebbrezza del potere, la consapevolezza di avere il coltello dalla parte del manico; se avesse deciso di rivelarsi, sarebbe stato lui quello col pendolo di fuori, non lei, che naturalmente avrebbe mostrato soltanto la testa, al massimo un braccio. Quello stronzetto aveva passato la sua vita a denigrarla, a farla sentire inadeguata; era ora di una rivincita.
“La domanda è: ho davvero il coraggio di farlo? Sono davvero così stronza?”
La risposta fu: assolutamente sì!
Pensò di scomodare Shania Twain per la sua entrata in scena: avrebbe reso nota la sua presenza mettendosi a cantare, prima di mostrarsi.
–“I’m going out tonight, I’m feelin’ all right. Gonna let it all hang out. Wanna make some noise, really raise my voice. Yeah, I wanna scream and shout!
Non aveva calcolato che Cyril, sconcertato nell’udire una voce inequivocabilmente femminile, anziché scappare in preda all’imbarazzo, potesse prendere l’iniziativa e scostare di prepotenza la tenda della doccia.
Arrossì e cacciò un urlo, coprendosi alla men peggio con le mani; magra consolazione: lui appariva imbarazzato quanto lei.
A completare il quadretto di disagio giunse Kyle, il quale rimase un attimo interdetto dalla scena che gli si parava davanti, prima di chiedere cosa stesse succedendo.
–Amico, non è come sembra!
Kyle sollevò un sopracciglio e Faith, sebbene tentata di accendere la miccia e godersi l’esplosione, preferì intervenire per placarlo: un conto era divertirsi un po’ a spese di Cyril, un altro lasciare che il suo scimmionesco ragazzo lo riducesse a una polpetta.
–Riccioli d’oro ha visto la tua camicia e ha pensato stessi facendo tu la doccia, così è entrato senza pensarci due volte a rilasciare la cascata del Niagara.
–Oh, andiamo, Cy!- sbottò Kyle, e per un istante gli altri due temettero si sarebbe abbandonato a una sfuriata delle sue. –Ti pare vada in giro con le palle al vento?
Sollevato di averla scampata, Cyril rispose –Te lo giuro, non toccherei la Irving con un dito neanche se fosse l’ultima donna sulla Terra!- ma Kyle non lo ascoltava più.
–A che punto sei con la doccia, bellezza?
–Ho quasi finito- celiò, poi colse l’occasione per mettere ulteriormente in imbarazzo Cyril e propose a Kyle –Ma se vuoi compagnia mi trattengo. Riccioli d’oro, ti dispiace? Un po’ di privacy, per favore!
Al termine di una lunga doccia a due, rincontrò Cyril in cucina, decise di non fargliela passare liscia: quell’incidente le avrebbe permesso di deriderlo per mesi! Avrebbe mollato l’osso solo quando avrebbe smesso di essere divertente.
“Adesso basta fare la brava bambina! Piacere a lui non è la tassa da pagare per occupare spazio su questo pianeta!”
Gli si avvicinò ancheggiando a ritmo di musica, e riprese a cantare.
–“The best thing about being a woman is the prerogative to have a little fun and… Oh, oh, oh! Go totally crazy, forget I’m a lady. Men shirts, short skirts… Oh, oh, oh!”
–Lasciami in pace, Irving! Evapora in un universo in cui sei guardabile!
–Andiamo, Riccioli d’oro, balla con me! “We don’t need romance, we only wanna dance”. Oh, yeah!
Sempre più stizzito, Cyril passò alle minacce.
– Sei una piaga, Irving. Piantala, o ti rovescio il tè bollente in testa. Cosa ci trovano Kyle e Brian in te? Potrebbero avere letteralmente qualunque ragazza desiderino, e perdono tempo con una…
–Ippopotama come me?- finì lei al suo posto, sfoggiando uno smagliante sorriso di scherno. –Ho costretto Kyle a guardare “Madagascar” ieri sera. Alla fine si è divertito. Chi l’avrebbe mai detto?- avvertì l’effetto esilarante di poco prima scemare, e pensò bene di rinvigorirlo un po’. Avvicinati, Riccioli d’oro, e ti svelerò il mio segreto- dato che lui non aveva intenzione di ridurre la distanza che li separava, fu lei ad allungarsi sul tavolo della cucina, arrivando quasi a far sfiorare i loro nasi, per poi asserire, con fare fintamente serio –Extra impegno. È questo il mio segreto.
–Impegno in cosa?
–Lascio la risposta alla tua immaginazione- celiò, intenzionata ad uscire di scena alla grande. Oppure, se i tuoi neuroni sono particolarmente pigri in questo periodo, chiedi a Kyle. Ci vediamo!”

Da allora, aveva teso ogni suo sforzo al riprodurre le magnifiche sensazioni di quella mattina; si era ripromessa di essere sempre sicura di sé e impermeabile al giudizio altrui. Niente e nessuno avrebbe più avuto il potere di farla vacillare. La maternità aveva rafforzato questo proposito: doveva mostrarsi forte e di successo anche per sua figlia; non si sarebbe mai perdonata, se le avesse trasmesso le sue insicurezze.  
Il cronometro segnalò lo scadere dei suoi quindici minuti di celebrità congressuale, ma non se ne preoccupò, e parlò per altri cinque minuti buoni: il suo era di gran lunga il lavoro più interessante della sessione, se non dell’intero congresso, quei pisquani dei moderatori avevano solo da tentare di interromperla; li avrebbe divorati vivi.
Quanto desiderava che la se stessa più giovane potesse vederla; avrebbe stentato a riconoscersi.
Eppure, non riusciva a scrollarsi di dosso l’angoscia che qualcosa potesse andare storto e, dato che la presentazione era stata un successo, dedusse che si trattava di sua figlia.
Niente di sorprendente: le era bastato incrociare quegli occhioni di ghiaccio spalancati sul mondo in un’espressione di perenne curiosità per capire che, al contrario di quanto promessole da Franz, Frida era tutto fuorché “noiosamente normale”.
Metterla al mondo le era quasi costato l’utero, e da allora la pargola non aveva fatto che darle tanti problemi quante soddisfazioni, dimostrandosi da subito estremamente precoce e altrettanto indisciplinata.
Aveva perso il conto di tutte le volte in cui lei o Franz erano stati chiamati a rispondere della condotta di Frida, la quale si cacciava spesso nei guai, convinta com’era che possedere un’intelligenza superiore alla media la ponesse automaticamente al di sopra delle regole.
Spesso si era data la colpa dell’irrequietezza di sua figlia. Forse era stata troppo permissiva con lei; forse avrebbe dovuto frenarla, contenerla, arginarla, invece di stimolarla a darsi dei limiti al solo scopo di superarli. Invece no, le aveva insegnato che l’orizzonte non esiste, è soltanto il nome che diamo a ciò che ci sembra irraggiungibile, e non appena l’abbiamo raggiunto, diventa semplicemente parte del paesaggio.
In questo, doveva ammettere che William stava avendo un’ottima influenza su di lei: da quando lo frequentava, Frida sembrava essersi data una calmata, smettendo i panni di Sherlock Holmes per indossare quelli della diciassettenne.
Avrebbe preferito che l’artefice di tale mirabolante trasformazione non fosse il figlio dell’uomo che le aveva ridotto il cuore in frantumi, ma tant’era; ad ogni modo, a dispetto dei geni paterni, William le era parso un ragazzo più che decente, capace di tenere a bada quella testa calda di Frida, perciò non aveva ritenuto opportuno intromettersi nel loro rapporto. Da buona madre, si era limitata a suggerire alla figlia una visitina dal ginecologo per farsi prescrivere un contraccettivo, sogghignando nel vederla arrossire e balbettare sillabe sconnesse.
Da quella reazione, aveva intuito che i due non erano ancora, per così dire, “entrati in intimità”, ma era sicura che avrebbero approfittato dell’assenza sua e di Franz quella sera per rimediare. Che fosse quello a preoccuparla?
Scosse il capo: si fidava troppo della figlia per preoccuparsi di quella che, da madre moderna qual era, considerava una fisiologica tappa della crescita. Si guardò intorno, respirando a pieni polmoni per acquietarsi: la sua presentazione si era conclusa tra gli applausi dell’uditorio, si trovava in uno dei migliori ristoranti della capitale a rifocillarsi dopo un simposio scientifico, i tacchi che si era costretta a calzare per amor di eleganza non le avevano distrutto i piedi e la sua bambina si stava, con ogni probabilità, divertendo quanto - se non più di - lei. Andava tutto bene. Forse troppo bene. Aveva imparato a diffidare della calma assoluta: di solito preannunciava una tempesta.
Non la sorprese ricevere una telefonata da Hans, primogenito di Alexander, fratello di Franz, che aveva seguito le orme materne entrando in polizia. Emise un sospiro carico di rassegnazione, chiuse gli occhi e gli chiese –Cos’ha combinato, stavolta?
 
***
 
Cyril Wollestonecraft si era innamorato a prima vista di suo figlio, che aveva tirato su con amorevoli severità e apprensione, tanto da meritarsi, da parte dell’ex suocero - un australiano tutto d’un pezzo, da fare concorrenza a Mr. Crocodile Dundee - l’appellativo di “mammo”.
Il divorzio, però, lo aveva cambiato profondamente, inducendolo a riconsiderare molti dei suoi paradigmi educativi e ad adottare una morale più… elastica.
Al tarlo del senso di colpa, che ogni tanto lo punzecchiava, rinfacciandogli di costituire un pessimo esempio per William, ribatteva che il suo lo aveva fatto, che ormai il ragazzo era cresciuto, pertanto i suoi obblighi educativi potevano considerarsi assolti.
La riprova che il goffo bambino con la testa tra le nuvole era diventato un giovane uomo, molto più maturo di quanto non fosse stato lui alla sua età, l’aveva avuta quando alla sua domanda su quale genere di rapporto intrattenesse con una certa Frida, aveva risposto senza esitazione, guardandolo fisso negli occhi –Non è la mia ragazza, e non credo mi piaccia fino a quel punto… però mi piace. Piacerà anche a te, quando la conoscerai meglio.
Cyril si era limitato ad annuire; in effetti, la ragazza gli aveva fatto una buona impressione, sebbene ci fosse in lei qualcosa che gli aveva messo addosso una strana inquietudine. Gli occhi, probabilmente, così chiari da rivaleggiare con quelli di un husky, oppure l’espressione indagatrice con cui scrutava ogni cosa, o il sorrisetto sardonico che aveva visto fare capolino sulle sue labbra, e che gli aveva dato una inspiegabile sensazione di déjà vu.
William gli aveva detto che avrebbero fatto un giro dalle parti del British Museum, prima di unirsi ai loro amici per fare baldoria al Tipsy Crow. Naturalmente, non aveva avuto da obiettare: erano finiti i tempi in cui era necessario badargli, il suo (non più) bambino era abbastanza intelligente e responsabile da poterlo lasciare vagare senza preoccuparsi per la sua incolumità.
Ripensando al Tipsy crow, invece, storse il naso: ai suoi tempi - si diede immediatamente dello stupido per aver implicitamente affermato di essere un matusa - era un malfamato covo di qualsivoglia genere di brutti ceffi; non si capacitava di come i nuovi proprietari fossero riusciti a riqualificarlo, rendendolo di super tendenza.
“I tempi cambiano, c’è poco da fare”.
Sorrise alla collega infelicemente sposata che gli aveva tenuto compagnia a cena - e, a giudicare dalle poco velate provocazioni, anche per il resto della serata - rifiutò elegantemente la sua (fintissima) offerta di dividere equamente il conto e fece per prendere il cappotto, quando ricevette una telefonata da un numero sconosciuto.
Incuriosito rispose, e per poco non ebbe un infarto.
–Dove… dove ha detto che si trova mio figlio?
 
***
 
–Sai, Weil, prima di venire in questo noiosissimo Paese, non avevo mai capito che gusto ci fosse a scarpinare e sbattersi tanto per vedere roba dal vivo. Insomma, la realtà virtuale non è meglio? Poi ho sperimentato la sindrome di Stendhal, e mi sono ricreduto. Un luogo però che mi sarei risparmiato volentieri di visitare in prima persona è una stazione di polizia;  invece, grazie a te, è esattamente dove mi trovo.
Frida, seduta a braccia conserte, lo fulminò con lo sguardo.
–Piantala di lamentarti, Liam. In caso non lo avessi notato, siamo sulla stessa barca.
–Una barca colata a picco, Weil.
La ragazza arricciò le labbra, e, in mancanza di repliche migliori, sbuffò –Deine Mutter non ti ha insegnato che tenere il broncio ti fa emanare vibrazioni negative?
William non poté credere alle proprie orecchie: la sua socia stava davvero ironizzando sulla disgraziata situazione in cui erano?
–Hai sentito tuo cugino: rischiamo il penale. Che cazzo di vibrazioni dovrei emanare?
Stanca del continuo sbuffare e dell’andirivieni di William, Frida sbottò –Hör auf! Ich werde Ihretwegen Kopfschmerzen bekommen!10
Lui, che non aveva compreso una sola parola, ma ormai la conosceva abbastanza bene da intuire quale fosse il problema, replicò seccato –Che c’è? Ti dà fastidio che sfoghi l’ansia andando avanti e indietro? Beh, a me dà sui nervi che tu sia così calma. È innaturale.
Senza scomporsi, Frida curvò le labbra in un accenno di sorriso, e rispose –Credo che tu sia abbastanza isterico per tutti e due, Liam.
L’australiano strabuzzò gli occhi.
–Isterico? Io?- ululò, salvo poi rendersi conto di aver appena confermato l’asserzione della sua socia. –Cazzo, sì! E con ragione! Siamo in una fottuta stazione di polizia ad aspettare che i nostri genitori ci mangino vivi! Sinceramente, se non è questo un momento per abbandonarsi all’isteria, quale?- si accasciò nuovamente sulla sedia alla destra di Frida e mugolò –Rischiamo la fedina penale macchiata a vita! I tuoi forse sono più morbidi, ma mio padre mi ucciderà per questo! Non vedrò l’alba di domani!
La ragazza levò gli occhi al cielo, irritata da quella sceneggiata degna delle peggiori soap opera sudamericane, e, nel tentativo di tranquillizzarlo, fornì un’analisi razionale della situazione.
–Te lo ripeto: non c’è nulla di cui preoccuparsi. Innanzitutto, non per vantarmi, ma ci hanno fermato per pura fortuna; avrei potuto seminarli, volendo, però ho preferito non peggiorare la mia posizione. Inoltre, ero io al volante, e tu un semplice passeggero, come non hai mancato di far notare a mio cugino. Ah, dulcis in fundo, siamo ancora minorenni: il massimo della punizione che riceveremo è una bella multa e una strigliata da unsere Eltern.
Sfortunatamente, il discorsetto di incoraggiamento sortì l’effetto opposto a quello sperato: William, lungi dal sentirsi confortato, scosse il capo e sibilò –Come accidenti fai a non uscire di testa? Ci stiamo giocando il nostro futuro, qui! Non lo capisci?
Frida alzò nuovamente gli occhi al cielo, emise un profondo sospiro di esasperazione, infine, dopo aver ponderato accuratamente le parole, disse, con la consueta calma ai limiti dell’umano –Ho due ragioni per rimanere calma: la prima, è che non vedo motivi validi per non esserlo; dare di matto non apporterebbe alcun vantaggio materiale. La seconda, è che tu non vuoi vedermi “uscire di testa”, per usare il tuo linguaggio.  Glaub mir11. Perché io non ho mezze misure: le rare volte in cui sclero, sclero di brutto. Sono una bomba a mano: una volta tolta la sicura, l’esplosione è assicurata.
Per tutta risposta, William scoppiò a ridere.
–Una bomba a mano? Tu? Ma fammi il piacere! Tu sei un’impassibile creatura di ghiaccio!
“Frida, forse. Zelda è di un’altra pasta” pensò la ragazza, ma decise di tenere quel pensiero per sé nel timore che il suo socio - che già la considerava strana - potesse ritenerla pazza. Pensò bene di cambiare argomento.
–Invece di dare aria alla bocca tanto per, potremmo cercare di non sprecare questi momenti di tranquillità e aggiornarci sul caso. Oppure, se la cosa non ti turba troppo, potresti spiegarmi perché mi hai baciato, dato che evidentemente non vuoi che diventi la tua ragazza.
Bramoso di una valvola di sfogo, William si aggrappò a quell’appiglio per sfogarsi su Frida.
–Quanto sei pesante, Weil, e che cazzo! Ti ho baciato perché mi andava. Questione chiusa. Non ti devo spiegazioni.
Prima che lei potesse ribattere, Hans fece ritorno.
–Tuo padre è qui, William. Sta pagando la multa, sinceramente sorpreso che te la sia cavata “così a buon mercato”. Parole sue, eh! Uhm, questa scrivania è sporca.
La strizzata d’occhio bonaria di Hans accese una lampadina nella testa dell’australiano.
–Le tue erano minacce a vuoto! Volevi solamente farci cagare sotto! Sì, insomma: darci una lezione.
–Ti sembro tipo da minacce a vuoto?- replicò lui, sforzandosi di apparire serio mentre puliva la scrivania già linda. –Hai davvero rischiato grosso; ma mi è bastato parlare due minuti con tuo padre per capire che non esiste punizione peggiore del lasciarti nelle sue mani. Idem per te, Cousinchen: non la passerai liscia, Tante Faith è furiosa! Ah, quasi dimenticavo: potrei essere tentato di aiutarvi; avete trenta secondi per convincermi che non state farneticando a credere che Aisling Carter sia stata uccisa.
–Ma come? E il tuo discorso sul seguire le regole?
–Convincimi che è nell’interesse della giustizia… aggirarle. Questa volta. Che non diventi la regola, klar?
–Aisling soffriva di incubi, aggravatisi da circa un anno. Era talmente disperata da ricorrere all’ipnosi! Il giorno in cui è morta ha avuto una crisi particolarmente grave, è andata in Pronto Soccorso, accompagnata dalla sua amica Nita. Era in uno stato pietoso, tanto che il medico le ha prescritto dei sedativi. Nita l’ha poi riportata alla villa dei nonni, dove si è imbattuta in Andrew Carter, che l’ha congedata, assicurando che avrebbe provveduto lui a metterla a letto e vegliare su di lei.
–Ho letto le deposizioni, non risulta nulla di tutto ciò.
–Nita è innamorata di Andrew- osservò William. –Ha taciuto per non metterlo nei guai.
–Ok, ma il movente?
–Liberarsi di una sorella problematica e, bonus, accaparrarsi una fetta più grande di eredità.
–E Nita?
–Mi sembra una colpevole meno probabile: l’unico possibile movente è che Aisling si fosse intromessa nella sua campagna di conquista di Andrew.
William emise uno sbuffo derisorio, seguito dal rancoroso –Se non avessi dismesso Alex come una zanzara che ti ronzava attorno all’orecchio, Weil, sapresti che: uno, lei e Aisling avevano una relazione segreta; e due, che Aisling in realtà era innamorata di Nita, sorella di Alex e sua amica d’infanzia, e il giorno prima di morire ha provato a baciarla.
Wirklich? E Nita?
–L’ha rifiutata, ovviamente. In malo modo.
“Alex non l’avrà presa bene!”
La replica di Frida venne ancora una volta stroncata sul nascere dal commento di un esterrefatto Hans.
–Davvero avete scoperchiato questo vaso di Pandora da soli? Wow! A questo punto, la domanda non è più se aiutarvi o meno, quanto piuttosto: a cosa vi servo?
 
***
 
Cyril si diresse da suo figlio con passo marziale. Era una furia: poteva tollerare qualsiasi atto di ribellione adolescenziale, ma non quello, non dopo aver perso suo fratello.
Mettersi al volante di un’automobile. Come gli era saltato in mente? Dove l’aveva trovata? Ma soprattutto: chi gli aveva insegnato a guidare? Non lui, che aveva cercato di rimandare il più possibile il temuto evento, ormai imminente, dato che William sarebbe diventato maggiorenne a dicembre, e allora non avrebbe più potuto fermarlo.
–Sei impazzito, per caso?- ringhiò, puntandogli contro un indice accusatorio. –Ti rendi conto della gravità delle tue azioni? Guidare è pericoloso! Persino i più esperti fanno incidenti, figurati tu! Saresti potuto morire!
Fu la scintilla che fece divampare William.
–Morire? Come lo zio Vyvyan?- ululò, tremante di rabbia. –Ecco, non cerchi neanche di negarlo! Avevo uno zio, e me l’hai tenuto nascosto. A me! Tuo figlio! Non ti vergogni?
–E tu non ti vergogni ad aver preso chissà dove un’auto, e di esserci andato in giro impunemente?
–L’auto è di mio padre- intervenne Frida per evitare che padre e figlio venissero alle mani. Cyril non le sembrava un tipo manesco, ma William aveva gli occhi iniettati di sangue e pareva seriamente disposto allo scontro fisico. –E non la guidava lui. Ero io al volante. Ein bisschen maschilista dare per scontato sia il ragazzo a guidare.
Contro ogni previsione Cyril, anziché andare su tutte le furie, si mise a ridere, scusandosi con Frida per l’erronea presunzione. La ragazza segnalò con un elegante movimento della mano che non se l’era presa e invitò William a risedersi.
Gut. Sono lieta che la tensione si sia stemperata. L’aria si stava facendo irrespirabile!
–A proposito di aria- le bisbigliò William. –Hai l’aria fin troppo felice per una che probabilmente dovrà scontare lavori socialmente utili o simili… ammesso che la madre non la faccia fuori prima.
–Abbiamo posti in prima fila per lo scoppio della terza guerra mondiale, Liam: mica roba da tutti i giorni!
Perplesso, le chiese cosa intendesse con quella frase sibillina, ma la risposta non tardò ad arrivare, sotto forma di un ruggito da leonessa privata dei cuccioli che echeggiò nel corridoio.
–Dov’è? Dov’è mia figlia?
Cyril impallidì, ripetendo a bassa voce che non era possibile fosse lei, che soffriva di allucinazioni uditive, e per poco non svenne quando si trovò davanti Faith, realizzando che no, non era un frutto malato della sua psiche. Eppure, nonostante tutto, necessitava ancora di una prova tangibile.
–Irving? Sei davvero tu?
Lei, che nel frattempo si era fiondata dalla figlia, subissandola di rimproveri misti ad assicurazioni che stesse bene, reagì con maturità e compostezza: digrignò i denti, si voltò, stiracchiò le labbra in una smorfia che solo qualcuno gravemente miope avrebbe potuto confondere con un sorriso, e avanzò di qualche passo verso Cyril, che dal canto suo cominciava a sudare freddo.
–Bene, bene. Cyril Wollestonecraft. Quanto tempo!
E, detto questo, gli diede uno schiaffo.
 
 
Note dell’autrice
L’attesa è stata lunga, ma lo è anche il capitolo.
Chi conosce i trascorsi di Faith e Cyril avrà goduto parecchio, immagino. Almeno quanto me nello scrivere la scena finale.
Quanto ad Hans, che vi pare di lui? Ci sarà da fidarsi? Vi lascio indovinare a chi mi sono ispirata nell’immaginare il suo aspetto. Vi do un indizio: è un personaggio di fantasia. Se invece preferite riferimenti reali, figuratevi Dane DeHaan.
Alla prossima! (spero presto, ma non garantisco)
1 Bastardo viziato
2La mia principessa guerriera! Cos’hai combinato, stavolta?
3Niente di particolare. Ho soltanto dato a quell’idiota di Martin Higgs una dimostrazione pratica di cosa succede a chi bullizza me e i miei amici.
4Sul serio? Non vedo l’ora!
5Sono fiero di te, cuginetta!
6Mio nonno omonimo
7Tranquillo, è il nostro piccolo segreto.
8Vergognati
9Il suo nipote prediletto
10Smettila! Mi farai venire mal di testa!
11Credimi
 
   
 
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