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Autore: _Lightning_    04/04/2022    0 recensioni
Ellie e Nathan sarebbero stati adolescenti particolari anche in un mondo non sconvolto dall'Apocalisse – in un mondo in cui era ancora possibile sognare di raggiungere le stelle più lontane o scoprire leggendarie città perdute.
Un mondo in cui Joel e Sully non sarebbero stati costretti a mentire per proteggere i loro figli – o forse se stessi – da verità troppo crude da guardare in faccia.
È però in questo mondo che le loro strade si incrociano, portando i loro sogni a intersecarsi e costruirsi a vicenda, verso un futuro che, almeno ai loro occhi, non è così cupo come sembra.
Dalla storia: "A volte, riusciva anche a dimenticarsi che, forse, Joel le aveva mentito."
"Voleva crederci, anche se una parte di lui era certa che non ci credesse nemmeno Sully."
[Crossover: The Last Of Us/Uncharted // Ellie&Nate // Joel&Sully // BROTP // young!NathanDrake // post-TLOU1]
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ellie, Joel
Note: De-Aging, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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• 4. Cattive idee •


 

Joel era sicuro che Ellie gli avesse detto una mezza bugia, riguardo alla bruciatura, ma non era il momento di essere pedante.

Era un argomento talmente delicato, quello, che l’avrebbe evitato anche in condizioni normali. 
Gli era bastato il rimbrotto riguardo a Pittsburgh, per fargli intuire che Ellie, in quel momento, fosse turbata. Quella ragazzina portava già sulla coscienza il peso di un’umanità che, ai suoi occhi, non era stata in grado di salvare.

Era suo dovere tentare di non aggiungere altri macigni a quel carico – e lasciare qualcuno alla mercé di predoni e infetti, rimanendo a guardare, era quel tipo di peso che ti tiene sveglio la notte, anche senza la cicatrice di un morso sul braccio e la consapevolezza di essere immuni e comunque inutili al mondo.

Si concentrò sul mirino, scrutando la finestra in cui aveva individuato il cecchino. Di nuovo, scorse il profilo della sua testa nella penombra. Colse anche un paio d’ombre dietro di lui, che sembravano intente a parlare tra loro. Guardando la loro postura leggermente incurvata e i movimenti scattosi, ebbe per un istante l’impressione che fossero dei runner. Un senso di gelido disagio si insinuò nei suoi arti e contrasse appena il dito sul grilletto. Durò un istante, per poi svanire, ma gli lasciò addosso l’impressione che ci fosse qualcosa di terribilmente fuori posto, in quella situazione.

Uno sparo solitario ruppe l’aria e l’insegna del benzinaio traballò, rumorosa.


«Joel» Ellie lo riscosse a bassa voce. «Stanno arrivando altri infetti.»

Joel scollò locchio dal mirino, gettando unocchiata diretta alla strada: una ventina di runner in lontananza caracollava verso larea di servizio, richiamata dagli spari che avevano riecheggiato per lintera vallata. Ancor più lontano, scorse qualche clicker. Tempo di arrivo: cinque, dieci minuti al massimo.

«Se dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo farlo adesso, o non avremo tempo per scappare.»

Joel annuì. Gli infetti erano ancora abbastanza lontani da non rappresentare un pericolo immediato e linclinazione ripida della montagna li avrebbe protetti da un attacco diretto, ma non potevano permettersi di rimanere accerchiati. Non avevano nemmeno abbastanza colpi per gestire quella piccola orda.

Anche i due intrappolati nel mercato avevano scorto il nuovo pericolo, a giudicare dal modo in cui indicavano la strada, e sembravano intenti a discutere in modo agitato. Non poteva biasimarli: erano tra lincudine e il martello, in quel momento. Stava a lui ed Ellie eliminare almeno uno dei due.

«Non credo ci siano più di tre o quattro persone, là dentro» esordì Joel, adocchiando lhotel. «Posso eliminarne un paio prima ancora che si rendano conto di essere sotto attacco.»

«Ma non sappiamo se hanno dei compagni nei dintorni e, una volta che ci avranno individuato, saremo tutti in stallo e sotto tiro» continuò pronta Ellie, cogliendo lesitazione nella sua voce.

«Esatto. Senza contare che quei due non capiranno che i nostri spari non sono contro di loro e potrebbero agire in modo avventato, magari attaccandoci. Uno di noi deve scendere laggiù, a portata di voce...»

«... e quel qualcuno sono io» concluse Ellie, spostandosi una ciocca di capelli scuri dietro lorecchio.

Joel sospirò dal naso, con una brutta sensazione alla bocca dello stomaco. Lidea di mandarla in prima linea non gli piaceva affatto.

«Vorrei andarci io, ma non hai ancora abbastanza esperienza con un fucile a questa distanza.»

Le scoccò unocchiata laterale, ma non colse risentimento sul suo volto, forse solo una lieve irritazione per le sue abilità da affinare. Sapeva che, una volta tornati a Jackson, avrebbe tormentato Tommy per qualche altra lezione col fucile di precisione.

«Lo so. Comunque, sono più veloce e meno visibile di te. Ha senso» tagliò corto, pizzicando la corda dellarco col pollice come fosse quella di una chitarra.

Ellie si tolse lo zaino dalle spalle e, nonostante il caldo, infilò la camicia verde scuro, celando la canotta chiara troppo sgargiante e la fasciatura sul braccio. Mise larco a tracolla, si rifece la coda ai capelli e controllò che i lacci delle sue Converse blu stinto fossero ben annodati. Poi si voltò verso di lui con la pistola già in mano e annuì una volta, a confermare di essere pronta, in attesa dei dettagli del piano.

«Arriva fino a lì» disse Joel, indicando un negozio di souvenir in rovina sul loro lato della strada. «Hai una buona copertura e un angolo di tiro favorevole. Quando sei in posizione, io faccio fuori il cecchino e chiunque mi capiti nel mirino. Tu urla, cerca di farti sentire da quei due, falli scendere da lì e portali verso di me tra la boscaglia. Vi copro io da quassù, preoccupatevi solo degli infetti che vi trovate davanti, chiaro? Ho ventidue colpi,» aggiunse, alzando lindice e il medio, «ricordati...»

«... di contarli e che ogni quattro devi ricaricare. Ricevuto» confermò lei, con un sorrisetto sicuro di sé.

Joel annuì, ricambiando teso.

«Stai attenta, piccola.»

Ellie non rispose, ma si portò due dita alla fronte simulando un "signorsì" scherzoso, poi scivolò oltre la copertura e si avviò a valle lungo la scarpata, rapida e silenziosa come unombra. Joel la osservò dallalto, tenendo docchio al contempo lei e il cecchino nella finestra che, di tanto in tanto, sparava un colpo contro linsegna del benzinaio per assicurarsi che gli infetti non abbandonassero la zona e che gli altri si dirigessero lì.

Calmò i respiri fino a renderli impercettibili e rilassò le spalle, locchio incollato al mirino. Posizionò la testa del cecchino tra le linee della lente e alzò il tiro, calcolando la distanza e mantenendo la posizione.

Non aveva alcun margine derrore.

 

«Se rimaniamo qui siamo cibo per clicker, Sully!»

«Preferisci una pallottola in testa?!»

«Sì, se devo proprio scegliere!»

Sully si impose di non rispondere, con l’ultima affermazione del ragazzo che gli dipinse un’immagine agghiacciante dietro gli occhi.

Spostò lo sguardo altrove, oltre la ringhiera del loro baluardo. 
La situazione stava diventando sempre più precaria: gli infetti non accennavano ad allontanarsi e continuavano ad aggirarsi frenetici pochi metri sotto di loro, ringhiando e sbavando come bestie rabbiose.

Un runner più audace degli altri si arrampicò sul cassonetto, poi in cima al muro, e balzò verso l’alto tentando di raggiungere il ballatoio. Lo mancò di un metro buono e ricadde a terra, spezzandosi gambe e collo con uno schiocco nauseante. Continuò imperterrito a ringhiare e trascinarsi sulle braccia, lasciando una scia rossa dietro di sé, come se non avesse nemmeno avvertito l’impatto.

Nate, che aveva seguito la scena con una smorfia a metà tra il disgustato e l’apprensivo in volto, girò scattosamente la testa prima verso il cecchino, poi verso quella che sembrava un’orda in avvicinamento.

Sully si piantò una mano sulla fronte e si strizzò le tempie accaldate, faticando a mantenere la lucidità. Non era la prima volta che si trovavano in una situazione senza via d’uscita, ma c’era sempre una via d’uscita – tranne quella volta a Kansas City, ma non doveva pensare a Kansas City, adessoDoveva solo pensare a come tirarli fuori di lì...

Nate lo riscosse bruscamente, tirandolo per un braccio, e Sully si rese conto solo allora che stava parlando già da qualche secondo.

«Vuoi starmi a sentire? L’unica soluzione è creare un fuoco di copertura a vicenda e scappare uno alla volta, prima tu e poi...»

«No» sbottò infine Sully, lasciando scivolare via la mano per puntargli contro un indice. «No. Non ci separiamo, non esiste che ci separiamo, chiaro?»

Vide Nate comprimere con forza le labbra, con gli occhi che si fecero bui e lucidi al contempo. Strinse la presa sulla pistola, sbiancandosi le nocche e, se per un momento sembrò sul punto di ribattere ancora, alla fine annuì. Si tirò i capelli più lunghi sulla fronte in un gesto frustrato.

«Va bene» disse piano, con uno sguardo così addolorato che Sully si sentì schiacciare il cuore in una morsa. «Allora ce ne andiamo insieme, in un modo o nell’altro.»

Gettò un’occhiata alla strada, ancora fin troppo piena di infetti – l’altra ondata era sempre più vicina.

«Abbattiamone il più possibile e poi scendiamo di qui» disse Sully.

«Conserva un colpo.»

«Anche tu.»

Si scambiarono un cupo cenno d’intesa e puntarono le armi, scegliendo i loro bersagli. Prima di poter premere i grilletti, un forte sparo riecheggiò nella vallata, facendoli sobbalzare. Era diverso dai precedenti – Sully guardò d’istinto verso la montagna, dove colse un riflesso metallico.

«Maledizione, giù!» afferrò Nate per un braccio, tirandolo dietro la colonna di sostegno del balcone. «Un altro cecchino. Addio via di fuga.»

«Col cavolo! Se non c’è, me la creo!» sbottò lui, rialzandosi su un ginocchio e puntando la pistola contro la vetrata.

Sully non ebbe modo di obiettare, né non si oppose: avevano finito le alternative. Un paio di colpi che fecero schizzare ovunque schegge di vetro bastarono a indebolire la spessa parete trasparente. La sfondarono senza difficoltà con una spallata congiunta e scavalcarono in fretta i vetri affilati come rasoi.

Si addentrarono all’interno, nella penombra trafitta da qualche raggio di luce, le orecchie tese per cogliere segni di altri infetti. Dietro di loro, Sully ebbe l’impressione di sentire qualcuno gridare, ma nel caos generale non vi badò. Altri due spari risuonarono fin lì: probabilmente i predoni stavano cambiando tattica per farli fuori. Oppure, avevano sottovalutato il pericolo degli infetti e se li erano ritrovati addosso... peggio per loro, a buon rendere.

Sully strizzò gli occhi: l’interno del mercato era buio, con ringhi e versi che sembravano provenire da ogni angolo.

«Sai che questa è una pessima idea, vero?» chiese retorico a Nate.

Lui sorrise affannato, nonostante tutto.

«Come tutte le mie idee. Non ti sei ancora abituato? Ora muoviti, prima che qualcuno di quegli stronzi ne abbia una ancora peggiore.»

 

 

Che idea del cazzo, pensò Ellie, mentre schivava un infetto, rotolava per evitare un proiettile e superava in corsa la vetrina sfondata del mercato, trovandosi in un ampio spazio diviso da bancarelle e scaffalature distrutte.

Che enorme idea del cazzo, continuò a pensare, fiondandosi verso le scale metalliche che portavano al piano superiore e trapassando da parte a parte con il coltello la gola di un runner che le si parò davanti. Lo spinse oltre la ringhiera e riprese la salita, cercando di orientarsi tra gli ampi corridoi della struttura.

Doveva svoltare a destra e andare verso l’altro lato dell’edificio, verso le vetrate, se voleva intercettarli. Due spari in rapida successione risuonarono all’esterno: Joel stava mandando avanti il fuoco di copertura. Era a quota sei colpi, ma ne considerò sette in un eccesso di precauzione.

Dietro di lei udiva degli infetti, ma non aveva tempo né colpi per occuparsene adesso. Il piano superiore, almeno, sembrava libero, e sperò che le strette scale traballanti ostacolassero abbastanza quelli di sotto.

Si diresse di corsa verso il fondo del corridoio, dove intravedeva una luce più forte, e sperò fosse la direzione giusta. Svoltò l’angolo e puntò subito davanti a sé la pistola, trattenendo per un pelo l’istinto di premere il grilletto quando vide due figure indistinte sbucare di fronte a lei. Si trovò le bocche di due pistole puntate contro e inchiodò con uno stridio di suole sul pavimento.

«Non sparate!» gridò, alzando subito le mani, senza però mollare l’arma.

L’uomo più anziano strabuzzò gli occhi nel trovarsela davanti, mentre il ragazzo abbassò un poco la canna della pistola, con un’espressione altrettanto stupefatta in viso. Il primo avanzò di mezzo passo, coprendo parzialmente il più giovane col proprio corpo.

«Ma che diavolo...»

«Non c’è tempo per spiegare, l’orda sta arrivando» lo interruppe in fretta Ellie, pregando che non la scambiassero per una complice di quei pezzi di merda nell’hotel.

L’uomo scosse la testa, rinsaldando la presa sulla sua Magnum. Ellie deglutì a secco: un colpo di quella e per lei era finita.

«No, no, aspetta, tu da dove...»

«Sully...»

«Dovete fidarvi, il mio partner sta tenendo impegnato il cecchino nell’hotel, ma non ha munizioni infinite» continuò Ellie, azzardando un passo avanti.

«Il tuo partner? Quanti siete?» la incalzò l’uomo, con un secco movimento della canna verso di lei che bloccò la sua avanzata.

Prima che lei potesse aggiungere altro, un movimento improvviso alle spalle dei due le fece mandare al diavolo la cautela: puntò di nuovo la pistola e, prima che potessero reagire, freddò lo stalker sbucato dal nulla con un colpo in petto, che passò esattamente tra le loro teste.

L’infetto stramazzò a terra urtando contro i loro piedi, che si scansarono all’istante – lo scarpone del ragazzo si abbatté di peso sulla sua tempia, sfondandogli il cranio ed eliminando la minaccia. Si scansò dalla pozza viscosa, scuotendo il piede imbrattato di sangue e resti marcescenti di fungo e cervella.

«Mi credete, adesso?» sbottò Ellie, facendo di nuovo loro cenno di seguirla.

«Ottime capacità persuasive, complimenti» replicò il ragazzo, avanzando in fretta e dando un secco spintone al suo compagno per indurlo a fare lo stesso. «Nel dubbio, meglio un colpo in testa, no?» lo sentì dire Ellie, a voce più bassa.

«Ah, Cristo, va bene!» imprecò lui, assecondandolo.

Ripercorsero a perdifiato la strada verso l’uscita e, sebbene Ellie avesse avuto qualche esitazione a voltare loro le spalle, la coppia di viaggiatori non sembrava intenzionata a fare nulla di stupido, per ora. Una novità gradita, visti i tempi.

«Di qua, è la via più...» Ellie si interruppe, frenando di colpo a un passo dalle scale. «Oh, cazzo.»

«Oh, merda» le fece eco il ragazzo.

Nella sala principale, semi vuota fino a un minuto prima, si aggirava un gruppo di almeno una decina di infetti, alcuni già avviati sulle scale traballanti in una massa letale di denti e unghie. L’orda li aveva raggiunti.

«Maledizione, via di qui» sbraitò l’uomo, tirandola indietro e sparando al primo clicker che mise piede al piano superiore.

«L’uscita sul retro!» gridò il ragazzo, indicando una porta d’emergenza appena oltre il muro di infetti, con le mani già pronte a darsi la spinta sul corrimano. «Basta scavalcare qui e aggirarli, sbriga–»

«Ragazzo, non ho più vent’anni!» ribatté l’altro, adocchiando il salto.

Ellie gli diede ragione, pur avendo decisamente meno di vent’anni: saranno stati circa quattro metri... la possibilità di rompersi qualcosa e soccombere agli infetti era più alta di quella di scappare illesi. 

Stava per suggerire di fare dietrofront e cercare riparo sul tetto, quando udì un clangore metallico sotto di loro, stranamente familiare. Abbassò lo sguardo: sul pianerottolo delle scale invase da runner scorse una lattina metallica e lo scintillio di una miccia accesa.

«Giù!» gridò, spingendo i due a distanza di sicurezza, un secondo prima che lo scoppio li assordasse.

Schizzi di sangue e brandelli di carne piovvero attorno a loro, resti delle vittime della bomba a chiodi. Pochi secondi dopo, una deflagrazione altrettanto violenta li riscosse.

Ellie sentì il cuore balzare nel petto in un misto di sollievo e angoscia: nell’ingresso comparve la sagoma inconfondibile di Joel, con un fucile a canne mozze imbracciato.

«Che aspettate? Scendete da lì!»



 


Note dell'Autrice:
Rieccoci qui!

Scusate l’aggiornamento mancato di venerdì scorso, ma ho avuto dei giorni molto impegnati e ho avuto a malapena il tempo di stare al computer :’)
Il momento che tutti voi (?) stavate aspettando è finalmente arrivato... ci sarà ancora qualche sorpresa lungo la strada, che spero gradirete ♥
Ogni commento è sempre bene accetto e stellinate se vi è piaciuto!

-Light-

 

   
 
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