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Autore: Doppiakappa    04/04/2022    1 recensioni
Roy Steinberg, sedicenne figlio dello scienziato più influente del 2085, si ritrova vittima di un particolare incidente che lo porta al contatto con una misteriosa sostanza extraterrestre. A sua insaputa, si ritroverà coinvolto in una serie di eventi che lo porteranno a dover salvare il mondo da un'enorme minaccia.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Queen City, settimo distretto, struttura sotterranea Anonymous Asset.
 
Erano passati due mesi da quando Roy e Aiden avevano deciso di unirsi all’Asset, due mesi in cui il ragazzo, seguito dal padre e da una troupe di ricercatori, era riuscito a controllare alcuni aspetti di quel misterioso potere che lo pervadeva.
Dopo attenti studi del padre, erano finalmente riusciti a capire come il Void funzionasse: all’interno del ragazzo, la sostanza produceva costantemente energia e tale energia poteva essere concentrata in una determinata parte del corpo e poi rilasciata sotto forma di onda d’urto. L’energia poteva inoltre essere deviata a specifici muscoli per aumentarne la forza, come ad esempio le gambe e le braccia, permettendo al ragazzo di compiere scatti e salti disumani, spaccare a mani nude il metallo o sollevare carichi impossibili.
Roy si allenava ogni giorno, dovendo tenere sotto controllo l’energia aveva bisogno di una costante valvola di sfogo. L’intensità del suo allenamento gli permetteva di scaricare la tensione che il Void creava nel suo corpo.
Aveva inoltre imparato a controllare anche le strane linee nere che gli pervadevano il corpo quando utilizzava il suo potere; ciò gli aveva permesso di non dover più nascondere il proprio corpo, ad esempio saltando le lezioni di educazione fisica. L’unica cosa che non poteva ancora controllare era la sua iride sinistra, di quel colore arancione intenso e quella bizzarra pupilla triangolare.
Aiden dovette sviluppare così una lente a contatto con duplice funzione: coprire l’unica evidenza del Void rimasta sul corpo del ragazzo e trasmettere al laboratorio dell’Asset i parametri vitali e la posizione del ragazzo, per poterlo controllare a distanza.
Il biondo si era alzato alle cinque, come ogni giorno da quando aveva iniziato l’addestramento. Senza far colazione si era diretto nella nuova palestra di casa sua, costruita appositamente per contenere eventuali danni causati dall’estrema violenza del suo potere. Alla parete era fissato un padiglione composto da un materiale innovativo, una nuova invenzione del padre, capace di azzerare il novantanove percento degli urti che subiva, permettendo così al ragazzo di colpire liberamente, senza dover dosare troppo la forza. Il ragazzo scaricò una raffica di pugni e calci sul padiglione, sentendo un flusso enorme di energia percorrergli gli arti. Le sue braccia erano costellate dalle linee nere che brillavano incandescenti ogni volta che colpiva la parete.

- Buongiorno, non perdi mai tempo tu, eh? – la voce di Aiden lasciò trasparire una lieve risata.

- Buongiorno… - rispose Roy, ansimando.

- Sono due ore che ti alleni… ricorda che hai scuola.

- Sì, papà. Ora vado a cambiarmi.

- Ti aspetto in macchina fra mezz’ora.

- Va bene. – disse infine, girandosi e tirando un ultimo paio di calci al padiglione.

- Questo coso è stratosferico, papà… come hai fatto a svilupparlo? – chiese poi, incuriosito.

- Tutto si basa sul moto dei singoli atomi che lo compongono, ogni urto subito viene distribuito equamente sulla superficie esterna e poi viene assorbito verso l’interno in modo omogeneo. Così facendo è possibile disperdere praticamente la totalità dell’urto.

- Fantastico…

- Già, ma ha comunque una limitazione: nel punto dell’urto una parte della forza risulterà sempre dannosa alla struttura e a lungo andare si arriverà al consumo, è inevitabile.

- Da come ne parli sembra che tu l’abbia già utilizzata molto questa tecnologia.

- Era alla base di un prototipo che avevo sviluppato con un vecchio gruppo di amici. La tecnologia si chiama Brain-Motion-Muscular-Device, l’abbiamo sviluppata come un supporto per le persone con disabilità motorie o che necessitano di riabilitazione fisica. Questa tecnologia prevede nano-bot che vengono iniettati nel corpo del paziente e che si legano ai muscoli colpiti dalla disabilità, permettendo al paziente di alleggerire il carico del corpo sui muscoli e fornendo a tali muscoli una serie di impulsi locali, collegati direttamente al cervello.

- In pratica sostituiscono i nervi danneggiati?

- Sì, ma ne migliorano l’efficienza e la resistenza.

- Che ne è stato di quella tecnologia?

- È ancora in fase di elaborazione, negli archivi segreti della Eisenhauer Technology.

- Segreti? Perché una tecnologia simile dovrebbe essere tenuta segreta?

- Perché qualcuno potrebbe metterci le mani sopra… e trasformarla nel suo opposto… un’arma… Eravamo tre ragazzi quando l’abbiamo sviluppata, ci eravamo appena laureati. Io e il professor Del Forte abbiamo sviluppato i progetti mentre il nostro amico, Simon Wolf, ci finanziò le ricerche. – la voce di Aiden si fece sempre più triste.

- Poi cos’è successo?

- Poi l’America intraprese la guerra contro il Medio Oriente e il settore bellico esplose nella ricerca di nuove tecnologie. Simon, che era un esperto di marketing e borsa ci propose di trasportare il nostro progetto in ambito bellico. Il suo ragionamento era sensato, data la quantità di finanziatori disposti a pagarci cifre esorbitanti per una tecnologia del genere. Tuttavia, io non volli dare ascolto a quel consiglio, non volevo vedere una mia creazione trasformata in un’arma, soprattutto una tecnologia che aveva lo scopo di riportare le persone disabili a una vita normale.

- Avete litigato?

- Sì, ci siamo allontanati, tutti e tre… fino a qualche anno fa…

- Che è successo?

- Abbiamo deciso di prendere un bicchiere tutti assieme, chiarendo ciò che in passato non ci era stato possibile chiarire.

- Vi siete riconciliati?

- Non proprio, diciamo che abbiamo messo da parte il rancore, in onore della nostra vecchia amicizia.

- Da come ne parli pare foste molto legati.

- Lo eravamo. Eravamo coinquilini, amici, e infine siamo diventati un team. Pensa che è grazie a loro se ho conosciuto tua madre.

- Mi dispiace che vi siate allontanati…

- Dispiace molto anche a me, Roy, ma nella vita bisogna andare avanti. E anche noi dobbiamo andare, abbiamo chiacchierato abbastanza. Vai a prepararti.

- Uh? – il ragazzo guardò l’ora – Cazzo! – corse in bagno a sciacquarsi.

- Fai veloce!

- Ja! Sì! – rispose ad alta voce, dall’altra camera.

Il ragazzo si gettò sotto la doccia per poi uscirne di fretta dopo pochi minuti, si asciugò rapidamente i capelli senza badare al loro aspetto e indossando al volo i vestiti, corse poi verso l’uscio di casa.
Aiden non andò leggero con l’acceleratore, accompagnando il figlio a scuola a una velocità poco raccomandabile. Aiden era cauto e preciso in ogni cosa che faceva, tutto tranne guidare. Quando l’uomo era alla guida sentiva la necessità di spingere la sua macchina al limite, adorava il rombo del motore. La velocità però non era molto gradita dal ragazzo, che si teneva stretto alle maniglie della nuova Audi sportiva del padre.

- Papà… al ritorno guido io… o stavolta è quella buona che ci schiantiamo.

- Suvvia, sai che guido bene.

- Io guido meglio…

-Siamo arrivati. – disse, parcheggiando vicino all’edificio scolastico. – Fai attenzione, mi raccomando. Per qualsiasi cosa chiama Axel, sarà sempre nei tuoi paraggi.

- Va bene, ci vediamo dopo. Ciao papà. – il ragazzo entrò a scuola.
 
Roy prese posto al suo solito banco, guardando l’ora.

- Sono riuscito ad arrivare anche due minuti in anticipo…

- Roy! Quell’Audi così figa è la tua?! – la voce entusiasta di Blaze attirò l’attenzione del biondo.

- Blaze, ciao. Sì, mio padre ama le auto sportive.

- E te la lascia guidare?!

- Certo, anche se guidare non mi entusiasma più di tanto.

- Eh?! Sei pazzo? Hai una macchina così e non ti piace guidarla?

- Se vuoi uno di questi giorni ti porto a fare un giro.

- Serio?!

- Certo. – sorrise il biondo.

- Woah, che figata cazzo! – esclamò sempre più entusiasta. – Ah! A proposito... ti va di pranzare con me e una mia amica oggi? Pensavamo di andare a quel posto che hanno aperto da poco, quello che fa i panini enormi.

- Va bene, fammi solo avvisare a casa. – mentì, scrivendo invece ad Axel.
 
Nell’ultimo mese Roy era diventato più aperto, si era avvicinato molto a Blaze che era diventato il suo migliore amico.
Si sentiva strano, finalmente era riuscito a rompere quel guscio che lo isolava in sé stesso.
Si sentiva strano, sì, ma si sentiva bene.
 
Base Ægis, quella mattina.
 
Clint stava sferrando una serie di colpi verso Aren che tuttavia, non sembrava avere problemi nello schivarli e ritorcerli contro l’avversario, accompagnandoli con qualche altro colpo sferrato da lui.
I due ragazzi stavano combattendo da tre ore, senza sosta. I loro movimenti erano veloci, nonostante la stanchezza. Si spostavano rapidi sul legno della palestra, roteando e colpendosi violentemente a vicenda.

- Lasci troppi punti scoperti, ti esponi troppo quando attacchi. – disse freddo Aren, sferrando un calcio sul fianco di Clint, facendolo cadere in ginocchio.

- Gnn… - gemette lui.

- Hai una buona tecnica, considerando il fatto che non sei mai stato addestrato. Sei riuscito a resistere tre ore contro di me, sono colpito. – disse, porgendogli la mano.

Clint la afferrò, alzandosi e trovandosi faccia a faccia con il castano.

- Andiamo avanti, per piacere, insegnami.

- Facciamo prima una pausa, ho bisogno di sgranchirmi i muscoli.

- Va bene… - disse, sedendosi ansimante, vedendo poi l’altro uscire dalla palestra.

- È interessato a te, lo si vede da come si comporta. – una voce profonda interruppe il silenzio della sala.

- Dici? – chiese il biondo a Drake.

- Non è da tutti riuscire a resistere a un combattimento con lui per tre ore.

- Ci sta andando piano, ne sono sicuro.

- Piano o no, i tuoi risultati sono impressionanti, impari molto in fretta.

- È anche grazie a voi, mi state insegnando un sacco di tecniche, io… non so come ringraziarvi…

- Non devi, sei uno di noi ora, addestrarti è uno dei nostri compiti. – disse, sorridendo.

- Riprendiamo. – interruppe Aren i due. – Unisciti anche tu, Drake. Così vediamo come se la cava in due contro uno. – aggiunse, guardando l’uomo negli occhi.

- Perché no… avanti ragazzo, vediamo di che pasta sei fatto… - rispose, tirandosi su le maniche e facendo scrocchiare le spalle.

Clint deglutì, alzandosi e mettendosi in posizione di combattimento.

- Quando si è in svantaggio numerico bisogna concentrarsi sempre solo su uno degli avversari, tenendo a mente che bisognerà però evitare i colpi di più uomini. I tuoi attacchi devono concentrarsi su un obbiettivo alla volta, tutto il resto è schivare i colpi degli altri. – spiegò l’uomo, preparandosi ad attaccare.

- Ok…

- Il tuo obbiettivo sono io. – disse Aren, richiamando l’attenzione del ragazzo. – Iniziamo. – scattò poi verso di lui.

Clint bloccò uno dei colpi di Aren, venendo però colpito da un calcio di Drake a tradimento. Indietreggiò.

- Devi prestare attenzione a tutto ciò che ti circonda, non puoi limitarti a schivare solo il suo colpo.

- D’accordo! – disse, stringendo i denti per alleviare il dolore.

Aren scattò di nuovo verso il biondo, sferrando una rapida serie di calci che vennero però schivati dal ragazzo. Nel frattempo, Drake aveva cercato di colpire Clint con un pugno, vedendolo impegnato a schivare i colpi di Aren. Clint tuttavia, era riuscito a schivare anche quello.

- Cazzo, impari veramente in fretta tu. Ottimo lavoro, ragazzo.

Passarono altre due ore di quel frenetico caos al termine delle quali Clint si lasciò cadere al suolo esausto. Il pavimento, nonostante il focoso allenamento dei tre, era rimasto gelido facendo percorrere la schiena del ragazzo da un brivido freddo.

- Non male, Clint… - disse Aren, voltandogli le spalle e dirigendosi verso l’uscita.

- Grazie… - gli occhi del ragazzo, per quanto stanchi potessero essere, lasciarono trasparire una sorta di gioia. Aren non gli aveva mai dimostrato particolare interesse, per Clint, lui era la vetta che non sarebbe mai riuscito a raggiungere.

- Vedo con piacere che hai imparato a combattere. – Schwarz entrò nella sala, avvicinandosi a Clint.

- Devo ancora migliorare…

- Non è necessario, anzi, volevo dirti che ho deciso di mandarti in missione oggi stesso. Secondo il team di sviluppo sei pronto per utilizzare il B.M.M.D. in maniera efficiente.

- V-vuole veramente mandarmi in missione?

- Sì, vai a riposare adesso. Abbiamo tracciato Steinberg, alle due partirai dalla base.

- Sissignore. – rispose il ragazzo, diventando improvvisamente serio.

Clint si diresse nella sua stanza, era stremato, ma si sentiva al contempo carico per la missione che avrebbe dovuto compiere. Senza perdere tempo, si forzò ad addormentarsi, riuscendoci e sprofondando nel sonno.
 
 
Liceo Triumph, ore 13.30.
 
La campanella aveva espiato gli ultimi ritocchi, sancendo la fine delle lezioni. Un’orda di studenti invase i corridoi dell’edificio, tutti di fretta, a spintonarsi a destra e a sinistra per uscire e andare a pranzo.
Roy e Blaze se l’erano presa con calma, lasciando che l’impetuoso flusso di persone defluisse lasciando loro lo spazio per uscire.

- Che palle oggi… matematica non finiva più… - sbuffò Blaze con tono stanco.

- Non era la tua materia preferita? – chiese perplesso il biondo.

- Sì… appunto… ste cose le so già fare… stare in classe a far nulla è una tortura…

- Cambiando discorso… anche oggi Clint era assente…

- Già… Non viene a scuola da due mesi, chissà cosa gli è successo?

- Non vorrei che fosse a causa mia…

- Ehi, Roy! Non è colpa tua, è stato lui a fare lo stronzo quel giorno.

- Sì, ma io ho esagerato…

- Stavi male, lui ha solo peggiorato la situazione. Ah! Meglio se ci sbrighiamo, Ethel ci sta aspettando in fondo alla strada! – esclamò, guardando il messaggio della ragazza.
 
I due aumentarono il passo, macinando i metri che li separavano dalla ragazza che li stava aspettando.

- Oh, eccola! Ciao Ethel!

Roy guardò la ragazza: era alta, con una chioma di capelli ricci, rossi, che le coprivano tutte le spalle. I lineamenti del suo volto erano leggeri, i suoi occhi erano due stupende biglie turchesi, che risaltavano sulla sua carnagione pallida. La ragazza indossava una felpa verde che nascondeva parzialmente le sue curve, assieme a un paio di pantaloni di pile, neri.
Il biondo rimase imbambolato. Non aveva mai provato interesse verso una ragazza prima di allora, una volta aveva dovuto anche respingere una ragazza che le si era dichiarata. Ethel, tuttavia, aveva scatenato in lui qualcosa, una scintilla.
Roy non si scompose, mascherando totalmente il suo stato d’animo. Con una finta sicurezza, si avvicinò alla ragazza, presentandosi.

- Ethel, piacere mio. – ricambiò il gesto, sorridendo lievemente.

Le sue mani erano morbide, al ragazzo parve di toccare della seta.
Dall’altra parte, Ethel era rimasta colpita a sua volta dal bell’aspetto del biondo.
I tre ragazzi si incamminarono, iniziando a chiacchierare del più e del meno e arrivarono ai tavoli del locale che da poco aveva aperto nei pressi della scuola.

- Vado a ordinare allora, da bere cosa volete? – chiese Blaze.

- Per me una Coca Cola. – rispose la ragazza.

- Per me una bottiglia d’acqua, grazie. – rispose il biondo.

- Va bene, torno subito. – disse Blaze, voltandosi e sorridendo sotto i baffi, lasciando così gli amici da soli.

- Quindi sei il figlio del Professor Steinberg?! Dev’essere dura avere un padre come lui, vero?

- Sì… non è stato facile stare al passo con le sue aspettative. – rise.

- Però Blaze mi raccontava che a scuola sei bravissimo.

- Ho sempre cercato di impegnarmi il più possibile, un po’ per mio padre, ma soprattutto per me stesso.

- L’importante è stare in pace con sé stessi.

- Tu invece, dove studi?

- Frequento il liceo femminile Marie Curie.

- Oh, il liceo sportivo! Che sport pratichi?

- Da dodici anni faccio pallacanestro, l’anno scorso siamo arrivate ai mondiali under 18.

- Woah, complimenti. È un risultato strabiliante.

- Grazie… anche tu sembri uno che fa molto movimento, avanti, cosa fai?

- In realtà non pratico nulla a livello professionistico, ma da quando avevo quattro anni ho fatto diverse arti marziali e tuttora mi alleno per conto mio.

- Wow! Che cosa nello specifico? Karate? Judo?

- Ho praticato Krav maga, Jujitsu, Taekwondo e diverse discipline dell’est Europa.

- Impressionate, diciamo che ti sai difendere. – disse, facendosi scappare una risata.

- Non si può mai sapere. – ricambiò la risata.

- Hai fratelli? – chiese la ragazza, sempre più curiosa verso il biondo.

- Sì, un fratello più piccolo. Si chiama Emil ma vive in Germania con mia mamma.

- Oh, siete separati allora…

- Sì, sono venuto da solo con mio padre.

- Come mai, se posso chiederlo?

- Tranquilla, non c’è problema. Mia madre è l’amministratrice delegata di un’importante azienda in Germania e per motivi di lavoro è dovuta rimanere lì. Mio fratello era troppo piccolo per viaggiare e data la posizione di mia mamma, era troppo difficile per lei crescerci entrambi.

- Ti mancano?

- Molto, anche se fortunatamente riesco a sentirli quasi ogni giorno.

- È una cosa molto bella… anche se un po’ triste.

- Non lo so… sento come se la lontananza ci avesse unito di più.

- Che cosa strana… - sorrise. – Ma dov’è Blazy?! Sto morendo di fame… - si lamentò poi, ridendo.

- Eccomi, eccomi! C’era una coda che non finiva più. – disse Blaze, comparendo dall’ammasso di gente che occupava l’ingresso del locale.

Il ragazzo porse i panini agli amici, sedendosi con loro e azzannando il proprio pranzo come un leone affamato.

- Vedo che siete entrati in sintonia eh? – disse, mangiando un boccone.

- A differenza tua lui è una persona normale, non una bestia selvatica…

- …non una bestia selvatica… - Blaze le fece il verso.

- Da quanto vi conoscete voi due? – chiese Roy divertito.

- Da quando siamo nati, siamo vicini di casa e le nostre madri sono amiche.

- È praticamente mia sorella… - disse il castano con la bocca piena.

- Devo sopportarti come tale… e non si parla con la bocca piena…

- …non si parla con la bocca piena… - ripeté con tono idiota, ricevendo poi un calcio dalla ragazza.

L’attenzione dei tre si spostò rapidamente su una figura maschile, che dalla parte opposta della strada stava avanzando lentamente verso di loro.

- Ehi, Steinberg! – la voce suonò familiare al ragazzo.

- Ma quello è… - Blaze non fece in tempo a finire la frase, che Clint, con forza disumana prese una macchina parcheggiata e la scaraventò contro i tre ragazzi.

- A terra! – gridò Roy, gettandosi assieme a Ethel dietro al tavolo di marmo, evitando così la macchina.

La folla di persone che era nel locale si disperse in preda al panico, lasciando i tre ragazzi in un momento di paura e confusione.

- Ma che cazzo è stato?! – gridò Blaze spaventato.

- Non lo so, ma dobbiamo scappare! – disse Roy, sporgendosi per controllare la posizione di Clint.

- Non dovremmo aspettare la polizia?!

- Quello ci ammazza prima che la polizia arrivi!

Clint si avvicinava sempre di più, spaccando l’asfalto sotto i suoi piedi con dei pestoni e poi lanciando i detriti contro i tre ragazzi.

- Base, qui Underdog; bloccate la polizia, non devono interferire. – disse al microfono che portava sulla tuta.

- Affermativo. – rispose la base.
 
Roy era sotto pressione, il cuore gli batteva all’impazzata. Doveva decidere in fretta, avrebbe dovuto usare il Void, esponendo il suo segreto agli amici oppure avrebbe dovuto chiamare Axel in soccorso. In preda a un momento di lucidità cliccò sul suo smartwatch, mettendosi in contatto con Axel.

- Axel! Axel!

- Roy, che succede?! – chiese preoccupato l’uomo.

- Siamo stati attaccati da un mio compagno di classe, ma è in grado di tirarci addosso delle auto!

- Cercate di nascondervi, sarò lì al più presto!

- Fai veloce Axel, altrimenti dovrò usare il Void!

- Arrivo!
 
Chiusa la chiamata, Axel si precipitò verso la posizione del biondo, venendo però bloccato da un uomo di colore, che lo attaccò alle spalle, facendolo arretrare verso un muro.

- Mi dispiace… ma non posso permetterti di intralciare la missione…

- Sei dell’Ægis, vero? Maledizione…

- Perspicace… tu devi essere dell’Asset invece. Allora esistete davvero, hehe. – lo provocò Drake.

- Fammi indovinare, non mi lascerai passare, vero?

- Esattamente…

- Bene allora, vorrà dire che dovrò calpestarti.

- Fatti sotto, ragazzo.
 
Drake tirò fuori un coltello da guerra, l’arma che lo aveva accompagnato durante la sua missione in Medio Oriente, l’arma con cui aveva versato il sangue di numerosi nemici. Si tirò su le maniche e partì all’assalto.

- Roy! L’Ægis ha attaccato anche me, sono bloccato qua. Devi usare il Void! – disse al ragazzo, spegnendo poi il microfono. – A noi due. – disse infine, estraendo anche lui un coltello dalla sua cintura e avanzando verso l’avversario.

Axel impugnò la lama con il manico rivolto verso di lui, incrociandola con quella di Drake, facendo roteare poi il polso dell’avversario nel tentativo di disarmarlo. Drake, in risposta, girò su sé stesso, cambiando il braccio dominante sul suo coltello e aumentando la pressione. Per contrastare quella mossa, Axel si liberò dall’attacco avversario, facendo scintillare le due lame in un suono altrettanto tagliente.
Poggiandosi su una mano, roteò una gamba nel tentativo di colpire Drake ai piedi, così da sbilanciarlo e ottenere il vantaggio. Le dita del ragazzo premevano sull’asfalto, per imprimere al colpo una maggiore violenza. Con una mossa altrettanto veloce, Drake finse di cadere, passando poi il coltello nell’altra mano e attaccando con un colpo rovescio a sorpresa. Axel non ebbe il tempo materiale per reagire, dovendo parare il colpo alla meglio che poteva, finendo per subire una ferita superficiale al braccio.

- Merda… - disse, premendosi la ferita.

- Mi sto divertendo, ragazzo. Spero non sia finita qua…

- Te lo puoi scordare, ho tutto il giorno…

- Andiamo allora – sorrise.

Drake sferrò una serie di sferzate verso il ragazzo, che vennero bloccate dalla sua lama disperdendo nell’aria qualche scintilla. Durante una parata, Axel invertì l’impugnatura del pugnale, esercitando una forza che l’avversario non riuscì a contenere, sbilanciandosi e lasciando così un varco.
Varco che Axel sfruttò, colpendo rapidamente con un violentissimo calcio. Drake indietreggiò.
I due tornarono all’assalto, incrociando le lame più e più volte. Nei loro paraggi non c’era nessuno, gli unici rumori che risaltavano nel silenzio che li circondava erano l’incrociarsi delle lame e i loro respiri, che pesanti si sospendevano tra un’azione e l’altra.
L’asfalto bagnato da quello che restava della neve ormai sciolta, era diventato il loro campo di battaglia: una pista da ballo che ospitava una danza mortale di colpi e sferzate.
Il combattimento procedeva in una fase di stallo continuo, i due opponenti erano alla pari, nessuno dei due riusciva a prevalere sull’altro.
Di colpo, Drake lanciò il suo pugnale, disarmando Axel e gettandocisi contro.
I due finirono in uno scontro corpo a corpo. Drake sferrava pugni rapidi, mirando al torace del ragazzo, che tuttavia, egli difendeva sviando la traiettoria con i gomiti, restituendo in risposta delle ginocchiate dritte sugli addominali dell’uomo.

- Marines? – chiese Axel, ansimando.

- Già… tu invece… forze speciali? – anch’egli ansimando.

- Kommando Spezialkräfte…

- KSK… i tedeschi sanno il fatto loro, hehe… - sorrise, cercando di distrarsi dalla stanchezza.
 
Senza perdere tempo i due tornarono a colpirsi a vicenda, immergendosi nuovamente in quel combattimento perfettamente bilanciato.
 
 
Al locale invece, Roy, Blaze ed Ethel erano costretti a rimanere nascosti dietro al tavolo di marmo che li aveva protetti fino a quel momento.

- Roy! Cosa cazzo facciamo?! – chiese Blaze disperato.

- Non ho altra scelta… - disse il biondo a bassa voce. – Blaze… voglio che tu faccia una cosa… - disse poi, rivolgendosi all’amico.

- Eh?! – balbettò perplesso, guardando le iridi smeraldine di Roy.

- Quando ti do il segnale, prendi Ethel e andatevi a nascondere dietro quell’edificio!

- E tu che cosa vorresti fare?!

- Io me la caverò. Ti prego, fai ciò che ti dico e non farti domande, ok?!

- V-va bene… Fai attenzione, ti supplico…
 
Roy si mise in posizione, pronto a dare il segnale all’amico. Clint ormai si era fermato, in attesa del momento giusto per stanare la sua preda, afferrando una macchina pronta da lanciare.

- Blaze ora! – gridò Roy.

Il castano prese l’amica per mano e corse verso l’edificio più vicino, in cerca di riparo. Clint, vedendo i due scappare, decise di lanciare loro la macchina, in modo da far uscire Roy allo scoperto.
La tensione era salita alle stelle, Blaze ed Ethel non poterono fare a meno di girarsi, vedendo il bolide volare contro di loro. I due ragazzi chiusero gli occhi, stringendosi per l’ultima volta prima di venir travolti dall’ammasso di metallo. Un boato rimbombò per tutta la via, seguito da una nuvola di fumo enorme e un’esplosione.
Blaze ed Ethel riaprirono gli occhi, increduli di essere ancora vivi e increduli a quello che i loro occhi stavano vedendo: la macchina era stata scaraventata ai lati della strada, accartocciata e ridotta in due pezzi. Al centro della nube che ormai si stava diradando era rimasto in piedi Roy, con la felpa distrutta e il braccio sinistro coperto da linee arancioni incandescenti. La mano del biondo era tesa verso Clint e i due ragazzi poterono scorgere lo sguardo dell’amico: l’iride sinistra era diventata di un arancione intenso con una pupilla triangolare.
Quello sguardo, per quanto focoso fosse, gelò il sangue nelle vene dei due ragazzi, ancora confusi dell’accaduto.

- Vi prego… nascondetevi… a lui ci penso io…
   
 
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