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Autore: Sognatrice_2000    06/04/2022    0 recensioni
[C\\\'era una volta Hollywood]
[C\'era una volta a Hollywood]
La notte del 9 agosto 1969 ha cambiato per sempre la vita di Rick Dalton e Cliff Booth.
Un segreto inaspettato viene alla luce e il legame che li unisce diventa ancora più profondo.
“Questa è la storia che nessuno si prende mai la briga di raccontare, perché l’amicizia non è affascinante o spettacolare come le grandi storie d’amore.
Questa è una bella storia, una bella storia finita male.
Forse, semplicemente, per noi non c’era speranza."
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Non-con
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Bianco. Ovunque guardasse, vedeva solo bianco.

Erano bianche le pareti, il pavimento e le poltroncine nella sala d’attesa. 

Rick si agitò sulla sedia su cui era seduto da quella che gli sembrava un’eternità, cercando invano una posizione comoda-si ritrovò a pensare che in un ospedale, dove le pareti sembravano impregnate di lacrime, le sedie avrebbero dovuto essere scomode, per preparare le persone al dolore.  

Non sapeva quanto tempo fosse passato con certezza da quando era lì.

Probabilmente una o due ore, ma senza un orologio era difficile stabilirlo con sicurezza.

Tutto sembrava sospeso e immobile lì dentro, congelato in un’eterna attesa.

Dopo che Cliff era stato portato via dall’ambulanza, rassicurandolo con il suo solito sorriso storto che sarebbe stato bene, Rick aveva pensato di tornare a casa, ma poi un tizio che stava alla porta accanto, un certo Jay, si era accorto del trambusto e gli aveva chiesto cosa fosse successo, e poi si ritrovato nel soggiorno dei vicini a raccontare della carneficina che si era consumata quella notte a nientedimeno che a Sharon Tate, la moglie dell’acclamato regista Roman Polanski.

Aveva sempre sperato di poterla incontrare, magari insieme a suo marito, e finire a recitare in uno dei suoi film, ma in quella sera la carriera era davvero l’ultimo dei suoi pensieri.

Non riusciva ad allontanare dalla sua mente l’immagine di Cliff sdraiato sul pavimento, privo di sensi, con un coltello conficcato nell’anca. Prima di quel momento, Rick aveva sempre pensato a Cliff come a qualcuno di invincibile.

L’aveva visto prendere in giro la morte innumerevoli volte sul set, e aveva finito per scordare che nella vita vera avrebbe potuto correre pericoli reali.

Notando il suo turbamento, Sharon gli aveva offerto una coperta e qualcosa di caldo da bere, ma Rick aveva rifiutato e aveva detto che purtroppo non poteva restare, perché doveva assicurarsi che il suo amico stesse bene.

Sharon era stata veramente gentile e aveva insistito perché Jay gli desse un passaggio, sostenendo che lo avrebbe accompagnato lei stessa se avesse potuto guidare ( era incinta di otto mesi e mezzo e aveva un enorme pancione che le impediva quasi di muoversi)

Jay lo aveva accompagnato in ospedale e avevano chiesto notizie di Cliff. Un dottore spiegò che le sue condizioni erano stabili, il coltello non aveva causato danni gravi, ma dovevano fargli una tac per assicurarsi che non avesse subito una commozione celebrale e altri esami.

Jay si era offerto di rimanere ad aspettare con lui, ma Rick aveva capito che stava solo cercando di essere educato, così lo aveva ringraziato e poi aveva risposto che non ce n’era bisogno.

Tuttavia restare solo con i propri pensieri si era rivelata una pessima idea, perché aveva a disposizione un sacco di tempo per crogiolarsi nella propria angoscia, che aumentava man mano che i minuti passavano.  

Nonostante tutto il tempo trascorso, nessun medico si era ancora presentato per informarlo sulle sue condizioni e questo non faceva altro che aumentare l’ansia di Rick. 

 

Cosa stava succedendo? Perché ci mettevano così tanto a fare questi esami? C’erano state complicazioni?  

Rick chiuse gli occhi e prese un respiro profondo nel tentativo di distogliere la mente da quei pensieri, perché Cliff sarebbe stato bene, sarebbe andato tutto bene, doveva smetterla di pensare al peggio.

Riaprì gli occhi di colpo quando udì il cigolio di una porta che si apriva. Da una delle stanze di fronte a lui era uscita una dottoressa con un lungo camice bianco e uno stetoscopio avvolto attorno alle spalle.

“Lei è qui per il signor Booth, Cliff Booth?”

Rick annuì e si alzò di scatto. “Sì, mi chiamo Rick Dalton, sono il suo migliore amico.” Confermò senza un attimo di esitazione. “Come sta?”

La dottoressa gli lanciò un’occhiata strana di cui Rick non colse il significato-sembrava… pietà? Compassione?- e la sua voce si fece improvvisamente più gentile. “Prego, mi segua. La accompagno alla sua stanza.”

  
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