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Autore: theGan    06/04/2022    4 recensioni
Tre storie sulla solitudine del crescere e sugli amici trovati e persi: l’infanzia di Tsubasa, Ishizaki e Wakabayashi.
 
1) RIGUARDO AI DELFINI E ALLE ORCHE ASSASSINE:
 
Tsubasa non si sente solo, proprio per niente: ha mamma, papà e il calcio. Ma a Nankatsu il suo mondo si allarga.
 
2) MUFFA SUL SOFFITO:
 
Ishizaki si fa un nuovo amico, per caso diventa la sua nemesi, ma la rivalità tra Ishizaki e Wakabayashi ha sempre girato a senso unico.
 
3) PRESSIONE SARA’ APPLICATA DOVE NECESSARIO:
 
Genzo è consapevole delle aspettative che gravano su di lui e non ha intenzione di deludere nessuno. Anche se il costo è crescere troppo in fretta.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Genzo Wakabayashi/Benji, Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Missing Moments, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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*questa fiction viaggia parallela al canon (aka: rielaborazione e non fedeltà assoluta)

*la lingua si adatta al POV e all’età del personaggio.


 

RIGUARDO AI DELFINI E ALLE ORCHE ASSASSINE.

 

Tsubasa non si sente solo.

Certo, i suoi compagni di classe lo chiamano “lo svitato ossessionato col calcio” e nessuno gli rivolge la parola, ma non si sente solo. Per niente.

Tsubasa sa di essere un ragazzo solare con genitori disposti a incoraggiare i suoi interessi, nonostante il nonno si preoccupi e insista che Tsubasa si cimenti con uno sport un po’ più dignitoso come il baseball. È una stupidata. Il calcio è tipo lo sport più popolare di TUTTO IL MONDO e Tsubasa ha già un grande amico e non ne ha bisogno d’altri. Si, nonno, il pallone conta, non facciamo gli sciocchini.

Tsubasa ha il calcio, un pallone e non si sente solo.

Papà è sempre via per lavoro, ma trova il tempo per mandare ogni volta a lui o a mamma un regalo per posta dal porto in cui fa scalo. Tsubasa adora quando papà invia un poster o degli adesivi o quelle cose che si chiamano “figurine Panini” che sono poi delle carte adesive con i giocatori di calcio della lega italiana. A volte arriva addirittura un giornale sportivo e mamma lo aiuta a ritagliare gli articoli e le foto dei calciatori che vuole tenere e poi li incollano su uno degli albi che tengono apposta. Tsubasa ne ha venti e mezzo e la sua collezione continua ad aumentare. Ne va molto fiero.

Tsubasa ha mamma e papà e non si sente solo.

Un giorno mamma dice che si devono trasferire, hanno comprato una nuova casa vicina al Monte Fuji e non sarà un bellissimo cambio di prospettiva? Mamma promette che questa è l’ultima volta che si trasferiscono e poi fa quella faccia che le mamme a volte fanno quando sono preoccupate per qualcosa. A Tsubasa non piace quando mamma è così, quindi sorride con tutti i denti, le chiede se ci sono squadre di calcio nella città nuova e si rifiuta di pensare alla Bambina.

La Bambina si è avvicinata a Tsubasa un venerdì mattina. Già di per sé quello è stato un avvenimento perché sono stati compagni di classe per un anno e la Bambina non gli ha mai parlato. Però è sempre stata più carina degli altri, non lo ha mai chiamato “strano” o “sfigato” e a volte gli ha persino sorriso.

- So che ti piace il calcio! Sai, mio fratello gioca in una squadra, vuoi che te lo presento?

Tsubasa aveva detto di sì così in fretta che la Bambina si era messa a ridere e aveva detto che “per un istante ho temuto che la tua testa si svitasse” e poi Tsubasa l’aveva seguita a casa. Il nome della Bambina è Yayoi e suo fratello non sapeva tutte le cose sul calcio che sa Tsubasa, ma era stato tanto gentile e gli aveva addirittura regalato un poster!

Ma Tsubasa si deve trasferire ora.

Ma va bene. Tsubasa ha un poster nuovo, la sua collezione di album di ritagli e non si sente solo.

Anche se Yayoi era carina.

Lui e mamma si trasferiscono in una città di nome Nankatsu e Tsubasa riesce a vedere il Monte Fuji dal finestrino della macchina. La casa nuova è più grande e la sua camera ha una finestra gigante che lascia entrare un sacco di luce. Ci sono già una scrivania e degli scaffali per la sua collezione di ritagli e a Tsubasa non dispiace più tanto la casa nuova. Aiuta la mamma a disfare le scatole, ma ce ne sono così tante che le sue mani iniziano a prudere e mamma dice che ha visto un campetto di calcio dalla macchina e perché Tsubasa non va a controllare e poi le racconta?

Tsubasa è un bravo bambino, così prende il suo pallone e va.

Mamma gli ha detto durante il viaggio che ci sono un sacco di bambini che giocano a calcio in questa città, Tsubasa ha controllato ed ha scoperto che ci sono addirittura DUE SQUADRE solo per le elementari! Una si chiama Shutetsu e ha vinto tipo tutto l’anno scorso. L’altra è più piccola e Tsubasa non sa ancora come si chiama, ma è calcio quindi sarà fantastica.

Il respiro di Tsubasa ora è un po’ affannato, così si ferma, aggiusta le pieghe della maglietta come gli ha spiegato di fare mamma e appoggia il pallone a terra. È un buon pallone, tutto rovinato e sporco dall’uso, agli altri bambini piacerà di sicuro.

Tsubasa inizia a correre, il pallone rimbalza contro i suoi piedi. È migliorato rispetto all’anno scorso ed è diventato persino capace di palleggiare in modo che il pallone colpisca il suo tallone e poi passi dietro la schiena prima di ritornare al ginocchio.

Quasi oltrepassa il campetto da calcio senza notarlo, ma ci sono delle persone che urlano e Tsubasa manca un palleggio e il pallone rotola da un lato del marciapiede. Il campetto è malandato e non perfettamente in piano, non c’è spazio per sedersi e non sembra affatto come quelli delle sue riviste, ma è calcio ed è la cosa più perfetta che Tsubasa abbia mai visto. Meglio del Monte Fuji di sicuro.

Ci sono un sacco di bambini in piedi, alcuni sono vestiti con una uniforme bianca e rosa e Tsubasa si domanda se per caso sono loro la Shutetsu. Non sono soli, ci sono un mucchio di altri ragazzi, ma questi sono in generale più grandi e vecchi e le loro uniforme sono tutte sbagliate: alcuni hanno delle mazze da baseball, altri indossano delle protezioni sulla testa. Tsubasa non si fida di loro: gli studenti delle scuole superiori sono sempre stati cattivi con lui.

Entrambi i gruppi sono silenziosi, sembrano quasi delle sagome di cartone ammucchiate dietro i due bambini che urlano al centro del campo. Beh, solo uno di loro sta urlando: la sua testa è rasata e ricorda tanto una palla, è più basso di Tsubasa, ma sembra che abbia la sua stessa età. L’altro è più alto e più grosso, non di tanto, ma per qualche ragione sembra MOLTO di più, indossa un cappello e ha l’aria cattiva.

Tsubasa non capisce bene di cosa stanno discutendo anche se testa-a-palla è davvero rumoroso e alto-e-cattivo non urla, ma la sua voce arriva comunque.

- Abbiamo vinto questo campetto rispettando le regole.

- REGOLE?! Ma quali regole! Voi avete già un campetto! Non ne avete bisogno di un altro!

- La nostra scuola ha un campo da calcio, ma è riservato agli studenti di medie e liceo, abbiamo bisogno di questo per fare pratica. Mi pareva di avertelo già spiegato, scimmia.

Alto-e-cattivo fa un gesto con la mano come a dire che la questione per lui è chiusa, un bambino mezzo nascosto dietro di lui inizia a ridacchiare e testa-a-palla diventa tutto rosso in faccia proprio come un pomodoro.

- NON FINISCE COSI’!

- Abbiamo vinto noi, Ishizaki. Fattene una ragione.

- I… no, ok, non lo riesci proprio a capire. La tua squadra ha già tutto Wakabayashi… dove diavolo dovremmo andare noi per giocare?

- Non è un mio problema.

Tsubasa non capisce bene dove sia il problema, forse testa-a-palla e alto-e-cattivo non sono tanto svegli: hanno un campetto, giusto? Perché non fanno a turni o, meglio ancora, giocano insieme? Magari potrebbero giocare proprio ora e Tsubasa potrebbe unirsi a loro e non sarebbe fantastico?!

Alto-e-cattivo fa un passo in avanti e la sua faccia è abbastanza spaventosa.

- Il tuo team di perdenti non avrebbe una chance se si allenasse per cento anni. E credi che non sappia che i tuoi compagni di squadra non si presentano più? Ammettilo scimmia: non hai bisogno di questo campo, non vuoi che lo abbia io.

Testa-a-palla è molto coraggioso perché non arretra di un centimetro, ma la sua faccia da rossa diventa tutta bianca e per un istante Tsubasa è convinto che inizieranno a picchiarsi e nessuno giocherà a calcio. Forse avrebbe dovuto restare con la mamma. O forse dovrebbe andare da uno di quei ragazzini in uniforme e chiedere se hanno voglia di giocare con lui.

Tsubasa sta per andare, ma a quel punto testa-a-palla e alto-e-cattivo sembrano mettersi d’accordo, si allontanano… no, stanno andando verso la porta. Oh! Allora, forse, si mettono a giocare davvero!

Tsubasa trova un posto comodo per sedersi e osservare, l’erba è soffice e bagnata e sicuramente lascerà delle macchie sui suoi pantaloni. Sembra che vogliono giocarsela ai rigori, o almeno a una specie, perché i giocatori sono un po’ più distanti dalla porta. Avrebbe preferito una partita vera, ma è calcio e quindi è eccitante comunque.

Alto-e-cattivo prende posizione dentro la porta, sorride a mo’ di sfida e sembra così a suo agio sul campo da calcio che Tsubasa smette di pensare che sia cattivo: ora è esclusivamente alto-con-cappello. Tsubasa fa proprio schifo come portiere, magari alto-con-cappello potrebbe insegnargli e poi potrebbero giocare insieme e poi Tsubasa potrebbe fargli vedere la rovesciata con cui si sta allenando e questa volta FUNZIONEREBBE.

- Visto che sei un idiota, ti ripeto le regole. Tu e i tuoi liceali potete provarci con qualsiasi cosa, ma uno alla volta. Segnate da fuori area e il campo è vostro. Fallite e sparite una volta per tutti.

- Un goal contro di te?

- Si.

- Da fuori area?

- Si.

- E possiamo provarci come vogliamo se andiamo uno alla volta?

- SI! Buon Dio, Ishizaki, sei lento come un asino. La vogliamo smettere e GIOCARE?

Testa-a-palla sorride e a Tsubasa ricorda uno degli squali di quel documentario che l’anno terrorizzato a morte due settimane fa. Papà fa il marinaio, ma mamma dice che non corre pericoli perché gli squali non possono camminare o salire su una barca e quindi è perfettamente al sicuro. Alto-con-cappello non pare molto al sicuro. I liceali si stanno avvicinando e alto-con-cappello è grande, ma loro lo sono di più  e Tsubasa sarebbe spaventato per lui se alto-con-cappello non sembrasse uno di quegli animali che mangiano gli squali per colazione. Forse è un’orca assassina.

- So che sei bravo Wakabayashi, tutta la città lo sa. Ma non sei così bravo da poter bloccare una palla da tennis.

Eh. Ma questa è una cosa RIDICOLA! E non è neanche calcio! Sono davvero un mucchio di… OH.

Alto-con-cappello ha parato la palla da tennis.

- Provate a farla difficile la prossima, eh.

Il ragazzo con la racchetta biascica qualcosa di incomprensibile, seguono dieci secondi di assoluto silenzio e poi alto-con-cappello urla: “IL PROSSIMO!”.

Arriva un altro tipo del liceo, questo indossa un’uniforme a strisce arancioni e nere e ha una protezione sulla testa. Dice di essere il capitano della squadra di rugby e qualcosa-qualcosa sul fatto che la palla da rugby ha una forma diversa da quella da calcio. Tsubasa lo ignora, la sua attenzione è tutta per alto-con-cappello.

È come se il mondo si stesse riassestando, come trovare il pezzo del puzzle che Tsubasa non sapeva di dover cercare.

Le sua mani si chiudono attorno all’erba bagnata, si morde le labbra. Cosa succederà adesso?

Il liceale tira, alto-con-cappello si lancia, il pallone colpisce il terreno e cambia direzione, dirigendosi inesorabile verso lo spazio vuoto lasciato dal portiere. Tsubasa cerca di avvisarlo, ma non ce n’è bisogno: alto-con-cappello appoggia la mano destra a terra e la usa come perno per ruotare e intercettare con la gamba sinistra il pallone e scagliarlo lontano.

Si tira in piedi, recupera il pallone e lo passa da una mano all’altra con aria canzonatoria.

- Abbiamo finito?

Testa-a-palla sta facendo la stessa faccia di Tsubasa, ma arriva un altro ragazzo: indossa un cappello, un guantone e ha una mazza da baseball appoggiata alla spalla. Fischia.

- Sei davvero un bastardo spaventoso. Vuoi provare con un vero sport?

Alto-con-cappello sorride e gli fa gesto di avvicinarsi.

Il ragazzo arriva fino al limite dell’area, ha lasciato la mazza a un amico, si prepara a lanciare, esita. Forse ha realizzato come Tsubasa che alto-con-cappello è un’orca assassina e che probabilmente oggi aveva saltato il pranzo. Lancia.

La palla è piccola e veloce, ma corre dritta ed è una macchia che Tsubasa mette a fuoco solo quando si ferma. O meglio: quando viene fermata. Alto-con-cappello non si è mosso, ha allungato una mano e l’ha afferrata al volo.

- M… mostro.

Tsubasa è innamorato.

Lo sente, lo sente nelle sue ossa che questo bambino è come lui. Ed è pure un sacco cool! Alto-con-cappello deve sentirsi osservato, alza gli occhi, vede Tsubasa E GLI FA L’OCCHIOLINO!

È UN SACCO COOL!

Gli deve parlare prima di subito, ma il bambino se ne sta andando ora che i ragazzi grandi si sono allontanati. Testa-a-palla prova a richiamare le truppe senza successo.

- Ehi, fermatevi! Dove state andando codardi?! Ma se avevamo appena iniziato…

- Dai, Ishizaki, piantala. Senti Mister Mikami mi sta aspettando. Il campetto è nostro, ma sentiti libero di sfidarci di nuovo quando ti viene in mente qualcosa di meglio, ok?

E il bambino SE NE VA. E questa è la cosa più ingiusta che sia successa a Tsubasa in tutta la sua vita. Vorrebbe correre giù, afferrarlo per un braccio e fermarlo, ma poi si ricorda che: uno, non sarebbe educato, due è pieno di persone e sarebbe strano, tre ormai è tardi e il bambino se n’è già andato e allora non rimane che una cosa da fare. Andare da testa-a-palla e chiedere.

- Chi è quel bambino? Come si chiama? Dove gioca? Credi che giocherebbe CON ME? Sai dove abita? Qual è la sua squadra di calcio preferita? Io ne ho così TANTE! Credi che gli piacerebbe la mia collezione di figurine? Sai se colleziona figurine? Credi che vorrebbe essere mio amico? Gioca sempre come portiere? È…

Testa-a-palla lo ferma, non lo tocca, basta uno sguardo. È quello sguardo che dice “cosa cazzo sei?” che la gente tira fuori ogni volta e che lo fa sentire strano e fuori posto.

Poi testa-a-palla aggrotta le sopracciglia, sbatte le palpebre, scuote le spalle, lo Sguardo sparisce e Tsubasa torna a sentirsi a proprio agio.

- Chi diavolo sei e come diavolo fai a non sapere chi è Wakabayashi?

Tsubasa glielo spiega.

Testa-a-palla dice di chiamarsi Ishizaki e sembra felice del fatto che Tsubasa non abbia mai sentito nominare Wakabayashi prima e un po’ dispiaciuto che voglia sapere tutto ora.

- È solo tipo una grossa bolla antipatica.

Ma Ishizaki decide di accompagnarlo lo stesso, cammina vicino a lui, chiacchiera e prova persino a rubargli il pallone, ma usa i piedi e quando fallisce gli chiede suggerimenti. È… piacevole. Arrivano in cima a una collina altissima e Nankatsu è come un gatto pigro addormentato sotto di loro.

- Vedi quella casa là?

Ishizaki sta indicando una villa gigantesca circondata da un giardino ancora più enorme. Sembra un posto molto solitario in cui crescere.

- Quella è la casa di quel bastardo. Crede di essere tanto meglio di… EHI! FERMA! Cosa credi di fare?

Tsubasa ha smesso di ascoltare alla parola “casa”. Ha preso un pennarello, scritto un messaggio sul Pallone, e preso posizione sul terreno bagnato. Ishizaki è preoccupato, lui no.

Conosce questa palla, è la sua migliore amica e lo perdonerà perché… beh, i palloni da calcio nascano per essere calciati. Così lo fa.

Il pallone sale alto nel cielo e per un attimo sembra che non dovrà più scendere, ma poi lo fa e va giù, giù, giù.

Tsubasa sta già correndo, ha mandato il messaggio e ora non ha bisogno di fermarsi e aspettare per sapere che Wakabayashi lo avrà ricevuto. Che Wakabayashi lo starà aspettando. Ishizaki corre dietro di lui, sta urlando qualcosa, ma Tsubasa sta volando e non sente.

Ishizaki lo raggiunge alla stazione del bus, ha il fiatone e borbotta qualcosa tipo: “è l’avvento del secondo mostro”.

Wakabayashi è dall’altra parte della strada e ha corso veloce quanto Tsubasa. La sua fronte è bagnata fradicia e i suoi occhi sono iniettati di sangue.

I loro sguardi si incrociano, Wakabayashi appoggia il pallone per terra e lo calcia forte in sua direzione. Tsubasa lo intercetta, glielo rilancia. Wakabayashi afferra il pallone con entrambe le mani e quando alza la testa non sembra più tanto annoiato. Lo guarda come se Tsubasa fosse quella cosa che mangia le orche assassine.

Ma questo non è vero: orche assassine e delfini giocano sempre insieme.

Tsubasa decide che non si sente più solo.

Davvero.

 

 

 


 

NOTE

 

Non ho mai amato Tsubasa quando ero bambina, ma lentamente ho iniziato a vedere le sue fragilità, specialmente agli inizi in cui è solo il ragazzino strano fissato con il calcio.

Considerata l’età di Tsubasa in questa storia ho cercato di scrivere in modo da renderla nella struttura della frase o nella scelta del lessico. Originalmente questa storia è stata scritta da me in inglese e pubblicata su A03 come parte di una serie LINK

Il rapporto tra Genzo e Tsubasa è quello di due fratelli separati alla nascita (quindi intendete “amore” in questo senso). Sono due psicopatici e ringraziamo Ishizaki per essere una persona normale.

 

PROSSIMO CAPITOLO: MUFFA SUL SOFFITO > POV Ryo Ishizaki.

 

Una recensione anche breve è il carico di endorfine indispensabile alla mia ansia.

 

 

  
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