Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Nuage_Rose    06/04/2022    1 recensioni
Allerta Spoiler! Non continuare la lettura se non si ha concluso di leggere il manga.
In questa FF, mi sono chiesta cosa potrebbe succedere a Mikasa dopo aver perso il suo amato Eren. Si chiuderà nel dolore, restando per sempre a vegliare sulla tomba del ragazzo o deciderà di sfruttare al meglio la libertà che Eren le ha donato? Riuscirà ad amare nuovamente?
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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3. Barricades 


“And if we
Get out. Get out
I'll think about the price of our soul.
We've got to learn to
Live free, live free
We'll live a life without barricades
 
How long I haven't seen the light shine through in my life
Lost everything
Family, confusion on the way
Someone tries to talk to me and signpost the righteous road,
 
My animal inside
Can now be tamed to go
Over the wall
 
We've got to learn to
Get back. Get back
But is it worth the price of our soul?”

Barricades, Composer: Hiroyuki Sawano


Jean entra nella sua cabina, ripensando al viso di Mikasa mentre guardava l’oceano, in un attimo di serenità. Nota solo allora che, nella sua stanza, c’è un altro letto. E la valigia di Mikasa è accanto a quel letto.
Proprio in quel momento, la ragazza entra ed il corpo di Jean si blocca come una statua di cera: “I-io non… ci deve essere uno sbaglio, non è possibile… dovremmo avere cabine separate.”
Lei lo guarda con tranquillità indifferente e risponde: “Nessun errore. Siamo in questa cabina, come delegati dell’isola di Paradise. Non è una cosa nuova per noi dormire nella stessa stanza, Jean.”
Replica allora, agitato, mentre si passa una mano tra i capelli chiari: “Certo, ma… la situazione era diversa, le circostanze erano diverse e non siamo mai stati soli. Non è… è sconveniente per una donna, non se ne parla!”
Mikasa lo guarda stupita ed interdetta, mentre lui esce dalla camera diretto verso il capitano o chiunque altro possa dargli una spiegazione. Ma sente la voce della ragazza dirgli: “Una donna? Io… è da tanto che non mi vedo come una donna.”
I suoi passi si bloccano di colpo e torna in fretta da Mikasa, guardandola deciso: “Tu sei una donna.”
Il suo sguardo indugia sul volto chiaro della ragazza, vorrebbe cancellare quello stupido taglio sul suo stupendo viso: lo innervosisce ancora vederlo, ai limiti della rabbia. E poi guarda i suoi capelli lunghi e corvini, li portava così anche quando si allenavano, ancora reclute. Adora quei capelli, si chiede da sempre come sia accarezzarli e se lascerebbero del profumo sulle sue dita.
Allunga una mano, ma sfiora soltanto la cicatrice e lei lo guarda ancora immobile davanti al suo lettino.
Vorrebbe baciarla, solo per dimostrarle che è una donna, una bellissima donna che potrebbe far girare la testa a qualsiasi uomo e che non deve essere solo un soldato o una macchina da guerra, non deve essere sola e senza amore.
“Si è fatto tardi ormai” commenta Mikasa, arrossendo leggermente. “Sarà meglio che andiamo a dormire. Immagino che, date le circostanze, non ci sarà nulla da ridire se dormiamo nella stessa stanza. E poi… non voglio passare la mia prima notte lontana da casa da sola, se per te non è un problema.”
La mano di Jean scatta via dal suo volto, da quel contatto che iniziava ad adorare in modo sempre più profondo: “Hai ragione. Meglio mettersi a dormire.”
Si volta di scatto, permettendo così alla ragazza di cambiarsi per la notte. Il cuore e la mente di Jean iniziano a fare confusione, dentro di lui mille pensieri ed ipotesi si accavallano. Si domanda come sia accarezzare il resto del suo viso, persino come sia baciare le sue labbra. Eppure sa che l’unico uomo che lei abbia mai baciato o amato è stato Eren. E che per lei, anche in tutti questi anni, non c’è mai stato nessun altro. Ma vorrebbe tanto farle conoscere l’amore, vorrebbe farle provare la sensazione di baciare un uomo vivo e non un cadavere. Vorrebbe mostrarle com’è essere amata da qualcuno di diverso da Eren, qualcuno che può stringerla al suo petto per farle sentire il battito del suo cuore.
Si infila sotto le coperte dopo Mikasa, continuando a non guardarla. Non sa che lei lo stava studiando mentre si toglieva la camicia, notando per la prima volta le cicatrici sulla schiena di Jean, che formavano uno strano dipinto senza senso di tagli su quella tela di carne chiara. E deve ammettere che il soldato con cui aveva combattuto per anni era cresciuto davvero tanto, era cambiato. Lei si sente diversa ed uguale a tre anni fa. Ed era da tanto tempo che qualcuno non la accarezzava.
Deve ammettere a sé stessa che è stato piacevole quel contatto, le dita di Jean sono calde e gentili. “Buona notte allora” borbotta lui, raggomitolato nelle coperte e girato ancora dalla altra parte, imbarazzato e agitato dal fatto che Mikasa si trovi in pigiama nella stessa stanza con lui.
Lei sorride appena, divertita da quelle strane accortezze del suo amico: “Buona notte, Jean.”

Quanto suona bene il mio nome detto da te, Mikasa?  

Chiude solo gli occhi. Sa che difficilmente dormirà, è ancora piuttosto nervoso per la presenza della ragazza. Vederla fa tornare nella sua mente ricordi del passato su cui cerca da anni di non soffermarsi: Eren che si trasforma in quello strano essere dal corpo sottile, innocenti che vengono schiacciati a morte della marcia dei giganti delle mura, la loro battaglia per fermarlo… ed il sogno che aveva fatto, quello di poter vivere in pace e serenità mettendo su famiglia. Ricorda bene come aveva immaginato sua moglie e quanto ancora si sente in imbarazzo nel ricordare quei capelli corvini e quella pelle di latte che, lo sa benissimo, non aveva immaginato.
Sente Mikasa raggomitolarsi tra le coperte e rigirarsi, nervosa quasi quanto lui. Jean sospira, cercando di scacciare quei ricordi dolorosi.
Una parte di lui, è contenta che Eren sia morto.
Una parte meschina e crudele, che gli suggerisce che, forse… forse adesso che lui non c’è più, nel cuore di Mikasa è rimasto uno spazio che lui potrebbe occupare.
Si odia per questo, Eren è un suo amico e gli voleva bene, talmente tanto da diventare un vero demone anche per lui, non soltanto per Mikasa e Armin.
Ma allo stesso tempo non vuole e non può fare a meno di essere attratto da lei, lo è da quando la conosce. Questo lo fa sentire in colpa, colpevole.
Apre gli occhi. Si mette su un fianco, col viso rivolto verso l’altro lettino. Gli occhi scuri di Mikasa sono socchiusi e diretti verso di lui, lo colgono di sorpresa e si sente colto in fallo, anche se non sta facendo nulla di male o di strano. La ragazza allora gli domanda: “Anche tu fai fatica a dormire?”
Lui annuisce e inventa una scusa: “Non riesco ad addormentarmi per mare, tutto questo ondeggiare mi infastidisce.”
Sa benissimo che Jean sta mentendo, dopo tanti anni riconosce quando lo fa. Ma si limita a sospirare, dicendosi che tutti hanno i loro demoni, specie chi come loro ha visto l’Inferno e non può dimenticarsene. Ma non sono i ricordi della guerra a farla restare sveglia.
“Mi sento in colpa. L’ho lasciato lì, da solo. Eren… lui mi chiede perché non sono rimasta sull’Isola con lui.”
Fissa il soffitto, cupo e senza stelle. “Non dovresti essere tu a sentirti in colpa. Quello stupido… è lui che ti ha abbandonata, che ci ha abbandonati senza che avessimo modo di fargli cambiare idea. Dopo tutto questo tempo, non gli devi più nulla. E badare alla sua tomba non aiuta nessuno, non serve a nulla. Te l’ho già detto, Mikasa: devi pensare a te stessa e vivere per te stessa. Permettiti di essere egoista e di essere felice. Non devi chiedere il permesso a nessuno.”
Lei risponde annuendo con la testa, non sa bene cosa dire a Jean. Sa che il suo amico ha ragione, ma… è più forte di lei.
Stringe tra le mani la sciarpa che ha al collo, nonostante le faccia caldo. Forse quel viaggio può aiutarla ad imparare a vivere fuori dalle mura, proprio come Eren ed Armin sognavano da bambini. Viaggiare, vedere il mondo, ci sono ancora tante cose che non conosce. Non si era mai chiesta come sarebbe potuta essere la sua vita senza di lui, era un pensiero che non le aveva mai sfiorato la mente.
Eren era attraente come il sole per lei, ma attorno a lui c’era sempre stata la morte, persino nel modo in cui lo aveva conosciuto.
Forse è ora di trovare una persona con accanto la vita, come Historia che si circonda sempre di bambini e il sorriso della piccola Tomirys sembra essere la vera ragione di vita della regina e la gioia più grande di ogni suo giorno. Eppure quella bambina era stata programmata, nata per necessità: ma ora è diventata il centro del mondo per la madre. Potrebbe mai amare anche lei qualcuno di nuovo, come ha amato Eren?

Il sole del giorno ferisce gli occhi stanchi di Jean che, ancora intontito dal sonno e dalla notte quasi interamente in bianco, mugugna infastidito e si copre il viso col cuscino bianco. Sbuffa, cercando di decidersi a scendere dal letto. Poi si ricorda che, nella stanza, c’è anche Mikasa.
Toglie il volto dal cuscino, lentamente, per spiare verso il letto della ragazza: è vuoto, deve essersi già alzata.
Sospira seccato, chiedendosi dove sia andata a finire, ma per fortuna sono su una nave e non può certo scappare o tornare a Paradise a nuoto. Si alza con calma, ripensando alla conversazione avuta con Mikasa. Si abbottona la camicia bianca, chiedendosi se lei abbia dormito o meno.
Esce dalla cabina e d’istinto va verso il ponte: la trova che guarda l’orizzonte, ma non verso casa. Non può evitare di sorridere. Si avvicina e la saluta in modo affabile, tentando di dimenticare l’imbarazzo della notte passata. Lei allora gli domanda: “Quanto manca ancora?”
Risponde che ormai mancano poche ore al loro arrivo in Oriente, verranno accolti come ospiti dalle famiglie nobili locali. “A quanto ho capito, si terrà anche un ballo o qualcosa di simile, un cerimonia… Sembra che sia un modo sia per rendere omaggio a noi abitanti di Paradise sia per presentarti in società o qualcosa di simile, dato che sei comunque una specie di reale da quello che sappiamo.”
Fa un sorriso storto al pensiero, dicendosi che era ovvio che Mikasa fosse una sorta di principessa. La ragazza si limita ad annuire, ma sa di non conoscere nulla sui costumi locali e le informazioni di Jean sono piuttosto vaghe.
Sa ancora così poco della terra natale di sua madre, ma ricorda che lei le parlava di alcuni abiti particolari e molto pregiati che esistevano solo in Oriente. “Mia madre raccontava di questa specie di vestito fatto di seta, a strati e con decorazioni a mano stupende, mi sembra lo chiamasse kimono… le brillavano gli occhi quando ne parlava. Da piccola, ho pensato che mi sarebbe piaciuto vederne uno.”
Si accorge solo ora di aver raccontato queste cose a Jean, non parlava di sua madre da molto tempo. Anzi, era da molto tempo che non parlava più di tanto. Jean sorride, immaginandosi una piccola Mikasa che, come la maggior parte delle bambine, fantastica su un abito femminile e stupendo, da principessa, insieme alla madre.
“Sono sicuro che avrai l’occasione di vederne uno” afferma deciso, reprimendo a stento l’impulso di prenderle la mano per rassicurarla.
Mikasa nasconde parte del viso nella sciarpa rossa, ma continua a guardare il mare ed immagina come sarebbe un kimono con disegnate le onde dell’oceano sopra, con la loro schiuma candida e i colori dell’acqua cangianti alla luce del sole. 
   
 
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