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Autore: absenthium    10/04/2022    0 recensioni
"Spadino pensa che potrebbe fargli di tutto, se volesse. Puntargli una lama alla gola, sbatterlo contro un muro, fargli male, strappargli la pelle e guardare cosa c’è sotto. Pensa che farebbe tutto, se Aureliano chiedesse. Si ammazzerebbe e si farebbe ammazzare, la testa piena di piombo e la bocca sul cemento, camminerebbe lungo l’inferno per lui tenendo nelle mani tutti i pezzi, gli aprirebbe il petto e troverebbe qualcosa per riempire la nicchia del suo cuore, qualunque cosa per non vederlo così vuoto. Lo bacerebbe, una volta soltanto, se potesse, se lui volesse."
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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i.
Il sogno è che sei in macchina con un uomo, e non puoi dirgli che lo ami, ma lo ami.
Il sogno è che c’è un corpo nel portabagagli. Il sogno è che qualcosa è andato storto.
 
ii.
Lele si spara. In testa, un colpo secco. Nessuna esitazione negli occhi vuoti. Lele si spara, e Spadino non sa di star piangendo, non fino a quando non si porta le mani al volto. Aureliano respira forte, in affanno, ed è Spadino a doverlo trascinare fuori, a prenderlo per le spalle e guidarlo con fretta. Passi dalle scale. Lo porta via.
Forse, in un’altra vita, avrebbero potuto parlarne. Processare, le cinque fasi del lutto, chissà quali altre stronzate. Riporta Aureliano a casa in silenzio, lo aiuta ad entrare e sedersi, e lui trema come non l’ha visto fare manco la notte che è morta Livia, trema come se il suo corpo potesse cedere e cadere, in frantumi, mille frantumi, come se potesse crollare ogni momento. Non parlano. In questa vita, questa non è roba di cui parlare.
 
iii.
Aureliano dice, te vojo bene, Spadì, davvero, lo dice come si confessa un peccato. Non si vergogna, non ancora, perché lo spazio del suo sguardo è occupato solamente dalla stanchezza. Gli sfiora il braccio sulla soglia, prima che esca, come se volesse chiedergli di restare, e Spadino pensa che potrebbe fargli di tutto, se volesse. Puntargli una lama alla gola, sbatterlo contro un muro, fargli male, strappargli la pelle e guardare cosa c’è sotto. Pensa che farebbe tutto, se Aureliano chiedesse. Si ammazzerebbe e si farebbe ammazzare, la testa piena di piombo e la bocca sul cemento, camminerebbe lungo l’inferno per lui tenendo nelle mani tutti i pezzi, gli aprirebbe il petto e troverebbe qualcosa per riempire la nicchia del suo cuore, qualunque cosa per non vederlo così vuoto. Lo bacerebbe, una volta soltanto, se potesse, se lui volesse.
Aureliano gli entra nelle ossa, e Spadino ha paura di guardarsi allo specchio e trovare il suo nome bruciato sulla pelle. Ed ha paura di quella cosa dentro di lui che non dorme, aspetta, acquattata dietro il suo sterno. Quella cosa che vuole afferrare Aureliano e spezzargli l’osso del collo, o tenergli la mano e non lasciarla andare, che vuole urlare fino a farsi sanguinare la gola, sputargli il sangue addosso, sputargli dentro la bocca, che vuole rispondere, dirgli anch’io, anch’io.
Che ogni giorno scivola un po' di più fuori dalla suo gola, e che di notte canta e non tace, mai.
 
iv.
Forgiano strade, forgiano mondi. Creano regole. Aureliano potrebbe costruire una città, se lo volesse. Di notte i suoi occhi hanno il colore dell’alba. C’è qualcosa di vuoto, di disperato, in lui, ma Spadino è come lui, e non è nessuno per giudicarlo.
Costruiscono mondi. Bruciano il corpo di Lele in una discarica come se non si fosse sparato in testa davanti a loro appena un giorno prima.
Pensa, potrebbero bruciare una città, se lo volessero, potrebbero raderla al suolo e chiamarla tomba, cantare e ballare sulla cenere e costruirla daccapo, rifare tutto daccapo, tutto e tutti, lasciare il mondo vuoto e loro due soltanto. Pensa, ma non è vero, e lo sa.
La città li divorerà, li brucerà fino a lasciare solo le ossa.
 
v.
Tutto questo non conta un cazzo, nell’economia generale delle cose. Sicuramente non conta quando il suo coltello affonda fino all’impugnatura nel collo di Teo, ed è facile più che respirare.
Spadino non sa un cazzo, ma ci arriva anche lui a capire che l’amore è una violenza. Avevano un cane, una volta, uno dei tanti, una bestia grossa con una voce che tonava su quella degli altri. Un giorno si era spezzato una zampa. Camminava lento, zoppicando, e guaiva come un bambino, e Manfredi gli aveva sparato.
Pietà, aveva detto. Ed è così che funziona. La carità si fa a pallottole.
 
vi.
Angelica sa un sacco di cose.
Sa che sono una famiglia e che lui non la amerà mai, sa che avranno un figlio e che Spadino non sarà mai padre.
Manfredi sa un sacco di cose, anche.
Marchettaro, mezzo uomo, re e regina de stocazzo. Zingaro e pure frocio. Il sogno è che sei in macchina con un uomo e non puoi dirgli che lo ami, ti strapperesti la lingua piuttosto che dirlo, perché lo ami e faresti di tutto per non costringerlo a quella violenza che è il tuo amore. Ora svegliati, ora svegliati, ora svegliati. Il sogno è che non ti sveglierai mai più.
 
vii.
Spadino non sa nulla. Aureliano non sa nulla.
Spadino non sa nulla, ma ci arriva a capire dove porta il fatto che Aureliano sia caduto nel mezzo del parcheggio, sul cemento freddo di polvere. Dice, ti porto a casa, andiamo a casa? e lo tiene stretto, lo guarda negli occhi, occhi neri, occhi azzurri, lo bacerebbe se potesse, se volesse, laverebbe via il sangue che gli cola dalle labbra, divorerebbe il sole e la notte, ammazzerebbe ogni uomo sulla faccia della terra, un mondo vuoto e loro due soltanto, darebbe fuoco alla città intera, se solo Aureliano lo chiedesse.
Quando Aureliano muore, la colpa è insormontabile.



note:

Niente, ancora sto piangendo su Suburra. Sti due mi fanno disperare. Poi non si capisce perché so così fissata con l’usare Spadino come narratore, quando è evidente che io ed Aureliano abbiamo gli stessi livelli di repressione e questo dovrebbe darmi spunti per, boh, farlo almeno parlare quando scrivo?
Comunque. Mi sono principalmente ispirata ad una serie di poesie e pseudopoesie: planet of love, you are jeff, road music di Richard Siken; Alexandros di Giovanni Pascoli. Sono un queer semplice, e la poesia mi fa piangere.
Come sempre, c’ho sta playlist. beccatevela.
E.
   
 
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