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Autore: Old Fashioned    10/04/2022    13 recensioni
Prima guerra mondiale. Un capitano degli Ulani e uno dei Dragoni scambiano qualche parola durante l'avanzata in Francia. Il passaggio di un aereo susciterà nei due sentimenti contrastanti.
Un modesto omaggio a un grande Asso.
Genere: Guerra, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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POMERIGGIO D’AGOSTO




Nel meriggio d’agosto il cielo era quasi bianco. Appena ondulata, la pianura si perdeva all’orizzonte tagliata qua e là dagli argini dei fiumi, punteggiata da rari alberi. Case non se ne vedevano se non in lontananza.
Spossati dalla gran calura gli uccelli non cantavano nemmeno, nell’aria c’era un silenzio quasi estatico.
Sulla strada polverosa passavano due ufficiali tedeschi a cavallo.
Erano un ulano e un dragone, entrambi con il grado di capitano, e cavalcavano affiancati come su un viale berlinese.
Procedettero per un po’ con aria svagata, scambiandosi rare frasi. Il paesaggio era così immobile che faceva pensare alle quinte di un teatro deserto.
A un certo punto, il dragone fece girare lo sguardo intorno e disse: “Che pace. Sembra difficile pensare che a pochi chilometri da qui ci sia il fronte, non è vero?”
L’altro assentì col capo. Tirò le redini e per un po’ rimase a guardare l’orizzonte con fare pensoso, poi spronò nuovamente l’animale e si diresse al trotto verso un argine, sul quale si inerpicò mentre gli zoccoli del cavallo sollevavano piccole volute di polvere dall’erba disseccata.
“Da qui la prospettiva non cambia molto,” constatò.
“Cosa si aspettava?” gli domandò il dragone raggiungendolo, “Niente boschi, niente laghi, niente selvaggina. Penso che solo il buon Dio guardando dall’alto riesca a trovare qualche attrattiva in questa monotona landa.”
In quel momento il ronzio di un aereo ruppe il silenzio e una piccola forma scura attraversò il cielo in lontananza.
“Oppure loro,” disse l’ulano.
“Ancora la sua passione per il volo, vero?”
L’altro non rispose, limitandosi a seguire l’apparecchio con lo sguardo.
“Io non ci salirei sopra nemmeno per tutto l’oro del mondo,” disse il dragone, seguendo a sua volta la traiettoria dell’aereo.
“Invece dev’essere bello.”
“Scherza? Quegli affari sono un biglietto di sola andata per il cimitero!”
“Come tutta la guerra, no?”
“Beh, sì,” concesse l’altro, “ma un conto è rischiare la vita per le pallottole del nemico, un conto è salire volontariamente su un trabiccolo di legno e tela e mettere la propria vita a repentaglio così.”
Seguì qualche secondo di silenzio, rotto solo dal ronzio che si faceva sempre più lieve man mano che l’aereo si allontanava.
“Eppure a me piacerebbe provare,” insisté l’ulano, lo sguardo sempre fisso su quello che ormai era solo un puntino all’orizzonte.
“Non durerà a lungo se sale su quei cosi, mi dia retta!”
“E chi le dice che voglia durare?”
Il dragone non rispose. Si era frattanto ristabilito il silenzio e la domanda sembrò quasi echeggiare in quella calma sospesa.
“Chi le dice che voglia durare?” ripeté l’ulano voltandosi verso di lui con un vago sorriso. “Tutto ciò che rende degna la vita di un uomo si fa prima dei trent’anni.”
Tornò a guardare l’orizzonte. La visiera del berretto gli teneva il viso in ombra e i suoi occhi azzurri apparivano particolarmente chiari e trasparenti. “Invecchiare amministrando la tenuta di famiglia non fa per me,” proseguì. “Mi ci vede? Decrepito, col bastone e i nipotini che mi tirano per le falde della giacca.” Fece una breve risata. “Molto meglio morire in guerra,” aggiunse poi.
“Se tutti fossero della sua opinione, la Germania si spopolerebbe in breve tempo,” obiettò il dragone. Era una frase buttata lì tanto per dire qualcosa. Le parole del collega l’avevano in un certo qual modo turbato, soprattutto per il tono con cui erano state pronunciate: non era la boria del fanfarone che si vanta del proprio sprezzo del pericolo, quando piuttosto la serena accettazione di un destino ineluttabile.
“Quindi farà del suo meglio per lasciarci la pelle, se ho capito bene,” disse. Di nuovo la prima frase che gli era venuta in mente, proferita al solo scopo di dissipare il disagio che quelle parole gli avevano suscitato.
“Non è esatto,” rispose l’altro, tranquillo come se stesse parlando del tempo, “farò del mio meglio per combattere contro i nemici dell’Impero, e se nel frattempo mi capiterà di lasciarci la pelle non mi cruccerò troppo.”
Tra i due calò il silenzio, la luce forte toglieva i colori alle cose. Spirava un refolo di vento, che faceva frusciare le code dei cavalli.
Cominciarono a farsi sentire i rumori di una colonna in movimento. Nell’aria vibravano lo scalpiccio degli zoccoli e il tinnire dei finimenti. Qua e là qualche strofa infiacchita dal caldo. Gli ufficiali videro una nuvola di polvere levarsi lenta e rimanere ad aleggiare immobile sulla strada.
“Ecco i miei uomini,” disse l’ulano. Riprese le redini alla mano e si preparò a raggiungerli.
“Se ne vuole già andare?” chiese il dragone.
“Eh, sì: il dovere mi chiama,” rispose il primo ironico, “e poi voglio arrivare agli acquartieramenti in tempo per parlare con il colonnello. Devo convincerlo a permettermi di volare.”
“Lei è davvero incorreggibile. Ci rivedremo?”
“Ma certo. Guardi in alto quando sente passare un aereo, se sono io la saluterò.”
“D’accordo, von Richthofen, farò come dice lei.”
Ma già l’ulano aveva raggiunto la strada. Voltò brevemente il cavallo, salutò un’ultima volta con la mano e al galoppo raggiunse i suoi uomini.
   
 
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