Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Segui la storia  |       
Autore: EleWar    10/04/2022    8 recensioni
C'è poco da fare, Ryo è un gran vizioso, ma stavolta di quale vizio stiamo parlando? E Kaori sarà ancora disposta a tollerarlo o ricorrerà a drastici rimedi?
Altra avventura per i nostri due super innamorati!
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Finalmente eccoci al gran finale, con un po’ di ritardo e per questo mi scuso, ma ultimamente la RL è stata, come dire, un po’ troppo pressante. Però vi avverto che il capitolo è leggermente più lunghetto dei precedenti, e magari vi ripaga dell’attesa.
Spero vi piaccia anche questo ^_^

 
Cap. 9 Vizio, Vizi, Viz, Vi, V
 
Mentre Ryo s’impegnava tantissimo nel preparare la colazione – composta principalmente da due uova strapazzate per ciascuno e pane tostato, accompagnati da un robusto caffè zuccherato, perché sapeva che la sua Sugar Boy lo beveva dolcissimo – pensava anche a come fare, a cosa dire, quando, inevitabilmente, sarebbero tornati sull’argomento, e cioè sul motivo per cui la sua fidanzata avesse deciso di lasciarlo la sera precedente.
 
Fidanzata che, stanca e ancora raffreddata, ma sollevata di essere di nuovo casa e soprattutto nelle premurose mani di Ryo, era scivolata lentamente nel sonno.
 
Quando, baldanzoso, lo sweeper l’aveva infine raggiunta, reggendo saldamente un vassoio con le cibarie che con tanta cura aveva cucinato, quasi rimase deluso nel trovarla addormentata.
Sperava di farle una buona impressione, che Kaori si congratulasse con lui per il risultato di quella che riteneva una vera e propria dimostrazione di alta cucina ma, immediatamente dopo, si ricordò che la sua compagna, per tutta la notte, aveva lottato con un febbrone da cavallo, ed era normale che la sonnolenza prendesse il sopravvento.
 
Ryo, allora, cautamente salì sul letto, dalla sua parte, e posò il vassoio sopra la coperta; allungò una mano a sfiorarle la fronte per controllarne la temperatura, e la ritrasse sollevato, constatando che non aveva più la febbre.
Si prese del tempo per osservarla: sembrava più giovane di quello che fosse in realtà, il viso appena rosato, il respiro regolare ma un po’ rumoroso a causa del raffreddore.
A guardarla bene, pareva che sorridesse nel sonno.
L’uomo si chiese cosa stesse sognando.
Sospirò.
Lentamente, quindi, prese a sbocconcellare la sua parte di colazione, sempre senza smettere di osservarla: era così bella, e vederla dormire di nuovo nel loro letto gli infondeva una profonda pace, un senso di benessere che non riusciva a spiegarsi.
 
Ripensò ai discorsi fatti con i suoi amici la sera precendente.
Come potevano insinuare che lui non l’amasse abbastanza, quando per Kaori si dimenticava di mangiare, bere, perfino fumare, o dormire???
Avrebbe dato la vita per lei in mille modi diversi, e avrebbe combattuto la morte fino all’ultimo respiro, pur di salvarla o vederla felice.
 
Spostò il vassoio sul comodino, accanto alla cornice che custodiva una loro istantanea, sorridenti e felici, scattata nel giorno in cui le aveva regalato la sciarpa gialla ed erano finiti per abbracciarsi disordinatamente, e lui, conquistato dal suo entusiasmo, per una volta si era lasciato andare.
Era così che vedeva loro due insieme, disordinatamente felici, e pensava che quella foto li rappresentasse.
 
Sospirò nuovamente.
Per un attimo desiderò di accendersi una sigaretta, ma si trattenne perché si rammentò di averle promesso di non fumare nella loro camera da letto, e adesso che aveva l’influenza sarebbe stato quanto meno sbagliato e indelicato da parte sua.
 
Si protese verso di lei, a sistemarle meglio la coperta affinché non avesse freddo, poi si distese anche lui più comodamente: avrebbe aspettato che si svegliasse nuovamente per farle prendere la colazione.
 
Un secondo dopo, sfinito, anche lui si addormentò.
 
 
 
 
oOo
 
 
 
Era ormai pomeriggio inoltrato quando Kaori, risvegliandosi, si ritrovò abbracciata a Ryo, e la prima cosa che pensò, tirando su con il naso, fu che sperava di non avergli attaccato il raffreddore; la seconda, che lui era stato davvero un amore con lei, da che l’aveva ritrovata nel garage sotterraneo, febbricitante e sull’orlo di un collasso, in poi; la terza, che avrebbero dovuto chiarire.
E nonostante lei fosse per l’onestà e la sincerità, principi su cui aveva basato tutta la sua vita e che strenuamente aveva voluto anche come punto di partenza per la loro relazione, si ritrovò nell’incresciosa situazione di dover comunque interrompere quell’idillio.
Non avrebbero potuto, infatti, far finta di niente, come se non fosse successo nulla il giorno prima.
Se n’era andata in preda alla rabbia e alla frustrazione, stanca ed esasperata per il comportamento assurdo di Ryo, per quel suo deprecabile vizio di correre dietro ad ogni bella donna incontrata, come un macaco in calore, e questo non poteva più sopportarlo.
 
Anche in quelle poche ore passate insieme, dopo che l’aveva riportata a casa, si era dimostrato un compagno premuroso e affettuoso, e non lo era stato solo perché ora era malata, lo sapeva, perché, veramente, da dopo che erano diventati una coppia anche nella vita, lui aveva finalmente fatto uscire il meglio di sé.
Era stato sempre un innamorato attento e gentile, un amante delicato e appassionato.
L’aveva fatta sentire la donna più bella e desiderabile della Terra, l’aveva ricoperta di attenzioni e trattata come una dea, una principessa…
Aveva ragione Ryo a risentirsi quando Falcon, Saeko e tutti gli altri, gli dicevano che non l’amava abbastanza, perché non era vero.
Che Ryo l’amasse, lei ne era certa: lo conosceva bene, aveva avuto modo di vivere accanto a lui per tutti quegli anni, sapeva come si comportava con le donne che gli piacevano, quelle per cui perdeva la testa, apparentemente, perché il fine era portarsele a letto e quindi il sentimento era totalmente assente, e se c’era era molto labile; anche quando gli diceva che le amava, era tutta scena.
Invece si vedeva che con lei faceva sul serio, non fosse altro che le aveva confessato di amarla e desiderarla da sempre, e che aveva combattuto a lungo contro questo sentimento, per poi ammettere che non poteva più fare a meno di lei.
In sostanza, se non la trattava più come un tempo, non la trattava nemmeno come un’anonima pollastrella da sedurre; Ryo con lei era autentico, era in un certo senso cresciuto, era serio.
 
E per questo motivo Kaori non riusciva a spiegarsi il perché di quel rimasuglio della sua vecchia condotta, il più eclatante, il più antipatico e umiliante.
 
Se anchequesta volta lei avesse lasciato perdere, passata la malattia, passata quella specie di tregua, non appena fossero usciti di casa e avessero messo piede in strada nuovamente, o peggio si fossero trovati a dover lavorare per l’ennesima bellona, lui sarebbe ricaduto nel vizio, e tutto si sarebbe ripetuto in maniera esasperante e tragica.
Possibile che lui non capisse che così la faceva solo soffrire, lui che l’amava tanto?
Non era più uno scherzo, una provocazione per suscitare la sua gelosia, non aveva più motivo di esistere un tale atteggiamento.
 
Si mosse a disagio, e Ryo si svegliò.
 
“Scu-scusa” le disse subito l’uomo, manco avesse seguito il filo dei suoi pensieri.
 
Stupita sgranò gli occhi.
 
“Scusa, mi ero addormentato…” specificò il compagno.
 
A quel punto la ragazza si rilassò: le era parsa una cosa stranissima, quasi preoccupante, che lui avesse potuto sentire ciò che lei stava pensando in quel momento.
Che a volte la loro connessione mentale fosse stata così efficace da sfiorare il soprannaturale, era un conto, ma che addirittura uno dei due potesse comunicare con l’altro anche mentre dormiva, era un evento che aveva del miracoloso!
 
“Non devi mica scusarti” gli rispose lei, sorridendogli e mettendosi a sedere sul letto, con la schiena appoggiata al basso mobile che fungeva da testiera.
Si stirò come una gatta e cercò di risistemarsi addosso la casacca del pigiama.
 
Poi sui due scese un silenzio imbarazzato, entrambi consapevoli che c’era ancora una questione rimasta in sospeso.
E stranamente fu Ryo a dare l’avvio, alla conversazione.
 
“Kaori… ieri sera, quanto hai sentito dei miei discorsi?” sottintendendo che lei lo avesse pedinato e spiato attraverso i bottoni.
 
La ragazza non parve stupita; del resto erano due sweeper professionisti, e come lei era ricorsa a quello stratagemma per controllare i suoi spostamenti e le sue frequentazioni, era scontato che prima o poi lui se ne sarebbe accorto.
Le mancava, però, il momento esatto in cui Ryo aveva fatto la scoperta finale, e cioè quando era stato a casa del Professore.
Però voleva che fosse lui a parlarne per primo, e stringendosi nelle spalle rispose, insolitamente laconica:
 
“Abbastanza”.
 
Ryo trasse un profondo respiro, come se dovesse immergersi in acqua e dovesse far scorta di ossigeno; si preparava ad affrontare un discorso impegnativo e doveva raccogliere forze e pensieri.
Parlare non gli riusciva benissimo, se ne rendeva conto, ma erano finiti i tempi dei giochini di parole, dei detti-non-detti, delle frasi sibilline o ermetiche: doveva essere chiaro, una volta per tutte.
 
Riattaccò:
 
“Innanzi tutto volevo chiarire che… se non ti sono corso dietro è perché il trovare i tuoi bottoni mi ha completamente spiazzato. Ho pensato che strappandoteli via dai vestiti non volessi più farti vedere da me, e ci sono rimasto male… La disperazione per averti perso mi ha paralizzato”.
 
Kaori sussultò a quelle ammissioni.
Aveva un vago sentore di come avrebbe reagito il suo compagno a quella sua fuga repentina, ma sentirglielo dire era tutta un’altra cosa, e che fosse poi così sincero ed onesto, aveva dell’incredibile: sì, Ryo era cambiato tanto, tantissimo, per lei.
 
“E poi…” riprese l’uomo “mi avevi scritto che eri stanca e volevi stare da sola, e insomma io… ti ho dato retta” disse profondamente a disagio “Cioè, ti avevo già fatto infuriare così tanto che, ho pensato, se ti fossi venuto pure dietro insistendo per starti vicino, poi ti saresti arrabbiata ancora di più” e grattandosi la testa, ammise in maniera disarmante: “Scusami, non ne faccio mai una giusta, eh eh eh eh eh” e finì per ridacchiare.
 
D’un tratto Kaori si rese conto che se era difficile per ogni uomo sano di mente capire l’universo femminile, con tutta la sua meravigliosa complessità, per Ryo lo era ancora di più, perché non aveva la benché minima idea di cosa volesse dire stare con una donna… non in posizione orizzontale, almeno!
E cioè come portare avanti una relazione sentimentale, un legame, che presupponesse aprirsi l’uno all’altro, capirne le esigenze, i bisogni e rapportarsi con i propri, costruire un qualcosa che potesse andar bene per entrambi, in nome dell’amore, della stima e della fiducia reciproca.
Con le donne, Ryo aveva avuto solo rapporti effimeri e superficiali, e non si era mai preoccupato di altro; le uniche che erano rimaste con lui, anche senza consumare un rapporto fisico – almeno una delle due sicuramente, e fino ad un certo punto poi – erano state solo Saeko e la stessa Kaori… un po’ pochino per capire il modo di ragionare delle donne.
 
Inoltre, dovette ammettere con sé stessa, lei era sempre così esagerata nelle sue esternazioni, negli scoppi di rabbia, nelle scenate di gelosia, che effettivamente non perdeva occasione di rimproverarlo alla minima mancanza.
I suoi martelli non avevano trovato requie da che si erano conosciuti, e veramente c’erano state delle volte in cui lo aveva punito anche quando era innocente.
Doveva dirglielo.
 
“Hai… hai ragione,Ryo. Era difficile capire cosa volessi in realtà. E comunque ero così adirata con te che realmente avevo bisogno di stare da sola… ma poi… è stato un bene che tu mi sia venuto a cercare. Grazie” mormorò alla fine.
 
Se Kaori voleva che lui cambiasse comportamento, era ora che lo facesse anche lei, altrimenti non sarebbero andati da nessuna parte.
 
Ryo, a quel punto, si stupì enormemente dell’atteggiamento remissivo della socia, ma gliene fu grato: strano da dirsi, spesso si sentiva in soggezione davanti a lei, ed estremamente insicuro, lui, l’uomo di mondo, il cinico sweeper…
E così a volte improvvisava, non sapendo bene cosa fare, con risultati tutt’altro che ottimi.
Gratificato, proseguì:
 
“Sono andato da Falcon, e sapessi che sforzo ho fatto, per chiedergli consiglio…”
 
“Lo so, ero di sopra e ho sentito tutto!” si lasciò sfuggire Kaori, interrompendolo, impaziente di fargli sapere che lo aveva spiato e, soprattutto, che da lì in poi gliel’aveva fatta sotto il naso.
 
“Dav-davvero? Ero sicuro che fossi nei paraggi, che quei due ti avessero nascosto. È per questo che non volevo andarmene, e che sono tornato al locale dopo esserne uscito la prima volta” precisò lui con una vena di trionfo nel tono della voce.
Poi si fece più serio e proseguì: “Dicevo… avevo bisogno di sapere cosa si prova a rimanere fedele alla propria donna, e cos’è che spinge a questa fedeltà ad oltranza… Anche se non ce lo vedo Umi a fare il farfallone!!” e non riuscì ad impedirsi di sogghignare nel dirlo “Ma non mi è stato di grande aiuto, anzi, ha messo in dubbio la sincerità del mio sentimento per te, e a quel punto non gli ho detto più nulla” e finì per immusonirsi al ricordo di quelle scappate da Falcon.
 
Dopo una brevissima pausa, lo sweeper continuò dicendo:
 
“Anche quando sono andato da Saeko… e non dirmi che eri anche lì da lei, magari nascosta in un’altra stanza?” le chiese quasi divertito.
 
“Sì, c’ero… o meglio, sono scappata giù per le scale quando hai suonato alla porta” rispose la ragazza.
 
“Ecco con chi stava prendendo il tè, quella volpona!” esclamò allora l’uomo, ridacchiando divertito.
Poi,con tono grave, aggiunse: “Non è stata molto comprensiva con me, quella strega della Nogami… Prende sempre le tue difese, quella!”
 
“Già” mormorò Kaori “ti ha un po’ strapazzato, però… non aveva tutti i torti” e lo guardò timidamente da sotto in su, temendo che si arrabbiasse.
 
“Ma infatti! Non aveva tutti i torti!” disse invece Ryo, spiazzandola “Dal di fuori può sembrare che io non tenga abbastanza a te, ma non è così! Vero che non è così, Sugar Boy?” le chiese cercando approvazione, quasi implorando e guardandola con occhi da cucciolo smarrito.
 
Kaori ne rimase colpita e si addolcì: quando si comportava come il bambino che non era mai stato, non riusciva a resistergli.
Gli rispose dicendo:
 
“No, Ryo, non è così” e lo rassicurò toccandogli un braccio; ma si riprese in tempo e precisò: “Però hai detto bene: dal di fuori può sembrare che non t’importi di me. E sinceramente, quando fai il cretino con le altre donne, il dubbio mi si pianta qui” e si premette il centro del petto con le dita“e non riesco a mandarlo più via. Non posso impedirmi di chiedermi il perché ti comporti in quel modo, e faccio fatica a ricordarmi che mi ami… come dici”.
 
Ecco, erano arrivati direttamente al punto, nonostante Ryo l’avesse presa così tanto alla lunga, ripercorrendo quella sorta di pellegrinaggio notturno, in cerca dell’illuminazione.
 
Ryo tacque per qualche secondo, pensieroso, poi onestamente ammise:
 
“Anche io mi sono chiesto perché non riesca a togliermi il vizio di… fare lo scemo non appena vedo un’altra donna. Ed è per questo che ieri sera sono ricorso ai nostri amici, ed è stato solo quando sono andato dal doc, che ho capito… ma tanto hai sentito tutto anche tu, no?” chiese speranzoso, perché non gli andava di sciorinare di nuovo tutte le teorie del vecchietto e dover ammettere che aveva ragione su tutto.
Se Kaori aveva origliato il loro incontro, allora Ryo poteva evitare di umiliarsi nuovamente, confermando quanto fosse un cretino fatto e finito.
Purtroppo per lui, però, Kaori gli rispose così:
 
“Ah, sei poi andato anche dal Professore? Credo di essermi persa l’incontro perché a quell’ora ero già mezza collassata giù nel garage, oppure pedalavo come una matta sotto il diluvio, accidenti!” e Ryo non seppe dire se quell’imprecazione fosse riferita al discorso che non aveva ascoltato, o all’essersi bagnata come un pulcino sotto un temporale di dimensioni bibliche.
 
Ryo inghiottì a fatica: questa non ci voleva.
Stava facendo una gran fatica ad affrontare quel discorso con la sua fidanzata, pur essendo consapevole che chiarire era indispensabile; ma anche dover confermare la sua inettitudine davanti a lei, la sua pochezza di adulto, non era esaltante.
A onor del vero, però, dovette riconoscere che Kaori stava cercando tantissimo di metterlo a suo agio, di non infierire su di lui, né lo accusava apertamente e malignamente: era solo una donna innamorata che voleva capire fino in fondo il suo uomo, il suo modo di vivere e ragionare; voleva trovare la maniera di salvarsi dalla sofferenza che quello stesso uomo era capace di infliggerle, costruirsi delle barriere difensive.
Poteva fargliene una colpa?
No.
Se qualcuno aveva una colpa, quello era lui.
Si passò una mano fra i capelli, un gesto che tradiva profonda frustrazione, ma anche la voglia di non mandare tutto all’aria, e Kaori apprezzò lo sforzo che stava facendo l’altro.
La ragazza, a quel punto, si disse che se anche non fossero giunti alla risoluzione del problema quella sera stessa, era però incoraggiante il fatto che almeno ci avessero provato con tutti loro stessi, in maniera adulta e responsabile.
Del resto erano relativamente freschi come coppia, e non potevano pretendere di appianare subito tutte le asperità, le cattive abitudini, i vizi, le impuntature di entrambi…
Magari ci sarebbe voluto del tempo.
 
Gli venne incontro:
 
“Ryo, se non ti va di parlarne, non importa” e distolse gli occhi, posandoli sulle mani abbandonate sulla reversina del lenzuolo.
 
Erano ancora seduti nel loro grande letto, ed era quasi buffo cercare di risolvere quel problema proprio lì, almeno a parole, visto che tante altre volte avevano trovato altri modi più piacevoli per farlo.
In ogni caso Kaori non voleva forzarlo, non voleva essere troppo dura con lui e pretendere risposte e cambiamenti da un giorno all’altro.
E comunque, la sua innata remissività e il suo affetto radicato, finivano sempre per perdonargli tutto.
Ryo, invece, consapevole che Kaori stavaper cedere e rinunciare ad imporsi, per lui, perché lo amava, forse timorosa di perderlo, si ribellò: no, Kaori faceva bene a voler sapere!
E lui doveva aprirsi, dirle la verità, o almeno provarci; lei non poteva accettarlo così com’era, e magari perdonarlo, come faceva ogni volta.
 
“No, Kaori, è giusto che tu sappia” saltò su Ryo “… anche se non so quanto, come, e se riuscirò a spiegarmi, perché il motivo di certi miei comportamenti non lo conosco nemmeno io, però… hai accettato di vivere con me, di stare accanto a me, ed è giusto che tu sappia tutto di me”.
 
Questa inedita sicurezza di Ryo, tutta la sua onestà, commossero intimamente la ragazza, che mai si sarebbe sognata un atteggiamento del genere da parte sua; si sentì sciogliere un nodo dentro.
Nessuno è perfetto, si disse, nemmeno lei lo era, ma Ryo stava dando prova di maturità, e tutto perché l’amava, ne era certa.
Quasi le sfuggì un singhiozzo.
 
“Kaori, non finirò mai di ringraziarti per il solo fatto che mi ami” disse Ryo deciso “la tua caparbietà, la tua fedeltà nel volermi stare accanto nonostante ti abbia fatto passare le pene dell’inferno, sia a causa mia, in quanto pessimo elemento, sia quando ti ho costretto a vivere certe situazioni… ti prego, fammi finire” le disse, vedendo che si preparava a ribattere “Lo so, è stata una tua libera scelta, ma il senso di colpa ogni tanto rispunta fuori e non posso farci niente” affermò con un’alzatina di spalle. “Sugar, tu mi hai cambiato tantissimo, lentamente, giorno dopo giorno, mi hai reso un uomo migliore e questo è il dono d’amore più grande che potessi ricevere, io, un uomo che vale un nulla, senza un passato e senza un futuro. Ma quando mi sono accorto di essere completamente e inesorabilmente innamorato di te, di essere così tanto preso che non avrei mai potuto immaginare la mia vita senza di te, ho avuto pa… pa… ahem… ho avuto pa…” aveva iniziato così bene, ma poi arrivato alla parola paura si era impappinato, perché un conto era dirselo fra sé e sé, un conto ammetterlo chiaramente davanti a lei.
Il grande Ryo Saeba che dice di aver paura per qualcosa?
Quando mai si era sentito?
La sua fronte si imperlò di piccolissime goccioline di sudore.
Si mosse come se fosse seduto sulle spine, anziché su morbide lenzuola di flanella.
Kaori lo guardava, leggermente perplessa.
Ryo si fece forza e riprese:
 
“… ho avuto, anzi ho, ho… ho pau… pa… pa…” ma non c’era verso di proseguire, quella parola sembrava uno scoglio insormontabile.
 
“Hai avuto, anzi hai…? Cosa?” provò ad andargli incontro la sua fidanzata.
 
“Dai, hai capito no?” le domandò lui con un sorriso da scemo.
 
“Veramente no” rispose lei, prendendosi il mento con le dita, in atteggiamento meditabondo. E poi: “Spiegati meglio”.
 
“Ho pa…pa… pau…” le goccioline di sudore si erano moltiplicate, e uno strano calore lo avvolse fastidiosamente; riprese imperterrito: “Dicevamo… quando ho scoperto di essere innamorato di te, e vedi come lo dico bene? Sono diventato bravo? Non mi crea più nessun disagio dirlo” e la guardò con aria soddisfatta.
 
“Sì, tesoro mio” disse piano la socia “Sei diventato bravissimo, e ogni volta mi riempi il cuore di gioia” e gli sorrise “ma cosa non riesci a dire ora?”
 
“Ora? Cosa non riesco a dire?” le fece eco lui. Ma poi si accorse che lei aveva preso a guardarlo male, e portandosi una mano alla nuca scoppiò a ridere come uno scemo: “Eh eh eh eh, Kaori, eh eh eh eh”.
 
“Allora?” lo incalzò lei, con una vena di durezza nella voce che lo fece trasalire.
 
“Kaori, cara, quando mi guardi così, mi fai quasi paura… Toh, l’ho detto!” si stupì lo sweeper, e il suo viso si allargò in un’espressione da ebete trionfante.
 
“Cioè? Non riuscivi a dire che ti faccio paura?” si spazientì la ragazza, travisando le sue parole e mettendosi le mani sui fianchi, anche se era seduta.
 
“Co-cosa? Ma-ma che stai dicendo?” balbettò lui, nuovamente zampillante sudore “Sciocchina, ma cosa vai a pensare! Tu-tu eh eh eh… tu che mi fai paura… Toh, l’ho detto di nuovo!”
 
“Ryoooooo!” gli urlò infine la fidanzata, facendolo sussultare “Si può sapere di cosa stai cianciando? Possibile che non riesci ad essere serio per più di tre minuti???”
 
L’uomo incassò la testa fra le spalle e la guardò di sottecchi, aspettandosi una punizione corporale… che non giunse.
 
Kaori, vedendolo in quello stato, attonita si fermò a guardarlo come se lo vedesse per la prima volta: allora era vero che lui aveva paura di lei?
Tanto che tutta la sua insicurezza, per quanto riguardava i sentimenti veri, e la difficoltà di aprirsi, dipendevano dal suo comportamento terrorizzante?
Evidentemente temeva sempre di farla arrabbiare, di contrariarla, di non dire e fare la cosa giusta.
Non l’aveva più volte chiamata virago?
Non aveva detto che era una pazza isterica?
Forse pensava che fosse, in ultima analisi, una psicopatica!
La donna si rabbuiò e fu assalita dalla tristezza.
Le venne da piangere.
Si portò le mani al viso a nascondere i singhiozzi.
 
Ryo allora scattò su, e si protese verso di lei allarmato e perplesso: possibile che lei si fosse offesa così tanto per il suo comportamento?
 
“Sugar, Kaori… dai non fare così, scusami, ti prego!” iniziò scusandosi, non sapendo bene cosa dire.
 
Era così volubile quella benedetta ragazza!
Le sfiorò le mani davanti al viso e lei tirò su col naso; certo piangere con il raffreddore non era il massimo.
Ryo, recuperato un Kleenex, glielo porse e lei lo prese senza guardarlo negli occhi; si soffiò rumorosamente il naso, e poi ancora fra le lacrime gli mormorò:
 
“Scu-scusami” con aria afflitta.
 
Ma Ryo, che non sopportava di vederla piangere, a maggior ragione se era sicuro che fosse lui la causa, le si fece più vicino e l’abbracciò, prima lentamente, temendo che lei lo scansasse; poi, vedendo che docilmente lo lasciava fare, la strinse più forte.
 
“Amore mio” le sussurrò fra i capelli odorosi “Ti prego… non piangere” sentiva che quella era l’unica cosa in grado di dire.
 
“So-sono una fidanzata orribile, vero?” gli disse lei con un filo di voce.
 
“Io non direi! Io penso che tu sia deliziosa, la più dolce che io conosca”.
 
“E invece no!” insistette lei, fra un singhiozzo e l’altro, ma ormai più calma “Tu hai paura di me, ti terrorizzo. Hai ragione a chiamarmi virago, a temere le mie ire, le mie scenate di gelosia, le mie punizioni. Sono una donna manesca e irascibile… perdonami”.
 
“Ma non dire così, lo sai che io scherzo!” e nel dirlo cercava di consolarla, accarezzandole la schiena e i capelli “Io non ho paura di te, ho solo paura dell’enorme cambiamento che ho fatto per stare con te…. Ho paura di non essere alla tua altezza, Kaori… Ho paura… di essere felice” concluse infine; e poi: “Toh, l’ho detto sul serio!” e gli venne da sorridere.
 
Kaori, al contrario, si staccò all’improvviso da lui e lo guardò con gli occhi inondati di lacrime, incredula.
 
“Paura del cambiamento? Paura di non essere alla mia altezza? Paura di essere felice?” ripeté la ragazza “Ryo, ma-ma… come… Come puoi pensare di non essere alla mia altezza? Io ti amo così come sei, non voglio nessun altro per me, lo sai!” Fece una piccola pausa, poi riprese: “Però… paura di essere felice… Posso capirti, perché è la stessa paura che provo io”.
 
“Davvero?” sgranò tanto di occhi l’uomo “Anche tu?”
 
“Be’, la mia vita non è stata tutta rosa e fiori, e quando le cose vanno bene, temo sempre che ci sia la fregatura dietro l’angolo, e allora mi freno un po’ anche quando non dovrei… Lo so che è da stupidi, però è più forte di me!” disse facendo spallucce.
 
“Hai ragione” mormorò Ryo “Quando la vita va sempre in un certo modo, e finisci per accontentarti, adattarti – anche se è una vita da schifo, e pensi che durerà così per sempre – nel momento in cui invece arriva la svolta, e tutto diventa più bello, e basta solo cambiare un po’ per essere finalmente felice…ti prende una gran strizza di… di non farcela, come se non fosse per te, come se non facesse per te. Ecco perché ho continuato a fare il cretino dietro le altre donne, quando le incontravo, quando ero con te: perché mi faceva sentire il Ryo di prima, il Ryo di una volta. Quello che doveva lottare per portare la pellaccia a casa ogni giorno, quello che viveva alla giornata e che, per ingannare la solitudine, si dava alla pazza vita, alle donne, al sesso facile. Era rimasto l’unico legame col passato e… mi dava sicurezza…”
 
“Ryo, ma che stai dicendo…” le scappò detto, più che altro perché ancora una parte di lei non riusciva ad afferrare il senso delle sue parole: tutto le pareva assurdo.
 
“Lo so, può sembrare sciocco, se non peggio, e il Doc ha ragione; ma certe abitudini, certi vizi, sono difficili da mandar via, soprattutto se così radicati e tanto da perdere pure di significato. A me non interessano le altre donne, di andarci a letto, le avventure…Però ecco, se faccio finta di perderci la testa, di molestarle e tutto il resto, mi sembra di essere ancora io… non so se mi spiego”.
 
“Ryo… anche a me spaventa il cambiamento, e nella mia vita ne ho avuti di repentini e drammatici, da che ho memoria”.
 
“Già…” mormorò l’uomo.
 
“Spesso mi sono sentita come se mi mancasse la terra sotto i piedi, che non avessi più punti di riferimento… Mi sono sentita sola e abbandonata, presa in un vortice in cui non potevo far altro che lasciarmi sballottare a destra e a manca. Ma a volte il cambiamento è stato così piacevole e gioioso che ho ringraziato il cielo per avermelo mandato. Quando finalmente ti sei deciso a confessarmi i tuoi sentimenti, ho creduto d’impazzire dalla felicità; e quando abbiamo iniziato a vivere come una coppia, per me è stato tutto nuovo, sublime e terrificante al tempo stesso. Io non ero stata con nessuno a parte te, e dovevo continuamente confrontarmi con la tua immensa esperienza… di più: con tutte le bellissime donne che hai avuto! Puoi immaginare come mi sentivo, come mi sono sentita?”
 
“Kaori, io…” provò a dire l’uomo, pur non sapendo cosa dirle in realtà.
 
“Il cambiamento è stato enorme anche per me” continuò la donna con voce dolce ma decisa “e ho avuto paura; ma poi ogni volta mi ripetevo che era ciò che volevo, che eri tu quello che volevo al mio fianco…Ed ogni cambiamento, ogni novità, l’avrei accettata con gioia e coraggio, perché faceva parte della nuova vita che avrei vissuto con te. Non più come la timida e sprovveduta Kaori Makimura, ma come la giovane donna sicura di sé che volevo essere”.
 
E, d’improvviso, Ryo si ricordò delle parole del Professore a proposito del coraggio della sua socia; e in proposito le disse:
 
“Aveva ragione il Professore: tu hai più coraggio di me e lui messi insieme” ma lei non ne afferrò subito il senso.
 
Dopo una breve pausa, Kaori riprese:
 
“È normale avere paura: io ne ho, e tu non devi vergognarti di averla. Io però sono fiduciosa, e se sto accanto a te, tutto il resto non conta” e lo guardò con profondo affetto.
 
E così, Ryo capì l’inutilità di quel suo comportamento infantile e sciocco, del suo volersi lasciare un’uscita di sicurezza per il loro rapporto, rappresentata dalla posa di porcello maniaco.
E seppe che, da lì in poi, non vi sarebbe più ricorso, che non faceva più parte di lui, del nuovo Ryo.
 
Forte di questo sentimento strinse a sé la sua donna, e sussurrandole: “Mai più”, la baciò con sentimento.
 
Ma il bacio durò poco, perché a Kaori mancò subito il respiro, ancora col naso chiuso, e anzi scansandosi un poco da lui gli disse:
 
“Tesoro, così rischio di attaccarti il raffreddore!”
 
Nella buona e nella cattiva sorte…” recitò allora lui, con un sorriso.
 
“Non prendermi in giro, mica siamo sposati!” gli rispose.
 
“Be’, allora a questo potremmo rimediare, non credi?” e la guardò con un misto di trepidazione e malizia.
 
“Co-cosa mi stai dicendo, esattamente?” aveva paura di chiederlo.
 
“Che… visto che non posso più avere il vizio di correre dietro alle altre donne, devo trovarmene un altro…” le disse lui, sorridendo in maniera strana “Magari, che ne so, il vizio di essere fedele a mia moglie?”
 
“Ryo… ma allora…?” mormorò lei, incapace di dire altro e timorosa di aver frainteso.
 
“Ma sì, voglio dire… ormai ci siamo, ho messo definitivamente la testa aposto, e allora perché non sposarci sul serio? Così faremmo contento anche tuo fratello Hideyuki, prendendomi le mie responsabilità” e socchiuse gli occhi con fare birichino.
 
“Oh, Ryo!” esclamò la ragazza, prima di saltargli addosso ed atterrarlo.
 
“Piano, piano piccolina” riuscì a dirle quasi soffocato dai suoi baci che gli tempestavano tutto il viso, piacevolmente frastornato dalla gioia che stava sperimentando in quel momento, e contagiato dalla commozione della compagna.
 
Quelle parole, la sua intenzione, avevano provocato una felicità così grande in Kaori, che ora si riversava anche su di lui, ed era contento di averla fatta così felice con la sua proposta.
La strinse forte a sé e superato il primo momento di pura gioia commossa, presero a rotolarsi nel letto, felici e contenti come bambini, ridendo.
Ben presto il desiderio rinacque nei due, ma l’influenza di Kaori avrebbe reso tutto più complicato e in qualche modo cercarono di raffreddare gli ardori, decisi a rimandare il piacevole incontro non appena la ragazza fosse guarita.
 
“Grazie,Ryo” gli sussurrò infine la compagna, con la testa appoggiata all’ampio petto dell’altro, e poi, dopo tante parole, non riuscì a dire altro, sicura che lui avesse compreso a fondo tutto ciò che era celato dietro a quel semplice ringraziamento.
 
“Grazie a te…” le sussurrò lui, con la mano ad accarezzarle i capelli; il silenzio che ne seguì fu carico per entrambi di significato e amore.
 
Cullata dalle carezze di Ryo, Kaori, ancora febbricitante, finì per assopirsi, e tutto sommato benedì l’acquazzone della notte precedente, poiché aveva permesso a Ryo di dimostrarsi ancora più innamorato e premuroso: non le dispiacque di essersi ammalata.
Le scocciava solo che, per l’immediato, non avrebbero potuto fare molto altro.
Ma le andava bene così: in fondo, non avevano tutta la vita davanti?
Con un sorriso estatico, Kaori finì per pensare che a volte la realtà supera la fantasia, e che non tutti i vizi vengono per nuocere, ma che certi è decisamente meglio… perderli!
 
 
 
oOo
 
 
 
 
 
“Etciù!”
 
“Nooo, Ryo! Anche tu!”
 
“Bi sa che ho bisogno di una cabobilla!”
 
 
 
Finita! Almeno questa storiella, perché non metto mai, o quasi, la parola FINE al termine delle mie ff, perché, non solo spero sempre di scriverne altre, ma spero sempre anche di non smettere mai di sognare con i miei amati Ryo e Kaori *___*
Però non posso non R*I*N*G*R*A*Z*I*A*R*V*I*, per tutta la simpatia, la stima, l’affetto, la curiosità e molto altro ancora, insomma per tutto quello che mettete nel seguire i miei deliri. Anche se scrivo per me, per divertimento, è bello e gratificante scoprire che le mie storielle piacciono anche ad altri.
Quindi ancora GRAZIE e a presto su questi schermi.
Eleonora

 
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: EleWar