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Autore: Shichan    13/04/2022    0 recensioni
Shouto si guarda le mani, mentre l’immagine di Shinsou gli balena veloce in mente - e si dice che è perché gli sia di monito, perché la sua insinuazione sulla cicatrice gli ricordi che è sfregiato fuori quanto lo è dentro e che se anche volesse, seppure dovesse mai sperarci, se il desiderio mai dovesse arrivare a consumarlo sarebbe anche inutile sperarci.
[Percy Jackson AU; TodoShinso + BakuDeku e KiriTama menzionate]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Hitoshi Shinso, Izuku Midoriya, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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N/A: ho letto Percy Jackson davvero troppi anni fa, per di più in inglese. Potrebbero esserci quindi delle imprecisioni sia su alcuni dettagli del campo sia sui nomi della versione italiana. Niente che dovrebbe appesantire troppo la lettura, comunque <3
Questa cosa doveva essere una oneshot sotto le 8k. Chiaramente qualcosa è andato storto, visto che dovrebbe aggirarsi sui tre/quattro capitoli.



Al campo gli hanno spiegato, poco dopo il suo arrivo, che in genere i primi ad arrivare erano i figli dei cosiddetti “Big Three”, ma che si trattava al tempo stesso dei semidei più rari. Al suo ingresso, infatti, solo tre - uno per divinità - erano stati accolti e riconosciuti. Perciò quando Shouto ha varcato la metaforica soglia del campo a soli dieci anni, il mondo ha pensato che fosse un altro figlio di uno dei pezzi grossi. Qualcuno forse ha persino scommesso su di lui, invece Ares lo ha riconosciuto come sua prole prima che chiunque altro potesse avanzare strambe ipotesi. Essere semidio da parte di padre significava automaticamente che sua madre doveva averlo conosciuto e Shouto non riusciva a immaginare come una donna come lei potesse aver attirato l’attenzione del dio della Guerra. Ricorda di averci pensato quando l’estate è passata ed è potuto tornare a casa; quando è tornato tra mostri fatti di silenzi e prove insuperabili costruite di ostacoli composti da segreti e litigi tra sua madre e il padre che Shouto pensava fosse il suo fino a pochi mesi prima. 

Visto che per tutta l’estate era stato bravo, si era addestrato e non aveva chiesto mai nemmeno una volta che suo padre venisse a parlare con lui dopo la sera in cui lo aveva riconosciuto ufficialmente, Shouto aveva pregato una sola sera. Sperato in cuor suo che Ares potesse sentirlo e pensare che, se un figlio sempre silenzioso gli si era rivolto, doveva essere qualcosa di importante.

Ares non aveva mai risposto. Dall’anno seguente, Shouto ha smesso di tornare a casa. Non ha mai più parlato con Ares da quel giorno.

*

Inevitabilmente Shouto ha finito per essere il semidio con più perle al collo, subito dopo i tre figli di Zeus, Poseidone e Ade. Mirio, Nejire e Tamaki sono stati la cosa più vicina a dei fratelli e una sorella maggiore che Shouto potesse avere al di fuori della Cabina 5, anche se a conti fatti ha forse trovato più analogie con il figlio di Ade che con gli altri due. Per anni Nejire gli ha fatto notare che «Dovessi scommettere le mie dracme, non direi mai che sei figlio di Ares!» e non si è mai sentito di darle torto, perché l’irruenza non è mai stata nelle sue corde e, all’inizio, nemmeno la competetività. Quella è arrivata un poco con gli anni, venerdì dopo venerdì in cui è stato costretto a partecipare a “cattura bandiera” perché così era per chiunque nel campo. 

Poi è arrivato Bakugo Katsuki, pieno di graffi e lividi, dodici anni e già pronto a sbraitare come se ne avesse molti di più e ne avesse viste troppe per avere ancora la forza di mantenere la calma. Se ne fosse stato capace, di certo sarebbe esploso e avrebbe poi dato fuoco all’intero campo e - per questo - nessuno si è davvero stupito quando il simbolo di Ares lo ha indicato come suo figlio, proprio come successo a Shouto anni prima. Bakugo ha dimostrato di essere la perfetta rappresentazione di cosa ci si aspetta nel cercare di immaginarsi la prole del dio della Guerra. 

Shouto ricorda di averlo osservato arrivare al tavolo, accolto da amichevoli pacche sulle spalle che l’altro ha guardato male per tutto il tempo e di aver infine incrociato il suo sguardo. Bakugo ha guardato lui, Shouto ha fatto lo stesso e ha aperto bocca per dire qualcosa - senza sapere bene cosa - interrotto ancora prima di cominciare da un: «Che hai da guardare? Vuoi un pugno in faccia?!»

Lui e suo fratello non potrebbero essere più diversi.

*

Hanno quattordici anni quando cominciano ad arrivare, uno dopo l’altro, alcuni di quelli che di lì a solo qualche mese diventano “il gruppo di Bakugo”. I primi sono Kirishima e Kaminari, recuperati da un paio di satiri in ricognizione: sono abbastanza malconci, ma di sicuro non buttati troppo giù nello spirito a giudicare da come Kirishima continua a parlare di come debba diventare più forte così da lanciare via quell’arpia la prossima volta e come Kaminari continua a fare battute idiote per alleggerire la stessa tensione che Shouto gli riconosce con facilità nel modo in cui ha le spalle irrigidite. In pochi giorni vengono rispettivamente riconosciuti dai loro genitori divini, Nike ed Ermes, e quasi subito si alleano con Bakugo contro la volontà di quest’ultimo.

Uraraka Ochaco e Iida Tenya arrivano dopo quasi un mese durante la stessa estate. Sorprende abbastanza che siano molto meno ammaccati dei due che li hanno preceduti, il che - da quanto Shouto sente dire tra le varie voci durante la cena - sembra essere merito della tendenza di entrambi a essere prudenti e prediligere la fuga con meno danni possibili al combattimento per l’orgoglio. Vengono riconosciuti a due sere di distanza: prima lei, come figlia di Apollo, e dopo lui come figlio di Efesto. Non sono attaccati a Bakugo quanto Kirishima e Kaminari, ma l’essere coetanei aiuta parecchio. Quello stesso anno Yaoyorozu Momo, della Cabina di Atena, lo avvicina per chiedergli di studiare greco antico insieme durante la settimana. Shouto accetta, senza sapere ancora che è il primo passo verso quella che sarà la sua prima amica.

Ci vogliono due anni prima che Midoriya Izuku raggiunga il campo mezzosangue per la prima volta, in estremo ritardo per la maggior parte dei semidei. In questo lasso di tempo Shouto non ha collezionato molti più amici rispetto al passato: c’è sempre Momo, ogni tanto Inasa della Cabina di Nike lo approccia in modo rumoroso e lo convince a fare qualche esercizio con armi insieme. Per assurdo finisce a legare più del previsto con Tamaki - per la prima volta da quando è arrivato i silenzi in presenza di un’altra persona non sono più mostri, ma una parte di lui con cui potrebbe riuscire a fare pace. Ogni tanto parlano, anche. Tamaki un giorno gli dice «Mio padre non è male come tutti credono.» e Shouto vorrebbe poter dire lo stesso o vorrebbe avere un’opinione forte in merito da poter offrire. Invece si limita a dirgli «Okay.» e Tamaki sembra sollevato.

Quando Izuku arriva e viene riconosciuto da Atena, Bakugo sembra voler dare fuoco a tutto il campo mezzosangue al solo scopo di assicurarsi che nell’incendio doloso ci finisca di mezzo Midoriya. Il suo gruppo di amici, ormai consolidato, smorza di continuo la tensione e riesce a far sembrare la sua rabbia meno problematica e al tempo stesso fanno amicizia anche con Midoriya e lo coinvolgono abbastanza da non farlo sentire colpevole di non si sa bene cosa. Shouto viene a sapere che sono compagni di scuola durante l’anno, fuori dal campo mezzosangue, e che sono cresciuti insieme perché la madre di Bakugo e quella adottiva di Izuku si conoscono. A un certo punto Shouto e Midoriya finiscono insieme a occuparsi del pranzo durante uno dei giorni della settimana e Shouto capisce che c’è molto di più di quanto sembri, in lui. Non è sicuro di essere adatto a scoprire di cosa si tratti, ma la considera una possibilità. 

Midoriya un giorno, poco prima di lasciare il campo alla fine dell’estate e mentre il banchetto dell’ultimo giorno vede sorrisi e chiacchiere ovunque si posi lo sguardo, gli dice «Mi dispiace che tu rimanga da solo per tutto il resto dell’anno, Todoroki-kun.» ed è sincero, Shouto lo capisce subito. Non può fare a meno di guardarlo sorpreso e confuso, perché tutto ciò che sa di Midoriya fino a questo punto è quanto poco Bakugo lo sopporti e quanto invece Momo sia contenta di averlo come altro figlio di Atena, o come Iida e Uraraka abbiano subito stretto amicizia con lui. 

Non sa cos’hanno in comune e non ha idea se possano essere amici anche loro.

*

L’anno tra i suoi sedici e i suoi diciassette anni lui e Tamaki legano al punto tale che passano buona parte del tempo libero insieme, forse anche perché Nejire e Mirio sono tornati dalle rispettive famiglie umane per quell’anno, cosa a cui Shouto si sottrae più che volentieri - e apparentemente lo stesso vale per Tamaki. Il figlio di Ade gli chiede persino di restare in cabina con lui, a un certo punto; Shouto non ha voglia di tornare nella propria, per quanto ormai sia abituato ai fratelli e alle sorelle di Ares, quindi rimane. E’ strano, quasi come avere una camera privata, perché la cabina di Ade è grande abbastanza da ospitare diversi figli e occuparla in due non è così diverso dallo stare in un albergo da soli. 

Quando arriva l’estate e il campo mezzosangue si riempie di nuovo con tutti i semidei che tornano dalle loro rispettive case, Midoriya va subito a salutarlo. Shouto nota che lui e Bakugo sembrano avere un rapporto vagamente più decente, se si può considerare tale, e che quando Izuku finisce di parlare con lui raggiunge un altro ragazzo non troppo distante. Shouto lo conosce di vista perché, come la maggior parte degli altri della sua età, li ha visti arrivare nel tempo: Hitoshi Shinsou è giunto poco prima di Midoriya e quasi subito è stato riconosciuto da Afrodite. Shouto ha sentito su di lui voci che discordano di parecchio con ciò che vede tutti i giorni al campo mezzosangue: chi è andato in missione con Shinsou sostiene non sia una persona collaborativa e, in generale, qualcuno che in tanti preferirebbero non avere tra le proprie fila - uno dei poteri più conosciuti dei figli di Afrodite, la capacità di usare bene le parole tanto da influenzare gli altri con il potere per la propria voce, non li rende apprezzati tra chi ha il preconcetto di vedere in loro persone che potrebbero approfittarne. Insieme al loro saper mutare aspetto, avere controllo sull’amore e il desiderio, sono spesso letali tanto quanto sono belli. Dal poco che ha notato Shouto, Shinsou non si è proprio sprecato a circondarsi di amici negli anni, non più di quanto abbia fatto Shouto stesso. 

Scosta lo sguardo da lui e Midoriya quando Momo si avvicina a chiedergli se abbia passato un buon anno. 

*

«Todoroki!» esclama la voce di Kirishima, capace di farsi sentire da una parte all’altra del campo mezzosangue senza difficoltà se necessario. Shouto abbandona la posizione di guardia, abbassando la spada solo dopo essersi assicurato che uno dei suoi fratelli abbia capito che stanno per fare una pausa. Ha già imparato a sue spese quando era più piccolo che è sempre meglio essere molto chiari con un figlio di Ares con cui stai facendo allenamento con un’arma. Una volta sicuro si sposta dall’arena così che intanto possano utilizzarla altri e si avvicina al figlio di Nike. 

«Devo chiederti una cosa molto seria.» esordisce Eijiro e questo è molto diverso da cosa succede di solito. In genere l’altro lo avvicina per chiedergli di allenarsi insieme, uno contro uno, e come lui Inasa; i figli di Nike non amano la sconfitta e non amano tirarsi indietro di fronte alla possibilità di una sfida, pertanto Shouto ha dovuto imparare che se qualcuno deve mettere un freno ogni tanto quello è lui. Qualsiasi altro figlio di Ares - o almeno una buona parte di loro - accetterebbe e infatti non è strano vederli darsele di santa ragione, ma Shouto non può e non vuole passare tutta la giornata in quel modo. 

Eijiro si guarda intorno per un attimo e poi gli fa cenno di seguirlo, in un implicito “non qui” a cui Shouto non può fare altro se non annuire e seguirlo. Si muovono tra le varie aree di allenamento, passando per quella di tiro con l’arco dove i figli di Apollo si stanno destreggiando in una gara tra fratelli, e deviando leggermente verso le cabine. Superano anche quelle senza che Eijiro dica una sola parola e si fermano solo dove è facile intravedere le tavole dove si riuniscono tutti a mangiare. L’orario distante tanto dal pranzo quanto dalla cena fa sì che non ci siano effettivamente troppi semidei in giro. Forse anche per questo è facile riconoscere Kaminari che, nel vederli in avvicinamento, fa un cenno amichevole a entrambi.

Gli è sempre meno chiaro cosa possano volere da lui, almeno finché Eijiro non lo fronteggia e dopo una manciata di secondi un po’ troppo lunga riesce a farsi uscire di bocca: «Tu e Tamaki state insieme?»

Shouto lo guarda. Si aspetta il momento in cui Kaminari farà un battuta, gli darà una pacca sulla spalla e tirerà fuori il vero motivo per cui sono lì ma questo non succede e alla lunga il silenzio comincia a diventare imbarazzante. Shouto inarca un sopracciglio e alla fine si limita a un «No?» come se non capisse da dove venga fuori la domanda, e in effetti è così. Vede gli altri due guardarsi e poi tornare con gli occhi su di lui.

«Non è un problema,» comincia Eijiro per poi fare un verso frustrato «cioè è un problema perché sei un rivale temibile, Todoroki, ma non mi tiro indietro di fronte a una sfida e sono sicuro che giocheresti pulito. Quindi posso accettarlo e alla fine ognuno farà la sua parte e sarà Tamaki a scegliere!» assicura, dando voce a quello che nella sua mente deve essere un insieme di considerazioni fatte da chissà quanti giorni o settimane. Apprezza il discorso, ma il problema di fondo rimane sempre lo stesso.

«Io e Tamaki non stiamo insieme e siamo solo amici.»
«Ma… uno dei figli di Afrodite ha detto che siete rimasti per tutto l’anno, questa volta, e che hai dormito spesso da lui.» ribatte Eijiro incerto. Shouto non fatica molto a capire che l’altro deve essere molto combattuto, perché dare retta alle voci di corridoio non è affatto nel suo stile ma forse in questo caso e di fronte a qualcosa che lo tocca da vicino, ha ceduto abbastanza da voler chiarire la cosa. Lo apprezza, più dell’alimentare il pettegolezzo di sicuro.

«Ho dormito in cabina da lui, sì.» conferma «Ma non è quello che credi, né quello che crede il figlio di Afrodite che te lo ha detto.»

Kaminari dà una pacca sulle spalle a Eijiro, offrendogli frasi di conforto come “visto? Te l’avevo detto che bastava chiedere” e “Todoroki dice sempre la verità quindi stai tranquillo”. Si sente abbastanza lusingato dalla fiducia, ma visto che non c’è altro da fare per lui, decide di muoversi per tornare indietro. Eijiro lo invita ad allenarsi insieme, ma rifiuta per questa volta; il campo di fragole non può certo raccogliersi da solo e lui è di turno per oggi.

*

Tutti amano “cattura bandiera” o, se non lo fanno da subito, finiscono per farlo con il tempo. Le motivazioni sono diverse per tutti: c’è chi è competitivo per natura, chi lo diventa, chi ama il gioco di squadra e la strategia, chi ama la vittoria di per sé, chi sfrutta l’occasione per migliorare le tecniche di combattimento e averne un riscontro, chi lo fa per spirito di coesione con il resto dei compagni. 

Shouto la detesta. Riesce forse ad apprezzarne il senso strategico ma, per il resto, odia essere costretto a parteciparvi ogni venerdì perché è tradizione e non aiuta essere uno dei pochi a non amarla. Specialmente quando si è figli di Ares e tutto il resto del campo mezzosangue dà per scontato che questa sia una ragione sufficiente per avere voglia di combattere ogni settimana per recuperare una bandiera. Ed è il motivo per cui, nel limite del possibile, cerca ogni volta di essere assegnato a una posizione che non comporti agire come uomo-chiave della partita. Evidentemente questa settimana suo padre deve averla presa sportivamente e così si è ritrovato nella posizione peggiore di tutte: a ridosso della bandiera avversaria.

L’ha notata e per un fugace istante ha pensato di ignorarla. Voltarsi dall’altra parte, deviare di pochissimo per finire fuori pista. Un po’ difficile quando alle spalle Kaminari Denki se ne accorge, ti fa un segno dell’ok e si dilegua quasi subito con la velocità propria dei maledetti figli di Ermes. A Shouto non serve Momo di Atena per sapere che l’altro è andato a comunicare tra gli altri membri che la bandiera è stata trovata e - quindi - di avvicinarsi per supportare Shouto. 

Apparentemente a difenderla c’è una sola persona; Shouto riconosce Hitoshi Shinsou quasi subito, seduto su una pietra come se fosse a fare tutt’altro che partecipare alla gara e solo per caso si fosse sistemato da quelle parti. Shouto decide di non muoversi di soppiatto, in buona parte anche perché non è il suo stile di combattimento preferito, così l’altro lo nota senza troppe difficoltà e non fa nulla per mettersi sulla difensiva. Shouto si avvicina fino a quando non ci sono che pochi passi tra di loro, una decina forse, e si ferma. Non distingue tutte le direzioni da cui avverte quella sensazione, ma è sicuro di avere diversi occhi puntati su di sé. 

In pratica se dovesse decidere di girarsi e andarsene via, almeno una dozzina di persone (destinate ad aumentare) lo vedrebbe. Le spiegazioni da dare sarebbero così tante che gli viene mal di testa già solo a pensarci. 

«Io tornerei indietro, se fossi in te.» Shinsou pronuncia, un sorrisetto divertito sulle labbra. Shouto quasi si aspetta di sentire su di sé il potere del figlio di Afrodite, ma questo non avviene; nessuna parte del suo corpo si muove contro la sua volontà, non sente la mente annebbiarsi. E’ invece fin troppo vigile e consapevole di anche troppe cose che lo circondano, così come della presenza dell’altro di fronte a sé. Non replica nulla, cercando di analizzare la situazione: la bandiera è più verso Shinsou che verso di lui - forse in un rapporto di otto passi contro due - ed è sicuro che per quanto veloce, se desse l’idea di volersene appropriare l’altro potrebbe fermarlo con facilità. D’altronde Shinsou non avrebbe motivo di accettare una sfida ad armi pari, con la spada che tanto lui quanto Shouto hanno al fianco, ancora nei rispettivi foderi. 

«Io lascerei la bandiera, ma non è fattibile.» commenta Shouto, in apparenza a consigliargli di arrendersi. In realtà, vorrebbe poter essere lui a lasciar perdere e andarsene altrove. A volte immagina che Ares, lì nell’Olimpo a guardarli come un padre normale vedrebbe la partita registrata del proprio figlio, abbia dei ripensamenti quando Shouto non sente di avere desiderio di combattere o sete di sangue. Quando alla forza bruta preferisce la strategia, anche se non sempre. Quando sembra che nulla gli faccia perdere la pazienza, lo attiri abbastanza da farlo lottare con le unghi e con i denti. Quando il suo onore gli sta a cuore ma non al punto da poter essere provocato dalla minima parola o insinuazione. 

Scuote la testa, sorpreso di ritrovarsi a lasciarsi in balia della distrazione di fronte a un avversario. Quando alza lo sguardo su Shinsou, trova un evidente stupore anche sul suo volto e una sorta di scetticismo, quasi. Forse incredulo di avere di fronte un figlio di Ares che non abbia ancora sguainato la spada gettandosi contro di lui per rubare la bandiera. Shouto allunga la mano a raggiungere l’elsa e non ha mai desiderato così tanto di non doverlo fare.

Ha appena stretto la presa e impresso una leggera forza per sguainarla, quando il suono del corno di Chirone decreta la sconfitta della sua squadra. Senza rendersene conto, rilassa le spalle e lascia andare la spada ancora nel fodero. 

Sente lo sguardo di Shinsou su di sé ma lo ignora con la scusa di doversi voltare per ricongiungersi ai suoi compagni.

*

Più tardi, dopo cena e mentre siedono attorno al fuoco, Kaminari sospira sconsolato: «Non si può vincere contro Bakugo, sembra sempre sul punto di voler uccidere tutto il campo mezzosangue solo per arrivare alla bandiera!» esclama, stanco come solo chi ha visto Bakugo puntarlo come un toro impazzito potrebbe essere. Uraraka, che è stata nella squadra di Shouto come Kaminari, dà un piccolo buffetto sulle braccia a entrambi.

«Non prendertela, Todoroki-kun,» pronuncia con un sorriso «Kaminari-kun ha detto che eri praticamente arrivato alla bandiera! Sono sicura che è stato solo questione di secondi tra te e Bakugo!»

Shouto annuisce e le lascia credere che sia così.

*

Gli fa molto comodo sapere che le occasioni di incontrare e interagire a lungo con Shinsou siano veramente poche. Per doverlo fare, in un campo pieno di semidei, Shouto capisce che dovrebbero crearsi delle specifiche situazioni: essere affidati allo stesso compito, ma potrebbe essere gestibile con altri semidei presenti; dover andare insieme in missione durante l’estate, ma può sperare nella legge dei grandi numeri; essere approcciato dall’altro, e lo ritiene molto poco probabile. 

I suoi piani vengono mandati all’aria dall’unica variabile possibile, ossia la presenza di Izuku a fare da mediatore inconsapevole in un turno di pulizia in armeria che vede loro due, Shinsou e due figli di Tiche presenti. Shouto è concentrato sulla lama di cui si sta occupando quando Midoriya gli si avvicina per un saluto che, inevitabilmente, si traduce in una chiacchierata. Shinsou all’inizio è una presenza silenziosa che offre solo un cenno di saluto con la testa e un mezzo sorrisetto che sembra essere sulle sue labbra per buona parte del giorno e a prescindere dalla persona con cui interagisce, quindi non è male. Shouto suppone di poter essere un ascoltatore silenzioso quando gli altri due cominciano a parlare per lo più tra di loro, sottovalutando enormemente la gentilezza di Izuku Midoriya che è stata finora più un sentore che una certezza.

«Uraraka-san dice che sei piuttosto bravo nel primo soccorso, Todoroki-kun! E che qualche volta durante cattura bandiera le hai dato una mano con alcuni semidei.» pronuncia lui e Shouto alza lo sguardo dalla lama che ha quasi finito di lucidare, cercando il viso di Midoriya. Gli basta un’occhiata per capire che non si tratti di una provocazione, ma è anche sufficiente a notare un vago interesse nell’espressione di Shinsou. Sospira, sperando che rispondere a quelle parole non comporti aprire una parentesi sulla tradizione del venerdì di cui non è pronto a discutere con il figlio di Afrodite presente.

«Ogni tanto. Ma Uraraka-san è una figlia di Apollo, non siamo paragonabili.» afferma, forse tagliando corto in maniera fin troppo evidente. Midoriya non ne pare disturbato e addirittura non sembra cogliere il suo tentativo di chiudere l’argomento ancora prima di aprirlo davvero. Lo vede soppesare qualcosa per un momento, un mormorio basso in cui non riesce a distinguere le parole prima che si trasformi in un ben più udibile: «Proprio perché è una figlia di Apollo credo che il suo commento positivo sia incredibile! Ho provato qualche volta a bendarmi da solo qualche ferita lieve dovuta agli allenamenti in arena ma… è stata gentile abbastanza da non dirmi che sono una frana, ma credo lo abbia pensato. Sono del tutto negato! Forse è perché sono tanti anni che sei al campo rispetto a me?» ipotizza, una curiosità evidente nello sguardo. Shouto capisce che non c’è speranza di chiuderla con due parole a questo punto, specie quando Shinsou lo occhieggia e, con un incurvarsi di labbra divertito, rincara la dose con un «Già, sono curioso anche io di sapere come mai un figlio di Ares fa qualcosa di così fuori dall’ordinario per la Cabina 5.»

Shouto tace per qualche istante, chiedendosi quanto nelle parole del figlio di Afrodite sia una provocazione e quanto no. Ci sono numerose spiegazioni che potrebbe offrire, ma la più sincera è qualcosa che ora come ora ha condiviso una sola volta con Tamaki, in una notte alla cabina di Ade mentre si autoconvinceva che il buio e il silenzio si sarebbero portati via quel segreto, senza lasciare niente al risveglio. Non è qualcosa che è pronto a dire né a Midoriya, né a Shinsou.

«Sono arrivato al campo a dieci anni. Sono sette che mi alleno. Alla fine impari ad andare dai figli di Apollo solo per le cose gravi che non puoi fare da solo.» si limita a dire con una leggera alzata di spalle, tornando a occuparsi delle lame. Midoriya ha abbastanza di Atena, insieme a quella che Shouto sospetta essere una grande sensibilità, da farsi bastare quella risposta e commentare soltanto con la sua speranza di diventare presto autosufficiente così da non aumentare il lavoro di Uraraka e i suoi fratelli e sorelle. Shouto percepisce lo sguardo di Shinsou su di sé e l’assenza di commenti da parte dell’altro gli fa intuire che non sappia dissimulare quanto Midoriya, non quando si tratta di subodorare una storia non raccontata e una mezza verità offerta tanto per chiudere la questione. Shouto si autoconvince, invece, che se non alza lo sguardo e non concede un contatto visivo tutti e tre se ne dimenticheranno una volta lasciata l’armeria che li costringe a condividere gli spazi.

*

E’ l’inizio di Agosto quando il signor D. li chiama perché c’è una missione - nessuna profezia di lunga durata o con cui potrebbero decidersi le sorti del mondo, ma una come altre a cui Shouto ha partecipato. Quando raggiunge la casa principale per sentirsi dare le indicazioni necessarie, ci trova davanti altri semidei. Riconosce ovviamente Momo, così come di vista sa chi sia Jiro, grazie anche a qualche confidenza di Yaoyorozu che non ha chiesto ma che non ha avuto cuore di ignorare. Tetsutetsu di Nike è solo un nome associato a un volto e a una voce troppo alta e infine Shinsou. Chiude il gruppo Hatsume Mei di Efesto, con cui Shouto ha smesso di avere a che fare quando a dodici anni ha accettato ingenuamente di aiutarla a collaudare qualcosa ed è finito quasi schiacciato dai pegasi nella loro stalla. 

Tutto considerato, la missione dovrebbe richiedere al massimo una notte fuori, due se proprio dovessero impiegare più tempo del previsto. Partono di mattina all’alba e percorrono più strada di quanta avrebbero dovuto, riuscendo a concedersi una discreta pausa per mangiare e riposare, rimettendosi in cammino di buona lena nel primo pomeriggio. Diventa quasi subito molto chiaro che ci sono dei piccoli gruppi che si formano istintivamente quando si tratta di mangiare, anche se Momo è saggia e amichevole abbastanza da fare da collante tra tutti loro. Quando camminano, però, lei è avanti con Jiro e Tetsutetsu parla di migliorie per il combattimento contro le arpie con Hatsume. Questo lascia a Shouto la compagnia di Shinsou, piuttosto silenziosa per buona parte del tragitto, per sua fortuna. E’ chiaro però che non possa essere un’intera missione di nulla. 

Shouto è quasi consolato dal fatto che a un certo punto trovino il campo che gli è stato segnalato, sempre che di campo si possa parlare, e che i mostri lì lo obblighino a concentrarsi sulla battaglia anziché sul resto. E a maledire il fatto che siano molto più numerosi di quanto gli risultava sarebbero stati - Tetsutetsu è una forza della natura che perde però di lucidità fin troppo facilmente, mentre Momo non ha ancora davvero appreso quanto puntuali possano essere le sue strategie e i suoi approcci alla battaglia. Shouto capisce che sono un gruppo male assortito quando si accorge che la maggior parte di loro non è ancora sceso a patti con l’idea di poter essere un leader o più che competente nel suo campo. Riescono a liberarsi dei mostri ma non senza pagarne il prezzo con qualche ferita e se Shinsou non utilizzasse il potere meno apprezzato dei figli di Afrodite non andrebbe così di lusso. Shouto lo realizza quando persino lui viene stordito per qualche secondo da quel potere. 

Non può fare a meno di chiedersi, se questo è il risultato senza essere l’obiettivo di Shinsou, come sarebbe se invece il suo potere fosse diretto contro di lui?

Si chiudono tutti nel silenzio quando possono finalmente abbassare le armi; decidono di allontanarsi abbastanza nel caso arrivasse qualcuno, così da potersi occupare delle ferite lievi e di rifocillarsi in pace. Trovano uno spiazzo isolato abbastanza e si accampano lì. Mentre Momo discute con Mei dei turni di guardia, Jiro si occupa di sistemare le ferite di Tetsutetsu - non sorprende nessuno che la sua irruenza nel lanciarsi in combattimento gli sia valso più ferite di tutti gli altri messi insieme. 

Shinsou se ne sta per i fatti suoi, poco incline alla conversazione. Le uniche parole che Shouto gli sente pronunciare sono quelle per assicurare a Jiro di non aver bisogno di alcun tipo di cura. Cenano in silenzio, per così dire, e nemmeno i tentativi di Momo riescono a farli chiacchierare in maniera piacevole perciò alla fine lei stessa si arrende. Jiro si offre di fare il primo turno, ma prima dell’alba - quando sa essere il turno di Shinsou - i movimenti del cambio sono minimi, ma Shouto è già troppo vicino al risveglio per ignorarlo e riuscire a tornare a dormire come se nulla fosse. 

Quando si alza lo fa con movimenti lenti. L’odore del fuoco ancora acceso si mescola a quello dell’erba umida che li circonda. Si tira su a sedere, passandosi una mano sul viso, cercando di scacciare con un gesto la stanchezza che si sente nelle ossa. Non è mai stato tipo da riuscire a riposare bene mentre accampato in missione e questa non fa eccezione; quando finalmente lascia vagare lo sguardo nei dintorni, trova subito gli occhi di Shinsou su di lui, intenti a studiarlo. Non gli dice nulla e Shouto non ricerca per forza una conversazione, preferendo carburare lentamente fino a riuscire a svegliarsi del tutto. A essere onesto non si aspetta di sentire la voce di Shinsou chiedergli: «Preoccupato che possa ordinarti di fare due giri su te stesso e ballare con un gonnellino appena varcheremo di nuovo la soglia del campo mezzosangue?»

Shouto lo guarda, senza capire subito, riuscendo poi a cogliere l’ironia e il riferimento. Mentirebbe se dicesse di non essere stato stupito - non proprio positivamente - nel sentire la propria mente annebbiarsi e una sorta di spinta ad assecondare le parole di Shinsou, non importa quali o le loro implicazioni. Perciò decide di non mentire affatto. Dopotutto, immagina che questa non sia la prima volta che all’altro succede di ritrovarsi in questo tipo di situazione. 

«Non troppo.» ammette quindi, smuovendo leggermente il legno per lo più bruciato dal fuoco, ravvivandolo un po’ «In ogni caso non so ballare bene.» aggiunge. Kaminari, se fosse presente, potrebbe commuoversi all’idea che lui stia cercando di fare una battuta divertente ma la verità è che Shouto davvero si reputa abile nella danza quanto lo è nelle lunghe conversazioni e nell’essere l’anima della festa. Non potrebbe esserci uno più impedito di lui, in pratica.

Shinsou lo guarda e poi sbuffa, divertito: «Non credo a molti interesserebbero i tuoi passi di danza se indossassi un gonnellino, Todoroki.»

Shouto non è sicuro sia un complimento, ma in generale se potesse evitare di essere ridicolizzato di fronte a tutti i suoi fratelli - e il resto del campo - lo apprezzerebbe molto. Perciò scrolla le spalle, non sapendo bene cosa rispondere, se non un «Vuoi farmi ballare con il gonnellino quindi?» giusto per capire se debba davvero preoccuparsene o aspettarselo. Shinsou sembra prendere in considerazione la cosa per abbastanza tempo da inquietare il proprio interlocutore ma, alla fine, scuote la testa.

«Ci sono cose peggiori di quella da far fare a qualcuno. Un po’ tutti se lo aspettano, dai figli di Afrodite. Non che tutta la Cabina 10 abbia questo tipo di capacità.» aggiunge, ma sembra più un commento lasciato cadere, fatto senza la pretesa che gli altri vi prestino attenzione. Shouto non è granché in queste cose, non è il tipo a cui riesce bene distinguere cosa gli altri vorrebbero che importasse delle loro parole e cosa no, tranne quando è molto evidente. Shinsou non lo aiuta a capire se dovrebbe concentrarsi a chiedere quanti abbiano l’abilità di cui parla o se invece il focus sia se lui vorrebbe o potrebbe fargli fare qualcosa di peggiore. 

«Avresti potuto farmi tornare indietro,» decide invece di dire «quando ti ho trovato con la bandiera.»
«Tu avresti potuto provare a prenderla.» ribatte il figlio di Afrodite, non senza ragione. Shouto suppone che forse avrebbe dovuto evitare di riportare a galla l’avvenimento e d’istinto osserva gli altri, apparentemente ancora addormentati. Il cielo è ancora buio sopra le loro teste, quindi l’alba deve essere meno prossima di quanto pensasse. Questo lascia troppo tempo per una conversazione che forse non aveva voglia di portare avanti ma, d’altronde, è un pessimo attore e se anche fingesse improvvisamente di avere sonno Shinsou è probabile intuirebbe subito che si tratta di una bugia.

«Odio cattura bandiera.» ammette così, offrendo l’ennesima sincerità che rivolge a molti ma che nella sua forma assoluta è stata concessa solo a Tamaki, finora, e pochissime volte. Shinsou non sembra sopreso da questa sua confessione, ma nemmeno ha l’aria di chi ne fosse sicuro al cento per cento. Lo scruta, quasi cercasse la menzogna nei lineamenti del suo viso, nel suo respiro regolare, nel linguaggio del suo corpo. Quando non la trova, non lascia trapelare né soddisfazione né delusione.

«Sembra non ti piacciano un sacco di cose che invece piacciono ai figli di Ares.»
«Faccio quello che fanno tutti, tranne prendere la cattura di una bandiera come una questione personale.» spiega, ancora alla ricerca di un personale motivo per farsela piacere, per trovare uno scopo che vada oltre la semplice competizione e il singolo obiettivo. Sono anni che ci prova. Comincia seriamente a pensare di doversi arrendere, a dirla tutta.

«Forse.» concede Shinsou «Fai lo stretto indispensabile. Ma curi gli altri nelle retrovie quando necessario, non tratti da schifo Izuku al contrario del tuo discutibile fratello, non sei in competizione con nessuno su niente. Non sembra nemmeno importanti granché del riconoscimento di Ares.» aggiunge e forse, pensa distrattamente Shouto, Shinsou lo ha detto di proposito per stuzzicarlo. Potrebbe aver notato in lui cose che Shouto è sempre stato convinto di nascondere bene. E’ la prima volta che prova l’istinto di non tacere e tenere per sé un commento, tagliente o meno che possa rivelarsi.

«Ares ha abbastanza figli da poter evitare di aspettarsi qualcosa anche da me.» pronuncia, più gelido di quanto avesse preventivato di essere «E non deve per forza esserci merito nel combattere a occhi chiusi finché non si viene sconfitti.»

Il silenzio tra loro dura abbastanza, ma non così tanto da far pensare a Shouto che la conversazione possa dirsi conclusa. Shinsou guarda il fuoco ravvivato poco prima, poi alza gli occhi su Shouto neanche dovesse scrutargli dentro per tirare fuori più risposte e informazioni di quante lui sarebbe mai disposto a dare. Sembra trovare qualcosa di interessante, a un certo punto, e Shouto capisce di cosa si tratta quando l’altro dice: «Beh, per voi le cicatrici sono medaglie al valore.»

Si alza con un movimento così repentino che è solo quello di risposta di Shinsou - un mettersi in guardia non completo, ma dato dall’urgenza e dall’istinto - a fargli capire di sembrare probabilmente sul punto di attaccarlo. Questo lo ferma sul posto, gli inchioda i piedi sul terreno come se fossero l’unica cosa a impedirgli di cadere giù da un burrone. Il calore del fuoco sfiora le punte delle due dita e Shouto serra la mascella.

Dentro di lui una voce grida mille risposte per Shinsou. Vorrebbe dirgli che nessuno sano di mente si farebbe sfigurare solo per potersi vantare di essere uscito vincitore da una battaglia; che i mostri affrontati fuori dal campo sono stati peggiori di qualsiasi cosa affrontata dopo esserci entrato; che Ares può essere fulminato con tutto il resto dell’Olimpo, per quanto lo riguarda, perché non è e non sarà mai più padre di quanto lo sia stato quello che ha portato Shouto a scegliere di non tornare più a casa. 

Invece si gira, si allontana, e quando Momo apre gli occhi e nella lentezza del risveglio gli chiede dove stia andando, Shouto le lancia un’occhiata gelida e l’unica parola che le offre è: «Ricognizione.»

*

Per ciò che rimane di quell’estate, lui e Shinsou non interagiscono più e l’ultimo giorno Shouto si limita a salutare Midoriya e a osservarlo muoversi per raggiungere il gruppo che come sempre si prepara a tornare a casa per il resto dell’anno. Poi il tempo passa e l’estate diventa definitivamente autunno, poi scivola nell’inverno; il campo mezzosangue decide di festeggiare l’inverno anche quest’anno che sono rimasti in meno del solito e Shouto non si stupisce di ricevere di nuovo l’invito di Tamaki a stare in cabina con lui. 

Si allontanano dalla cena oltre il solito coprifuoco, forse grazie ad Aizawa che potrebbe aver intercesso per loro per fargli avere un Natale normale e - con un po’ di fortuna - anche il capodanno tra qualche giorno. La regolazione della temperatura del campo gli ha fatto dono di un bianco Natale, come da tradizione della maggior parte delle canzoni che Shouto ricorda di aver ascoltato nei centri commerciali quando ancora passava le feste a casa con sua madre. Lui e Tamaki rientrano nella Cabina 13 ben felici di trovarla riscaldata e Shouto sta per muoversi verso il letto che occupa sempre quando si ritrova ospite del figlio di Ade quando è proprio la voce di Tamaki a richiamarlo. Lo trova seduto sul proprio letto e lo vede dare un paio di pacche al materasso in un tacito invito. Per qualche secondo si chiede se sia il caso o se questo verrà considerato alto tradimento da Kirishima una volta che sarà tornato in estate, ma alla fine muove diversi passi in sua direzione e si siede accanto a lui.

Tamaki gli allunga una coperta in più e, anche se Shouto non soffre particolarmente il freddo, se la poggia sulle spalle imitando l’altro. Rimangono in silenzio per un po’ e Shouto si rende conto ancora una volta di quanto questo sia, in presenza di Tamaki, un raro momento di pace per lui. Di come riesca a farlo sentire libero di essere Shouto e nessun altro - non un Todoroki, di cui per fortuna quasi nessuno sa nulla lì, né il figlio di Ares che ormai è probabile in molti non riescano più a scorgere in lui. 

«Shouto» lo chiama l’altro, attirando immediatamente la sua attenzione «cosa pensi di Midoriya Izuku?» 

La domanda è una delle più inaspettate Tamaki potesse rivolgergli. Non parlano molto spesso degli altri e qualcosa gli suggerisce che non si tratti di una discussione sulla capacità di combattimento altrui. Perché negli ultimi tempi tutti sembrino voler sapere cosa pensa degli altri, gli sfugge del tutto.

«Penso sia più in gamba di quanto molti credano. Momo me ne parla e in generale quando abbiamo qualche compito insieme–»
«No, intendo–» comincia Tamaki, interrompendolo quasi con urgenza «lo so che è bravo. Migliora sempre di più, Mirio se ne occupa da un po’ su richiesta di Chirone. Però… voglio dire, tu cosa ne pensi? Eijiro dice–»
«Kirishima?» tocca a Shouto interromperlo stavolta e, nel momento in cui lo fa, riconosce l’esatto istante in cui Tamaki realizza di aver detto l’unica cosa che non avrebbe dovuto dire. Lo vede far vagare lo sguardo febbrilmente, quasi in cerca di una soluzione tangibile a portata di mano, per poi risolverla tirando la coperta fin sopra la propria testa e nascondendosi. Shouto lo fissa, perplesso, ma gli lascia il tempo di elaborare qualsiasi cosa stia succedendo. Quando erano più piccoli una volta ha provato a tirarlo fuori dalle coperte con la forza e sbrigativamente e ha scoperto che Tamaki non è considerato uno dei migliori solo perché figlio di uno dei Big Three. Se la sua forza sul campo di battaglia è paragonabile alla caparbietà con cui era pronto a farsi trascinare in piazza nella forma di un burrito di coperte, Shouto dubita che chiunque possa tenergli testa.

«Lui ha…» comincia a dire, la voce camuffata dalle coperte «mi ha chiesto… eravamo in missione, poi durante cattura bandiera di quattro venerdì fa… anche prima aveva detto… poi è successo…» prosegue in quello che in effetti a Shouto ricorda il mormorio infinito in cui Midoriya si è perso l’ultima volta che qualcuno gli ha chiesto se, secondo lui, la strategia spiegata durante uno degli allenamenti fosse la migliore o potesse essere resa ancora più efficace. Inutile dire che tanto allora quanto adesso Shouto non potrebbe mai dire di aver capito tutto. Anzi.

«C-Comunque» riprende Tamaki sbirciandolo da una piccola apertura tra un lembo di copera e l’altro «mi ha detto che qualcuno ha scommesso su di te. Credo i figli di Ermes.» ammette, scoprendosi un poco di più e rendendo di nuovo visibile il viso. La mancanza di parole da parte di Shouto forse lo incentiva a proseguire: «Alcuni di loro hanno scommesso su Yaoyorozu. Altri su Midoriya. Poi Bakugo ha… distrutto qualcosa, credo. Eijiro dice che non era d’accordo, forse.»

Shouto conosce Bakugo da troppi anni, tutti di condivisione della cabina peraltro, per non sapere che non è il difensore di chiunque. Di certo, se avesse dovuto scommettere le sue dracme, non avrebbe nemmeno mai detto che avrebbe visto il giorno in cui avrebbe preso le difese di Midoriya, o quantomeno cercato di evitare una stupida scommessa su di lui. Anche se, a essere del tutto sincero, nemmeno a Shouto piace l’idea di essere l’oggetto di questo tipo di passatempi di altri nel campo mezzosangue e ancora meno apprezza che venga messa di mezzo Momo - conoscendola, se venisse a saperlo, ne potrebbe essere molto più imbarazzata o mortificata che arrabbiata. 

«Non sto né con uno, né con l’altra se è questa la domanda. Né qualcuno del campo mezzosangue e di certo non fuori.» fa presente, visto che lascia quel luogo solo per le missioni ed è così da anni, come Tamaki ben sa. 

Cade il silenzio tra loro e per la prima volta non è del tutto rilassato. Sembra più una pausa in cui uno dei due sta cercando di trovare le parole giuste per chiedere qualcosa, di certo non aiutati dal fatto che per carattere non si sono mai ritrovati a parlare di questo tipo di cose. In verità Shouto non ne ha parlato e basta, con nessuno, spettatore passivo degli innamoramenti degli altri e poco interessato all’argomento tanto da riuscire quasi sempre a non essere interpellato. A volte pensa sia incredibile che alcuni semidei riescano a piacersi al punto da mettersi insieme, quando il massimo esempio che tutti loro hanno avuto è quello di genitori divini che pur consapevoli di non poter restare al fianco delle persone scelte hanno comunque avuto una relazione con loro, lasciandosi indietro anche dei figli. Altre si chiede come possano farcela. Altre ancora se sia solo lui a essere strano, lui con i suoi pensieri riguardo un padre che non gli ha mai risposto e un patrigno che ha portato sua madre al punto di rottura massimo che la psiche di una persona possa sopportare. 

«Non pensi proprio mai… che qualcuno vicino ti piacerebbe?» Tamaki chiede, con la delicatezza che avrebbe se il cuore di Shouto fosse nelle sue mani e si fosse appena rivelato essere completamente in vetro e pieno di crepe. 

Shouto si guarda le mani, mentre l’immagine di Shinsou gli balena veloce in mente - e si dice che è perché gli sia di monito, perché la sua insinuazione sulla cicatrice gli ricordi che è sfregiato fuori quanto lo è dentro e che se anche volesse, seppure dovesse mai sperarci, se il desiderio mai dovesse arrivare a consumarlo sarebbe anche inutile sperarci.

«No,» replica senza guardare Tamaki «non ci penso mai.»

   
 
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