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Autore: ClodiaSpirit_    14/04/2022    0 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]« Simone, significa che si sta nudi, senza vestiti l'uno di fronte all'altro »
Sì, mi sto tuffando nell'esperienza più imbarazzante della mia vita per un tuo capriccio. Ma andrà bene.
- - -
Che succederebbe se Simone e Manuel non si conoscessero?
Non hanno mai fatto lo stesso liceo, nè hanno avuto Dante come professore, le loro vite sono separate nella stessa città. Le vite separate ma uno sempre con l'amore per la matematica, l'altro per la filosofia.
E se Simone e Manuel, per caso, avessero l'occasione di partecipare a un'esperimento sociale in cui la fiducia è l'elemento centrale, per cancellare l'imbarazzo?
Cosa succede se due sconosciuti, si confrontano e decidono di mettersi a nudo, in tutti i sensi possibili che il caso può offire?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Simone uscì dal corso di formazione pediatrica, dopo ben tre ore, l'orologio al polso lo informava che stava già facendo tardi per tornare a casa. Aveva da poco la patente e di sicuro, non si sarebbe messo a sorpassare le macchine che correvano lungo la capitale, all'orario di punta. Se c'era una cosa che lo spaventava era la velocità. La aveva sempre considerata come un'acerrima nemica nella sua vita. Nel pomeriggio, avrebbe dovuto sbrigarsi per assistere Giorgia, la bambina dei vicini, a cui faceva da babysitter, e quindi quello gli sarebbe costato almeno una decina buona di minuti di ritardo sulla scala schematica e mentale che si era fatto. Così, mandò un vocale audio a suo padre, prima di prendere il pulsante delle chiavi, che lampeggiò, appena fu vicino all'autovettura parcheggiata. Prima però di mettersi deciso al volante, si ritrovò il cellulare pieno di messaggi di Laura, la sua migliore amica dei tempi del liceo. Simone sospirò, si ravvivò i capelli riccioluti e ascoltò a poco a poco, gli scleri della sua amica. Era tipico di lei tempestarlo di novità o comunque di abbondanti messaggi molte volte anche esagerati.

« Simone ascolta, c'è questo esperimento sociale gratis al Centro Sperimentale. Mi è stato dato un volantino pubblicitario oggi, a Trastevere. Praticamente sei ti associano con un'altra persona, ed è come se fosse un appuntamento al buio, ma non proprio. In realtà vedi l'altro, solo in un modo nuovo. »

Simone roteò gli occhi, in segno di sconforto. Era da almeno un anno che Laura stava cercando di accoppiarlo o meglio, di farlo uscire dal suo stato di ragazzo single. A lui, andava bene però. Aveva solo 23 anni - e mezzo, se contava che Marzo era alle porte -, cosa c'era di male nello stare bene da soli con se stessi? E poi, la sua dichiarata omosessualità al liceo, non gli era valsa ben pochi scherzi, nonostante avesse ormai accettato pienamente il suo orientamento sessuale. Era difficile organizzare al lampo le cose che dovevano risultare naturali. Quello lo sapeva. Simone aveva sempre messo prima gli altri che se stesso e quando qualcuno ci aveva provato con lui, si era disinteressato dopo poco. Pazienza, si era detto. Stretto il cellulare solo con le dita e il pollice libero, Simone ascoltò l'altro audio, fissando l'orologio al polso. Bene, almeno se faccio tardi so a chi dare la colpa.

« E' tutta strana, ma secondo me può funzionare eh, è che fanno fare un'attività nel mentre parli con l'altro. Il bello è che ti mostri praticamente senza filtri. In poche parole, è un incontro corpo a corpo »

Simone arricciò il naso, era confuso. Laura, che cazzo significa?
Mandò un messaggio abbastanza raffazzonato, dove le spiegava che aveva fretta e che non aveva capito l'ultima parte di questo fantomatico "esperimento sociale". Laura gli aveva risposto in modo schietto, veloce, come quando per sbaglio ti ritrovi un dito dentro la portiera della macchina o viene estirpato un pelo dalla radice con la ceretta. Simone strabuzzò gli occhi, appena lo lesse.

« Simone, significa che si sta nudi, senza vestiti l'uno di fronte all'altro »

Non se ne parla.
Laura te lo scordi.
Simone completò la risposta con una faccina che rideva e impostò il blocca schermo. Di tutte le trovate più assurde che Laura aveva mai tirato fuori dal cappello, quella era una delle peggiori. Lui, nudo, con un estraneo. Solo al pensiero Simone arrossiva come un peperone e dall'altra parte, gli veniva un rigetto totale: non era ottimale conoscere qualcuno iniziando da quello, era... era troppo intimo, davvero troppo. Forse stava esagerando, ma se c'era gente disposta ad accettare di conoscersi così, vuol dire che il pudore aveva smesso di essere una tanto positiva virtù. E poi ti immagini l'imbarazzo di spiegare ai tuoi papabili figli in futuro:
"Ehi sì io e tuo padre ci siamo conosciuti in una stanza, con il pisello all'aria e soprattutto il rumore della tosse per l'imbarazzo e la voglia di scappare via!"
Non era proprio granché come racconto. Simone girò la chiave nel quadro, i piedi sull'acceleratore e sulla frizione.
Nudo con uno sconosciuto. Lui si era mai davvero messo a nudo metaforicamente parlando con qualcuno? Simone, che stai dicendo, è una follia. E se non fosse stato invece così tragica come cosa? Non era detto che avrebbe dovuto poi uscire con quello sconosciuto. Simone scosse la testa, accedendo il motore. Se le inventano proprio tutte oggi.









« Che palle, cristo! » si lamentò Manuel, mentre stirava una camicia e notava di aver lasciato il ferro per troppo tempo sull'indumento. Il risultato, era stato di una macchia scura, quasi sporca, sul bianco. Se solo lo avesse visto sua madre, si sarebbe messa le mani in testa. Ma non lo avrebbe saputo, visto che nel suo nuovo appartamento - acquistato ormai da un mesetto e mezzo - la sua vita aveva cominciato ad assaporare il gusto dell'autonomia. Giostrava i turni di lavoro, a piccole faccende domestiche, cucinava, le sue lavatrici erano intonse. L'unica e sola pecca era stirare, quello lo odiava. Spostò la camicia di lato con entrambe le mani e si stropicciò gli occhi. Durante i weekend, si concedeva più ore per dormire, quella mattina era stato svegliato dai lavori di un nuovo cantiere giusto adiacente, al suo appartamento. Quel sabato, era già partito male. Non aveva orari di lezione a scuola e anche se lo avesse avuto, sicuramente non avrebbe messo un piede fuori casa. Come ogni sabato, il suo appuntamento era alla piccola scoperta di veicoli e motori. C'era questo piccolo posto vicino casa, che vendeva ed esponeva autovetture d'epoca e anche moto cromate. Manuel si era dato un obiettivo: con l'arrivo dello stipendio - seppur minimo - da professore di filosofia qual era, un giorno ne avrebbe comperata una. Avrebbe sicuramente riso beffarda accanto alla vespa nera che teneva sotto, in garage, ma la avrebbe avuta a tutti i costi.
Manuel si girò su se stesso, munito solo di canottiera addosso, una barba da acconciare e dei capelli sparati ovunque. Per essere un venticinquenne, dava comunque l'impressione di essere più piccolo. Magrolino, un po' basso, massa di capelli ricci sparata ovunque. Ma tutto sommato, un bel tipo. Così di era sempre definito. L'autostima era importante e lui di certo non ne era mai stato sprovvisto. Manuel sospirò, andando a mettere su l'acqua per il thè forte e speziato, che gli desse la giusta carica per iniziare bene la giornata. Mentre riempiva il pentolino d'acqua e accendeva il gas, il rumore di un'email arrivò chiaro alle sue orecchie. Il pc era rimasto buttato e aperto sul divano.

« Chissà chi sarà il rompi cazzi che me scrive » disse, pensando ad alta voce.

Credeva fosse un'email della scuola, ma in realtà l'annuncio era arrivato dritto sulla sua seconda casella di posta personale. Manuel scorse con il dito il cursore al margine destro, per andare in fondo alla pagina internet. Era un'inserzione pubblicitaria. Rise di gusto appena lesse il contenuto. La pubblicità era come un insetto fastidioso nella sua cartella di posta, il che lo portò ad andare con cursore sopra l'icona del cestino, fino a quando una parola non colse la sua attenzione: affinità.
Era un esperimento sociale che si sarebbe tenuto l'indomani a Roma, al famoso Centro sperimentale. Non prevedeva diffusione di informazioni pubbliche, solo la compilazione di un modulo. Il centro era noto per i suoi ricercatori di sociologia e di psicologia, Manuel c'era passato davanti più di paio di volte dopo le lezioni. Non capiva come mai quell'annuncio fosse stato inviato proprio a lui. Forse era un segno. Più che altro lo incuriosiva come un incontro con un estraneo avesse potuto cambiare la sua sorte, ma in fondo, cosa c'era di male nel provare qualcosa di nuovo?
« Lo scambio avverrà in modalità casuale, dovete solo compilare questo questionario nel link sottoindicato e poi allegarlo all'email del Centro, entro le di domenica mattina. Quando sarete sul posto, vi verranno fornite altre indicazioni. »
Manuel scaricò il pdf. Le domande erano abbastanza innocue. Forse è la volta buona che trovo qualcuno che me sopporta.





 
- -






« Ma lo facciamo insieme! » ribadì ripetitiva Laura al cellulare. Simone si stava nervosamente torturando il colletto della camicia.

« Laura non lo so, è assurdo lo capisci? » era titubante e l'idea non gli andava granché a genio. « E poi è anche un po' a culo, chi dice che mi capiti una persona che non sia un caso umano? »
Sentì l'amica mormorare esausta.

« Simone è il bello dell'esperimento e prima o poi qualcun'altro ti vedrà nudo, tanto vale togliersi il dente! »
Che gran conforto, grazie. « E poi quando stavamo insieme ti ho visto, non stai messo mica male lì sotto »
C'era stato un breve periodo in cui Simone, stava ancora cercando di accettare se stesso e durante quel periodo, Laura era stata la sua ragazza. Ovviamente, i due erano rimasti ancora più uniti quando lui le aveva detto che era gay, come se non fosse successo nulla.

« Sì ma una cosa è una donna e un uomo, e un altra io con un altro. Voglio dire... » Simone mise le mani avanti, stava già sentendo caldo in viso « è più imbarazzante di quanto tu non possa immaginare »

« Simone, se non vuoi fare, non lo faccio nemmeno io, però... »
Però, c'è sempre un però con te Laura. « Però chi se ne frega Simone, ti capita una volta nella vita. È da pazzi? Sì. Ma almeno saprai di aver provato anche questa strada, anche solo per capire che puoi riaprirti con qualcuno. Soprattutto dopo le delusioni che hai avuto, Simone ti meriti di provare ancora, di sentire ancora »
La voce dell'amica fu tanto morbida quanto tagliente, colpì Simone nel punto più debole, lasciandolo ammutolito. Cosa ho da perdere?

« Lo sai vero che se faccio questa cosa, » mormorò stizzito « tu dovrai smetterla di farmi accoppiare con ogni essere sul pianeta e darmi tregua per un po', vero? »

Simone sentì urlare Laura dall'altro capo del telefono e strizzò gli occhi per l'acuto che gli perforò quasi un orecchio.

« Va bene Simone, ti prometto che ti lascerò in pace tu e il tuo antro della solitudine, almeno per un po' »

Simone sospirò, abbozzò un sorriso nervoso, anche se l'idea di fare quella cosa insieme all'amica, lo faceva sentire già un po' meglio. Si grattò il capo.

« Tu hai già compilato il modulo? »

« L'ho già mandato all'indirizzo in realtà »

« COSA- LAURA? »

Simone sbottò incredulo, la voce gli saliva di un'ottava, lo sguardo dritto alla finestra della camera. La ragazza, contrariamente al suo trasalimento, si addolcì ancora di più, risultando innocente.

« Mi sono già portata avanti, che c'è di male?»

Simone inspirò per tranquillizzarsi. La sua amica aveva agito prima di sentire effettivamente la sua risposta. Che subdola.
« Che cosa chiede? Così mi preparo a domande invasive »

« Oh nulla di che, generalità, preferenze, gusti, interessi e cose così. »

« Okay... »

« Simone? »

L'altro esitò per un attimo a rispondere.

« Sì, Laura? »

« Andrà tutto bene. E se non andrà, fa niente. Sappi solo che sono orgogliosa che lo stai facendo davvero »

Sì, mi sto tuffando nell'esperienza più imbarazzante della mia vita per un tuo capriccio. Ma andrà bene.

« Spero solo di non fare qualche figura di merda, conoscendomi »

Laura rise complice dall'altra parte del telefono.

« Chiunque sarà proverà le nostre stesse cose in quel momento. Tu cerca di stare tranquillo, ce la puoi fare Simone »

Simone annuì poco convinto, prima di sentire un suo 'ti voglio bene' e di risponderle allo stesso modo, prima di riagganciare.







Quella domenica dopo pranzo, Simone e Laura erano già davanti al Centro, il luogo dell'appuntamento. Insieme a loro capeggiava una piccola fila con circa una quindicina di persone.
Simone giurò di non sentire il brusio che quelle persone stavano facendo. L'ansia gli stava salendo come non mai e la mentina che l'amica gli aveva dato, era subito scesa lungo la gola senza nemmeno godersi l'aroma di menta fresca sul palato. L'idea di entrare e non sapere cosa sarebbe successo, lo spaventava troppo. Era come trovarsi dentro una scatola chiusa senza sapere cosa ci fosse dentro. Ecco, la scatola chiusa con l'esito vincente o perdente, sarebbe stata riservata giusto a lui. E sarebbe stata il risultato finale di quell'incontro pomeridiano inusuale. Stringendogli sempre la mano, Laura e Simone entrarono dentro a poco a poco, fin quando la struttura non li accolse. L'impressione era quella di un capannone moderno a due piani: le mura erano nere, contrastavano con dei larghi pannelli. Le stesse mura erano scandite da qualche quadro, pochi oggetti minimali ai lati, qualche pianta che pendeva dalle pareti. A guardarli meglio, Simone si accorse che quelli addossati al muro, erano dei lunghi teli bianchi fissati a delle strutture in legno, che separavano in varie sezioni lo spazio. Non era mai stato lì, al Centro, e perciò si stupì di trovare un ambiente così ampio. Il bianco scandiva ed era come de tante piccole celle, si aggiungessero a delle linee segnaletiche a strisce rosse, lungo la fine di ognuna, sul pavimento. Poche cose adornavano ogni settore o forse era meglio dire, stanza di teli: qualche lampada lunga, un piccolo tavolino da scrittura, quelli che a Simone parvero strumenti per dipingere tra cui tele, colori, pennelli, una piccola pedana sopraelevata svettava ad ogni parte sinistra molto simile a un piedistallo di finta roccia.Simone arrestò il suo sguardo quando un uomo grosso, seguito da una donna formosa, un tailleur sportivo addosso e con una crocca sulla testa, cominciò a dividerli in gruppi. Simone guardò Laura, insofferente.
Lo sto facendo davvero. Fatemi andare via da qui.
La donna si piazzò davanti al ragazzo, una cartellina in mano che prima non le aveva visto.

« Il tuo nome, per favore » gli chiese gentilmente la donna. Lo sguardo fu amorevole.

« Simone Balestra » scandì sicuro, ingannando l'ansia che lo stava divorando però.

Simone sentì le sue mani formicolare, come se tante piccoli puntine gli pungessero la pelle. La donna annuì, leggendo dalla cartellina. Gli fece un sorriso gentile e gli fece un cenno rapido con il capo.

« Bene, seguimi pure »

Simone annuì, aveva il cuore che gli batteva come un pazzo, a voler schizzare fuori dal petto. Guardò un'ultima volta Laura mentre rispondeva a quell'omaccione.
Buona fortuna anche a te.
Le disse col pensiero, prima di seguire la donna.




 
- -





Gli era stato detto di aspettare lì, gli avevano detto di spogliarsi e gli avevano subito portato un accappatoio di seta verde, con dei ricami dorati da mettere. Quella veste gli sembrava fin troppo sontuosa per un esperimento come quello. Non doveva mica incontrarsi con il Re di Spagna, no? In più aveva fatto la barba, per quell'occasione. Neanche dovessi andare a cena da mamma, me faccio ride da solo.
Manuel aspettava lì, in piedi, con le mani dietro la schiena. Dondolava avanti e indietro portando il peso del corpo a sbilanciarsi, cercando di coprire, ora, fischiettando qualcosa.

« Per di qua, metti questo e poi quando sei pronto, entra »

Oh cazzo, ci siamo.
Manuel sentì l'addetta parlare all'altra figura dietro il telo. Si girò di scatto e notò un'ombra muoversi di schiena. Non capiva sinceramente se fosse una donna o un uomo, ma la figura era così sinuosa, abbastanza da poter essere scambiata per entrambi. Pensò di stare guardando troppo, eppure la curiosità lo divorava. Come sarebbe stato? Ma soprattutto, la aveva presa per gioco, un giorno prima e perché ora si sentiva tremare? Manuel tirò un respiro pesante, sciolse le mani in avanti, muovendole, come se dovesse buttare giù qualcosa a terra e abbassò lo sguardo. Sentì dei passi, il telone si aprì svelando la figura nascosta poco prima. Era un ragazzo, i capelli erano ricci come i suoi, ma meno disordinati, il naso ricadeva regolare, la mascella era accennata ed evidente, le labbra due curve dolci, gli occhi potevano essere scambiati per due grandi pozze, per quanto erano grandi e profondi. Il suo accappatoio era blu mare, e aveva dei ricami rossi lungo tutta la parte del busto. Gli cadeva addosso perfetto, perché l'altra cosa che notò, a differenza sua, era che quel ragazzo era abbastanza alto.

« Piacere Manuel » aprì la mano, per tendergliela.

Il ragazzo sembrò bloccarsi un secondo, poi annuì, si sganciò in un sorriso ampio. Manuel ci frugò fin troppo a lungo.
« Piacere, io sono Simone »




 
- -





Sentirono delle voci sopra le loro teste, Simone non aveva visto delle casse nascoste da dove usciva il suono, adesso, agganciate in alto, sulla parete.

« Lo spazio che avete intorno voi è a vostra disposizione, a destra come vedete c'è una tela e dei colori, potete iniziare da lì. Siete liberi anche di sedervi se vi sentite più a vostro agio. Uno dei due, deve cominciare, capitelo da voi, e decidete » la voce risuonò in eco, come proveniente da un sogno lontano. Manuel e Simone annuirono all'unisono, guardandosi non senza qualche difficoltà.

« Vuoi, uhm.. ti va se inizio prima io? » suonò imbarazzato. La timidezza la abbiamo superata come fase, per favore, cancellala.

Simone si sentiva stupido, ma ormai era lì e bisognava stare al gioco. Sempre se di gioco si stesse parlando, era pur sempre il suo corpo ad essere messo in bella mostra.

« Va bene, io penso andrò a sedermi lì, » indicò il piccolo tavolino, la sedia e il cavalletto su cui poggiare la tela « tra l'altro scusami se verrà una ciofeca ma non ho mai preso mezzo colore o pennello in vita mia » si giustificò, girandosi di spalle.

Un sospiro lungo e Simone si scoprì, la veste scivolò via, e atterrò ai suoi piedi. Manuel si era appena seduto e lo sguardo si bloccò subito sulla figura nuda del ragazzo, mozzandogli il fiato. Simone si tastava il braccio imbarazzato, Manuel non aveva notato portasse un orecchino al lobo destro, così come non aveva notato le spalle larghe. Il ventre era piatto, ma non troppo, le braccia erano toniche, così come le gambe. Non gli era indifferente neanche il suo sesso, che svettava in mezzo alle cosce. La pelle era chiara, di un colore candido. Il suo viso pulito. Alzò piano gli occhi, risalendo il petto, il collo, la mascella di Simone. Manuel non ricordava l'ultima volta che visto un altro essere umano altrettanto bello.

« Anche io comunque, concordo sul disegno, » mormorò per uscire dallo stato di timore « non sono capace a fare nemmeno un omino »

Manuel annuì, incuriosendosi a quel ragazzo. Afferrò la piccola tela e la posizionò di poco davanti a sé sul supporto. Gli occhi però gli vagavano su Simone, aveva solo preso due colori. E il pennello era ancora abbandonato affianco.

« Sei di Roma? »

Domanda un po' idiota, se permetti, Ferro.

« Sì, tu? »

Manuel rise un poco.

« Romano doc. Carbonara, cacio e pepe, San Pietro, odio per i laziali, ma niente calcio. Quello non me fa impazzì »
Simone sorrise leggero, mentre muoveva il braccio, cercava di guardarlo meglio al di là della tela. Ispezionò il piccolo piedistallo a sinistra e decise di salirci.

« È un problema se mi metto qui? »

Manuel fece cenno di no, mentre spremeva il tubetto sulla tela.

« È la prima volta che fai una cosa così? »

Il ragazzo questa volta si fermò a mezz'aria, mentre l'altro si ritrovava nudo alla sua mercé. Risucchiò le labbra e si portò una mano dietro la nuca.

« Sì. Più che altro sono stato costretto » sospirò in tono basso « o supplicato di farlo. C'è anche una mia amica qui »

« Beh coraggioso da parte tua »

« Più che coraggioso, è da pazzi » enfatizzò sull'ultima parola.

Manuel restò con il pennello in mano, lo guardava come si guardava qualcosa di nuovo, mai sperimentato o provato prima.
Simone dal canto suo, avvertiva il tratto genuino di chi lo stava ritraendo adesso: non sembrava il classico stronzo o almeno gli dava l'impressione di una persona normale.

« E tu perché sei qua? » gli uscì troppo in fretta la domanda.

Manuel aggiunse del blu in mezzo al viola, schiarì con del bianco in modo da rendere dei toni delicati. Non voleva usare colori aggressivi, Simone non gli sembrava un tipo che prevaricava. Lo strumento si muoveva tra le sue dita e la bocca seguiva stringendosi.

« Me sono detto che poteva essere una cosa carina da fare. Anche se a venticinque anni, potrei anche smetterla di prendere certe cose della vita a scatola chiusa »

Scatola chiusa, il pensiero che aveva avuto pochi minuti prima di scappare dall'esperimento. Simone ridusse gli occhi a due fessure, lo indicò con le dita.

« Tu, venticinque anni? »
Manuel sospirò, abbozzò un sorriso di comprensione. « Ti facevo più piccolo »

« È perché non ho la barba e non sono vestito a caso, però non sei l'unico che me lo fa notare...»

Simone annuì, sentendo la pressione allentarsi, portò una mano sul fianco, non volendosi guardare i piedi. Se si fosse guardato i piedi, avrebbe ricordato di essere senza vestiti, nudo, davanti a un completo sconosciuto, che lo stava anche dipingendo. Dipingimi come una delle tue ragazze francesi. Ecco no, pensare a Rose del Titanic non andava proprio bene. Manuel sembrò captare quell'aspetto teso del ragazzo: si stava torturando il braccio sinistro, la mano ricadeva coprendosi l'inguine.

« Simone » disse piano.

E allora l'altro alzò lo sguardo su Manuel.

« Mh? »

« Rilassati, non ho mai mangiato nessuno » fu serio, aveva dell'acrilico che gli aveva già sporcato due dita « non c'ho mai avuto voglia de mangiarmi la gente e in più, » aggiunse squadrandolo per bene « me poteva capità molto peggio » riportò lo sguardo su di lui, di nuovo, il tono era basso.

Simone scoppiò a ridere, sfoggiando gli incisivi davanti con un leggero spazio in mezzo. Manuel lo stava notando adesso: sembrava un bambino cresciuto.
Bello.

« Non credo facciano iscrivere gente sopra i trent'anni » sottolineò meno rigido « altrimenti sai che fregatura »

« Hai ragione, me poteva capità un vecchio... »

Simone si accarezzò il ventre, guardandosi la punta delle dita.
« Quanti anni mi daresti? »

Manuel ci pensò su. Simone non doveva avere più di una ventina d'anni, glielo suggeriva il viso pulito. Era alto, ma soprattutto il suo fisico era giovane, non mostrava nessun segno del tempo, le spalle erano larghe e prima lo aveva visto anche di schiena. Sì decisamente, non più di quell'età.

« Beh per avere... » Manuel provò dunque ad indovinare « 23 anni? Non te li porti male »

Simone disegnò una 'o', con la bocca.

« Come hai fatto a-»

« Culo »
Simone ridacchiò di nuovo, annuendo di conseguenza.
« E quindi hai deciso di tua sponte di partecipare? » arricciò il naso, mentre lo diceva. La sua mano destra gesticolò.
« Sì diciamo che nessuno me ha puntato una pistola alla testa come nel tuo caso » sospirò, muoveva il pennello lentamente. In realtà già metà figura era stata fatta, ma non aveva voglia di accelerare. Non ora che Simone sembrava molto più tranquillo e propenso a conversare.

« Sai, è che ho questa idea strana e vecchia, che quando si trova qualcuno non deve essere organizzato, si perde qualcosa.» Simone cominciò a fluire e scorrere rapido come un fiume « Non credo negli incontri fissati. »

« Ah, sei un romanticone » lo prese in giro.
Simone annuì, visibilmente più rosso in viso. Sperò che Manuel non lo vedesse in quel momento.

« È che non ho avuto molte esperienze positive. L'ultima in particolare... è stata una bella botta e ho deciso di smetterla di raccontarmi cose che non possono accadere. Sono diventato realista. »

Era serio, e gli occhi grandi erano colorati di una fermezza impressionante, la voce era uscita fuori rassegnata.

« Ti va di parlarmene? »

Non so perché, ma mi piacerebbe ascoltarti Simone.
Il ragazzo esitò qualche istante Manuel era fermo sulla seduta e lo guardava. Gli stava dando una scelta: se dirgli no o rispondergli in sì e con fiducia. Simone, si stava fidando.

« Non c'è molto da dire. Io ero innamorato, o forse bisognerebbe dire perso... gli morivo dietro da due anni » le gambe si piegarono leggermente come a spostare il peso dal petto al corpo « Quando ci siamo messi insieme finalmente, sembrava una favola. Stavo bene, le famose farfalle nello stomaco e cazzate così. Ma poi è finita. È durata due anni e mezzo »

« Fammi indovinà, la tipica frase non sono tu sono io? »

Simone fece cenno di no con la testa. Si sentiva doppiamente nudo, adesso.

« No, magari. Mi ha semplicemente tradito, lo stronzo. »

Il volto di Manuel si tinse dello stesso colore che stava usando adesso: il nero. Si immobilizzò un attimo, non sapendo che cosa dire.

« Mi dispiace »

Se fosse stato dispiaciuto quanto te in questo momento, forse si sarebbe salvato qualcosa.


« È andata ormai, » Simone strinse i pugni lungo i fianchi, liberò la mascella « com'è che si dice, chiusa una porta, si apre un portone no? »

Manuel annuì, un riccio gli ricadde in avanti oscurandogli di conseguenza un occhio. Simone trovò quel dettaglio particolarmente carino, inclinò leggemente la testa.


« Il portone glielo dovevi sbattere in faccia Simone, e anche forte, soprattutto perché a lui un'altra porta così, non se riaprirà mai »

Oh.

Simone non era tanto imbarazzato, quanto stupito da ciò che aveva appena detto. Era come se in quell'istante Manuel avesse trovato la parola giusta da dire, nel momento giusto. Uno sconosciuto mi ha appena detto questa cosa. Lo stava ancora guardando e quando Manuel ritornò alla sua attenzione, si sentì invasivo, però non interruppe il contatto visivo. Simone non ci riusciva.

« Fosse stato per me non mi sarei limitato solo a quello, ma destino ha voluto che scomparisse. E forse è stato meglio così. »

« La gente non la conosci mai veramente, anche se ce stai insieme per una vita »

E' molto saggio, pensò.

« Sta venendo bene? » deglutì, facendo cenno con la testa alla tela, poi mosse l'indice. Manuel si era imbambolato. Pensava ancora ai suoi occhi fermi ma velati di nostalgia dovuti al racconto di poco prima del ragazzo. Poi, era ritornato sul suo secondo focus.


« 'Na specie » si morse il labbro inferiore « diciamo che su una scala da 1a 10 è un 4. Non me ricordo quanto tempo abbiamo, qua? »


« Mi pare abbiano detto quaranta minuti »

« Quaranta ciascuno? »

Furbo, lui.
Simone sorrise chiudendo gli occhi. Quello sconosciuto gli stava facendo dimenticare perché aveva deciso di accettare quella strana esperienza. « No è che non me va de troncare, non ora che c'è una bella atmosfera, un'intesa »
Simone alzò un sopracciglio, un angolo della bocca si alzò.
« Sei sempre così diretto? »
Fu più un tono di sfida che un tono timoroso, Manuel sorrise sbilenco con la bocca.

« È nella mia natura, sì »

« Che invidia, » mormorò « ho sempre voluto essere sfacciato, mi sarei evitato certi accolli nella vita »

Manuel guardò la tela davanti a sé, poi ritornò al suo ipotetico modello per un giorno. Seriamente non rende giustizia.

« Te posso dire pure siccome so sfacciato, di prima su come stavi messo, » mosse il pennello per mettere un tocco finale di colore in un punto « che così a primo colpo, me sei sembrato il David di Michelangelo »
Simone battè le mani, come se fossero in uno show qualunque. Quello poi, essere paragonato a una statua: sta zitto, per una volta accettalo, è un complimento, gli disse la vocina nella sua testa.

« È la battuta che usi di solito per fare colpo? »
Simone era pienamente uscito dalla zona dell'imbarazzo ed era appena entrato in quella della confidenza.

« No, di solito non faccio mai riferimento alle opere d'arte. Anzi, me riferisco ai motori delle macchine e non che funzioni granchè »
Simone schioccò la lingua. Ci sta davvero provando con me?

« Mi suona tanto come una presa in giro »
Manuel scrollò le spalle, si alzò dalla seduta prendeva la tela tra le mani. Non c'era scritto da nessuna parte che non potesse avvicinarsi durante l'esperimento, no?
Simone vedeva la sua figura in accappatoio che si avvicinava. Notava che gli stava larga su certi punti. A Simone l'immagine piccola di Manuel, con quei ciuffetti ricci, il naso largo, l'accappatoio delicato che gli ricadeva sulle braccia, gli suscitava un calore dentro che non sapeva spiegarsi.

« Perché in questo, non rende proprio, » Manuel gli mostrò il disegno a pochi centimetri dal viso, Simone accarezzò la tela ai bordi « uno perché sono un disastro col disegno e due perché dal vivo, è un'altra storia »
Adesso teneva in mano l'oggetto, attento a non sporcarsi.
Per il volto, o comunque un volto stilizzato in nero, erano state usate delle sfumature in viola, blu, e un tocco di rosso vivido per le labbra. Due grandi occhi dipinti di nero, e visti di scorcio, leggermente sbilenchi, erano di sicuro i protagonisti. Il resto del corpo di Simone era sproporzionato, ma nel complesso il ritratto non era male. In più, Manuel si era firmato in piccolo, a lato, usando il colore bianco.

« Pensavo peggio » abbozzò Simone, scese dal piedistallo, senza nemmeno rendersene conto, « è molto carino » e non aveva minimamente capito che stava andando a sbattere contro la figura di Manuel. Se non ci fosse stata la tela sicuramente, gli sarebbe finito sul volto. E molto probabilmente si sarebbero scontrati. Simone deglutì all'istante.

Niente figure di merda, niente figure di merda.
Ma Manuel sembrò non accorgersi di nulla: guardavano il ritratto insieme. O meglio, Simone guardava, Manuel era interessato ad altro.

« Bene, ora tocca a me! » con la tela messa a lato del piccolo tavolino, Simone si avvicinò verso la veste a terra ma prima di piegarsi, Manuel recuperò l'accappatoio per lui e glielo porse. Risalivano da terra, piano. In quel breve istante, due dita si sfiorarono, contro la stoffa. Fu molto veloce, portando i loro occhi a guardarsi per un attimo. Cosa cazzo sto facendo. Manuel aveva due telecamere al posto degli occhi, incollate a lui.

« Uhm, grazie » mormorò, e capì di dover tirare fuori entrambi da quel silenzio imbarazzante.
Simone poi, si vestì alla svelta annodando l'indumento in vita e recandosi in postazione. Si sedette sul tavolo come fosse una sedia, prese il cavalletto portandoselo in grembo, accavallò leggermente le gambe. Manuel era lì, ancora fermo nello stesso punto, le mani giocavano nervosamente col filo di stoffa.

« Ti da fastidio se me giro? Giusto un secondo »

« No, assolutamente »
Manuel si sfilò l'accappatoio verde mostrando dunque prima la sua schiena, poi il sedere e le gambe. C'era un tatuaggio in alto a destra e quando si girò frontale, Simone ne vide altri: uno al centro del petto raffigurante un serpente attorcigliato, uno sulla spalla, un altro era sul ventre, un altro ancora gli attraversava metà braccio. Ne contò circa cinque. Nonostante lo stupore iniziale, Simone pensò gli stessero bene addosso. La sua carnagione olivastra li faceva risaltare in mezzo a una costellazione di nei un po' sul petto e scendendo sulla pancia. Le gambe con più peluria, erano sottili, così come la sua costituzione. Solo per ultimo, Simone fissò il centro della sua figura, pensando all'ultima volta che aveva visto un ragazzo nudo. Beh, l'esperimento è questo Simone, puoi guardare.

« Tutto bene? »
Simone si risvegliò. Annuì, sentendosi già caldo in viso e allungando la mano per prendere il pennello pulito a destra, e scegliere i colori a sua volta.

« Molto belli i tatuaggi » sussurrò quasi, Simone, non percepì nemmeno la sua stessa voce.
Manuel non sembrava tanto aver notato che aveva distolto lo sguardo, Simone stava fissando il materiale grezzo e ruvido telato per evitarsi ancora altro color porpora, assente tra i colori da usare.

« Sì alcuni me li sono fatti da solo, errori di gioventù. Altri sono più professionali. Ero abbastanza 'na testa dura. In parte lo sono ancora. »

« Vuol dire che sai cosa vuoi »
Manuel gli rivolse qualcosa di simile a un mimandolo solo con le pupille.

« Te no? »

Simone annuì, ritornando a guardarlo, adesso. Stava entrando nell'allarme della possibile figura di merda. Tutto si era aspettato tranne che quello. Non sapeva di doversi preparare a vederlo nudo.

« Uhm, Manuel » gli era uscito così senza sforzo « ti potresti mettere di profilo? » gli chiese infine.

« Ho capito, me vuoi fa sfigurà visto non ti è piaciuto quel mostro lì, eh? » ma fu simpatico, senza nessuna rabbia nel tono.

« No, semplicemente vorrei riprenderti dalla zona della luce, capisco magari un po' meglio come muovermi » Simone gli indicò il punto, proprio sotto una delle luci, a pochi metri dal telone bianco.

« Qui? »

« Sì perfetto, è che non te l'ho detto, ma sono ossessionato dal calcolo matematico, » ridacchiò spremendo il tubetto arancione e quello del giallo « e quando ho un'illuminazione devo tenerla stretta altrimenti scappa »
Manuel rise, il suo braccio scendeva lungo un fianco, mente la testa era portata più in alto.

« Mi spiace ma qua non te seguo, in matematica ho sempre fatto cagare »

« È molto comune » il pennello veniva tenuto con delicatezza per fare il contorno « ci sarà qualcosa in cui sei bravo »

« Filosofia e motori »

Simone alzò la testa, la seconda poteva anche starci, ma la prima? Un pippone sul problema dell'esistenza che lo rimandava a suo padre. Rise nervoso. Manuel lo guardò curioso.

« Scusa è che non ti facevo proprio filosofo »

Manuel assunse un'aria consapevole, la bocca era dischiusa, gli occhi erano vividissimi.

« Posso sembrare duro o ignorante, ma in realtà me piace ragionare sulle cose »
Giusto. Non si giudica mai un libro dalla copertina.

« L'apparenza a volte inganna. E tua madre deve andarne orgogliosa, di quello che hai raggiunto »
Manuel annuì rapidamente. Questa volta fu lui a incrinarsi e a guardare da un'altra parte. Assurdo cosa poteva venire fuori da delle semplici domande.

« Dopo avermi sopportato 'na vita, spero proprio de sì »

« Perché dici così?»

Il ragazzo più basso e nudo deglutì, sospirando sommessamente.

« Le ho dato un po' di rogne da ragazzino, non me so comportato da "figlio modello" » disegnava due virgolette invisibili in aria con le dita.
Simone si limitò ad annuire. Anche lui d'altro canto, aveva portato suo padre all'esasperazione, perchè non si era sentito capito in adolescenza e un po' perchè lui era stato assente molte volte nel corso della sua vita.

« La studi, quindi, filosofia? »

« Studiata. Sono un professore »

Un paradosso. L'immagine di Manuel era un paradosso, prima i tatuaggi, poi la filosofia, i motori. Sembrava più complessa di ciò che vedeva, ma non assopiva la curiosità che provava. Manuel era come una scatola cinese, dopo una prima matriosca, la seconda nascondeva un'altra cosa, e dentro quella, un'altra cosa ancora. Il gioco non era poi così male, lo intrigava molto. Simone non sapeva più come essere sorpreso.

« Mio padre, anche lui insegna filosofia, all'università. Quindi più o meno, sono stato cresciuto - se così si può dire - a citazioni di Kant e Schopenhauer » mormorò, corrugando la fronte, applicando il colore arancione e poi aggiungendo leggermente del verde per contrastare. Manuel ridacchiò leggero.

« Io insegno in seconda liceo, un liceo classico »

Simone annuì, definendo meglio i contorni sulla tela, la setola passava fluida, la mano gli mostrava le vene e le dita affusolate.

« E tu? Hai detto che te piace fare calcoli, sei 'no scienziato o cosa? »

Simone ridacchiò, aveva una concentrazione immersiva sulla tela e ogni tanto buttava l'occhio su Manuel.

« Mi occupo di pediatria. Almeno vorrei occuparmene, sto frequentando un corso aggiuntivo, sono al terzo anno di medicina. .. a tempo perso poi, faccio pure il babysitter per pagarmi qualcosa »

Manuel impostò una smorfia di stupore sul viso, Simone si fermò un attimo, la tela sempre in grembo.

« E riesci a conciliare le cose? »

« Ci provo »

«'Ammazza oltre che scienziato anche studente modello »

Simone lo stava guardando adesso, aveva la bocca aperta in un sorriso: notò come si muoveva il pomo d'adamo e i capelli ricci venivano portati indietro con una mano.

« E tu filosofo con le vibrazioni da motociclista , ce n'è per tutti i gusti »

Questa volta fu Manuel a guardarlo, sentendosi ancora più attratto dalla piega che stava prendendo la conversazione adesso. Simone completò la massa di ricci utilizzando il rosso mischiato a un po' di viola, per dare un tocco più denso all'intero ritratto. Non usò il pennello, ma picchiettò direttamente con la punta del pollice, sporcandoselo.

« Per curiosità, ma tu cosa hai risposto alla domanda numero 7 del modulo? »

« Qual era delle tante? Non ricordo »

« Quella che chiedeva le preferenze, tra uomo e donna. »

Manuel portò la mano dietro la nuca, scrollò le spalle e poi lo sguardo diventò un unicum con quello stato di tranquillità finale.
« Entrambi »

Era bisessuale. Simone annuì, la lingua svettò fuori in mezzo ai denti, poi salì, toccandosi il labbro superiore. L'idea non lo spaventa affatto, anzi, era stato con qualche altro ragazzo - anche se per breve tempo - con lo stesso orientamento sessuale di Manuel « Te immagino solo uomini »
Era così palese?
Simone abbozzò un sorriso tronfio, la testa alta, l'oggetto veniva abbassato leggermente contro il busto, senza però aderire, le braccia erano incrociate, contornavano il bordo superiore della tela, in un gesto di confidenza.

« Beh, sono orgogliosamente gay se me lo chiedi »

E in quel momento il luccichio negli occhi dell'altro, di quello sconosciuto, gli fecero capire che non fosse un problema.
« Non voleva essere un'offesa Simone, anzi

Simone scosse la testa, gli occhi erano buoni.

« Figurati, a molti salta subito all'occhio... forse è una cosa che è impossibile da nascondere. Anche se non penso di essere uno stereotipo, almeno credo » si sbrigò a dire. Guardò la tela e osservò che aveva quasi finito. Un po' gli dispiaceva, anzi, forse più di un po'.

« Non lo sei » cristallina gli arrivò come una schizzata di acqua addosso « Da quello che sto vedendo, me sembri tutt'altro che uno stereotipo, Simone »

Mi sto sentendo uno scemo, mi sta saltando fuori il cuore per una persona che conosco da una manciata di minuti.
Simone sviò lo sguardo, posando il pennello di lato. Manuel inclinò la testa, incurvando le labbra.

« Ho detto qualcosa che non dovevo, uh? » si girò piano, portando il peso del corpo sulla gamba destra, l'altro ginocchio era piegato in avanti.

« No è che... non ci credo che conosco persone da anni, ed è servito uno sconosciuto, per mettere la cosa su un'altra prospettiva »
Si guardarono entrambi. La verità, sapeva essere un bagno d'acqua tiepida e di sollievo, alle volte. C'era qualcosa in quel ragazzo, Manuel, che portava Simone ad arrendersi. In 23 anni della sua vita, non aveva mai avuto delle risposte così dirette o forse non aveva mai davvero voluto sentirle. In quel momento, a spezzare il tutto, l'eco dalle casse intonò un'altra indicazione. Simone e Manuel scattarono con il volto in alto, verso la fonte.

« Comunico che vi rimangono solo dieci minuti per finire l'esperimento, sta a voi decidere come sfruttarli, prima di lasciare il set »

Manuel guardò di scatto Simone, il viso ridotto a un dipinto sconsolato, come una Vergine addolorata.

« Cristo, è già passata mezz'ora? »

« A quanto pare... » Simone si morse il palato, il tono di Manuel era abbastanza desolato. « Io comunque ho finito » si spostò dal tavolino, per venirgli incontro, ma Manuel lo precedette, affiancandolo. Simone gli fece posto, spostandosi a sinistra e l'altro salì verso destra. Erano spalla a spalla. « Allora, che ne pensi? »

Manuel studiò il ritratto, dettaglio per dettaglio. La sua figura era di profilo, così come Simone lo aveva fatto posare, e dunque più piccola all'interno della tela. Era stato più attento col le proporzioni e sembrava molto più realistico di ciò che aveva ritratto lui. La mano era stata dipinta abbandonata lungo il fianco, i capelli erano una massa di viola e rosso mischiati insieme, i tatuaggi erano stati riportati con qualche puntino di nero qua e la sul corpo, quest'ultimo svettava in un campo di giallo chiaro e arancione, coronato dal nero dell'acrilico che sagomava il contorno di tutta la figura. Simone si era anche preoccupato di rappresentare la veste verde, a terra, ai piedi di Manuel.

« E meno male che non sapevi disegnare » fu il suo commento.

Simone si grattò il capo, visibilmente incapace di rispondere.

« Vabbè nella vita qualche scarabocchio l'ho fatto ma da qui a saper disegnare, ce ne passa »
Manuel studiò la composizione che aveva creato attorno alla sua figura, era uno sfondo a linee un po' astratte, dal verde, bianco e nero.

« Se questo è uno scarabocchio...»

« Ho scelto il rosso perché mi è sembrato ho capito che hai una personalità forte, decisa, » spiegò indicando alcuni punti « il giallo è il mio colore preferito uhm, lo sfondo l'ho fatto un po' a sentimento »
Manuel lo guardò, Simone guardava la tela. Quando le parti si invertirono, Simone lo vide concentrato sul ritratto che gli aveva fatto.

« Hai perso tempo pure a farme i tatuaggi, assurdo » disse colpito, sfiorando l'acrilico ormai asciutto.

« Beh, Manuel, non è che mi ricapiterà tanto presto di fare l'artista » rise e una fossetta gli contornò il volto. Non se ne era accorto, ma Manuel sì, quella era all'altezza dello zigomo.

« Avete cinque minuti ancora » la voce sembrò un piccolo sibilo, « Se avete finito, potete a vostra libera scelta, potete decidere di restare a guardarvi per i minuti restanti. Uno di fronte all'altro. Chi non è vestito, può anche togliersi ciò che indossa , in modo che lo sguardo sia equo, questa volta. »

Simone respirò buttando fuori un po' d'aria, passò la tela a Manuel e restò di schiena, dando le spalle per un attimo.
E togliamocelo.
Aveva superato il primo scoglio, poteva superare anche l'altro. In un gesto sciolto, si liberò dell'accappatoio blu una seconda volta. Gli cadde dietro, come un mantello lungo e ingombrante.
Manuel gli fu in un attimo di fronte. La cosa più strana adesso, era il silenzio che era calato.
Cinque minuti.
C'era chi avrebbe riso in quel frangente, per via dell'imbarazzo, chi sarebbe voluto nascondersi da qualche parte. Simone e Manuel si guardavano semplicemente, come fosse naturale farlo, gli occhi erano sincronizzati sulla stessa frequenza. Corpo a corpo, pelle scura e pelle chiara, occhi grandi e occhi più piccoli, alto e basso. Non sapevano se dovevano o potevano parlare, ma in ogni caso, sembrava non ce ne fosse davvero bisogno. Manuel leggeva ancora il corpo di Simone e finiva sul finale nei suoi occhi; Simone invece, gli guardava il mento, il braccialetto - che gli era sfuggito - di corda intorno al polso, poi si inceppava alla vista del collo, risaliva sulla bocca. Era come sostenere una sfida interiore, una sfida di fiducia che già avevano cominciato a superare, durante e dentro quella bolla creatasi in quel piccolo spazio.
Poi però il silenzio si spezzò.

« Sono contento di aver dato ascolto a Laura » Simone sembrò stringersi dentro il suo corpo in pochi semplici parole. Era vero, quei quaranta minuti erano passati più in fretta di quanto non avesse pensato. L'idea che aveva logorato Simone tutta quella mattina, si era trasformata nella più inaspettata delle sorprese.

« La tua amica? »

Simone annuì.

« Non so se rifarò mai più una cosa così, ma sono contento mi sia capitato tu »
Cazzo Simone, ti stai esponendo troppo.

Manuel mosse lentamente la testa, lo sguardo gli stava già cambiando. Simone ingogliò della saliva, non sapeva come interpretarlo. Fino a qualche minuto prima ridevano, ora ritornava teso.

« Troppo diretto? »

« No, sono contento anch'io che abbiano scelto te. »

Simone sorrise un poco, il sollievo gli uscì dal petto con un respiro evidente.
« Ancora due minuti » la voce ritornò.

E allora pensavano di rimanere in quella bolla di sguardi, almeno fino a quando uno dei due non si mosse in avanti, annullando la distanza frontale. Manuel poggiò le labbra all'angolo della bocca di Simone, lì proprio poco prima della guancia. Fu un contatto così velato, ma non accusò altro che un arresto per Simone. Il cuore gli saltò all'indietro, finendogli in gola, il sorriso fu piccolo, i suoi occhi si chiudevano per un istante.
Quando Manuel si staccò, Simone non sapeva cosa dirgli, non sapeva come riempire il silenzio. Avevano i visi così vicini, che poteva distinguere le piccole imperfezioni e anche le lunghe ciglia di Manuel. Si muovevano piano, ogni tanto sbattevano. I ricci erano più chiari da una parte e più scuri dall'altra, come la parte di due metà che non volevano separarsi. Aveva un piccolo neo sul collo. Ma quello che più gli premeva, erano gli occhi che come due magneti erano ancora agganciati ai suoi.

« Tempo scaduto »

I due non sembrarono sentirla questa volta, la voce. Simone spostò lo sguardo sulle loro due figure, erano così diverse... eppure quante volte gli opposti funzionavano?
Sto fissando uno sconosciuto, ma è ancora davvero uno sconosciuto?

« Per favore, siete pregati di lasciare il set, e non dimenticate le vostre creazioni »

Manuel riluttante, ondeggiò verso il fondo del telo, recuperò l'accappatoio e se lo infilò. Agganciò la presa al dipinto, posizionato a terra. Simone fece lo stesso, recuperando invece quello di Manuel sotto il tavolino. Quando furono pronti per uscire, avevano di nuovo riagganciato lo stacco, e continuavano a guardarsi. Lentamente si portarono fuori dal set, e allora Simone si fermò sul posto e agì all'istante, ritornando di nuovo nella piccola stanza.

« Aspetta, Manuel! »

Simone afferrò il pennello e lo intinse di blu. Poi tornò di nuovo fuori e prese gentilmente il braccio di Manuel, il quale scoprì la pelle dalla veste larga verde e cadente. Piano e attento, Simone dipinse delle cifre, di cui alcune risultarono più strane e deformate. Manuel osservò poi l'intera cifra che partiva dal suo polso e terminava sull'avambraccio. Il ragazzo stava sorridendo ampiamente. « Se ti va possiamo andarci a prendere qualcosa, uhm, un caffè, una birra, uno di questi giorni »
Manuel gli fermò il polso, quello che si stava già torturando la manica. Simone smise all'istante.

« Se non l'avessi fatto tu, te lo avrei proposto io » mormorò annuendo « sì, me piacerebbe rivederti »

Simone andò in tilt, per qualche secondo. Annuì. Non sapeva che espressione aveva stampata in volto, ma sicuramente era stupida, persa, felice.
« Bene, allora... mi scrivi tu? »

Manuel annuì, tenendosi alzata la manica per evitare di cancellare uno dei numeri del cellulare dell'altro.
« Sì »

« Prima che possa sembrarti pesante, sono una persona un po' ansiosa, » confessò « quindi se non volessi chiamarmi, Manuel, basta dirlo- »
Simone era stato appeso molte volte nelle frequentazioni e di quel particolare conosce bene il sapore.

« Non c'è questo problema, voglio farlo »

Questa volta fu il turno per Simone di sorridere. « E poi, me piacerebbe farmi fare un altro di questi » sollevò la tela che teneva in mano.
Simone sorrise ancora, le guance gli andavano a fuoco.
Fecero per salutarsi, però sembravano non voler uscire dalla stanza. O non capivano da dove uscirne.
Ecco, adesso sì, che è imbarazzante. Simone si stava guardando i piedi. Uno dei due indicò la porta rossa nasconda da un telone nero.

« Me sa che dobbiamo uscire dalla stessa porta da cui semo entrati »

Manuel rise nervoso e Simone lo seguì. Fecero la strada insieme, verso l'uscita di sinistra e nessuno dei due, sembrò uscire da quella bolla. Lasciarla, significava già qualcosa: per entrambi.







Clò: Questa cosina qua è stata partorita in mezzo a due giorni di fuoco - in vista di un esame - come se l'ansia non fosse nulla, mi è venuta quest'idea che potrei definire "umana", ispirata a un canale su YT di nome CUT. Questi esperimenti esistono davvero ed è stupenda la sinergia che si crea. L'imbarazzo passa in secondo piano, e si inizia a parlare, a conoscersi.
Devo confessarvi che non credo ci sarà solo questa parte, ma se ne aggiungerà sicuramente un'altra, anche perchè si è capito, quei due si sono trovati subito anche non conoscendosi.
Grazie per leggermi, ancora, vi voglio bene.
   
 
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