Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: fiorediloto40    14/04/2022    4 recensioni
Saga non poté evitare che lacrime amare gli attraversassero il volto. Era tutta colpa sua...
L’unica cosa che aveva potuto fare in tredici anni era stato permettergli di vivere lontano dal Santuario, cosicché la sua parte crudele non avesse la tentazione di ucciderlo...ma anche così, ora erano i suoi stessi compagni d’armi a condannarlo...

*************************
I personaggi appartengono a Masami Kurumada, Toei e Bandai.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Aries Mu, Gemini Saga, Gold Saints, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Saga non avrebbe saputo dire se fossero passati minuti, ore, o solo secondi di durata infinita. Fatto sta che per un tempo che sembrò interminabile, non riuscì ad articolare una sola parola.
 
Aveva sempre immaginato che Mu sarebbe diventato un bel giovane, tuttavia, la realtà lo lasciò interdetto...quella grazia innata che lo aveva accompagnato sin da bambino era diventata ancora più marcata, ed i dolci lineamenti infantili avevano lasciato il posto ad un volto adulto ed incredibilmente delicato. La particolarità che rendeva l’Ariete una creatura affascinante era evidente nella dicotomia tra il corpo segnato, anche se non eccessivamente, dall’allenamento e dalla forgia, ed un viso quasi femminile, incorniciato da una cascata di lunghi capelli lilla legati in fondo da un laccio di cuoio. Ciò che però scosse Saga fin dentro le viscere fu incrociare i suoi occhi...quei grandi smeraldi erano gli stessi di tredici anni prima, anche se la luce che emanavano era completamente differente...in passato, stupore e curiosità per tutto ciò che lo circondava, oggi, un calore immenso.
 
Se avesse agito d’istinto, avrebbe allungato una mano per accarezzare il suo viso...fortunatamente, si trattenne dal fare una gigantesca idiozia, paragonabile solo al togliersi la maschera davanti a tutti.
 
Sentendo sulle sue spalle gli sguardi dei cavalieri d’oro, confusi dal suo silenzio, tornò lentamente in sé, costringendosi ad uscire dai suoi pensieri. Ritrovando, almeno apparentemente, la consueta lucidità, si rivolse, per la prima volta dopo lunghi anni, al cavaliere appena arrivato.
 
- Cavaliere dell’Ariete - lo sforzo che dovette fare per far suonare la sua voce nella maniera più neutrale possibile fu grande - sai molto bene che la prima regola alla quale ogni guardiano deve attenersi è presentarsi puntuale quando viene convocato ufficialmente al Santuario -. 
 
L’Ariete annuì prima di rispondere - C’è stato un terremoto a nord ovest dell’India ieri sera, e sono intervenuto per offrire i primi soccorsi - porse una missiva che portava con sé - qui ci sono le referenze delle autorità locali, nel caso in cui il Santuario volesse effettuare le verifiche del caso - la voce pacata e serena non tradì alcuna emozione.
 
Sebbene, fino a quel momento, nessuno dei presenti avesse osato proferire parola, a tutti loro non era sfuggito un fatto piuttosto evidente...Mu dell’Ariete, al contrario dei suoi compagni d’armi, non si era ancora inginocchiato davanti al Patriarca, né tantomeno si era rivolto a lui riconoscendogli quel titolo. Qualcuno ritenne quell’atteggiamento un’offesa imperdonabile.
 
- Inginocchiati, Ariete! - lo ammonì prontamente Shura, alzandosi in piedi rabbioso - Chi credi di essere per mancare di rispetto al Patriarca? Offenderlo significa oltraggiare la dea stessa! - ma non ottenendo dall’interpellato alcuna risposta, il suo sdegno divenne furia, offuscando i suoi pensieri al punto da scagliare contro il parigrado il suo colpo più temibile...Excalibur!
 
Muovendosi alla velocità della luce, Mu schivò il colpo senza troppi problemi, tuttavia, una piccola ciocca di capelli, che usciva dalla sua lunga coda, fu tagliata di netto dal passaggio della spada. Naturalmente il tibetano non dette alcun peso alla cosa.
 
- Basta! - tuonò Saga - Non vi permetterò di trasformare il tredicesimo tempio in un campo di battaglia! - in realtà ce l’aveva con Shura, ma non voleva dare a Mu alcun alibi. Non davanti a tutti almeno.
 
- Cavaliere, prendi il tuo posto! - con la mano fece cenno a Mu di sedersi sullo scranno dell’Ariete, e solo quando lo vide occupare il suo posto, continuò - Immagino che tu sappia cosa è accaduto in questa assemblea poco fa ed anche qual è stato l’esito... - pur non sapendo come, Saga era certo che Mu fosse perfettamente al corrente di cosa fosse successo.
 
Mu si limitò ad annuire. Ovviamente sapeva tutto. 
 
- Da questo momento in poi sarai sotto la responsabilità di uno dei tuoi compagni... il cavaliere della Vergine ha l’ordine di sorvegliare Jamir e... -  ma non riuscì a terminare.
 
- Non sarà necessario... - poche parole pronunciate con la consueta calma - dato che non sarò più a Jamir -.
 
Saga si prese alcuni secondi per elaborare ciò che aveva detto Mu. Questo significava che...
 
- Cavaliere dell’Ariete - pose il suo sguardo nascosto sul primo guardiano - stai dicendo che... sei tornato... - indugiò per qualche frazione di secondo - per restare? -.
 
Quell’esitazione, impercettibile per chiunque, non passò inosservata a Mu, né tantomeno ad uno dei cavalieri presenti, che aggrottò leggermente le sopracciglia sopra le sue palpebre chiuse...
 
Mu annuì - Devo tornare a Jamir solo per prendere alcuni utensili che mi occorrono per la fucina, ma si tratterà di un viaggio di poche ore - dopodiché piantò i suoi bellissimi occhi proprio su quelli celati del Patriarca.
 
Saga si sentì inquieto quando venne trafitto da quello sguardo...pur sapendo che nessuno potesse vederlo sotto la maschera, una strana sensazione lo colpì in pieno petto quando incrociò quei grandi smeraldi. E allora capì.
 
Mu sapeva tutto. Aveva compreso chi si celava sotto le mentite spoglie di Patriarca. Ed ora lo stava fissando...senza ombra di dubbio o di paura…fin dentro all'anima probabilmente.
 
Fitte improvvise fecero esplodere un dolore sordo nella sua testa. 
 
Devo ucciderlo!
 
Non azzardarti a toccarlo.
 
Devo ucciderlo!
 
Se insisti mi ammazzo e morirai con me
 
Uccidilo
 
Nooooo. Il supplizio era appena ricominciato. La parte di sé che odiava di più aveva appena iniziato quello che, Saga ne era certo, sarebbe stato un lungo tormento.
 
Temendo di tradirsi, decise di terminare l’assemblea il prima possibile.
 
- Bene - cercò di ricomporsi tentando di mostrarsi impassibile - da questo momento in poi il cavaliere dell’Ariete riprenderà il pieno possesso del suo tempio - parlò rivolgendosi a tutti gli ori - e nel caso in cui gli fosse necessario tornare a Jamir per ragioni esclusivamente legate alla riparazione delle armature, o in qualunque caso in cui dovesse uscire dal Santuario - si girò leggermente verso il tibetano - il cavaliere della Vergine ha il preciso dovere di accompagnarlo -.
 
Pur tenendo gli occhi chiusi, Shaka si rivolse in direzione di Mu per scrutarne le reazioni.
 
Niente. Il bel viso dell’Ariete non lasciava trasparire alcuna emozione. Per di più, lo stava ignorando con un’imperturbabilità esasperante.
 
Prima di ritirarsi, Saga indugiò un momento solo per ammonire in tono grave alcuni ori - E sia ben chiaro... - si rivolse ai tre cavalieri che avevano convocato l’adunanza - non ammetterò alcun gesto di intolleranza tra di voi...e sapete molto bene cosa intendo con non ammetterò - dopodiché si voltò per sparire dietro all’ampia tenda di velluto rosso, che separava lo spazio dell’assemblea dall’accesso alla zona privata del tempio.
 
Quando il falso Patriarca ebbe abbandonato l’adunanza, un sommesso brusio si diffuse all’interno della stanza.
 
Aldebaran avrebbe voluto dire qualcosa al suo amico, tuttavia...non riusciva neanche a voltarsi verso di lui. Come avrebbe potuto giustificare la sua sentenza? In cuor suo sapeva che Mu non gli avrebbe attribuito nessuna colpa, ma non riusciva a pensare a nulla di sensato da dire in quel momento.
 
Chi, invece, fissava l’Ariete con una vergogna immensa dipinta sul volto era Aiolia. Dal momento in cui aveva espresso la sua condanna, lacrime amare avevano segnato un percorso salato lungo le sue guance abbronzate. Aveva fatto ciò che lo stesso Mu gli aveva sempre consigliato di fare, ma l’aver lottato contro la propria coscienza l’aveva lasciato completamente prosciugato. Il turbamento crebbe a dismisura quando incrociò lo sguardo del primo guardiano...il sorriso di comprensione che gli rivolse gli spezzò il cuore.
 
Dal canto suo, Mu sentiva perfettamente su di sé gli occhi indagatori dei suoi compagni, e sebbene intuisse la malcelata intenzione di metterlo a disagio, non diede loro alcun peso.
 
Il vecchio maestro lo aveva messo in guardia dal livore e dall’astio che avrebbe trovato tornando al Santuario, tuttavia, non aveva più potuto temporeggiare... Atena stava tornando al proprio posto e lui avrebbe dovuto fare tutto il possibile per aiutare sia lei che i cavalieri di bronzo che l’accompagnavano nella sua missione.
 
Tra gli sguardi infastiditi e sfacciati che stava trascurando con sincero disinteresse, ne distinse uno in particolare che non era né l’uno né l’altro. Decise di ignorare anche quello, ma per un motivo differente...conosceva molto bene il cosmo del cavaliere che lo stava fissando in modo insistente dal momento in cui era entrato nel tredicesimo tempio, e, sebbene i suoi occhi fossero celati dalle sottili palpebre, poté sentire distintamente i suoi zaffiri scrutarlo fin dentro l’anima.
 
Era conscio del perché Aldebaran e Aiolia avessero votato contro di lui, e non li avrebbe mai biasimati, d’altronde, lui stesso aveva sempre consigliato loro di proteggersi dall’amicizia che condividevano, ma Shaka...
 
Shaka non era mai stato per lui come il Toro o il Leone. Nonostante fossero bambini, con Shaka aveva condiviso i momenti più belli della sua giovane vita... Shaka era in grado di capirlo con il solo sguardo, poteva rendere migliore una giornata con la sua sola presenza...
 
Sebbene non ne fosse meravigliato, la sentenza di Shaka gli aveva fatto male. 
 
Immaginava, in cuor suo, che l’amico dovesse aver sofferto per la sua fuga dal Santuario, tuttavia, aveva sempre coltivato la remota speranza che, conoscendolo meglio di chiunque altro, una parte del suo cuore nutrisse il dubbio che la sua fuga non fosse stata voluta e invece...si era comportato alla stregua di chi non aveva mai condiviso nulla con lui. Il verdetto dell’indiano era stata una profonda delusione per Mu, oltreché un grande dolore.
 
Shaka rappresentava un conto in sospeso che, prima o poi, avrebbe dovuto regolare...
 
Si costrinse ad uscire dai propri pensieri alzandosi dal suo scranno. Stanco di essere al centro dell’attenzione, decise di tornare al tempio dell’Ariete. Di certo c’era molto da sistemare dopo tredici anni di abbandono e di incuria, ed indugiare in quell’inutile raduno non gli sarebbe stato di alcuna utilità. E d’altronde...sapeva che nessuno si sarebbe avvicinato a lui per salutarlo.
 
Con la consueta eleganza, si voltò deciso ad abbandonare il tempio patriarcale, tuttavia, prima che potesse avvicinarsi all’uscita, una voce ben nota lo raggiunse alle spalle facendolo fermare sui suoi passi.
 
- Per un momento ho pensato che non ti saresti presentato - il proprietario della voce fece un sorriso ironico - ma solo per un momento...so che non faresti mai promesse che non puoi mantenere... -.
 
Mu allargò un bel sorriso sul volto prima di voltarsi lentamente - Esatto! Al contrario di quanto hai fatto tu... - piantò il suo sguardo sul parigrado - Mi avevi promesso che avresti fatto ciò che era meglio per te... - la sua espressione divenne seria - e invece hai votato contro la mia condanna... - i grandi smeraldi fissarono perplessi il cavaliere che gli stava di fronte - perché Camus? Perché inimicarti tutti i nostri compagni? -.
 
Senza mostrare alcuna preoccupazione, Camus mantenne il suo sorriso sardonico - Ti sbagli, ho mantenuto la mia promessa -.
 
Mu inclinò la testa di lato in un’espressione interrogativa.
 
- Mu... - la voce dell’Acquario perse la sfumatura ironica per ritornare seria - mi hai chiesto di fare ciò che era meglio per me...e l’ho fatto - davanti allo sguardo perplesso dell’Ariete continuò - anche se non ti conoscessi, la mia coscienza non mi permetterebbe mai di approvare la condanna a morte di un compagno sulla base di...nulla - accompagnò alle parole un gesto delle mani in aria - non sono un uomo da niente Mu, non andrei mai contro i miei principi - abbassò leggermente la voce - e dopo averti conosciuto meglio, so che sei tutto fuorché un traditore - appoggiando una mano sulla spalla dell’amico concluse - non m’importa dell’opinione di chi non conosco e che non mi conosce -.
 
Già il solo fatto di vedere l’Acquario correre dietro a Mu aveva fatto alzare non pochi sopraccigli, ma vederlo sorridere e toccare l’Ariete con tanta familiarità aveva allertato più di un cavaliere.
 
Mentre l’ottavo guardiano non faceva mistero degli sguardi minacciosi che rivolgeva ai due cavalieri poco distanti da lui, due occhi color zaffiro, sebbene celati dalle palpebre, avevano colto ogni particolare della confidenza tra l’Ariete e l’Acquario. Ed il fastidio era stato pari a quello dello Scorpione, se non maggiore.
 
- Ho bisogno di parlarti - Camus teneva ancora la spalla del tibetano - più tardi ti raggiungerò al primo tempio -.
 
Mu fece un piccolo sorriso comprendendo ciò che c’era dietro alle parole dell’Acquario - Pensi davvero che mi attaccherebbero se fossi io a venire da te? -.
 
Il francese aveva compreso già da tempo le abilità intellettive del suo compagno, tuttavia, era sempre piacevolmente stupito dalle sue deduzioni - Diciamo che non ti renderebbero il percorso facile, e fino all’undicesimo tempio la strada è piuttosto lunga... -.
 
Mu annuì comprensivo - D’accordo, non voglio creare più scompiglio di quanto abbia già fatto... ci vediamo più tardi allora - dopodiché si voltò per tornare al tempio dell’Ariete. 
 
Sebbene la maggior parte degli altri ori dovesse percorrere il suo stesso tragitto per scendere al proprio tempio, Mu scelse di fare il percorso in solitudine, e d’altronde...per quanta comprensione nutrisse nei confronti dei compagni che lo avevano condannato, non poteva negare di essersi sentito abbandonato soprattutto da coloro ai quali aveva sempre dimostrato amicizia. Anche se era stato lui stesso a chiederlo.
 
Camus fissò le spalle di Mu finché non lo vide scomparire dalla sua vista. Dopo aver lanciato una breve occhiata in direzione degli altri compagni, intenti a parlare degli ultimi colpi di scena, decise di emulare il tibetano e partire per il suo tempio, sperando di potersi rilassare un po’ prima di recarsi in Ariete. 
 
Tuttavia, dopo aver percorso solo poche decine di metri, fu raggiunto alle spalle da una voce familiare.
 
- Da quando sei diventato amico di Mu dell’Ariete...un traditore? - il tono di voce e le parole sprezzanti non lasciavano presagire nulla di buono.
 
Camus chiuse gli occhi espirando nervosamente, prima di girarsi e rispondere a quella che considerò, a tutti gli effetti, una vile provocazione.
 
- Traditore secondo chi...Milo? - domandò a sua volta, con poca pazienza, l’undicesimo guardiano.
 
- Secondo tutti! - rispose lo Scorpione alzando il mento con aria di sfida.
 
- Strano! - il francese guardò l’altro cavaliere con scherno - Mi è sembrato di aver sentito delle obiezioni da parte tua, poco fa... -.
 
- Le motivazioni dei nostri compagni sono state più convincenti del nulla di chi non si è nemmeno degnato di presentarsi! - Milo stava cominciando ad innervosirsi davanti all’atteggiamento di Camus.
 
- Evidentemente basta molto poco per convincerti...Milo - il tono sprezzante era evidente nelle parole dell’Acquario - E comunque, per la precisione...tutti...meno uno - fece notare il francese con malcelato fastidio - il che rende l’Ariete un cavaliere come tutti gli altri! -.
 
- Posso sapere perché lo difendi tanto? - Milo serrò i pugni con rabbia - Quand’è che siete diventati così “intimi”? - fece il gesto delle virgolette con le dita, prima di incrociare le braccia in attesa di una risposta.
 
Che non arrivò.
 
Dopo aver guardato lo Scorpione dall’alto verso il basso e viceversa per secondi interminabili, con la consueta impassibilità, Camus si voltò per riprendere il viaggio in direzione del suo tempio.
 
Lasciando lo Scorpione solo, interdetto ed amareggiato.
 
Intanto, nella sala Patriarcale, anche gli altri cavalieri si stavano disperdendo per tornare alle proprie case. Il brusio incessante che riecheggiava nel tempio rendeva chiaro lo stupore dei cavalieri per gli eventi che si erano succeduti in quell’assemblea.
 
Shaka della Vergine aveva atteso pazientemente che tutti fossero andati via, prima di alzarsi dal suo scranno e riprendere la discesa verso il tempio della Vergine. In realtà, per quanto all’esterno apparisse impassibile come sempre, il suo cuore era in preda a mille emozioni contrastanti...
 
La condanna, il senso di colpa, la disperazione, il sollievo, la sorpresa di rivederlo...dopo tredici anni. Sebbene gli anni spesi a meditare gli avessero conferito un invidiabile controllo sulle proprie emozioni, Shaka era in balìa dell’incertezza più totale.
 
Cosa sarebbe accaduto ora? Come avrebbe dovuto relazionarsi con il suo ritorno?
 
Nel caos che era la sua mente, una sola cosa era chiara...Mu, il suo Mu, era tornato...
 
Da dove l’aveva preso?! Con una smorfia di fastidio scacciò dalla mente ciò che aveva appena pensato e si avviò deciso verso il suo tempio per meditare con calma sugli eventi, tuttavia, mentre si muoveva nella penombra in direzione dell’uscita, un rumore frettoloso di passi attirò la sua attenzione.
 
Il punto nel quale si trovava gli garantiva di non essere visto, pur avendo un’ampia visuale di fronte a sé.
 
Con sua grande sorpresa, vide il Patriarca uscire di corsa dallo spesso tendaggio e, dal modo frettoloso con cui si muoveva, pensò che dovesse essere piuttosto pensieroso per non aver notato il suo cosmo ancora presente nella sala. Questo era piuttosto strano, poiché il Patriarca era sempre molto attento a tutto...
 
Saga, incurante di ciò che gli era intorno, e fortunatamente ancora coperto dalla maschera, si chinò per raccogliere qualcosa dal pavimento.
 
Gli occhi ipnotizzati su una ciocca di capelli lilla, per lunghi secondi si limitò a guardarla, prima di portarla alle narici ed inspirare profondamente il profumo dolce che ancora emanavano. Convinto di essere solo, ripeté il gesto, prima di sparire nuovamente dietro la pesante coltre di tessuto che lo separava dalle sue stanze.
 
Shaka, per la prima volta dopo molto tempo, impallidì quando vide ciò che stava accadendo...aveva riconosciuto perfettamente la ciocca di capelli di Mu che il colpo di Shura aveva tagliato...ma perché il Patriarca l’aveva raccolta? E perché la annusava? Insomma...che cosa aveva appena visto?
 
Sebbene mille domande affollassero la sua mente, si costrinse a riprendersi dallo stupore, accelerando il passo verso l’uscita... 
 
Un profondo senso di disagio era ancorato al suo stomaco, ma la causa non era tanto ciò che aveva appena visto, se non il fastidio di sapere che il Patriarca avesse accesso ad una parte così intima del primo guardiano.
 
Durante il tragitto per tornare al sesto tempio, la Vergine incontrò alcuni compagni che si stavano attardando insieme per commentare gli ultimi eventi. Nonostante l’invito ad unirsi a loro, Shaka proseguì salutando a malapena i cavalieri. Ad onor del vero, nessuno diede peso alla sua indifferenza, considerata la sua ben nota propensione alla solitudine.
 
Il problema vero si presentò quando dovette attraversare l’ottava casa.
 
In piedi, appoggiato distrattamente ad una delle colonne di pietra, Milo sembrava attendere il suo passaggio. Il volto ancora teso per la discussione di pochi minuti prima con Camus, lo sguardo fisso sul pavimento, sembrò non accorgersi della presenza della Vergine.
 
- Buonasera Scorpione, chiedo il permesso di passare - con voce calma ma decisa, Shaka si rivolse direttamente a Milo senza neanche accendere il suo cosmo.
 
Davanti al silenzio dell’interpellato, la Vergine ripeté la domanda in tono più duro, tuttavia, ciò che ottenne non fu la risposta alla sua richiesta, ma un avvertimento pronunciato sull’orlo delle lacrime.
 
- Tieni il tuo amico lontano dal mio... -.
 
Dopo qualche secondo speso per riprendersi dallo stupore di quelle parole, a suo parere, insensate, Shaka si limitò a rispondere in modo secco - Non ho amici...né mi interessa averne -.
 
Milo serrò i pugni, fissando i suoi occhi color mare sulle palpebre chiuse dell’indiano - Se ti piace prenderti in giro sei liberissimo di farlo, sono affari tuoi! - alzò il mento in segno di sfida - Ma quando avrai perso per sempre l’unica persona che tu abbia mai amato, allora...forse...capirai come mi sento! - dopodiché sparì all’interno della sua casa, lasciando libero il passaggio per il parigrado.
 
Per la seconda volta nel giro di pochi minuti, Shaka rimase interdetto. Quella giornata aveva preso una piega insolita ed inattesa, rivelando sorprese impensabili. Cosa nascondevano nel proprio cuore gli abitanti del Santuario?  Mai, come in quel momento, sentì il bisogno di essere solo nel suo tempio per meditare su tutto ciò che stava accadendo...
 
In realtà, ciò che Milo aveva detto aveva rievocato nella memoria di Shaka sentimenti volutamente nascosti nel corso degli anni. Pur essendone conscio, si rifiutò di prendere in considerazione le parole dello Scorpione, etichettandole come farneticazioni e nulla più.
 
Errore.
 
Ma di questo se ne accorse solo più tardi, quando, finalmente, si ritrovò da solo nel suo tempio.
 
Seduto sul suo altare di pietra a forma di fiore di loto, Shaka tentò in tutti di modi di concentrarsi sulla meditazione. Focalizzò la sua attenzione sulla respirazione, si sforzò di raggiungere uno stato di raccoglimento profondo, e nonostante i suoi tentativi, nulla lo portò a raggiungere il consueto stato meditativo.
 
Su tutte, un’immagine in particolare teneva la sua coscienza ancorata alla realtà.
 
Grandi occhi color smeraldo invadevano la sua mente appropriandosi di ogni minuscolo spazio di pensiero... 
 
Shaka rivide il suo volto, la luce calda e la dolcezza che emanavano le iridi verde chiaro, e, allo stesso tempo, la determinazione evidente nella sua espressione...la fermezza di chi non ha nulla da nascondere...
 
Gli occhi di Mu erano esattamente come li ricordava. L’unica differenza con il passato era l’evidente consapevolezza che aveva preso il posto dell’innocenza. E d’altronde, la stessa cosa era accaduta ad ognuno di loro. Tuttavia... era il resto ad essere completamente cambiato...Nelle rare volte in cui si era concesso di pensare al tibetano, Shaka aveva sempre immaginato che da adulto sarebbe diventato un bell’uomo, ma...onestamente non si aspettava ciò che ha visto, né soprattutto l’effetto che ebbe su di lui.
 
Ripensò al suo volto delicato, alla fantasia di accarezzare quella pelle di luna, alla sua figura forte ed elegante allo stesso tempo. Mentre un piacevole brivido pungeva la sua schiena, una sensazione di calore invase ogni fibra del suo corpo...chi stava prendendo in giro? Non stava affatto meditando...stava pensando a Mu.
 
Avrebbe voluto almeno sentirsi irritato, ma non riuscì a negare il piacere che gli stavano dando i suoi stessi pensieri.
 
Solo quando rivisse nella sua mente la scena alla quale aveva assistito poco tempo prima, il fastidio sopraffece la sensazione di benessere che stava provando.
 
Perché il Patriarca del Santuario, la carica più importante dopo la dea stessa, aveva raccolto da terra una ciocca di capelli dell’unico cavaliere che sembrava non riconoscerne l’autorità? E perché sembrava così perso inalandone il profumo?
 
Per un momento si ricordò dell’odore di Mu, quello che lo aveva sempre accompagnato, fin da bambino. Una tenue fragranza di lavanda e gelsomino...dentro di sé si domandò se avesse ancora quell’aroma. Probabilmente sì...
 
Poi rivide l’undicesimo guardiano correre dietro a Mu... il modo confidenziale in cui parlavano...la mano sulla sua spalla ad indicare una certa familiarità...
 
Il fastidio morse di nuovo il suo stomaco. Quando Mu e Camus erano diventati amici? E come, se uno viveva in Tibet e l’altro divideva il suo tempo tra la Siberia ed il Santuario? Erano “solo” amici?
 
Stanco di indugiare alla ricerca della calma mentale che, ne era ormai certo, quella sera non sarebbe arrivata, si alzò dal loto di pietra muovendosi lentamente verso l’unica grande finestra che, dal suo tempio, apriva un’ampia visuale sulle altre case del Santuario.
 
Ironia della sorte, a causa delle curve del percorso che separava i templi, la prima casa, e, nello specifico, la camera da letto del suo guardiano, risultava essere proprio davanti a quella finestra.
 
Per tanti anni l’immagine della casa era stata quella di un edificio chiuso, vuoto e buio, abitato solo dai fantasmi della mente del cavaliere che ogni tanto si concedeva quella vista...
 
Vedere, ora, una fioca luce filtrare dalle tende leggermente aperte, causò in Shaka una sensazione di felicità, che lui stesso prontamente, seppur con fatica, ricacciò indietro... Mu dell’Ariete era un traditore, e come tale avrebbe dovuto trattarlo!
 
Senza neanche rendersene pienamente conto, una parte di sé riconobbe che molte cose non erano del tutto chiare...
 
Intanto, nella casa del montone bianco, Mu stava sistemando ordinatamente le poche cose che aveva portato con sé, e che, arrivando, aveva dovuto lasciare nell’ampio ingresso per la fretta di raggiungere la sala patriarcale.
 
La sua sorpresa era stata grande quando, arrivato al suo tempio e convinto di dover passare buona parte della serata a renderlo vivibile almeno per quella notte, trovò tutto pulito e perfettamente in ordine. Lo stupore durò il tempo di capire chi si fosse preso la briga di sistemare la sua casa...qualcuno certo del fatto che sarebbe tornato...
 
- Camus - sussurrò tra sé.
 
Mentre disponeva il necessario per preparare il tè che gli avrebbe offerto più tardi, Mu ripensò a come lui e l’Acquario fossero diventati amici.
 
Non si trattava di un legame creato da bambini, anzi, fino alla sua partenza dal Santuario, ricordava di non aver mai scambiato con lui niente di più che i normali saluti di cortesia. Camus era sempre stato amico di Milo, o, per meglio dire, Milo era sempre stato amico di Camus, che invece appariva schivo e taciturno. Mentre per quanto riguardava se stesso, al di fuori degli allenamenti trascorreva il suo tempo sempre insieme a Shaka. 
 
Una puntura allo stomaco lo distrasse momentaneamente, costringendolo a riportare forzatamente i pensieri sull’amico francese.
 
Circa un anno prima, Camus si era recato a Jamir per far sistemare la propria armatura. Quello era un evento molto insolito, innanzitutto poiché l’undicesimo guardiano era sempre molto attento, e poi perché le sue missioni erano rare considerato il suo principale ruolo di maestro.
 
Trovandoselo davanti, Mu si era comportato come con tutti gli altri, in modo cordiale e distante, ricevendo dal parigrado il solito atteggiamento distaccato che riservava a tutti. Nulla di nuovo insomma.
 
Quando, dopo un’analisi accurata, il danno all’armatura si rivelò essere notevole, Mu comprese che la riparazione avrebbe richiesto più tempo del previsto, costringendolo ad una momentanea e forzata coabitazione con il cavaliere. Non era la prima volta che ospitava qualcuno dei suoi compagni nella torre, già Aldebaran e Aiolia si erano trattenuti più giorni a Jamir, tuttavia, quella sarebbe stata la prima volta in cui avrebbe condiviso il suo spazio con il gelido Acquario. Il quale accolse la notizia in maniera del tutto indifferente.
 
A dire il vero, in un primo momento nessuno dei due si accorse minimamente della presenza dell’altro. Mu passava quasi tutto il tempo a lavorare nella fucina, mentre Camus trascorreva la giornata nell’unico posto della torre che avesse attirato la sua attenzione in modo evidente...la biblioteca.
 
Il francese nutriva una passione smodata per i libri, e la biblioteca della torre di Jamir, che custodiva testi degli argomenti più disparati, molti dei quali antichi come il mondo, gli apparve come uno scrigno pieno zeppo di tesori.
 
Fu solo dopo il secondo giorno che, resosi conto di non essere stato di alcun aiuto fino a quel momento, Camus prese l’iniziativa di preparare la cena. Mu passava la maggior parte della giornata a lavorare alla sua armatura, e pensò che il minimo da parte sua fosse fargli trovare la cena pronta.
 
Passando davanti alla fucina rimase di sasso quando vide il suo compagno aprirsi i polsi con calma invidiabile, e far scorrere il proprio sangue sull’armatura. Per un attimo gli sembrò di sentire una sorta di melodia provenire dall’Acquario, mentre Mu sussurrava dolcemente qualcosa che non riusciva a sentire.
 
In quel momento capì che il tibetano non era un cavaliere come tutti gli altri. Mu aveva un legame, una connessione con le armature che lo rendeva non solo un fabbro, ma un vero e proprio forgiatore celeste...dentro di sé era certo che se Mu lo avesse chiesto, le armature avrebbero risposto a lui prima che al loro stesso guardiano. Inoltre, la dedizione ed il sacrificio con cui lo vide lavorare su quelli che per lui non erano solo pezzi di metallo, lo lasciò basito. 
 
Camus, al contrario degli altri ori, non aveva mai espresso pareri né fatto congetture sulla lontananza dell’Ariete dal Santuario. Pur essendo un fatto insolito, non era mai giunto alla conclusione che potesse essere davvero un traditore...Sebbene non fossero mai stati amici, ricordava Mu come un bambino tranquillo, intelligente e poi...era l’allievo del Patriarca, non si era mai rifiutato di adempiere al suo dovere di fabbro, perché mai avrebbe dovuto tradire il Santuario?
 
Ma fu solo lì, davanti allo spettacolo della sua armatura che riconobbe nelle mani di Mu la discendenza muviana che l’aveva forgiata, che Camus capì il ruolo fondamentale del cavaliere dell’Ariete per la sopravvivenza del Santuario e la protezione della dea. In quel momento comprese che Mu poteva essere tutto, tranne che un traditore.
 
A poco a poco cominciò ad interagire con il padrone di casa. I discorsi durante i pasti passarono via via dall’essere frugali a diventare dei veri e propri confronti che, a volte, occupavano una buona parte della nottata. Su molte cose andavano d’accordo, su altre meno ed i loro confronti potevano diventare anche molto accesi, tuttavia...alla base vi erano sempre un profondo rispetto ed una reciproca ammirazione.
 
Quando la settimana necessaria per la riparazione dell’Acquario terminò, Camus lasciò la torre di Jamir con un po' di dispiacere, ma certo di aver trovato un amico. Sapendo che sarebbe stato inutile, in quei giorni non aveva mai accennato alle ragioni della sua lontananza dal Santuario, e d’altronde...se Mu avesse voluto parlargliene lo avrebbe fatto spontaneamente. Cosa che non avvenne e che Camus rispettò, maturando la convinzione che il tibetano dovesse avere delle buone ragioni per rimanere volutamente confinato a Jamir.
 
A causa del suo impegno come maestro, nel corso dell’ultimo anno le visite in Jamir non erano state molte, tuttavia, quei pochi incontri erano stati confortanti per entrambi...
 
Mu si trovava nella camera da letto del tempio dell’Ariete, quando sentì un cosmo familiare chiedere il permesso di entrare.
 
Continuando ad ordinare i propri vestiti, concesse il passaggio al cavaliere dell’Acquario, il quale si addentrò nel tempio raggiungendo l’amico nella sua stanza.
 
- Buonasera Camus! - Mu si rivolse al francese mentre riponeva alcune cose in un cassetto.
 
- Ciao Mu - rispose l’Acquario - come stai? -.
 
- Bene... - Mu inclinò leggermente la testa sorridendo - soprattutto perché ho trovato tutto già pronto...grazie...- chiuse gli occhi per sottolineare la sua gratitudine.
 
- Sapevo che saresti tornato... - Camus si avvicinò al tibetano e, in un gesto che chiunque considererebbe insolito per lui, lo abbracciò con affetto sincero.
 
Abbastanza lontano da non essere visto, ma con una visuale perfetta davanti a sé, Shaka rimase di sasso quando un alito di vento spostò le tende della finestra dell’Ariete...l’abbraccio tra Mu e Camus lo colpì come un pugno nello stomaco.
 
Istintivamente fece un passo indietro, imprecando contro se stesso per la sua stupida curiosità. Senza conoscerne la ragione, alzò gli occhi al cielo nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime che, per la seconda volta in quello stesso giorno, minacciavano di uscire.
 
Perché quel dispiacere? Perché? Cosa gli importava di quell’abbraccio? Erano affari loro! 
 
Eppure non riuscì a respingere l’immensa tristezza che lo pervase.
 
Mentre lottava contro la sua stessa logica, sentì un’insolita sensazione percorrere dolcemente ed integralmente il suo corpo. Per qualche secondo si abbandonò a quel piacevole turbamento, non interrogandosi sulla causa che lo provocasse... Solo ritrovando un barlume della sua solita compostezza, un dubbio improvviso lo fece sussultare, tuttavia...no, non era possibile...rispondendo ad un impulso irrazionale quanto inevitabile, si guardò intorno, rendendosi conto di essere completamente solo. Ma allora...da dove proveniva quel calore che sentiva avvolgere tutto il suo corpo?
 
No. Si rifiutava di crederlo...non esistevano occhi umani che potessero vederlo. 
 
Deciso a sciogliere ogni dubbio, si mosse leggermente in avanti, recuperando la posizione che occupava in precedenza. Probabilmente i due cavalieri avevano chiuso la finestra, oppure si era spostati, o stavano continuando a fare quello che stavano facendo prima. Un senso di fastidio gli morse lo stomaco. Senza alcuna voglia, ma rispondendo ad un bisogno più forte di lui, riportò lo sguardo al punto in cui l’aveva lasciato, inquieto per ciò che avrebbe potuto scorgere.
 
Sobbalzò quando vide due grandi smeraldi fissarlo dritto nei suoi occhi spalancati dallo stupore...
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: fiorediloto40