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Autore: Vento di Levante    15/04/2022    2 recensioni
Collezione di frammenti ambientati dopo la fine della prima stagione.
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(Abbiamo tutti un gran bisogno di pensare che andrà tutto bene, vero..? ;___;)
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Equipaggio della Revenge, Stede Bonnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Togliere gli abiti fradici di dosso a Ed non era un affare da poco.

Per la verità, era stata un'impresa titanica anche soltanto arrivare al riparo di una porta chiusa.
Adesso, però, in quella minuscola stanza con un letto e una finestrella piena di sole, Stede era alle prese con un tipo di difficoltà del tutto nuovo.

Per il suo primo naufragio, trovava di non essersela cavata poi male; era vivo, ed era vivo anche Ed.

Aveva ancora sotto la pelle gli istanti terribili in cui l'aveva perso di vista fra le onde, il tuffo al cuore nello scorgerlo fluttuante sotto braccia e braccia d'acqua verde, il terrore che i polmoni cedessero prima di riuscire a raggiungere la superficie.

Stede batté le palpebre per tornare al momento presente, a Edward ancora incosciente e riverso sul piccolo letto inondato di sole.

Era più magro e affilato di quanto l'avesse mai visto; la barba, ricresciuta a metà, nascondeva a malapena le guance incavate; e se l'acqua del mare aveva sbiadito il colore nero dal viso, non aveva potuto cancellare l'ombra scura di profonde occhiaie.

Stede gli posò una mano esitante sulla fronte; scottava.

Chissà, forse Edward era febbricitante già da prima di cadere in acqua.

Stede si riscosse, prese il coraggio a quattro mani e affrontò l'impresa.

Sembrava una cosa sacrilega toccare Edward mentre dormiva, privarlo della giacca, degli stivali, dei guanti; decisamente più strati di quanto fosse ragionevole indossare sotto il sole tropicale.

Stede si trovò a sorridere fra sé; era probabile che l'equipaggio avesse pensato lo stesso di lui, in passato.

Quando Edward lo aveva raccolto - letteralmente raccolto - era anche lui pallido e inerme, implume e sperduto come un pulcino caduto dal nido.
Non esattamente una prima impressione brillante.

Ma Edward, Edward era fatto della stoffa degli eroi; anche sofferente, anche vulnerabile, rimaneva magnifico: i riccioli della barba e i lunghi capelli sparsi sul cuscino sembravano appartenere alla collezione di incisioni nei suoi libri.

Quando fu il momento di sfilare la maglia sottile che Ed portava a contatto con la pelle, quindi, Stede dovette mettere a tacere a forza il subbuglio del cuore.

La linea delle spalle di Ed, il disegno dei tatuaggi che si allungavano dal petto fin dietro la schiena, il rilievo delle cicatrici - quante cicatrici - l'avvallamento dolce dell'ombelico; Stede si costrinse a non soffermarsi e ad andare oltre, finché non arrivò con mani tremanti ad affrontare la cintura.

Fu esattamente a quel punto che, con un flebile lamento, Ed decise di svegliarsi.

Stede si ritrovò di colpo sotto i suoi occhi spalancati, con le mani sulla fibbia dei suoi pantaloni e un'espressione fatalmente colpevole dipinta in volto.

Il momento di silenzio che seguì sembrò dilatarsi come un pallone d'aria calda.

"...Merda." soffiò a bassa voce Ed dentro la barba.

"Uhm." elaborò eloquentemente Stede, senza togliere le mani dalla sua cintura.

Stava quasi per riuscire a radunare le parole necessarie a spiegare che, sì, aveva eccellenti ragioni per spogliarlo nel sonno, quando lo sguardo di Ed si velò in un'espressione dolorosamente sperduta.

"...sei vero?" bisbigliò a voce quasi inudibile, gli occhi lucidi di febbre.

Con una stretta al cuore, Stede allungò d'istinto una mano per toccargli la fronte; ma Edward si ritrasse di scatto.

"No." mormorò scrollando la testa, scosso da un brivido che gli faceva battere i denti. Fissò su Stede occhi che faticavano a mettere a fuoco. "Vattene." digrignò, sforzandosi di sollevarsi sui gomiti.

Stede si sentì sprofondare di nuovo in acque gelide; ma strinse le labbra e tacque. Qualsiasi cosa Ed avesse da dirgli, doveva ascoltarla.

"Ti voglio fuori dai piedi, Stede," rincarò Ed con voce spezzata. "Ti voglio - morto." Il suo sguardo cercava qualcosa a cui aggrapparsi per non guardare Stede in faccia.

"Ti voglio - ti voglio -" e una smorfia di dolore gli chiuse gli occhi, mentre crollava di nuovo sul cuscino, e a quel punto la mano di Stede volò da sola a toccargli la guancia.

Con un singulto che gli tagliò il fiato, Edward premette il viso sul suo palmo e rimase così.

Per Stede fu uno sforzo terribile trattenere il singhiozzo che gli chiudeva la gola; ma si morse le labbra e rimase immobile, mentre avvertiva sulle dita il calore di lacrime silenziose.

Ed scottava come una fornace e allo stesso tempo aveva la pelle d'oca. Non ci volle molto perché la febbre avesse ragione di lui.
Ricadde presto addormentato, percorso da violenti brividi.

A quel punto, in silenzio e senza altre esitazioni, Stede finì di spogliarlo, si sfilò a propria volta gli abiti ancora bagnati e scivolò al suo fianco nel minuscolo letto.

Stese alla meglio la coperta logora su entrambi, e poi strinse Ed a sé, la sua schiena contro il proprio petto.

Il cuore gli batteva a tonfi violenti.

L'odore della pelle di Edward.

La curva del suo orecchio fra i capelli scarmigliati, la spalla istoriata di tatuaggi.

Sembrava impossibile averlo così vicino.

Stede era una brocca colma fino all'orlo; gli occhi gli si riempirono di lacrime. Pianse in silenzio, premendo la fronte fra le scapole roventi di Ed.

Alla fine, però, la stanchezza ebbe la meglio anche su di lui; dopo qualche minuto, dormivano entrambi.

 


 

Ed si era svegliato nel mezzo della notte con la vaga consapevolezza di avere sete.
Ma non gli andava affatto di alzarsi.
Era raggomitolato in un dormiveglia favoloso , un confortante tepore da cui non aveva nessuna voglia di uscire.

Cercò di tornare a rifugiarsi nel sonno, accoccolandosi più strettamente su se stesso; quando di colpo si rese conto della calda pressione di braccia intorno al proprio petto.

Spalancò gli occhi.

La sua confusione durò appena una frazione di secondo; i ricordi del giorno precedente gli piovvero disordinatamente attorno, uno dopo l'altro.

La ragione del meraviglioso calore in cui si stava crogiolando era Stede.

Da un momento all'altro, Ed divenne dolorosamente cosciente del petto di Stede premuto sulla propria schiena, del suo respiro a meno di un pollice dalla sua nuca.

Il cuore iniziò a battergli con tale forza che era questione di istanti, pensò, prima che il rimbombo svegliasse Stede, tutta la casa, tutti i Caraibi - mentre Ed era completamente certo che al minimo rumore, al minimo movimento l'incantesimo si sarebbe spezzato, e -

...E poi Stede si mosse nel sonno, attirandolo più vicino a sé con un mormorio indistinto, e Ed si lasciò sfuggire qualcosa che assolutamente non era un piagnucolio.

Il respiro regolare di Stede si interruppe.

Seguì un istante di immobilità completa.

"...Edward?"

Dentro il cranio di Ed suonò l'allerta massima.

Si chiese quanto avrebbe potuto essere convincente se si fosse finto morto.
Si chiese se Stede gli avrebbe permesso di rimanere lì, così, finché non fosse morto sul serio.
Si disse che non ci avrebbe impiegato poi molto.
Si disse che tanto valeva iniziare immediatamente, che non restava che rimanere pietrificato in quella posizione finché morte non fosse sopravvenuta, che forse se avesse semplicemente smesso di respirare -

"...Va tutto bene?"

...e la voce di Stede era talmente piccola e piena di ansia da provocare a Ed una fitta di dolore.
Annuì rapidamente, ancora incapace di spiccicare parola.

Anche nella penombra, Stede dovette cogliere il gesto perché si rilassò impercettibilmente, con un piccolo sospiro che Ed avvertì sulla pelle nuda, dolce come miele e bruciante come una scudisciata.
Desiderò intensamente di trasformarsi in schiuma marina.

"Bene." raspò, cercando di placare il cuore al galoppo. "Tutto bene."

La mano destra di Stede riposava sul letto a meno di un pollice dalle sue labbra.
Ed lottò ferocemente con il desiderio di baciarla.

Come se gli avesse letto nel pensiero, Stede si fece più indietro, ritirando la mano e il confortante calore del proprio corpo.

Ed dovette trattenere fra i denti quello che, d'accordo, era decisamente un piagnucolio.

"Ed." disse la voce di Stede da dietro di lui, di nuovo così piccola e desolata da stare nel palmo della mano. "Edward, so che non potrai perdonarmi."

Ed si strinse nelle spalle più che poté. Il desiderio di svanire, di sprofondare in fondo al mare si fece prepotente.

"...e forse è ancora egoista da parte mia, volere a tutti i costi incontrarti e parlare."

Ed rimase immobile, quasi senza respirare, teso in ascolto con tutto il corpo; nello stesso tempo avrebbe voluto essere da qualsiasi altra parte e bere avidamente ogni parola.

"E' che non posso continuare a vivere se prima non ti dico questo, Ed."

Il battito del cuore, un fuoco incrociato di cannoni spianati.

"Ho sbagliato. Porterò con me il rammarico per tutta la vita. E, Ed..."

 

Tum.

Tum.

Tum.

 

"Ed. Ho capito che ti amo."

 



Ed si voltò con una rapidità che non avrebbe dovuto essergli possibile, affondando le dita sulle spalle di Stede - per respingerlo, per trattenerlo? - gli occhi nascosti dall'inclinazione del capo.

Stede non osava quasi respirare; la confessione che aveva appena fatto era il punto di arrivo di un viaggio che aveva intrapreso da solo, quel mattino su una spiaggia ormai lontana, e ora che lo aveva raggiunto si sentiva improvvisamente sospeso nel vuoto, sfinito e spaventato.

Nell'oscurità, non distingueva che i riflessi argentei dei capelli di Edward; sentiva la presa delle sue dita affondargli spasmodicamente nella carne, e il sotterraneo tremito che poteva ancora essere febbre, come no.

Prima, Stede pensava che la pena più grande fosse tenersi dentro quelle parole, che aveva portato fin lì come un fardello legato alla schiena; ma ora capiva che quello non era niente, ora che si era aperta la voragine di una domanda in attesa di una risposta.

Desiderava disperatamente vedere Ed in viso, ma tutta la sua determinazione sembrava essersi esaurita; gli restava solo una gran voglia di piangere.

"Sto...Sto morendo di sete." borbottò infine Ed senza alzare gli occhi.

Stede battè le palpebre, preso alla sprovvista come se avesse mancato un gradino.

Alla confusione però si sovrappose subito la sollecitudine per Ed, il ricordo della febbre, del fumo e del sale - e si rese conto di essere lui stesso molto assetato.

"Ah... Certo." mormorò, sfilandosi dalla morsa delle dita di Ed - rimpiangendolo nello stesso istante in cui si separava da lui - per raggiungere quasi a tentoni l'angolo della minuscola stanza, dove si trovava un tavolo con una brocca e un catino.

Ed bevve avidamente.

Stede non avrebbe voluto spiare come un ladro la sua figura tratteggiata dal chiarore lunare; ma al riparo dell'oscurità della stanza, cedette, divorando con gli occhi il palpitare della gola di Ed, il riflesso pallido della luna sui contorni del viso, delle braccia, delle mani; solo quando Edward abbassò la brocca, posando su di lui i grandi occhi scuri, Stede distolse colpevolmente lo sguardo.

"...vuoi?" gli chiese Ed a bassa voce, porgendogli da bere.

Stede sollevò la brocca con un debole sorriso - a cosa brindava, lì sull'orlo del precipizio? - poi bevve a propria volta, sperando che l'acqua fresca placasse insieme alla sete anche il bruciante calore che sentiva nel petto.

Inutile.

Quando abbassò il recipiente intercettò per un istante gli occhi di Ed, immensi e fissi su di lui; e senza sapere neppure come, un istante dopo era fra le sue braccia.

La brocca cadde a terra rompendosi in mille pezzi, ma Stede a malapena se ne accorse.

"Cristo, Stede," la voce di Ed soffocata sulla sua spalla - la stretta delle sue braccia come la forza invincibile dell'onda - "Maledizione a te, sei qui." - le sue mani che potevano uccidere e salvare, premute sulla sua schiena e l'ancora di salvezza del suo peso addosso - e tutte le parole volano via da Stede come gli spruzzi della mareggiata, sulle labbra solo Edward, i suoi capelli, la sua pelle, finché ritrova sulla sua bocca la promessa di quel bacio di tanto tempo fa, per restituirla con tutto il fervore di cui è capace, il cuore sulle labbra, offerto a Ed perché possa affondarvi i denti.

E' una scoperta, chi l'avrebbe immaginato, la vertigine di lasciarsi prendere dal ventre dell'onda, di sentirsi aprire le costole e lasciar entrare la lama squisita di un desiderio che come acqua salata, bevuto genera altra sete.

I baci di Edward hanno la dolcezza feroce di sorsate di rum, trascinano Stede in uno stordimento bruciante in fondo a cui cova un bisogno che lo divora vivo, ed è solo nell'ansito che esce dalla gola di Ed, canto di sirena, che si rende conto di essere avvinghiato al suo corpo come un animale affamato, una mano affondata fra i suoi capelli e l'altra possessivamente in fondo alla sua schiena, il viso nel suo collo per annegare nell'odore di Ed e leccare via il sudore e il sale e premere la lingua sul pulsare caldo del sangue e Stede non ne avrà mai abbastanza, la morte li sorprenderà così, fra un minuto o cent'anni, perché certe rivelazioni non ammettono ritorno.

 


 

 

NdA: sì, nelle ultime righe passo senza preavviso dal passato remoto al presente storico, abbiate pazienza, licenza poetica diciamo. Non ho finito di scrivere di loro, magari le prossime cose saranno meno naif e più curate ;)

   
 
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