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Autore: silviaelena    16/04/2022    1 recensioni
Emma è una bambina di 10 anni. Lei non sa che la sua vita, grazie ad una lettera, prenderà una svolta inaspettata.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Emma Swan, Henry Mills, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve
Note: AU, De-Aging, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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EMMA CAPITOLO I
1° ottobre 2009.
Emma venne svegliata da un rumore improvviso, l’autista dell’autobus, un uomo sulla quarantina, di alta statura, capelli neri, viso duro, che portava degli occhiali rainban, quel tipo di occhiali che entra a far parte della vita della persona che l’ha comprata; frenò all’improvviso il pullman. L’uomo schiacciò con decisione il clacson, con voce profonda incominciò a urlare contro la macchina che aveva causato la frenata improvvisa. Quel momento di tensione durò pochi secondi, quando l’autobus ripartì anche la furia nella voce dell’autista si placò, lasciando il posto ad un borbottio sommesso di lamento nei confronti di chi non sapeva guidare. Anche i passeggeri che si erano sentiti minacciati dall’improvvisa alterazione del normale traffico ritornarono ai loro passatempi, qualcuno si limitava a commentare la mancanza di sicurezza nelle strade, altri, invece, criticavano le modalità di guida contemporanee che erano troppo pericolose.
Emma guardò il pannello che indicava la fermata successiva, riappoggiò la testa sul finestrino, mancavano ancora quattro fermate al capolinea.
Dopo solo un quarto d’ora, l’autista gridò “capolinea, scendere tutti. Emma sospirò, scese dall’autobus, l’aria fredda della prima mattina le colpì il viso, la brezza tipica di un’ordinaria giornata di ottobre.  Per Emma, però, quel giorno sarebbe stato tutto fuorché consueto. infatti, il primo ottobre 2009, sarebbe stato il giorno in cui avrebbe visto, per la prima volta dal vivo, sua sorella: Mary Margaret.
Mary Margaret per Emma rappresentava una figura perfetta, misteriosa, un’eroina. Non la aveva mai conosciuta, mai vista dal vivo, aveva visto solo poche foto che erano appese nella casa. Ogni volta che guardava quelle immagini, Emma immaginava di parlarle, di chiederle consigli, di fare con lei, le tipiche cose che si fanno tra sorelle, nonostante la grande differenza d’età che intercorreva tra le due: 30 anni. Per tutta la sua vita Emma sognò di incontrarla, di abbracciarla e che finalmente si sarebbero frequentate.
Da piccola, non riusciva a capire perché suo padre, Leopold, si rifiutasse di incontrarla o di, semplicemente, parlarne: ogni volta che Emma cercava di introdurre l’argomento, Leopold diventava rosso in volto, gli occhi neri si indurivano, e le urlava che non sapeva niente e se avesse saputo la verità non ne avrebbe voluto parlare. Per molti anni quella discussione finiva così, ma giunto il suo ottavo compleanno, 2 anni fa, Emma non si accontentò più della risposta del padre, lei voleva saperne di più, perché non poteva conoscere sua sorella, cosa era successo. Leopold si alzò dalla sedia “allora sei stupida, non capisci niente.” Si avvicinò alla figlia che sedeva nel capo opposto del tavolo, nei suoi occhi pieni d’ira, si poteva intravedere una fiamma. “bene, se proprio vuoi sapere perché io non posso vedere la mia primogenita, te lo dirò.”
Emma, sentì il cuore batterle velocemente, talmente forte che aveva timore che potesse uscirle dal petto.
“tua sorella se ne è andata perché sei nata tu. Non ti voleva nella sua vita, lei era già una donna e non poteva sopportare di vederti. Io ogni tanto la vedo, ma è per colpa tua che non la posso vedere tutti i giorni. Sei contenta ora? Vai a dormire e non mi scocciare più.”
Tutto il mondo di Emma crollò in un secondo, la figura di una sorella amorevole e gentile, si sgretolò, insieme al sogno di avere una figura femminile nella sua vita, visto che la madre di Emma morì quando lei era molto piccola. La bambina visse i successivi due anni a interrogarsi su come una persona potesse odiarne un’altra a tal punto da perdere il contatto con il padre e con una vita precedente. Nei due anni seguenti si arrabbiò con quella donna nelle foto che l’aveva ingannata: una donna sorridente, capelli neri mossi, carnagione molto chiara, lineamenti dolci, gentili e caldi, occhi verdi. Quella figura che le aveva infuso tanta sicurezza quando era piccola, ora le ricordava quanto la sua sola esistenza avesse ferito un’altra persona. Quel sorriso che pensava fosse di gioia era soltanto sorriso di cortesia.
Emma interruppe il suo flusso di pensieri, quando venne colpita dalla spallata di un signore che si era seduto accanto a lei, il ritorno alla realtà le ricordò di controllare dove il pullman si trovava. Ancora tre quarti d’ora e poi sarebbe arrivata a Storybrooke. La bambina sospirò, il solo pensiero di trovarsi faccia a faccia con la sorella, con la persona che la odiava, le faceva venire i brividi; tuttavia, Emma era sicura che stava facendo la cosa giusta. Avrebbe fatto ciò che suo padre desiderava; anche se lui non era più sulla terra per poter assistere a ciò. Emma sentì qualche lacrima rigarle il viso, subito se le asciugò, si chinò verso lo zaino che aveva portato con sé, prese la lettera che si trovava nella tasca laterale. La aprì, subito sorrise alla vista della calligrafia di suo padre. Nonostante l’avesse letta almeno una decina di volte da quando, pochi giorni dalla morte del padre, l’aveva trovata nel comodino nell’ufficio del padre, ogni volta che la vedeva si emozionava. Quella lettera le aveva dimostrato che Leopold le voleva bene, nonostante la facesse uscire raramente, nonostante non l’avesse fatta andare a scuola o non le leggesse la fiaba della buona notte o non la abbracciasse. Emma, in effetti, non ebbe mai un grande rapporto con il padre, sicuramente tra i due non intercorreva il regolare rapporto padre-figlia sia perché quando Emma nacque Leopold aveva 62 anni sia perché l’unica volta che si vedevano era a cena: ognuno nel capo opposto della lunga tavola, molto spesso durante la cena l’unico suono era quello delle posate il cui tintinnio si diffondeva nella grande casa. Frequentemente Emma si immaginava il suono come un coniglio che saltava e che raggiungeva l’alto soffitto il quale caratterizzava la casa stile liberty, dove vivevano.
Emma, fin dall’età di 3 anni, la mattina restava in casa da sola. Ciò nonostante, era quello il momento della giornata in cui si sentiva meglio, in cui poteva definirsi libera, in cui si lasciava andare all’immaginazione.
Emma visse credendo che suo padre ce l’avesse con lei perché era stata la causa dell’allontanamento della figlia maggiore e della conseguente morte della madre di Emma avvenuta a pochi mesi dopo la nascita della figlia. Leopold sosteneva che la moglie fosse molto legata a Mary Margaret e l’allontanamento della donna avesse aggravato la depressione post partum e per questo si sarebbe lasciata andare.
In quella lettera, invece, emergeva un padre amorevole, non emotivamente distaccato che gli importava solo che la figlia non facesse rumore, un padre che forse avrebbe persino potuto dare delle carezze, cantare delle ninne nanne.
Cara Emma.
Non te l’ho mai detto, sei stata, sei e sarai per sempre l’orgoglio della mia vita, mi dispiace che non te l’ho mai mostrato.
Hai sempre mostrato tenacia, anche quando io mi arrabbiavo e ti urlavo contro. Mi dispiace sono stato molto ingiusto, non avrei mai dovuto dire che tu fossi uno sbaglio o che mi vergognassi di essere tuo padre. Ho sbagliato perché non è vero: io sono orgoglioso di essere tuo padre, sei stato il più grande dono che potessi mai ricevere, anche se sei stata una sorpresa. Mi dispiace, non sono stato sincero con te, la tua vita, dalla mia morte in poi, cambierà. Nella settimana successiva alla mia morte, tu non dovrai, per nessuna ragione al mondo, uscire. Per il mondo esterno, tu non esisti, per questo ti ho fatto uscire poche volte.
Ora ti devo chiedere di essere molto forte, e so che lo sarai, io dovrò morire. Papà deve proteggere un segreto. Nella cassaforte c’è una piccola cassetta, prendila, e portala a tua sorella, abita a Storybrooke. Lo so avrai paura ad incontrarla, spiegale quanto le vuoi bene e vedrai che ti vorrà conoscere. Dovrai essere molto forte dovrai dirle che sarò morto. Lo so sarà un compito molto arduo, ma io credo in te. Mostrale la tua gentilezza e vedrai che la farai stare meglio.
Mi dispiace tantissimo per quello che ti ho fatto, sono stato un uomo debole e mi sono fatto trascinare in un meccanismo più grande di me. Non aprire quella cassetta, lascia che se ne occupi tua sorella, lei è un adulto, suo marito è un giudice, avranno gli strumenti adatti per risolvere la situazione.
Fidati, piccola mia, anche se in questo momento tutto il mondo ti sembra sia sparito da sotto i tuoi piedi, ritroverai pace e sicurezza. Sarai felice, potrai avere una vita normale e giocare. Devi avere fede. Una settimana dopo la mia morte, potrai uscire e portare la cassaforte a tua sorella. Non potrai più vivere nella nostra casa. Ti ho lasciato tutti i soldi che avevo così potrai pagarti una stanza. Quando sarà passato lo stupore vedrai che tua sorella, sarà molto più che contenta di ospitarti. Avrai una famiglia. Potrai finalmente festeggiare un Natale, come quelli che ti ho descritto io.
Un abbraccio
Leopold. Il tuo vecchio.
Emma avvicinò la lettera al proprio naso affusolato, l’odore di suo padre le entrò nelle narici. Le lacrime, un’altra volta, le rigarono il volto. Il momento di emozione si interruppe quando l’autista gridò “ultima fermata, Storybrooke.” Emma si mise il cappotto verde acqua, lo stesso colore dei suoi occhi, si mise in spalla lo zaino e scese dall’autobus. Progressivamente la gente scesa dal pullman si dissolse in varie direzioni, permettendo a Emma di vedere le prime case di Storybrooke. La bambina sospirò per darsi forza e sussurrò “coraggio Emma, ce la puoi fare.” Subito otto tocchi di campane per indicare l’ora ruppero quel silenzio surreale e assordante. Si guardò intorno: davanti a sé Storybrooke e dietro una foresta. Emma si promise, se avesse avuto tempo, dopo aver parlato con la sorella, di esplorarla. Vivere nel verde era uno dei suoi più grandi sogni. Dopo pochi minuti, riuscì a trovare un piccolo bar. All’entrata si leggeva “Granny’s”, entrò nel locale all’interno del quale si trovavano poche persone, tutte ancora con la mente al letto, le voci sommesse, proprio per non disturbare lo stato di semi veglia. Emma si avvicinò al banco, troppo alto per lei, financo dovette sedersi su una sedia alta da bar per farsi vedere dalla barista. La bambina chiamo la barista “mi scusi, posso chiederle…”
la donna al banco si girò, rilevando dei grandi occhi verdi che contrastavano con il rosso acceso dei capelli e con la carnagione chiara.
“come posso aiutarti piccolina.”
“mi potrebbe fare una spremuta, per favore?”
“certo, piccolina.”
“grazie.”
La donna, dopo pochi minuti, diede alla bambina un bicchiere di spremuta.
“scusami la curiosità, ma non dovresti essere a scuola?”
“no, non sono mai andata a scuola. Poi ho dieci anni, ho superato l’età scolare.”
La donna sembrava confusa. Emma pensò fosse perché non dimostrava avere dieci anni. Uno degli svantaggi di sembrare più piccola della propria età è che tutti la trattavano come se avesse cinque anni. Finita la spremuta, si rivolse nuovamente alla donna
“mi scusi lei conosce Mary Margaret Blanchard? È sposata con David Nolan.”
“sì è mia amica. Perché la vorresti incontrare?”
Emma sentì gli occhi della donna pesare su di sè. Poi la donna continuò a parlare
“questa è una giornata molto pesante per lei. In questo giorno, nessuno la deve disturbare.”
“fantastico” pensò Emma “proprio quando la devo conoscere. E adesso cosa posso fare, ritorno indietro?” Decise di farsi coraggio, questo affare non poteva più aspettare, suo padre era morto da un mese. Se avesse aspettato ancora, non avrebbe più portato a termine il compito assegnatele. Era stato troppo difficile per lei fare il viaggio, non poteva riaffrontarlo un’altra volta.
“mi scusi, ma è veramente importante che io le parli.”
La donna sospirò “okay, lei abita in via dei ciliegi, 4. È un po’ fuori paese, è in campagna. Devi andare verso la torre con l’orologio, arrivata all’orologio giri a destra, ti troverai davanti ad un grande viale con degli alberi e da lì vai dritto. Sarà mezz’oretta da qua. Ma come ti ho già detto non credo sia il caso…”
“grazie mille. Arrivederci.”
Emma si sentì subito in colpa per aver interrotto un adulto, ma questa cosa era troppo importante. Non poteva essere fermata da nessuno. È vero, molto probabilmente si sarebbe fatta odiare dalla sorella, ma poco importava. In quel momento era prioritario dare la notizia e consegnare la scatola.
Emma uscì dal bar, incominciò ad avviarsi nella direzione della torre, l’aria si era scaldata, il sole illuminava ogni cosa e rendeva la cittadina ancora più colorata di prima. Tutto sembrava perfetto, ogni cosa si trovava nel posto giusto: le case erano perfettamente allineate, su ogni balcone vi erano dei fiori dal colore perfettamente abbinato alla casa, anche i piccoli negozietti entravano perfettamente nella fotografia. Questa perfezione la fece sentire ancora più fuori posto: una nota discordante all’interno di una melodia dolce ed elegante.
Girato l’angolo della torre, si trovò dinanzi ad un viale elegante. Ai lati della strada si trovavano alberi spogli. Molto probabilmente in primavera quel viale diventava un trionfo di colori.
Ogni passo in più, diventava sempre più pesante camminare. Ogni passo, mille pensieri occupavano la mente della bambina. Ogni passo, aumentava la preoccupazione e l’ansia nel dover incontrare la sorella. Emma, guardò il cartello, che si trovava davanti ad una strada sterrata, a giudicare dallo stato della strada ci passavano pochissime auto. Magari da grande avrebbe potuto vivere lì, sembrava un posto molto tranquillo. Dopo aver passato poche case e aver percorso ancora per dieci minuti la strada, vide parcheggiata una macchina molto grande.  Accanto alla macchina, un piccolo sentiero che portava ad una casa immensa. Il colore dell’abitazione richiamava quello del cielo, azzurro limpido, le ante e gli infissi delle finestre e la porta invece erano bianchi. Accanto e dietro la casa vi erano alberi, più o meno grandi. Tra due alberi si trovava un’amaca. Emma, notò anche un’altalena, lei desiderava avere un’altalena da tutta la sua vita, ma suo padre sosteneva che non l’avrebbe mai utilizzata perché non avrebbe mai avuto tempo per giocare. Emma aveva immaginato la casa di sua sorella, molto più austera, forse perché si immaginava una casa nera/grigia per una donna che odiava una bambina. Emma diede un’ultima occhiata alla casa, si avvicinò alla porta bianca, sorrise quando notò il piccolo quadratino in cui erano scritti i cognomi dei due coniugi ed era raffigurata una famigliola di sei orsi. Emma rimase interdetta, lei credeva che sua sorella avesse avuto tre figli maschi, magari dopo essersi trasferiti hanno avuto una figlia femmina. Ironia della sorte pensò Emma. Prima di bussare, sospirò, poi si fece coraggio, e bussò. Mentre aspettava, il cuore le batteva all’impazzata. Quando la porta si aprì Emma smise di respirare per pochi secondi.
La porta venne aperta da un uomo alto, muscoloso, i lineamenti forti ma allo stesso tempo dolci venivano risaltati dal taglio molto corto dei capelli biondi. David Nolan. Anche se sorrideva, Emma notò che gli occhi, azzurri come il ghiaccio indicavano che l’uomo avesse appena finito di piangere. La bambina voleva abbracciare l’uomo, ma sapeva che l’avrebbe spaventato. Eventualmente Mary Margaret si era confidata con lui, e quindi agli occhi di quell’uomo Emma era una persona da allontanare. Per questo la bambina decise che sarebbe stato meglio non presentarsi come sorella di Mary Margaret, ma come mera portatrice di un messaggio.
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce dell’uomo “scusami piccola ma questa giornata è molto difficile per la nostra famiglia. Credo che Mary ti abbia detto che non fa, sedute in questo giorno…”
“no, no, c’è un malinteso, non sono venuta per una seduta. Mi dispiace disturbarvi in questo giorno ma… ma sono venuta a portare notizie di suo padre.”
Da dietro David arrivò una donna, i segni degli anni avevano lasciato passaggio anche sul corpo di Mary Margaret, gli occhi sembravano molto più spenti, rispetto a quelli nelle foto. Come se fosse sopravvissuta ad un dolore, quasi insopportabile.
“come notizie di mio padre. È malato?” chiese la donna.
Emma guardò dritto negli occhi della sorella, sospirò e disse con voce flebile
“forse è meglio che si sieda.”
   
 
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