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Autore: Rox008    20/04/2022    0 recensioni
Sherlock, come Icaro, era caduto e si era schiantato contro la superficie del mare.
Ma aveva trascinato John con sé, e comunque sarebbe finita, Sherlock non se lo sarebbe mai perdonato.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ciao!
Questo è il primo di (forse) due capitoli, se vi piacciono i finali angst potete fermarvi qui, altrimenti aspettate il prossimo capitolo per avere sia la versione di John che l'happy ending.
A presto.

 
Sherlock Holmes non aveva bisogno di dormire, poteva stare giorni e giorni senza chiudere occhio e non risentirne; non aveva bisogno di mangiare, poteva saltare un pasto dopo l’altro e non avvertire la fame; talvolta fumava, ma poteva tranquillamente sostituire le sigarette con i cerotti alla nicotina senza problemi (o almeno così diceva); capitava che facesse uso di droga, però non ne aveva il costante bisogno.  
Ma dal primo momento in cui aveva visto John Watson aveva avvertito il bisogno, prepotente e assoluto, di proteggerlo da tutto e tutti.  
Ad un occhio esterno e superficiale, l’arrivo di John non aveva cambiato la vita di Sherlock, il consulente investigativo era rimasto sempre il solito egocentrico e menefreghista, e in parte era anche vero: a Sherlock non poteva importare di meno di ferire le altre persone, non aveva il minimo interesse di coltivare rapporti di amicizia o, che Dio non voglia, d’amore, e non avrebbe di certo iniziato a usare ipocriti modi di fare o dire che rispettassero le regole della società, per cui non avrebbe nascosto a Molly che quella nuova camicetta che a lei tanto piace la fa sembrare più vecchia, non avrebbe offerto un caffè a Lestrade dopo una lunga giornata di lavoro e non si sarebbe congratulato con Anderson per aver fatto una supposizione corretta (forse la prima della sua noiosa vita). 
  
Tuttavia si preoccupa di John, sa che John quando torna dal lavoro ha bisogno di trovare la casa calda, di bere un the quasi ustionante e di farsi la doccia (in questo preciso ordine).  
Di conseguenza, devono poter pagare le bollette a fine mese. 
In conclusione, Sherlock ha bisogno di guadagnare soldi, e il prima possibile. 
Questo è l’unico motivo per cui aveva accettato quell’assurdo caso portato da una donna (Melanie? Meredith? Non ricordava neanche il suo nome) convinta che il marito fosse minacciato da qualcuno che lo chiamava ogni sera, gli mandava lettere e lo teneva spesso lontano da casa.  
Persino John poteva capire che ad essere minacciato non era il marito ma l’intero matrimonio, dalla giovane amante fin troppo appiccicosa dell’uomo.  
La donna però aveva promesso di pagare una cifra davvero importante pur di sapere suo marito al sicuro, così invece di mandarla via dopo averle sbattuto in faccia la verità come farebbe solitamente, ha chiesto alla donna di poter visitare la casa al fine di cercare indizi. 
C’era però stato, in effetti, un particolare interessante: alla menzione del nome dell’uomo, John aveva sbattuto due volte velocemente gli occhi e aveva avuto una leggera contrazione ad un angolo del labbro.  
Appena la donna era uscita dalla stanza, Sherlock si era rivolto a John. 
<< Conosci il marito della signora? >> 
<< No, mai sentito prima. >> 
<< Eppure hai quasi sorriso sentendo il suo nome. >> 
<< È un nome particolare, no? >> 
<< Forse è un nome adatto ad un cane, in effetti. >> 
<< Ma no Sherlock, non per quello. Ma per la leggenda. >> 
<< Quale leggenda? >>  
<< Come quale leggenda?! La leggenda di Icaro! >> 
<< Mai sentita prima. >> 
<< Sei incredibile! È impossibile non conoscerla. >> 
<< Eppure ho vissuto finora senza conoscerla. >> 
<< Ascolta, adesso devo andare al lavoro, Sarah mi ha chiesto di sostituirla questo pomeriggio, ma appena torno te la racconto. >> e se ne andò scuotendo la testa divertito. 
 
Sherlock aveva vissuto per ben 27 anni senza sapere nulla di questa (presuntamente) famosa, che però per John aveva importanza, a giudicare dalla sua reazione. 
Avrebbe potuto aspettare che John tornasse dal lavoro per conoscerla, giusto? 
 
Sherlock, esattamente dopo 34 minuti che John era uscito di casa, si ritrovò a cercare maggiori informazioni sulla leggenda di Icaro.  
 
 
È facile immaginarsi nei panni di Icaro, impaziente di volare mentre il padre Dedalo costruiva le ali, guardando il cielo e il sole già pregustando il momento del suo volo.  
Il tempo all’interno del labirinto probabilmente gli era sembrato eterno e insopportabilmente lento, con la sola compagnia del padre Dedalo, quando ad un tratto ecco l’idea delle ali di cera, una promessa di libertà.  
Volare doveva essere stato incredibilmente emozionante per Icaro, doveva essersi sentito vivo come mai prima; ad un tratto aveva desiderato raggiungere il sole e lui, ebbro di felicità, ci aveva provato. Quando fu vicino, le ali si sciolsero e il suo desiderio di volare e avvicinarsi al sole, che fino a poco tempo prima neanche aveva ma che gli aveva regalato emozioni inimmaginabili, era diventato un incubo, ed Icaro era caduto, schiantandosi sulle onde del mare, ed il suo corpo trascinato sulle sponde di un’isola.  
Sherlock sentì un nodo alla gola, la storia seppur ovviamente irrealistica smuoveva in lui qualcosa, e nei giorni successivi occupò spesso i suoi pensieri, persino durante un caso (anche se, a sua discolpa, era un caso davvero noioso e banale ma, come aveva già stabilito, aveva bisogno di soldi se voleva far star bene John). 
 
 
Fu solo settimane dopo che Sherlock comprese perché era rimasto così colpito dalla leggenda di Icaro. 
Oltre all’irritazione per averci impiegato così tanto a capire il motivo, si aggiunse l’enormità di quel motivo e il suo effetto assolutamente devastante.  
Era qualcosa che Sherlock non aveva decisamente calcolato, e con cui non sapeva come confrontarsi. 
E aveva avuto questa improvvisa realizzazione mentre si trovavano in una situazione disperata. 
 
Era sembrato il solito caso, con il solito malvivente stupido e il solito inseguimento. 
Ma il malvivente aveva una pistola, e trovandosi in un vicolo cieco si era girato e aveva sparato.  
John era saltato davanti a Sherlock per proteggerlo, e ora si trovava ai piedi del detective, con il maglione (“Il suo preferito!” realizzò Sherlock) sporco di sangue e con un foro di proiettile.  
Sherlock si era subito accovacciato accanto a John e aveva iniziato a premere sulla ferita per fermare l’emorragia con una mano, mentre con l’altra chiamava un’ambulanza, che secondo i suoi calcoli ci avrebbe messo almeno 5 minuti prima di arrivare dove si trovavano.  
 
Probabilmente se avesse ascoltato John quando gli aveva suggerito di chiamare almeno Lestrade, non si sarebbero ritrovati in quella situazione.  
Ma Sherlock, come Icaro, aveva creduto troppo nelle sue capacità, e a pagarne le spese era John. 
E quello fu il momento in cui capì perché la leggenda di Icaro lo aveva fatto emozionare. 
La vita di Sherlock era stato un labirinto di noia e apatia, con la sola compagnia dei suoi casi, quando ad un tratto era arrivato John, una promessa di felicità. 
Avere John accanto era stato incredibilmente emozionante per Sherlock, si era sentito vivo come mai prima d’ora; ad un tratto aveva desiderato averlo sempre accanto e lui, ebbro d'amore (e solo adesso lo aveva capito che si trattava di amore), ci aveva provato.  
Ma proprio l’averlo tenuto così vicino a sé, l’illusione di poter difendere John sempre e comunque, li aveva portati in una buia stradina di Londra, in attesa di un’ambulanza che Sherlock temeva che sarebbe arrivata troppo tardi.  
E il suo desiderio di avere sempre accanto a sé John, che fino a poco tempo prima neanche aveva avuto, era diventato un incubo, perché stringeva a sé un John ferito e Sherlock se ne sentiva il responsabile. 
 
Il detective teneva il medico tra le braccia, tamponando la ferita con le mani, e sussurrava come in una litania il suo nome e una richiesta di perdono.  
John gli rispondeva che andava tutto bene, sussurrava il nome di Sherlock a sua volta, e alla cieca aveva allungato una mano all’indietro per sfiorargli i capelli.  
 
L’ambulanza arrivò 5 minuti dopo, proprio come aveva pensato Sherlock. 
John perse i sensi poco prima che lo mettessero sulla barella, dopo aver sussurrato per un’ultima volta il suo nome.  
 
Sherlock, come Icaro, era caduto e si era schiantato contro la superficie del mare.  
Ma aveva trascinato John con sé, e comunque sarebbe finita, Sherlock non se lo sarebbe mai perdonato. 
 
 
John era stato operato d’urgenza, il proiettile estratto senza complicanze, e i medici sostenevano che la ferita si sarebbe rimarginata in breve tempo.  
Sherlock aveva passato due giorni al capezzale di John, maledicendosi ancora e ancora, e giurando a sé stesso che non avrebbe mai più permesso a John di accompagnarlo durante un caso.  
Sospettava comunque che non sarebbe più riuscito a farlo avvicinare anche nella vita di tutti i giorni.  
 
L’amore era stato per Sherlock ciò che il sole era stato per Icaro, John era stato come le ali che si erano sciolte.  
“O forse”, pensò Sherlock, “John era stato il sole, e le ali erano l'amore". 
 
Sherlock decise che non avrebbe più volato vicino al sole. 
 
   
 
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