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Autore: crazyfred    21/04/2022    2 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 10

 
La promessa tra Alessandro e Paolo di una serata tra amici non era rimasta campata per aria ma, detto fatto, qualche settimana prima dell’incidente di Edoardo i due uomini avevano messo in piedi una cenetta a quattro. Maya, all’inizio, si era dimostrata diffidente: essendo passato poco tempo da quando lei ed Alex avevano iniziato la loro relazione, non era ancora sicura di voler addentrarsi in nuove presentazioni. Una serata tra coppie, nel suo immaginario, era la cosa più conformista che ci potesse essere; a maggior ragione per loro che, per il momento, avevano tutta l’intenzione di non imbrigliarsi in formule o etichette preconfezionate.
Alla fine Alex l’aveva convinta, promettendole che, al primo segno di insofferenza, avrebbero levato le tende senza fare troppi complimenti. Ma non ce n’era stato bisogno: Paolo e sua moglie, Monica, erano due persone estremamente alla mano e, con grande stupore di Maya, avevano molto in comune e le due donne avevano impiegato poco a diventare amiche
, complice anche la stessa età.
Uscito Edoardo dall’ospedale, i due vicini di casa li avevano convinti a passare una serata insieme per festeggiare. Maya non se lo fece ripetere due volte, a causa dell’incidente e della spola di Alex tra lavoro ed ospedale si vedevano sempre troppo poco al di fuori dell'orario di lavoro. 
L'appartamento di Paolo e Monica non era molto grande e i mobili, moderni, erano di poche pretese; tuttavia era ordinato e ben tenuto e, grazie alle candele accese in punti strategici, l’atmosfera era comunque raccolta e accogliente. Maya si stupì di sé stessa: di come non storcesse più il naso di fronte a mensole in finto legno e bomboniere di dubbio gusto esposte nelle vetrinette o davanti alla cucina dalle tinte pastello che faceva molto stile Thun e non c'entrava molto con il resto della casa; ormai aveva imparato a vedere oltre, al contenuto e non al contenitore, alle persone e non a quello che avevano da offrire materialmente.
“Quella lì noi la conosciamo” disse Maya, puntando alla televisione lasciata accesa distrattamente nel salotto “era alla serata per i 10 anni di Roma Glam”. Era la nuova compagna di un produttore, quella che sembrava sua figlia, ed aveva appena annunciato l’arrivo di una bambina per la coppia.
“Ed io che pensavo che i nostri 12 anni di differenza fossero tanti …” commentò Monica, addentando un finger food del piccolo aperitivo che lei e il marito avevano allestito nel soggiorno di casa loro.
“Alla fine sono sempre gli altri però a notare la differenza d’età, per noi non significa nulla" 
considerò Paolo, seduto sul bracciolo della poltrona "come in tutte le coppie alla fine bisogna concentrarsi sulle cose in comune, non sulle differenze”.
Maya ascoltava le parole dell’amico con attenzione, convinta che non ci potesse essere consiglio migliore per loro di cui fare tesoro. Alex stava seduto accanto a lei, ma lo percepiva teso e a tratti distratto. Mentre i due coniugi andarono in cucina per qualche momento, Maya gli strinse la mano, accarezzandone il dorso con il pollice.
“Tutto ok?” domandò, con un sussurro. Alex annuì, ma si vedeva che era poco convinto. La sua testa era sempre ad Edoardo, anche se il peggio era passato.
“Ma insomma” Maya tentò di portare avanti la conversazione, quando i due amici tornarono con la sangria, e di ridestare Alex dal suo torpore “non ci avete raccontato come vi siete conosciuti…”
“Presto detto: siamo colleghi, proprio come voi” disse Paolo.
“Più o meno" lo corresse Monica "per un certo periodo Paolo è stato il mio allenatore … ma all’inizio ci detestavamo!” 
La donna iniziò ad animarsi nel raccontare di come erano iniziate le cose tra di loro
, oltre 10 anni prima, di tutta la fase dell’innamoramento e del corteggiamento.
“Beh avrei voluto vedere voi avere a che fare con il suo caratterino" si difese Paolo "è
 una che vuole sempre avere l’ultima parola.”
“Oooh conosco bene il genere” affermò Alex, accennando a Maya.
“Ehi!” la giovane, per tutta risposta gli tirò uno schiaffetto sul braccio “cosa vorresti insinuare?”
“Chi? Io? Assolutamente niente … è come dici tu: non sei tu a voler avere ragione a tutti i costi, sono gli altri ad avere sempre torto” ù“Ecco, bravo vedo che lo sai” confermò, soddisfatta, strizzando l’occhio ai presenti, in particolare a Monica che, d’accordo con Maya, si alzò per stringerle la mano.
“Potevi parlare in tante lingue Maya, eppure hai scelto quella della verità”
Maya tirò un sospiro di sollievo: quella piccola schermaglia, quel gioco di complicità tra amici, sembrò distrarre Alex dai suoi pensieri. Non voleva essere severa con lui, era giusto e normale che pensasse ad Edoardo, ma rischiava di fissarsi e farsene una malattia: il peggio era passato, non c’era bisogno di tenere la situazione sotto controllo h24.
 
Gli uomini, seduti a tavola, discutevano degli ammodernamenti che erano stati fatti nelle rispettive case d’infanzia, mentre le donne, nella piccola cucina lunga e stretta, preparavano il necessario per servire il dolce.
“Allora, come procedono le cose?”
“Diciamo che la fase luna di miele è finita in modo piuttosto traumatico” ammise Maya, passando all’amica i piattini per la cheesecake.
“Beh ma adesso è tutto passato … potrete tornare ai ritmi di prima … no?!”
“Lo spero di cuore” sospirò Maya, scuotendo la testa, con un filo di voce.
“Che c’è tesoro? È vero che ci conosciamo da molto ma se vuoi puoi sfogarti. Lo sai ci sono passata anche io in una storia quasi come la vostra … la differenza d’età … il lavorare tutto il giorno fianco a fianco …  per non parlare delle malelingue”
A Maya scappò una risata beffarda tenendo lo sguardo fisso e basso sul pavimento. Monica non immaginava nemmeno quando quelle parole le suonassero familiari.
“Tutto bene?”
“Posso chiederti come sono stati i primi tempi con Paolo?”
“Guarda … non è stato facile” ammise la giovane dai folti capelli ricci “all’inizio non avevamo detto niente a nessuno perché ero letteralmente terrorizzata che mi prendessero per una raccomandata o peggio che la società costringesse uno di noi a cambiare squadra”
Era strano ma anche confortante sentirla parlare, perché le loro storie erano molto più speculari di quanto si potesse pensare.
Le raccontò di come, alla fine, l’infortunio che aveva causato la fine per la sua carriera agonistica, era stato provvidenziale per loro come coppia. “Senza quella rottura forse saremmo rimasti nascosti ancora e alla lunga sono sicura che ci saremmo lasciati. Era una situazione snervante”
“E le vostre famiglie? Come hanno preso la vostra relazione?”
“Bene, se escludiamo mio padre che continuava a dare a Paolo del pervertito, ci ha messo un po’ per capire che caratterialmente è anche più giovane di me."
“Se non altro questo problema non ce l’ho … mia madre non sa ancora di me e di Alex ma più di una volta ha dimostrato di apprezzarlo, almeno sul piano fisico”
“Beh, vuoi mettere … perdonami Maya ma è proprio un figone!”
“Tuo marito non è da meno”
I due erano esattamente come ci si immagina due sportivi: anche se entrambi ormai erano passati dal campo alla panchina, sia Monica che Paolo erano slanciati e tonici, come chi fa della sala attrezzi parte della routine giornaliera.
“Ma perché mi chiedevi della famiglia? Qualcuno non è d’accordo?”
“Da dove comincio? Ah sì, se escludiamo per ovvi motivi l’ex moglie che mi accusa di essere una sfasciafamiglie, il figlio geloso, la madre indecifrabile, la sorella che me ne ha dette di tutti i colori … direi che ho ricevuto un gran bel benvenuto” E pensò che doveva anche ringraziare il cielo se grazie a qualche miracolo il padre di Alessandro e Giulia l’avevano presa in simpatia.
“Non farti influenzare da loro, vai per la tua strada”
“Lo vorrei tanto”
“Ma…”
“Ma ultimamente ho troppo tempo per stare sola … non c’è mai” disse, guardando dalla porta del cucinino verso il salotto, dove Alex era sorridente e finalmente disteso mentre scherzava con Paolo “e finisco per pensare che quello che mi detto sua sorella sia vero”
“Lo sai che è un periodo un po’ così, passerà … magari parlane con Alex”
“Assolutamente no!” la interruppe immediatamente Maya, inorridita al solo pensiero di affrontare con Alex quel discorso.
“Perché? Non pensi che voglia sapere se qualcuno ti offende”
“Non voglio dargli un altro dispiacere … e poi lo conosco, le darebbe addosso per difendermi e sarebbe come darle ragione”
L’ultima cosa che Maya voleva era fornire un motivo a sua cognata per provare di essere nel giusto. Lei era convinta di non avere bisogno di protettori, poteva e doveva cavarsela da sola.
 
“Si può?”
Maya bussò alla porta dell’ufficio di Alex. Negli ultimi mesi queste formalità tra loro erano praticamente state abolite, ad esclusione di quando c’erano estranei come quella mattina, con Stefano seduto alla scrivania. L’uomo girandosi squadrò Maya con aria inquisitoria: forse quel si può suonava troppo informale anche in un ufficio come il loro dove nessuno degli impiegati si dava del lei.
“Vieni pure, Maya” Alex, invece, riusciva sempre a mantenere un contegno impeccabile ed era incredibile come ci riuscisse ad essere così freddo e distaccato. La cosa la intrigava ma la spaventava al tempo stesso perché, se nelle prime settimane le sembrava divertente, ora a volte si trovava a chiedersi se quel distacco non fosse solo finzione. Però poi chiudeva la porta dell’ufficio quando erano soli, lo vedeva letteralmente accendere l’interruttore, e le passava ogni angustia.
“Ascolta … c’è un problema con la conferenza che stavamo organizzando”
“Dimmi tutto” disse, pronta ad affrontare qualsiasi fosse il problema che puntualmente Stefano aveva l’incredibile capacità di porre.
“Dobbiamo fare un rescheduling”
“Cosa?”
“Non parli inglese Maya?” domandò il vicedirettore, sarcastico, senza nemmeno voltarsi per rivolgerle lo sguardo.
“Certo che sì, solo che non mi aspettavo dovessimo riprogrammare l’evento” rispose, dimostrando di aver capito.
“È saltato fuori che dobbiamo andare a Parigi la settimana in cui avevamo in programma il meeting e la data della riunione non è negoziabile purtroppo”
Maya capì solo tre parole: Parigi e dobbiamo andare. Tutto il resto era un ronzio di poco conto. Sarebbe andata a Parigi insieme ad Alex! Dopo quelle settimane passate per forza di cose più lontani del solito, un soggiorno nella ville lumière era proprio quello che ci voleva per ritrovare un po’ di intimità e tranquillità, poco importava che fosse un viaggio di lavoro. Il suo cervello non riusciva a processare la notizia, ma dovette imporsi di rimanere composta e concentrata.
“Ma avevamo anche pagato la caparra della location!” esclamò, tornando all’argomento della conversazione.
“Stiamo solo spostando la data, Maya, non possono chiederci la penale …” le fece notare il vicedirettore.
“Non stare a sentire Stefano, Maya, se vogliono trattenere la caparra è giusto, li stiamo avvisando con poco anticipo … comunque direi di rimandare tutto a dopo l’estate. Non è il caso di fare conferenze a Roma da giugno in poi …”
“Vedo cosa posso fare e inizio ad organizzare per Parigi”
“Ecco brava” decretò Stefano con sufficienza, alzandosi e andandosene.
Maya lo seguì con lo sguardo, finché non girò l’angolo e sparì dalla vista e dall’udito.
“Allora, stanze comunicanti al Ritz?” domandò Maya sarcastica, ma non troppo: l’idea di dover fare un viaggio di lavoro nella città più romantica d’Europa le stuzzicava in testa mille stratagemmi per poter restare da soli a fine giornata pur senza dare nell’occhio.
“Come?”
“Scherzo … lo so che con il budget del giornale non possiamo permetterci il Ritz, ma ci saranno alberghi alla nostra portata che possono garantirci intimità con … discrezione, diciamo così …”
“Ah no, amore mio, tu non vieni, mi dispiace”
“Ah no?”
“No … saranno conferenze noiosissime sull’editoria e il marketing, robe soporifere anche per me e vengono Stefano e Nardi, non ho bisogno di nessuno che mi assista”
“A volte mi domando che ce l’hai a fare un’assistente se non la fai viaggiare mai come si vede nei film …” bofonchiò la giovane.
In 5 anni che lavorava con lui era grasso che colava se l’aveva portata con sé un paio di volte, di cui una a Stoccolma in pieno inverno, quando non si poteva mettere il naso fuori dall’albergo per il freddo. Ma ora le cose erano ben diverse, sarebbe stata ben contenta di un viaggio di lavoro in cui rimanere chiusi in stanza tutto il tempo.
“Non siamo nel Diavolo Veste Prada, Maya” puntualizzò lui, pizzicandole fugacemente il naso “e comunque non dobbiamo bruciarci Parigi con un soggiorno lavorativo. Ti prometto che al Ritz ti ci porto davvero e non in camere comunicanti per salvare le apparenze…”
La faceva incazzare doppiamente: che mettesse il lavoro prima di lei e che, allo stesso tempo, riuscisse però anche a risollevarle il morale chiamandola amore mio come se niente fosse, come se fosse la cosa più naturale del mondo e promettendole la luna. Ma a lei quella luna iniziava a starle larga, poteva bastarle anche molto meno, anche solo una gita ad Ariccia la domenica mattina, abbracciati in moto, un panino e una birra. Certo le location esclusive rendevano tutto speciale e memorabile, ma per Maya, in quel momento, era ancora più bello e importante semplicemente viversi.



Carissimi, dopo una pausa lunga una vita, eccomi finalmente di ritorno. Sì lo so sono imperdonabile, ma credetemi ho avuto le mie buone ragioni. Purtroppo sono caduta anche io vittima di questa maledetta pandemia e anche se non in maniera molto grave è stata tosta e lunga da uscirne. Non vi tedierò con questioni personali ulteriorimente. Spero di poter tornare ad essere più costante in futuro ma non prometto nulla.
A presto, 
Fred ^_^
   
 
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